ABISSO DELLE POZZE E COMETA
Pubblicato sul n. 12 di PROGRESSIONE – Anno 1984
Intorno alla seconda metà d’agosto siamo nuovamente sul Canin (monte Sart), congiuntamente ai nostri amici speleologi di Katowice. Nei primi giorni armiamo l’Abisso delle Pozze che vista l’altitudine dall’ingresso, 2078 slm, e la distanza di mille metri che lo separa dalle risorgenze nella sottostante Val Resia, promette di raggiungere considerevoli profondità…
«Ahi, le notti di Siviglia, vino freddo sotto ai tigli» cantava Gino nella caverna James Joice, e dato il volume (senza dubbio è la caverna più ampia del gruppo del Canin), l’audizione era niente male. Cocktails ghiacciati e fluorescenti sottili sigari tra i denti» mi rimbomba ancora nell’orecchio sinistro, quando arrivo al termine del pozzo inesplorato sotto la caverna. Stimo di aver percorso circa trenta metri, ed il fondo è completamente ostruito dai massi, fra i quali filtra una fortissima corrente d’aria. Ci aiuta il buon fiuto di Peter, a cinque metri d’altezza si apre una finestra; fessura larga e poi solitamente stretta nonchè tagliente.
«Mattini d’oro New-Yorkesi, donne perfette quasi inglesi…». Pensavo di essere solo con Sergio ma sul filo ci seguono le parole, un macigno ci blocca dopo una sessantina di metri verticali ed osserviamo una fessura tra il masso e la parete; strettissima, impenetrabile! A colpi di mazzetta ci apriamo il varco e questa volta tocca a Sergio scendere. Lo inghiotte la roccia e mi convinco sempre meno. Questo passaggio lo dedichiamo a Fédor Dostoevskij. Aspetto, e dal mio angolo freddo odo attutiti i colpi sui chiodi da roccia che penetrano ed uno spit più lontano. Scendo e dopo poco si apre un pozzo molto ampio con una cascatella che si fa sentire non distante. «Un po’ di noia e di abbandono, torno domani con un dono…». Sussurri spezzati alquanto confusi ci accompagnano ora, quando poche decine di metri verticali tra macigni pericolanti dividono i polacchi dal fondo a —427 m dove una galleria purtroppo termina causa un riempimento di fango e sassi.
Nelle giornate che seguono cerchiamo cavità nuove, ed è sempre entusiasmante spostarsi nelle zone marginali e di difficile accesso del massiccio del Canin. Così ad un tratto scomparse le strofe ricorrenti ci illumina la «Cometa» ed Atri buchi, neanche una parete di duecento metri che scendiamo in corda doppia vista l’ora tarda, Marek dapprima perplesso poi si diverte un mondo.
La Cometa ci guida in fondo alla galleria concrezionata del Canin, pendio facile nella roccia scura e polverosa, antico relitto geologico incagliato in superficie. Lo percorriamo ed ai nostri occhi si svelano segreti. Cristofer ne è entusiasta. Un passaggio, lo forziamo, e sotto i colpi cadono lame di roccia sfatta. Dall’altra parte una stalagmite alta mezzo metro, anomala da queste parti, ci sembra sbarrare la strada. Ma sarà una frana, dopo 800 m di corsa a costringerci al ritorno, che dedicheremo alla misurazione topografica.
All’esplorazione e rilievi topografici dell’ «Abisso delle Pozze» e «Cometa» hanno collaborato speleologi del gruppo A.K.S.I.A. di Katowice (PL) e della C.G.E.B. Un ringraziamento va al Gruppo Grotte del C.A.T. di Trieste del quale abbiamo invaso pacificamente il bivacco, indispensabile durante le giornate di cattivo tempo ed i momenti socializzanti.
RELAZIONE TECNICA ABISSO DELLE POZZE
Posizione: 0°57′ 06″ 460 22′ 33″
Tav.: IGM 25.000 Monte Canin
Il pozzo d’accesso (P19.5) si attacca «ponte di roccia» sul bordo a valle. Subito a destra frazionare su piccolo spuntone. L’attacco del P90 è su spuntone a destra dopo pochi metri spit a d. Scendere 20 m e spit sulla parete opposta; ancora 30 m spit, alla fine di una placca levigata, ultimo frazionamento dopo 20 m sulla sinistra, pendolare ed imbragare una grossa lama di roccia. I successivi saltini si superano in arrampicata. Una fessura a d. dà accesso al P18, attacco su chiodo da roccia, frazionamento sull’orlo (lama di roccia). Successivo P7 attacco su chiodo, ancora un saltino quindi affrontare la difficile strettoia a —140 (attenzione!). Seguire la condottina in sicurezza, usciti dal punto più stretto si apre improvvisamente il pozzo (P52). Attacco prima della strettoia su grosso ponte di roccia a s., attacco P52 su spit, scendere circa 30 m quindi frazionamento su grossa lama di roccia. Attacco del P15 a s. su nut, subito sotto strettoia, scendere 7 metri quindi ponte di roccia a d. Si accede così pendolando brevemente sul piano detritico della grande caverna James Joice a —210 (il pozzo continua tra i massi e la parete per 14 m). Scendere il ghiaione fino al grande imbocco del P32, attacco su spit a sinistra, tenersi ancora a s. in diagonale dopo 6 m spit su parete liscia. Scendere 7 m frazionamento su lama di roccia leggermente a s. Dal fondo arrampicarsi per 5 m ed entrare in evidente inizio di meandro che si restringe subito, attacco su chiodi da roccia e lama, scendere in verticale un pozzo assai stretto dopo pochi metri frazionamento su nut, ancora 10 m spuntone di roccia, scendere ancora pochi metri spit, dopo circa 30 m imbragare grossa lama di roccia. Il P64 ha l’attacco a s. su spit sopra l’evidente strettoia, affrontarla e subito sotto frazionamento su chiodo da roccia, nel punto dove il pozzo da stretto diventa molto ampio, frazionamento su spit a d.; scendere 10 m ed imbragare una grossa lama di roccia sporgente a s., all’altezza di un comodo ripiano dopo 15 m spit a s. scendere ancora fino al fondo alquanto franoso.
Louis Torelli
Nuovo abisso in Canin
L’esplorazione sistematica di questa cavità è iniziata nell’81, anno in cui venne superata la strettoia che poneva fine al primo meandrino, potendo così accedere ai vani più interni, che dalle loro dimensioni hanno fatto sperare di trovarsi di fronte ad un nuovo importante abisso.
L’esplorazione si dimostrò subito impegnativa, non per la presenza di gelide cascate, che sono il disagio più frequente per gli esploratori delle grotte del M. Canin, ma per la presenza di numerosi passaggi stretti e faticosi alternati a pozzi, taluni profondi, che rendono difficoltosa la progressione agli speleologi di corporatura più robusta, nonché il trasporto dei materiali.
Con diverse uscite protrattesi nelle stagioni ’81 – ’82, si raggiunse la profondità di 633 m, arrestandosi sopra ad un pozzo che poi risultò essere di 34 m. Nell’autunno ’83, grazie alla collaborazione degli amici della CGEB, è stato dato un grosso contributo all’esplorazione dell’abisso: terminata l’esplorazione del ramo principale, raggiungendo la profondità massima di 726 m, è stato possibile effettuare il recupero dei materiali fino a —262.
L’ingresso, costituito da una cavernetta, è situato a SE della vetta di un cocuzzolo (quota IGM 1972) che sovrasta ad O l’abisso E. Boegan, al margine N di una depressione.
Questa cavità, al contrario degli altri abissi vicini (Boegan e S20 – S31 – FDZ2), è interessata da scarsa attività idrica, anche in occasione di forti precipitazioni. Essa, pur avendo dei pozzi profondi ed imponenti, ha un andamento meno verticale delle suaccennate cavità, difatti oltre al meandro lungo 120 m sito a —100 ed alla condotta fossile a —660 vi sono diversi tratti di meandro, seppur relativamente brevi; essi sono caratterizzati dalla presenza di numerosi passaggi angusti, che fanno talora sembrare lo sviluppo superiore a quello effettivo.
Esclusa la summenzionata condotta fossile sfondata da un meandro, non sono state trovate finora diramazioni laterali degne di nota; quindi la via verso il fondo è molto logica.
Restano però da appurare alcuni fatti curiosi: il corso d’acqua più consistente va a disperdersi in una fessura impraticabile a circa —150 e non viene più ritrovato (l’acqua che si ritrova più in basso ha una portata decisamente inferiore); è da segnalare inoltre che in occasione di una forte piena, percorrendo la serie di pozzi da -200 a —400 si udiva un forte rombo di cascata, però lontana, che non si è potuto così localizzare; sarà quindi opportuno in Eituro raggiungere alcune finestre che si trovano lungo detti pozzi, con la speranza che possano dare adito ad importanti scoperte.
Aldo Fedel