NET 15 OVVERO LE FANTASTICHE AVVENTURE DI CAPITAN FINDUS

Pubblicato sul n. 35 di “PROGRESSIONE” – Anno 1996
Con il ritrovamento del NET 15 (Capitan Findus), buco soffiante, situato a quota 1950 a circa 50 metri dal NET 10 (Storia Infinita) inizia un’altra avventura sull’altipiano del Palacelar.
Già il primo giorno con un paio di punte riusciamo a capire che la grotta scende precisa, percorsa da una violenta corrente d’aria. Riesco nuovamente a coinvolgere nel grande gioco il team bresciano dell’Allegretti, quindi con Luca e Matteo decidiamo in giornata (l’ultima per fortuna) di scendere nel Findus. (3138 Fr), nome più che appropriato per il Net 15.
Dopo un avvicinamento da trauma, causato dalla solita fretta di raggiungere l’ingresso, optiamo, nonostante la pioggia caduta ininterrottamente, di entrare costi quel che costi.
L’abisso scende terrazzato per una sessantina di metri sino ad un passaggio basso ed un saltino che ci conducono in una saletta con un grosso nevaio al centro, poi giù a corti saltini fino ad un traverso dopo cui sprofondiamo in un ampio pozzone.
Alla base risaliamo un po’ e ci infiliamo in una brutta franaccia dove in un pozzetto da brivido Matteo arma un salto da venti metri, franosissimo, con un sistema tutto suo.
Raggiunto il fondo constatiamo che le possibilità di prosecuzione sono due: o un meandrino molto stretto o una condotta a tre metri da terra.
Matteo s’infila nel meandro e dopo circa dieci metri, slacciandosi lo scarpone e togliendosi il casco, decide di tornare indietro vista l’esiguità della prosecuzione. Io invece dall’altra parte do una mano a Massimo per raggiungere la condotta da dove, una volta infilatosi, ci comunica che c’è da scendere un pozzetto. È già molto tardi, quindi risaliamo veloci la grotta in piena, trovando ad attenderci all’esterno un fitta pioggia.
Famiglia al completo nuovamente al Findus con Silvia, Gilbo e Papo al rilievo, Louis ed io a dare un’ultima occhiata al fondo prima del disarmo. Scendiamo veloci fotografando fino al punto dove ci dividiamo: Louis a scendere il pozzetto, io nel meandrino a superare il limite di Matteo. Risultato negativo da ambedue le parti. L’aria passa ma noi no. Una volta raggiunti gli altri cominciamo a disarmare. A -150 mi accorgo del passaggio di una notevole quantità d’aria, mentre sotto di me sprofonda un pozzo di almeno 30 metri.
Lasciamo li il materiale ed usciamo contenti, dò uno sguardo all’altimetro all’uscita e noto che abbiamo sceso 300 metri di pozzi, ma di giunzioni con il NET 10 neanche l’ombra. In seguito effettuiamo altre due punte, a breve distanza l’una dall’altra, scoprendo 250 metri di verticali ed un meandro lungo quasi 100 metri alla fine del quale un imponente pozzone viene sceso per una ottantina di metri. Le corde finiscono e non ci rimane che un grosso sasso da lanciare verso il vuoto sotostante. L’eco sembra essere davvero lontano: stimiamo almeno 150 metri. “Alien” è il nome che dedichiamo a questa imponente struttura dove l’acqua è riuscita a scolpire nella roccia il suo passaggio, mentre i “Megalodonti” tappezzano come carta da parati le ruvide pareti del pozzo. .:.
L’altipiano è già sommerso dalla neve, tutto riposa sotto questa enorme coperta biacca, e noi con le racchette ai piedi siamo già più di quattro ore che affondiamo. Matteo si è messo in coda, visto che il trapano e tutti i suoi accessori sembrano bloccarlo nella neve pastosa. Luca con un passo deciso scivola e rimane aggrappato ad un tronco della mulattiera, la “Cavia” con passo lento ma costante ci raggiunge e comincia a coprirsi con tutto quel che trova nel proprio zaino: svariati maglioni di lana ancora odorosi di ammorbidente, un giubbotto da sci stile “Gustavo Thoeni” anni ’70, un passamontagna da brigatista, un foulard della nonna per ripararsi dal mal di gola e un coprinuca in pelle di daino.
Cominciamo a scavare a turno per liberare l’ingresso, qualcuno intanto prepara un riparo visto che il vento comincia a trasformarsi in bufera. Bisogna entrare subito, ormai non c’è più luce; ci cambiamo uno alla volta, velocemente. Paolin che è già pronto scende nel “tunnel” e via scorrono i sacchi, cerco di fare una foto, ma mi è difficile perché è tutto congelato. Accendo l’elettrica e mi accorgo della confusione che mi sta circondando, spero di aver preso tutto. Libera!! Raggiungiamo la saletta del nevaio, manca solo Louis all’appello, ma mentre ci stiamo sistemando e preparando il materiale ecco che spunta il nostro Nonnino che con voce esterrefatta esclama: “ciò, fora xe un tempo alucinante!!!” Sistemato tutto schizziamo in esplorazione, Tanfo, Paolin e la Cavia a perforare “Alien”, mentre il sottoscritto assieme a Pota e Louis si dedicherà ad un lungo, lungo rilievo.
Così, dopo lunghe battute metriche e rumori artificiali impazziti, ci troviamo tutti alla base del pozzone. Un rapido spuntino ci rimette in sesto per affrontare un meandro che a prima vista sembra comodo. La struttura pare davvero agevole, qualche saltino e poi via. Sul fondo il trapano ci abbandona ormai esausto, quindi con il Pota non mi resta che rincorrere questa via verso l’ignoto: saliamo, scendiamo; sembra non finire più, quando ad un tratto un saltino di 6 metri blocca questa corsa affannosa. Sotto sembra che il meandro continui, siamo contenti, e via veloci a dare la notizia agli altri. Davanti all’ennesimo the raccontiamo della scoperta e tirando due somme calcoliamo di essere oltre ai -600, e la cavità continua alla grande! Alle 10 del mattino siamo tutti fuori e, dopo aver scavato per recuperare gli zaini, scendiamo a valle sognando la Pizza della Pazza. A metà settimana Pota mi telefona comunicandomi che “Alien” misura ben 280 metri e mi invita ad esplorare assieme a Mark Faverjon e amici il Trou Soffler in Vercor. Il tutto condito da frasi tipo: guarda devi venire, è un giro di amici, non puoi mancare … e via discorrendo. Solo dopo accurate indagini vengo a scoprire che era tutta una macchinazione per dividere le spese del viaggio quindi, con un chi se ne frega, ritorno-al “Findus”.
Questa volta con il Capitano riusciamo ad arruolare “Fossile” più una banda di scapestrati duri più che mai. L’avvicinamento è più tranquillo del previsto anche perché la funivia ci aiuta per metà. Cambio di indumenti e in poco tempo siamo in esplorazione mentre Fox e Wanda ci seguono fotografando meticolosamente. Il meandro va alla grande, scendiamo altri pozzi, questa volta in ambienti più stretti e bagnati e, dopo una breve condotta, giù nuovamente. Un bivio ci costringe quasi per sorte a scendere ancora in meandro (ma quanti metri saranno?); brusca risalita e mi ritrovo in una sala dove il Pota ha già deposto i suoi bisognini. Uno sprofondamento al centro di 20 metri, sceso con la corda, ci conduce rapidamente ad una enorme frana.
Mi infilo tra i massi e riprendo l’attivo: qui sotto è tutta una catastrofe di crollo, cerco di muovermi lentamente, supero una strettoia strappatuta e finisco in una pozza d’acqua pensando che il limite per ora è proprio qui, a -735. Dopo l’immancabile foto ricordo sul fondo, via verso la luce pensando a quanto ci sia caro il nostro amico Palacelar.
Ricordando che l’abisso è in fase tuttora di esplorazione: a -650 c’è da seguire il ramo a monte del Meandrone, mentre su “Alien” parecchi finestroni aspettano di essere esplorati. Ma estremamente interessante è il meandrino soffiante situato a -80 su un terrazzo del pozzone dove l’aria e l’attivo non risultano essere quelli del Findus, ma forse la giunzione con il vicinissimo NET 10. Si accettano scommesse.
Hanno partecipato alle svariate punte: Matteo Rivadossi (Pota), Luca Tanfoglio (Tanfo) (GG C. Allegretti); Riccardo Ostoich (Wanda), Silvio Russi (Polisc) (CAT); Marco Sticotti (La cavia), Roberto Spina (Che no xe un soprannome), Paolo Manca (Paolin) (SAG); Paolo Pezzolato (Fossile Fox), Massimo Hrvatin (Calvario), Federico Tiez (Birillo), Silvia Lugnan (Nestore), Massimiliano Palmieri (Maci), Louis Torelli (CGEB).
Massimiliano “Maci” Palmieri
Dati catastali: NET 15 (CAPITAN FINDUS) 3138 Fr CTR 1:5000 Sella Nevea Pos. 13″ 29′ 33″ 2 Lat. 46″ 22′ 46″ 7; quota ingr. m 1948; pozzo acc.: m 13; int m 40 10 10 12 25 87 12 26 (ramo fondo vecchio -300); m 31 15 24-21-280-11-17-6-6-10-5-9-7; 9 10 16 14 20 (fondo nuovo da -151); prof. m 735; svil. m 800; Rilievo: M. Palmieri, S. Lugnan, P. Alberti, M. Rivadossi, P. Manca,