Pubblicato sul n. 70 di PROGRESSIONE
Alla ricerca della grotta Nera di Prepotto 887 VG
Ogni territorio porta nella sua storia ricordi alle volte curiosi alle volte misteriosi che con il passare degli anni si radicano nella memoria delle genti il più delle volte solo verbalmente perdendo così nel tempo sempre di più i particolari reali e divenendo di fatto miti e legende che però, come ben sappiamo, hanno sempre una base di verità. L’essere umano per sua natura ama la conoscenza delle cose e del territorio in cui vive perché gli danno sicurezza quando si muove e gli permettono di avviare le attività economiche a lui più utili e favorevoli all’esistenza; cosa invece spinga l’uomo a interessarsi morbosamente dei misteri e dei tesori nascosti questa è materia per psicologi ma ben sappiamo di vite spese alla ricerca del Santo Graal.
Per gli speleologi il Santo Graal non può che essere la scoperta o il ritrovamento di una grotta meravigliosa, lunghissima e profonda, splendidamente concrezionata magari con un fiume sotterraneo che ci scorre dentro e, perché no, con qualche ricordo della vita dei nostri antenati; insomma materiale da spenderci poi una vita in esplorazione e ricerca scientifica.
Ritornando su alcuni misteri del nostro Carso classico e che riguardano le cosiddette grotte scomparse, ve ne sono due note a tutti gli speleologi di questa provincia e riguardano l’Abisso III di Gropada 2287VG (mai pubblicato nel catasto Regionale delle grotte), di cui sul numero 20 di questa rivista ne viene riportata la storia e il rilievo eseguito negli anni 20 dal Cesare Prez dell’Associazione Trenta Ottobre di Trieste e la grotta Nera di Prepotto (887 Vg – 172 Rg) scoperta rilevata e studiata dal Perko sin dai primi del 900 (data del rilievo 28 agosto 1904). Anche questa grotta, ritenuta ostruita e introvabile come indicato dal Catasto Regionale delle Grotte e da quello Storico della CGEB, è stata oggetto negli anni di numerose ricerche svolte da stuoli di speleologi che hanno dedicato molte delle loro domeniche nell’intento di trovare la sua posizione che entrambi i Catasti indicano chiaramente molto incerta in quanto fatta in modo geografico in base alle poche indicazioni disponibili. Di tali estenuanti ricerche il socio Bosco Natale Bone, riporta sul numero 48 di Progressione gli sforzi fatti nell’anno 2003 per ritrovare la grotta “fantasma” per eccellenza in base ad alcuni indizi ritenuti probanti che all’epoca avevano fatto sperare nel ritrovamento di questa fantomatica cavità.

Tanta tenacia era ben giustificata in quanto il Giovanni Andrea Perko era un noto studioso attento e altamente qualificato e la sua biografia disponibile sul sito www.boegan.it riporta il suo prestigioso curriculum; le notizie ed il rilievo della grotta 887 VG dovevano pertanto essere sicuramente vere e da qualche parte questa grotta doveva trovarsi.
Ma qui dobbiamo fare una prima osservazione verso chi mise a catasto Regionale la sua presunta posizione allocandola geografic-amente con le seguenti coordinate: Lat. 45.74648 – Lon. 13.71051 che posizionate sulla CTR Regionale 1:5000 ci danno il risultato di cui in figura n. 1. Posizione questa ben distante da quanto riportato dal Perko su una pubblicazione del 1909 e sulle carte 1:25000 IGM della cosidetta cartografia BOEGAN; documenti questi sicuramente disponibili a chi all’epoca inserì a catasto la posizione presunta e tutti i “ricercatori” della grotta negli anni successivi batterono zona in tale area ma senza risultati.
Fu quindi per caso che durante il certosino lavoro di pubblicazione sul nostro sito di documenti storici digitalizzati, mi passo sottomano un foglio del Perko tratto dal n. 8 della rivista Urania del 1909 dal titolo Über die Neolithischen Hӧlenniederlassungen von Nabresina nel quale veniva riportata una piccola cartina della zona (Figura n. 2) con indicate le posizioni di 38 grotte osservate dal Perko nelle sue ricerche. Di per se il ritrovamento sarebbe passato inosservato se qualcuno, forse il nostro socio Pino Guidi, non avesse cerchiato di rosso il numero 30 che poi la legenda indicava con la dicitura: Schwarze Hӧlhle che mise subito in allarme quella morbosità di cui parlavo prima.

Per utilizzare tale indicazione cartacea non rimaneva altro che tentare una georeferenziazione dell’immagine e verificare quanto fossero esatte le posizioni delle grotte riportate ed a noi note come per esempio la Noe indicata con il n. 25 o la Nemec indicata con il n. 18 ed altre. Grande fu lo stupore quando riportati i waypoint delle grotte accatastate sulla carta del Perko queste combaciassero quasi perfettamente con i puntini da questo segnati e solo la posizione della Noe risultò diversa per un centinaio di metri in longitudine (figura n. 2). Detto fatto e la nuova posizione quasi certa della 887 VG (Lat. 45.758711 – Lon. 13.696859) e indicata dal Perko con il n. 30 sembrava cosa fatta.
Avendo ora un riferimento più certo caricai in OziExplorer il mio nuovo waypoint ed il sistema posizionò sulla carta 1:25000 IGM del BOEGAN (F.40a -. Duino Aurisina , III N.E.) la mia nuova posizione. Con sorpresa trovai che anche il BOEGAN aveva riportato su carta la posizione della 887 VG ma con uno scarto di circa 55 mt in longitudine e 100 mt in latitudine rispetto al Perko. (Lat. 45.757640 – Lon. 13.697605); differenza questa sicuramente minima per le risorse dell’epoca ma fondamentale per una ricerca sul campo.

Non restava che armarsi di fotocamera, GPS e termocamera e perdersi per i prati e sterpaglie incolte della zona di S.Pelagio alla ricerca della grotta “fantasma” ma giunto sul posto le due posizioni del Perko e del Boegan mi portarono su aree ormai completamente modificate e antropizzate da colture a vitigno con grandi rilevati e riporti in terra anche di importante spessore per mettere a livello gli scoscesi terreni. (vedi figura n. 3).
Passata la delusione di non aver fatto la scoperta del secolo e consapevole che i due noti speleologi non potevano aver sbagliato di tanto la posizione di questa grotta che ormai possiamo ritenere ostruita, mi armai comunque di pazienza andando a battere zona per doline e sterpaglie vicine sempre con la speranza di trovare qualcosa in un raggio di 100-150 mt in aree non interessate dai vitigni. Come sempre accade quando vai per “frasche carsiche” un buco o presunto tale primo o poi lo trovi e fu così che in prossimità della dolina della grotta dell’Edera (5143 Vg – 3574 Rg) in una parete di calcare alta circa 1,5 mt si apre un piccolo antro dal quale fuoriesce dell’aria a 10,6 C° che non risulta né targhettato né frequentato di recente; se ne riporta la posizione (Lat. 45.756885 e Lon. 13.696201) e la foto della zona di ingresso (Figura n. 4 – 5 – 6) per chi sia interessato a fare qualche nuova scoperta.

Ma quella morbosità della scoperta non passava e sembrava impossibile che non si potesse trovare qualcosa di interessante che assomigliasse all’ingresso della grotta Nera di Prepotto scomparsa e così continuai a battere zona nei pressi della posizione indicata dal BOEGAN e nei famosi 100 mt di raggio (quale possibile errore cartografico di posizionamento manuale), mi imbattei in un promettente piccolo antro la cui sezione di apertura rassomiglia alla descrizione del Catasto regionale ed anche la sua posizione orientata a Ovest in una parete di calcare di una dolinetta rende il tutto molto interessante.
Cosi la descrizione del Catasto Storico delle Grotte: “ L’imbocco era situato sul lato Ovest di una piccola dolina ed aveva la forma di una ferro da stiro, con una lunghezza di 1.7m.”
Quasto ingresso ad oggi non presenta alcuna corrente d’aria, in quanto ostruito da foglie e detriti, ma dell’ingresso di una grotta sicuramente si tratta ed anche in questo caso un indizio strano ed enigmatico fa ben sperare: dal fogliame semisommerso ha fatto capolino un vecchio secchio in zinco come in uso nei primi del 900 tra i contadini; che fosse sia stato usato dal Perko per aprire la grotta 887 VG ??.
Ma dove si trova questo pertugio e quali frutti darà, ve lo racconteremo la prossima volta.
Toffanin Paolo