NOTE SUL FENOMENO CARSICO NEL MASSICCIO DEL MONTE CANIN (ALPI GIULIE OCCIDENTALI, ITALIA)
Atti Convegno Int.lr sul carso di alta montagna Imperia, 30 aprile-4 maggio 1982 – 1 (1983). 427-435
PREMESSA
I1 gruppo del Monte Canin, situato a cavallo del confine italo jugoslavo, costituisce uno dei principali massicci carbonatici delle Alpi Giulie Occidentali, delimitato ad oriente dall’ampia valle del fiume Isonzo ed a S e a N dal corso dei torrenti Resia e Raccolana, affluenti di sinistra del fiume Fella. I limiti settentrionale e meridionale sono dati dai valichi del Predil e di Uccea (v. fig. 1).
Le ricerche sul carsismo nella zona sono iniziate in tempi piuttosto recenti (inizio degli anni ‘60) con l’esplorazione di alcune cavità del settore centrale del massiccio, più facilmente accessibile; successivamente sono stati intrapresi studi sulla geologia e la geomorfologia carsica e le ricognizioni speleologiche sono state estese a tutto il gruppo montuoso. Le considerazioni riportate nella presente nota, pur riferendosi in massima parte a dati raccolti nella zona centrale del massiccio, compresa fra i meridiani passanti per la Sella Canin (Sella Bila Pec) e per la cima del Monte Sart, possono essere considerate valide per l’intero settore italiano.
STRATIGRAFIA
La serie stratigrafica affiorante nella zona comprende, dal basso verso l’alto, le seguenti unità:
· Dolomia Principale (Noriano partim). È costituita da dolomie calcaree e calcari dolomitici biancastri, cristallini, con frattura scheggiosa. La stratificazione è distinta, con spessori prossimi al metro. La potenza della formazione non è rilevabile in quanto nell’area vi affiorano solamente i termini superiori.
· Calcari del Dachstein (Noriano sup. – Retiano). Si tratta di calcari bianchi, grigio chiari o nocciola, a grana fine, compatti, spesso brecciati, con frattura irregolare, caratterizzati macroscopicamente da grossi Lamellibranchi (Megalodon sp.) e Gasteropodi. Lo spessore della stratificazione è di norma compreso fra i 50 ed i 100 cm. La potenza dell’unità si aggira sui 1000 metri.
· Calcari del Lias-Dogger. Presentano caratteristiche macroscopiche simili a quelle dell’unità sottostante, risultando da essa ben distinguibili solo all’esame delle sezioni sottili. La potenza è di circa 120 metri.
· Calcari del Malm. Sono dati da calcari grigio-rosati a grana fine, spatizzati e molto compatti, brecciati, con frattura irregolare. La stratificazione è distinta con spessori di 30-100 centimetri. La potenza complessiva dell’unità è di 50 metri.
· Scaglia Rossa (Cretacico sup.). Si tratta di calcari più o meno marnosi, di colore rosso mattone, verdastro o nocciola, a frattura concoide, con noduli ed interstratificazioni di selce. Lo spessore degli strati è di 3-15 cm. La potenza complessiva non è rilevabile in quanto nell’area sono presenti solo limitati affioramenti dislocati da importanti faglie.
· Filoni neptuniani (Paleocene). Si tratta di riempimenti di fratture di tensione nelle formazioni triassico-giurassiche, di spessore limitato (cm 5-50) ma di notevole estensione.
· Morene, detrito di falda ed alluvioni (Quaternario).
TETTONICA
L’assetto strutturale del gruppo del Monte Canin è condizionato da una serie di importanti faglie con andamento secondo E-W, con scomposizione della massa carbonatica in grandi blocchi monoclinali. Nella parte centrale del massiccio sono rilevabili due monoclinali immergenti a S (monoclinale meridionale) ed a N (monoclinale settentrionale), derivate dalla rottura in cerniera di un’originaria struttura anticlinale (v. fig. 2).
Altre importanti linee di dislocazione sono presenti a S ed a N, ed in corrispondenza di esse sono impostate le principali incisioni vallive che delimitano il gruppo montuoso.
GEOMORFOLOGIA GENERALE
L’attuale morfologia della zona deriva principalmente dal modellamento glaciale quaternario, le cui forme principali appaiono fortemente condizionate dalle caratteristiche strutturali descritte in precedenza. Gli studi effettuati nella parte centrale del massiccio hanno permesso di riconoscere quattro principali fasce, caratterizzate da analoghi processi geomorfologici antichi o in atto.
Tali fasce (v. fig. 2) sono, dalle quote più elevate a quelle inferiori, le seguenti:
a) Zona delle pareti superiori, compresa fra la linea di cresta principale (culminante nel M. Canin Alto, m 2587) e le zone di accumulo di detrito presenti al di sotto delle quote di m 2250-2150. Vi affiorano i Calcari del Dachstein, con strati a reggipoggio: questa situazione condiziona la presenza di pareti subverticali, legate a fratture di tensione, frequentemente interrotte da strette cenge in corrispondenza del tetto degli strati più potenti.
I processi geomorfologici in atto sono dati da fenomeni di degradazione meteorica delle rocce carbonatiche, che determinano il continuo distacco di blocchi nelle zone di parete. Sono del tutto assenti i fenomeni carsici.
b) Zona delle falde di detrito. È ubicata al di sotto della zona precedente, fra le quote massime di m 2250-2150 e quelle minime di m 1950-1900. Vi affiorano la Dolomia Principale ed i termini inferiori dei Calcari del Dachstein. La fascia è caratterizzata da una serie di falde di detrito attive ed è occupata nella parte centrale dal ghiacciaio del Monte Canin, ubicato in un piccolo circo racchiuso dalle cime più elevate del massiccio. In corrispondenza degli affioramenti di terreni dolomitici sono presenti, alle quote inferiori, marcate incisioni torrentizie con il fondo molto ripido, alimentate nella stagione estiva da acque provenienti in prevalenza dal ghiacciaio e da nevai temporanei. Questi canaloni rappresentano le vie di scarico del detrito di falda dalle fasce più elevate ai bordi della zona di altopiano.
Le strutture piu caratteristiche sono date da tozzi torrioni dolomitici, isolati dai canaloni citati più sopra, soggetti ad un’intensa degradazione fisica, favorita dall’alto grado di fratturazione della roccia. Sono presenti rarissimi esempi di cavità, quasi totalmente ostruite da detriti, mentre non sono state rilevate manifestazioni di carsismo superficiale.
c) Altopiano. È costituito da una serie di rilievi tondeggianti, separati da solchi glaciali e depressioni. Le quote sono comprese fra i m 2000 ca. ed i m 1800, con la sola eccezione del rilievo marginale del Col Sclaf, che raggiunge una quota di m 2157. Vi affiorano estesamente i calcari del Dachstein e quelli giurassici, interessati da un fenomeno carsico eccezionale per la frequenza e la varietà delle forme superficiali e profonde.
d) Zona delle pareti inferiori. Corrisponde al versante sinistro della Va1
Raccolana, caratterizzato da pareti e pendii molto acclivi, ove affiorano in successione stratigrafica le formazioni della Dolomia Principale e dei Calcari del Dachstein; il contatto fra le due unità si trova ad una quota pressoché costante di m 900 ca.
Le quote sono comprese fra i 1800-2000 metri dei bordi dell’altopiano ed i 550 metri del fondovalle (Ponte di Tamaroz). La fascia rappresenta il fianco di un’ampia valle glaciale, attualmente interessato da fenomeni di degradazione meteorica, favoriti in alcuni settori da una notevole valangosità.
I1 fenomeno carsico superficiale è dato da scarse forme di corrosione, mentre quello profondo è caratteristico per la presenza di una serie di cavità suborizzontali, che salvo rare eccezioni presentano dimensioni modeste; fra le cavità importanti deve essere citato il Fontanon di Goriuda, Fr 1, la principale risorgiva carsica del versante italiano del massiccio. È l’unica fascia ove sia presente un’abbondante vegetazione.
IL FENOMENO CARSICO
Come si è detto, è rappresentato principalmente nella zona di altopiano, ove appare chiaramente sovraimposto ad una morfologia generale determinata dall’esarazione glaciale.
Le forme superficiali sono quelle caratteristiche dei carsi di alta montagna, date da piccole forme di corrosione estremamente diffuse e spesso notevolmente evolute. Non ritenendo essenziale in questa sede descrivere nel dettaglio le singole forme osservate, ci si limiterà alla formulazione di alcune considerazioni di carattere generale, con riferimento ai meccanismi che si ritiene determinino la presenza e l’evoluzione delle microforme.
Corrosione dinamica areale. Sono state rinvenute in più aree caratterizzate da ampi tavolati con modesta inclinazione forme presumibilmente legate a scorrimenti idrici laminari, alimentati da acque di fusione, date da Trittkarren (karren a impronte di passi). Risultano invece rare e poco marcate le forme «pluviali» quali i Rillenkarren (scanalature).
Corrosione dinamica lineare. Risultano frequentissime le forme carsiche originate da acque incanalate su superfici suborizzontali (Rinnenkarren, Maanderkarren) o fortemente inclinate (Wandkarren). Corrosione dinamica profonda. Crepacci carsici (Kluftkarren) e fori di dissoluzione, impostati su fratture, sono molto diffusi, soprattutto ove la pendenza della superficie topografica non è molto elevata.
Corrosione statica. Le forme più caratteristiche sono date dalle vaschette di corrosione, abbastanza frequenti in tutte le zone dell’altopiano, variabili per forma e dimensioni, in più casi occupate da riempimenti di materiale terroso. Sono state pure osservate, alle quote inferiori (zona d), forme carsiche arrotondate, legate a periodiche colonizzazioni degli affioramenti carbonatici da parte della vegetazione.
L’importanza del carsismo profondo è stata evidenziata dalle esplorazioni speleologiche condotte sul massiccio negli ultimi venti anni. Sono state finora esplorate e rilevate oltre 800 cavità carsiche, alcune delle quali raggiungono notevoli dimensioni e figurano ai primi posti nelle graduatorie delle maggiori cavità italiane. Tralasciando l’enumerazione e la descrizione dei singoli abissi, si ritiene sufficiente ricordare che sono 11 le cavità che superano i 500 metri di profondità, presentando spesso pure un notevole sviluppo planimetrico (es. Abisso Michele Gortani, Fr 585: prof. m 920, svil. planimetrico m 8.325). Tutte le maggiori grotte sono costituite da pozzi (pozzo-cascata), collegati da gallerie a forra, alte e strette, con percorso planimetrico spesso meandriforme.
Nelle zone di altopiano ne sono stati distinti due tipi principali:
1) Cavità a sviluppo prevalentemente verticale, date da successioni di profondi pozzi, con brevi tratti di galleria.
2) Cavità caratterizzate da un notevole sviluppo orizzontale oltre che verticale, con estese gallerie disposte a più livelli.
Un’analisi accurata ha evidenziato che le cavità del primo tipo sono ubicate in prossimità di importanti dislocazioni tettoniche che hanno condizionato una facile e rapida penetrazione in profondità delle acque. Nel secondo caso le cavità si sviluppano in grandi placche calcaree isolate dalle linee di dislocazione e molto meno fratturate, ove giocano un ruolo di primaria importanza nei processi speleogenetici le caratteristiche ed in particolare la giacitura della stratificazione.
Ciò che si è detto vale per le grotte assorbenti che si aprono nelle zone di altopiano. Una diversa morfologia presentano le cavità con funzione antica o attuale di risorgiva presenti nella zona delle pareti inferiori. Si tratta di grotte suborizzontali, con frequenti contropendenze, occupate da sifoni nei casi in cui permane tuttora un’attività idrica.
È interessante da segnalare il fatto che il già citato Fontanon di Goriuda ed altre sorgenti minori si trovano in prossimità del contatto fra i Calcari del Dachstein e la Dolomia Principale, formazioni che presentano un grado di carsificabilità molto diverso, altissimo la prima, estremamente basso (paracarsismo) la seconda.
IDROGEOLOGIA
I dati sulle esperienze di marcatura delle acque finora effettuate sono stati recentemente sintetizzati da GASPARO(1 978). È stato dimostrato che, per le acque assorbite nella parte centrale del massiccio, in territorio italiano (monoclinale settentrionale), il punto principale di risorgenza è dato dal Fontanon di Goriuda, mentre rimangono dubbi sulla possibilità di spandimenti nel corpo della monoclinale meridionale, verso le sorgenti presenti nella valle dell’Isonzo, presso l’abitato di Bovec (Plezzo).
BIBLIOGRAFIA
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