La Grotta del Maestro

«SAVÈR ZERCÀR» LA GROTTA DEL MAESTRO (5300 VG)

Pubblicato sul n. 13 di PROGRESSIONE – Anno 1985
In seno alla nostra Commissione Grotte da qualche anno è presente un socio non giova­nissimo che si è aggregato alla «Sezione Scavi» costituita dai soci più anziani del sodalizio.
Ottimo speleologo, specializzato per di più nel lavoro di ricerca di nuove cavità, ha scoper­to nell’arco della sua presenza nella società un numero considerevole di grotte interessanti sia dal punto di vista della profondità che per io sviluppo. Non è che questi sia un novello rabdo­mante o uno che usi metodi scientifici, tuttaltro, i suoi strumenti sono uno scalpello (tipo apri casse), una mazzetta e l’immancabile sigaretta per scoprire eventuali soffi di aria. Grosso mo­do è il sistema che adoperano un po’ tutti, ma secondo me c’è un punto che gioca a suo favo­re. Il nostro eroe infatti, cerca grotte anche nei punti in cui nessuno si sognerebbe di farlo, confermando così la sacrosanta verità da tutti espressa ma non da tutti seguita, che i buchi si possono trovare nei luoghi più impensati. Un esempio: in una minuscola dolinetta si aprono due cavità poste ad una distanza di dieci metri una dall’altra; ebbene il nostro uomo, con pa­ziente lavoro di disostruzione tra le due, ne ha aperto una terza profonda ottanta metri. In un’altra dolina ancora sono stati eseguiti degli assaggi di scavo ad opera di sconosciuti. Man­co a dirlo non hanno scavato nel punto, dicia­mo quello giusto, dove è venuta alla luce un’al­tra interessante grotta ancora in fase di esplora­zione.
Si potrebbe ancora continuare ad elencare queste inusitate scoperte, ma con lo spazio che mi rimane passerò a descrivere un po’ somma­riamente, anne mi ha chiesto Pino un sabato tra una battuta di rilievo e l’altra, l’abisso di Gabrosecco, battezzato poi GROTTA DEL MAESTRO in memoria del nostro Presidente Carlo Finocchiaro deceduto nel 1983.
Questa molto bella ed interessante cavità si apre a qualche centinaio di metri a Sud del distributore «Benvenuti» situato sulla Statale 202 appena oltre il cavalcavia Prosecco-Gabro­vizza. La zona interessata è molto frequentata dagli speleologi che hanno intrapreso numerosi lavori di disostruzione ed ampliamento stret­toie. Nessuno però, a parte il nostro Roberto cui spetta il merito della scoperta, ha mai pen­sato di effettuare un assaggio di scavo in una piccola depressione dal fondo interamente oc­cupato da materiale di spietramento provenien­te dal prato circostante. Un luogo impensabile (ricordate?), però lui ci prova, anche inco­raggiato dal forte soffio d’aria che in quel dicem­bre 83 saliva dai detriti.
Dopo qualche giornata di lavoro il pozzo d’accesso è individuato e reso accessibile all’e­splorazione . Per ovviare all’inconveniente della continua caduta di pietre si è provveduto con la sistemazione sull’imbocco di un grosso tubo di calcestruzzo.
Disceso il primo pozzetto di m 6 si arriva in una cavernetta lunga una decina di metri, al­quanto fangosa, che porta tramite una china detritica molto mobile sull’orlo di un pozzo pro­fondo m 30 (punto 2 del ril.). Un po’ infido, questo dopo m 12 di discesa sbocca in una ampia caverna dal fondo costituito da enormi massi di crollo. Risalendo la parte opposta si raggiunge una specie di pulpito (punto 3) da dove la grotta prosegue con una galleria di vaste proporzioni dal fondo molto inclinato. Discesi alcuni saltini si raggiunge l’orlo di un pozzo gigantesco (punto 5) che per la sua am­piezza é stato denominato «La Verta». L’orifi­zio del pozzo stesso è diviso da un enorme masso incastrato, oltre il quale la galleria princi­pale prosegue ancora per una quarantina di metri in ambienti riccamente concrezionati (punto 6). Il pozzo della «Verta», per quanto sia molto ampio, è piuttosto accidentato a causa dei vari ripiani che si incontrano e di una lunga frattura verticale molto angusta nella quale van­no ad infilarsi le scale, rendendo così alquanto penosa l’esplorazione. Si consiglia di attrezzare il pozzo con corde per schivare in gran parte questa strettoia malefica. Dopo m 40 di discesa si arriva al ripiano denominato del «Pic-nic» (punto 9), occupato in parte da un grosso mas­so battuto dallo stillicidio, dove solitamente ci si ferma per una breve sosta. Questo è forse il punto più pittoresco della cavità. Numerose stalattiti pendono dalla volta e negli anfratti adiacenti si possono ammirare colonnette e stalagmiti. Da questo punto si prosegue con un salto di m 9 che immette in una successiva galleria con due diramazioni.
Quella volta ad Ovest termina dopo una quindicina di metri a ridosso di una parete luccicante di concrezioni da dove, con una non facile arrampicata di m 10, si è raggiunta un’ampia finestra comunican­te con la prosecuzione superiore della galleria stessa (punto 8), costituita da una grande fendi­tura lunga m 40 e larga in media m 1. La volta nella parte terminale non è distinguibile, sia per l’altezza, sia per la morfologia dell’ambiente. La diramazione volta ad Est invece consiste in un pozz etto di m 7 che immette nella prosecuzio­ne inferiore della galleria sopraccitata. La volta di questa è drappeggiata da stalattiti, nel men­tre il suolo in forte pendenza è ricoperto da un manto calcitico reso scivoloso dallo stillicidio. Dopo una ventina di metri di percorso si rag­giunge (punto 12) la parte terminale di questa bella ed interessante cavità.
Le successive continuazioni fanno parte di un altro complesso sotterraneo che si è rag­giunto seguendo il forte flusso d’aria che usciva da un minuscolo orifizio. I lavori di sbancamen­to ci hanno impegnato per più uscite, ma final­mente, dopo aver superato alcune strettoie, siamo pervenuti in una cavernetta (punto 13) dal fondo occupato da un acquitrinio fangoso. Qui un basso pertugio comunica con una serie di cavernette molto ben concrezionate dove si sono rinvenuti potenti depositi di materiale mi­nuto di origine sabbiosa (punto 14).

Seguendo la corrente d’aria si è risalita una china detritica e spostando dei massi si è rag­giunto un vano interessato da una mobilissima frana. Con infinite cautele è stata in parte ri­mossa ed alla fine ci siamo affacciati sull’orlo di un pozzo molto eroso ed anche pericoloso, profondo complessivamente m 25. Alla base di questo vi è una strettoia impraticabile comuni­cante con un ulteriore pozzo valutato sulla de­cina di metri di profondità. Ogni lavoro che qui si voglia intraprendere è estremamente rischio­so, in quanto qualsiasi pietra che potesse stac­carsi dall’alto colpirebbe l’esploratore.
Risalendo in arrampicata il camino del pozzo teste descritto si arriva ad una finestra comunicante con un vano quanto mai acciden­tato e ingombro di detriti. Proseguendo la risa­lita si raggiunge una gallerietta angusta interes­sata da alcuni pozzi d’erosione per il momento impraticabili. Ancora qualche decina di metri di risalita e si sbocca in un vano abbastanza spa­zioso sormontato da un alto camino che, con non poche difficoltà è stato risalito, però senza alcun successo apprezzabile. La volta si restrin­ge tra colate calcitiche che impediscono ogni avanzamento (punto 16), Alla base di quest’ul­timo vano si apre un pozzetto di m 6 pure questo molto franoso a causa della calcite mar­cia che precariamente io riveste. Sul fondo un’altra strettoia che non siamo riusciti a for­zare, seguita da un pozzetto molto angusto.
In conclusione si può affermare di aver lavorato parecchio, ma non è detto che, pren­dendo le opportune precauzioni, non si riesca ad individuare tramite i pozzi non ancora esplo­rati qualche altro interessante proseguimento.
                                                                                                      Natale Bone

GROTTA DEL MAESTRO – 5300 VG (Abisso di Gabrosecco)

Tav. IGM: Poggioreale del Carso (40a II SO) Pos.: 10 16′ 40″ – 45° 42′ 57″
Quota ingr.: m 232 — Pozzo acc.: m 6— Pozzi int.: m 30 – 46,5 – 18 – 11 – 11 – 4 – 8,5 – 18,5 – 8,5 – +7 – +7 – +20 — Disl.: m 147 — Svil.: m 346 — Rilevatori: N. Bone, P. Guidi, D. Marini, U. Mikolic, R. Prelli, G. Savi, M. Stocchi, aprile-giugno 1984 (SAG-CGEB).