Un sistema di fratture incarsito

 

NORD PIÙ’ VENTI GRADI EST CONSIDERAZIONI SU DI UN SISTEMA DI FRATTURE INCARSITO

Pubblicato sul n. 31 di PROGRESSIONE – Anno 1994
(Un omaggio ai giovani da un “vecchio speleologo”)

  PREMESSA

Dai principi generali di carsismo abbiamo appreso che se non esiste una discontinuità nella roccia calcarea. la penetrazione in profondità delle acque non avviene.
Per “soluzione di continuità” si intende la separazione dei blocchi rocciosi, determinata da fattori disgiuntivi sia sedimentari. sia tettonici. Le acque penetrano un po’ alla volta in corrispondenza di queste discontinuità, operando una graduale ma progressiva dissoluzione e quindi un allargamento. Il piano diviene cosi “permeabile” e, da una struttura bidimensionale (le due facce del piano accostate), si giunge ad una tridimensionale, ossia ad un vero e proprio “vuoto”, cavità o grotta, a piacere delle varie definizioni geomorfologico carsiche .
Tutte le grotte, siano queste a sviluppo suborizzontale del tipo a galleria, oppure a sviluppo verticale e quindi a pozzo, hanno avuto. in tempi diversi una simile origine. La loro genesi e successivo sviluppo, hanno sempre seguito, o meglio sono avvenuti in corrispondenza di una o più soluzioni di continuità. Cosi nella “preistoria” delle ricerche carsiche.
Il presente lavoro vuole considerare un fattore “carsogenetico” che a mio avviso è stato sempre piùttosto trascurato o per lo meno sottovalutato: la penetrazione delle acque nei sistemi di fessurazione della roccia può avvenire, quasi esclusivamente, in quelle soluzioni di continuità di “tipo beante”, secondo me. quasi esclusivamente nelle soluzioni di continuità “beanti” originate dagli sforzi distensivi che hanno “aperto” o meglio “divaricato” anche di pochissimo le due facce del piano di frattura. Le acque di penetrazione carsica “prediligono” evidentemente le vie più aperte nella loro circolazione sotterranea.
Sul Carso Triestino, in particolare, è stato osservato che la massima parte delle “grotte a pozzo”, ossia quelle,a struttura subverticale. si sono imp0state;sul Sistema di fessurazione orientato grosso modo secondo SSVV-NNE, che si può anche impropriamente definire come direzionato verso: N+20°E.

CONSIDERAZIONI GEOLITOLOGICHE E DEFORMATIVE

Le rocce che costituiscono il Carso Triestino sono prevalentemente carbonatiche (calcaree e dolomitiche), subordinatamente marnoso-arenacee in facies di Flysch. L’età per le assise carbonatiche va dal Cretacico inferiore (Albiano) all’Eocene medio, per il Flysch fino all’oligocene. Le rocce più importanti agli effetti del carsismo, sono quelle calcaree della “Facies a Rudiste”.
Il Carso Triestino è. secondo una geologia di tipo “storico, un’anticlinale ad asse “dinarico” (SE-NVV) che lungo il fianco sudoccidentale passa, per certi Autori ad una flessura, per altri ad una piega-faglia. I principali sistemi deformativi sono dati da fratturazioni orientate secondo SE-NVV di tipo “dinarico”, incrociate con sistemi di fratturazione orientati secondo SVV-NE. definiti di tipo “alpino”, per altri “antidinarico”. Subordinate a questi. vi sono delle orientazioni di tipo “vicariante”, ossia secondo SSENNVV, E-VV, ESE-VVNVV, SSVV-NNE, VVSVV-ENE. più raramente secondo S-N. Il complesso carbonatico è inoltre percorso da numerose “faglie”, aventi anche queste delle direzioni prevalenti ed altre secondarie, principalmente orientate secondo i due grandi sistemi: SE-NVV e SVV-NE. Altre importanti faglie sono pure orientate secondo E-VV. In assoluto, la maggioranza delle faglie è di tipo “trascorrente”.
Negli anni ’80 si è avuta una profonda evoluzione delle conoscenze geologiche di tutta l’area carsica, dalla zona dell’ Alto Carso delle Selve di Tarnova, Piro, Idria, della Piùca, agli altostrutturali del Monte Nevoso, al Basso Carso “Classico” (Penisola Istriana compresa). Restringendo il nostro ragionamento al solo Carso Classico, (ex Carso Triestino – I.s.), questo viene definito dagli studiosi sloveni, una “piattaforma carbonatica parautoctona”, in spostamento verso SVV. La “Struttura embriciata della Cicceria” interposta tra “il Carso” e la “piattaforma parautoctona di Capodistria”, attraversa l’area carsica nella sua parte meridionale. ad iniziare dalla Val Rosandra e seguendo poi, lungo tutta la Costiera Triestina, fino a Monfalcone. Nella zona di “passaggio” tra “il Carso” e la “struttura embriciata”, è presente una faglia inversa la quale, in quasi tutta la sua estensione, presenta notevoli fenomeni di “sovrascorrimento”. Nell’area che va dalle Sorgenti di Aurisina a Sistiana-Duino. vi è un contatto (sempre per faglia) tra i calcari del Cretacico superiore ed il Flysch eocenico-oligocenico. In pratica il “vecchio modello” strutturale del Carso, al quale fino a poco tempo fa tutti noi facevamo riferimento, è stato sostituito da uno più moderno e dinamico, più adatto a giustificare i dati geologicostrutturali emersi dagli studi svolti in Italia ed in Slovenia negli ultimi quindici anni.
Il nuovo modello strutturale e concettualmente completamente diverso per cui la configurazione tettonica di quest’area cambia totalmente e con essa anche il “modello carso-morfologico”.

 RAPPORTI TRA GEOLOGIA DELLE ASSISE CARBONATICHE E CARSIFICABILITA’

È stato ampiamente dimostrato, che la solubilità varia in funzione del diversificarsi delle condizioni litologico-petrografiche, stratigrafiche e deformative, il che conduce a diversi “gradi della carsificabilita.
Ad un “massimo carsificabile”. corrisponde la presenza di rocce micritiche (fanghi microcristallini), molto pure con scarso contenuto fossilifero, bene e potentemente stratificate ed aventi una “frequenza” dei sistemi di fratturazione di tipo metrico. Ad un “minimo carsificabile”. corrisponde la presenza di rocce sparitiche, impure per vari contenuti terrigeni, talora molto fossilifere, più o meno fittamente stratificate ed aventi una “frequenza” dei sistemi di fratturazione di tipo decimetrico.
Tra queste due carsificabilità teoriche estreme esiste ancora un’infinito numero di possibilità intermedie, dovute alla grande varietà di rocce calcaree. Le rocce dolomitiche, bene presenti nelle assise carbonatiche del Carso, hanno un “grado di carsificabilità estremamente basso e si comportano agli effetti della dissoluzione, con dei valori definiti “semicarsici” o “paracarsici”.

 ANALISI DEI SISTEMI DI FRA TTURAZIONE “PREFERITI” DALLA DISSOLUZIONE

La solubilità più o meno elevata del mezzo roccioso, non è sufficiente per produrre un fenomeno carsico ipogeo. se non vi è il concorso delle soluzioni di discontinuità, ovvero dei sistemi di fessurazione. A questo punto la nostra analisi deve affrontare alcune considerazioni dovute alla constatazione che non tutte le fratture sono incarsite.
Seguendo scavi fondazionali in rocce carbonatiche carsificabili e i fronti di abbattimento delle delle numerose cave che costellano le aree di affioramento di svariati litotipi calcarei, si osserva che i sistemi di fessurazione della roccia sono tantissimi, le fratture sono ovunque, ma quelle “incarsite” sono assai poche. Ciò significa che le acque di penetrazione non seguono tutte le discontinuità ivi presenti. In altre parole il veicolo di penetrazione delle acque esterne in profondità nelle rocce carsiche sono si le fratture, ma non tutte, e perchè solo alcune?
Ponendo attenzione alle aree di culminazione anticlinalica secondarie, presenti in varie parti del Carso Triestino, si è potuto constatare una costante presenza di cavità “a pozzo”. Le culminazioni sono strutture di tipo “distensivo” e pertanto “raccolgono” elementi strutturali deformativi di tipo ‘beante”; cosicchè in queste condizioni vi è una maggiore possibilità da parte delle acque di andare in profondità con una “solubilità dinamica” più spinta: ed ecco la maggior presenza di questo tipo di cavità ed anche di vaste ed importanti doline.
Tuttavia la direzione del piano della frattura principale che aveva condizionato la “genesi” delle cavità a pozzo, era costantemente “piazzato” sulla direzione SSVV-NNE verticale (una direzione quindi secondo: N+22°30’E – S+22″30’W), in altri termini veniva rilevata, grosso modo una direzione N+20mE. Questa poteva anche oscillare entro i valori compresi tra N+10°E e N+30°E.
Si è andati allora a cercare quali erano le fratture condizionanti lo sviluppo delle cavità a pozzo, in altre situazioni “tettoniche”. La sorpresa è stata che dalla Val Rosandra al M. Lanaro, alle Bocche del Timavo. lungo il bordo dell’altopiano, come in qualsiasi situazione tettonica presente sul Carso, quasi tutte le cavità a pozzo erano impostate sull’asse SSVV-NNE. Per fare solamente qualche significativo esempio, cosi è per la celebre “Grotta dei Morti”. sul fianco sudoccidentale del M. Calvo. per la “Grotta Costantino Doria”, posta quasi al “centro” del Carso Triestino e, per l’ultima nata la “Grotta Skilan”, il cui pozzo interno di 140 m è “piazzato” proprio su di un sistema N+20°E.
Ritornato per compiere delle verifiche nelle culminazioni anticlinaliche presenti su  nostro Carso con un’ indagine più accurata  ho potuto constatare che la “struttura” non  c’entra. In tutti questi casi per una serie di  combinazioni litostratigrafiche le culminazioni anticlinaliche presenti nei pressi di Gabrovizza, Monrupino-Fernetti, M. Gaia – Gropada, sono costituite da calcari dotati  di un “alto grado di carsificabilità” per cui vi  è una logica presenza di un maggior numero di cavità verticali, indipendente dalla  posizione anticlinalica dell’affioramento roccioso.

IPOTESI GENETICA DEL SISTEMA DI FESSURAZIONE N+20°SE

Dalle numerose indagini statistiche eseguite in svariati punti del Carso, ho potuto osservare che tutte le analisi hanno dato grosso modo i seguenti risultati:
– Prevalenza dei sistemi di fessurazione legati al “trend dinarico” incrociate con quell’altro sistema definito “derivato dal sistema alpino o antidinarico”.
– Le fratture orientate secondo il sistema SSW-NNE sono quasi sempre le meno  frequenti, ma indubbiamente le piu incarsite.  Ciò che meraviglia è la costante presenza  di questo sistema (N+20°E) che non sembra  legato in alcun modo alla struttura dinamica  dell’orogenesi di questi territori, di chiara  derivazione “dinarica” (SE-NW).
Ma perchè solo questo sistema di fessurazione e “beante” e quindi “prevalentemente” incarsito?
È mia opinione che laddove siamo in  presenza di sistemi di fessurazione “aperti”  e quindi anche “beanti”, tutto il complesso  delle “spinte” tettoniche dovrebbe essere  prevalentemente di “tipo distensivo”
Questo quadro dinamico contrasta con il  concetto della compressione dovuto allo scontro delle “zolle” o “microzolle” continentali.
Altra importante osservazione è che il  sistema di fessurazione secondo SSW-NNE  è, dal punto di vista “geologico- temporale”,  indubbiamente secondario e non primario.  Tutte le cavità “a pozzo” impostatesi su  questo sistema intercettano quasi sempre  degli altri sistemi incarsiti preesistenti

 Solo alcuni esempi:

– I vari pozzi della Grotta di Trebiciano  e la caverna Lindner.
-Il pozzo di accesso alla “Grotta Doria”  e la galleria sottostante.
-Il grande pozzo interno della Grotta  Skilan e le immense gallerie poste costantemente alla quota di -200 m dall’attuale  piano di campagna.
Tutte queste osservazioni conducono ad una importante considerazione: questo sistema di fessurazione si e formato non solo ad “orogenesi” da tempo avvenuta, ma anche in un carsismo già abbastanza avanzato.
Bisogna a questo punto dire che tutto ciò che è stato qui esposto e chiaramente solo un’ipotesi e che essa contrasta con concetti che venivano dati abbondantemente per scontati, sia riguardo alla struttura geologica del nostro Carso sia per quanto riguarda l’evoluzione del “carsismo”. Evidentemente cosi non è.
Mi rendo conto che è difficile “capire” questo strano meccanismo, ma forse se si parte da delle “ipotesi genetiche” completamente diverse, allora questo curioso fenomeno potrebbe rientrare in un quadro geodinamico piuttosto interessante.
Non ritengo sia questa la sede per aprire una improduttiva discussione sulla validità delle varie teorie esistenti sulla genesi ed evoluzione degli “orogeni”, mi permetto solo di suggerire che seguendo i concetti indicati da una proposta nuova e affascinante chiamata della “Terra in espansione”, questi nostri modesti segni geodinamici rientrano con facilità nel quadro assai complesso della grande “gerarchia delle dimensioni” che va dalle espansioni continentali e fino alle fratture poligonali del terzo e del quarto ordine a livello ad esempio della struttura del Carso Triestino. Questi nostri sistemi di fessurazione potrebbero essere di quinto ordine, non ancora segnalati. In altre parole: …” Tutte le regioni della superficie della Terra, ad eccezione dei sedimenti più recenti, che tendono a cedere piuttosto che a fratturarsi, acquisiscono due sistemi di giunti quasi ortogonali tra loro, con intersezioni quasi verticali. Sono queste le giunzioni epirogeniche (tipiche dei continenti) che si adattano alla curvatura superficiale decrescente della Terra”. (S. VVARREN CAREY – La Terra in espansione, 1986, BCM 936, Laterza).
Verrà a questo punto fatto osservare che qui si parla di “due sistemi di giunti quasi ortogonali”, mentre il presente lavoro considera uno solo, ossia il sistema SSVV-NNE; e l’altro?
In chiusura e sommessamente vi dico che forse ho il timore di aver “visto” anche l’altro. ma non sono certo di averlo bene inquadrato e non so perciò se posso già “inserirlo” in questo nuovo sistema “genetico”.
Si tratta dell’unica segnalazione finora fatta sull’intero Carso Triestino. Mi riferisco al modesto lavoro, forse mai letto e già dimenticato: Fa. FORTI & Fu. FORTI (1985) – Il condizionamento di una faglia nella genesi dell’Abisso sopra Chiusa (116 VG) – Carso Triestino, pubblicato su “Atti e Memorie, vol. 24. Quella volta non ci siamo resi conto che questo storico ed importante abisso del nostro Carso si sviluppa secondo un sistema (faglia) orientato secondo EVV e quindi quasi normale all’altro più frequente N+20°E.
Evidentemente anche questo sistema E-VV è di tipo “beante”: …“Dallo studio sulle progressioni di sviluppo dell’Abisso sopra Chiusa appare quindi la stretta relazione intercorrente tra le superfici di discontinuità rilevate e l’lncarsimento del complesso roccioso, qui costituito, ricordiamo, dalla facies dei Calcari ad Alveoline e Nummuliti, il cui “grado di carsificabilità” nel significato dato da F. FORTI (1972), risulta essere generalmente “mediobasso”.
Infatti, In tutta l’area del Carso Triestino le cavità presenti nei Calcari Terziari hanno per lo più sviluppo suborizzontale e solamente le grotte impostate in corrispondenza di particolari sistemi disgiuntivi, hanno sviluppi prossimi alla verticale”.
Aggiungo ora che non deve destare meraviglia se nei “Calcari Terziari” vi è scarsezza di cavità, in particolare di quelle a sviluppo verticale e profonde. Dalle numerose misure eseguite sulle differenze di solubilità,. risulta che questa è più che doppia nelle rocce calcaree del Cretacico superiore (prevalentemente micritiche), rispetto a quelle del Paleocene – Eocene (prevalentemente sparitiche) e quindi la probabilità che si trovino delle grotte di un certo sviluppo in profondità, deve necessariamente essere legata a dei fattori “aggiuntivi”, come ad esempio che i piani di frattura della roccia siano “beanti”. Ma ciò, come abbiamo potuto vedere, non è una norma, ma piuttosto un’eccezione determinata da fattori .”esterni”.
Sarà poi vero che esiste sul Carso questo secondo sistema di discontinuità di tipo distensivo e quindi “beante”? A quelli che hanno la voglia e la costanza di affrontare le inesauribili problematiche che il nostro Carso ci offre, questa mia proposta: Datevi da fare, ma ricordatevi sempre che “in natura non ci sono regole, … solo eccezioni”; buon lavoro e … non fatevi fregare dalla Natura!
                                                                                                  Fabio Forti