Spedizione Paraguay 2023

PARAGUAY TRA SPEDIZIONE SPELEOLOGICA E TUTELA AMBIENTALE

Premessa

Erano tanti anni ormai che la Commissione grotte E.BOEGAN non si impegnava più nell’organizzare spedizioni extraeuropee e sarà stato per colpa della pandemia ma era dal lontano 2015, con l’ultima avventura nel deserto di Atacama, che non si vedevano soci avventurarsi fuori dall’Europa.  Fu quindi quasi per caso che a fine 2022, terminata la pandemia, iniziò a farsi strada tra alcuni attempati soci della CGEB la voglia di mettersi in gioco in avventure oltreoceano e l’occasione ci venne data da Enzo Caruso che tra i suoi tanti contatti militari, ne aveva uno proprio in Paraguay. Sarà stata la voglia di ricominciare o la nostalgia del passato, ma l’idea di andar per grotte in un paese che di grotte poco poteva offrire ha stimolato la curiosità e avviato l’iniziativa. A dirla tutta la spinta ci venne data da un ambizioso progetto di tutela ambientale che gli Enti governativi di quel paese avevano appena avviato in un area carsica a tutela delle poche grotte presenti che loro chiamano “monumenti naturali” e che volevano adattare all’uso turistico per rivitalizzare delle zone degradate dallo sfruttamento minerario senza però avere una società speleologica preparata e competente. A farla breve quando Enzo mi prospettò questa collaborazione con i Paraguayani gli diedi subito la mia adesione per mettere in piedi questa spedizione e trovare un gruppo affiatato per affrontare gli obiettivi che ci sarebbero stati proposti dagli Enti governativi.

Adempiute tutte le formalità del caso e ottenuta l’autorizzazione a operare all’interno delle grotte paraguayane, non restava che mettere insieme la squadra che, come noto, fu composta dai “Magnifici Sette” Paolo Toffanin alias Toffy, Guido Sollazzi alias Jena, Spartaco Savio alias Scrat, Antonella Tizianel alias Tonza, Enzo Caruso (capo spedizione) alias… Enzo e basta, Stefano Salvador alias Cibau e Cavia alias Marco Sticotti. Amici che non feci molta fatica a coinvolgere come, buoni ultimi, Guido Sollazzi e Spartaco Savio, che all’inizio non furono molto entusiasti poiché abituati a spedizioni ben più impegnative, ma che si lasciarono ben presto convincere per dare una mano agli speleologi Paraguayani nell’avviare questo piano di tutela delle grotte del distretto di Vallemi posto nel nord/est del Paraguay al confine con il Brasile.

Paolo TOFFANIN

I PRODROMI

Che cosa unisce il Medio Oriente all’America Latina? In particolare, cos’hanno in comune l’Iraq e il Paraguay? Apparentemente nulla, nemmeno in questi tempi di sfrenata globalizzazione. In realtà un filo sottilissimo li unisce ed è quello lungo il quale si intreccia la storia di questa spedizione che ora mi accingo a raccontare.

Tra il 2020 e il 2021 mi trovavo a Baghdad per lavoro; era la seconda volta che mettevo piede in quella tanto martoriata quanto meravigliosa città d’Oriente. L’atmosfera fiabesca da le mille e una notte era soltanto un vago ricordo dell’immaginario; la realtà era più tragicamente fatta di polvere, fumo, esplosioni, allarmi… Fu esattamente una sera d’inverno, durante la quale le sirene ci avevano costretto a precipitare nei bunker antiaereo, che mi trovai faccia a faccia con un viso noto. Nonostante la concitazione del momento, la semi oscurità che riempiva l’angusto ambiente, le fisionomie semi nascoste sotto il pesante equipaggiamento e le mascherine anti Covid, riconobbi in quella sagoma indefinita qualcosa di familiare; il volto, o meglio, gli occhi di qualcuno che avevo già visto e conosciuto da qualche parte, ma non riuscivo a collegare né dove né quando. Come spesso accade in frangenti di questo tipo, dopo avere inutilmente cercato dentro di me le risposte e le conferme alle mie domande circa l’identità di questa persona, mi sono deciso a muovere il primo passo e le ho così chiesto chi fosse e se ci conoscessimo. Senza dire una parola, la figura misteriosa abbassò la mascherina, alzò leggermente l’elmetto per farsi riconoscere meglio e mi trovai così al cospetto di un Ufficiale con il quale avevo prestato servizio 25 anni prima negli Alpini Paracadutisti. Era trascorsa una vita da quel giorno del ‘96 in cui ci eravamo salutati; lo avevo lasciato che ero un giovane marescialletto a paga sperimentale e lui un giovane tenentino più o meno lanciato in carriera per ritrovarci lui tenente colonnello, io maresciallo a fine corsa, più vecchi ma sostanzialmente uguali (credo) a un quarto di secolo prima. Grande fu la sorpresa e la gioia di quell’incontro inaspettato e avvenuto nell’ultimissimo posto in cui si può sperare di ritrovare un amico che si era perso di vista da tanto tempo. Così, sotto gli occhi attoniti e increduli dei compagni di sventura che con noi dividevano gli spazi del rifugio, ci ritrovammo ad abbracciarci e a darci grandi pacche sulle spalle in un tripudio di allegria e di stupore che molto poco si conciliavano con l’atmosfera del luogo e del momento. Ricordo che qualcuno esclamò con tono ironico e rassegnato: “Italians…”

Ma tant’è, l’emozione era troppo grande per poterla contenere, senza contare che ci eravamo entrambi già trovati in situazioni ben più pericolose per prendere tanto seriamente un banalissimo allarme bomba o per dare peso ai commenti di qualche straniero invidioso e carico di pregiudizi e…di paura!

Da quel giorno, io e il Tenente Colonnello Giuseppe Ardolino ci siamo incontrati ancora, quasi ogni giorno, ovvero ogni volta che i nostri rispettivi turni coincidevano permettendoci di vederci. E Tra un racconto e un altro, una rievocazione e un’altra, fu durante una sera d’inverno illuminata da uno spicchio di luna araba e dai traccianti delle batterie contraeree che venni a sapere che negli anni Giuseppe aveva sposato una donna paraguayana, tale Patricia, di cui parlerò più avanti, e che con questa aveva visitato alcune grotte nel nord del Paraguay, vicino a Vallemì, città mineraria che sorge sulle sponde del fiume Paraguay, non lontano dal confine con il Brasile.

Giuseppe mi spiegava che tutte queste cavità insistono su terreni di un’importante società mineraria governativa (la Industria Nacional del Cemento – INC) e che alcune di queste erano già da tempo oggetto di visite turistiche con accompagnamento occasionale. Fu così che venni a conoscenza dell’esistenza di un personaggio il cui contributo è stato fondamentale nel processo di pianificazione e nella condotta della spedizione.

Don Francisco Narvaez è stato il primo contatto diretto che ho avuto con la realtà paraguayana. Dipendente della Industria Nacional del Cemento (come la stragrande maggioranza della gente del posto), aveva in più il vantaggio di arrotondare lo stipendio svolgendo a tempo perso anche la funzione di guida turistica nelle grotte intorno alla città di Vallemì. Ottenuto, grazie a Patricia, il suo indirizzo di posta elettronica, a lui scrissi una prima e-mail con la quale, fatte le dovute presentazioni, gli manifestavo il nostro interesse ad iniziare col suo gruppo (composto principalmente da lui stesso) un progetto di collaborazione mettendo a disposizione la nostra esperienza, il nostro tempo, la nostra attrezzatura e il nostro personale. Chiudeva la nota un invito a farci sapere di quale tipo di supporto ci fosse maggiormente bisogno. La risposta non si fece attendere e fu accolta con gioia, malgrado non fornisse nessunissima risposta alle nostre richieste, eccetto una vaga ammissione di avere bisogno di aiuto, senza però specificare quale, e limitandosi solamente ad informarci che era molto contento di essere entrato in contatto con noi, che nel 2006 aveva frequentato un corso di speleologia in Argentina, che nella zona di Vallemì ci sarebbero più di 42 cavità (in realtà, scoprimmo che sono molte meno) e che sperava di vederci presto in Paraguay. Punto.

Lo scambio epistolare con Don Francisco è poi proseguito ancora per qualche tempo, ma presto entrarono in scena altri protagonisti, più autorevoli e soprattutto decisivi per la realizzazione del progetto di spedizione.

Ph P.Toffanin – Ingresso cittadina di Vallemì

Come accennato, la maggior parte delle grotte infatti si trova nei terreni di proprietà della Industria Nacional del Cemento di Vallemì e fu immediatamente chiaro che era al suo staff che dovevamo rivolgerci. Grazie all’impareggiabile mediazione della granitica Patricia, siamo riusciti a risalire al Responsabile Ambientale della INC,  al quale ci siamo rivolti per manifestare il nostro interesse a visitare le grotte di Vallemì e ad iniziare un progetto di collaborazione per lo sviluppo del potenziale delle grotte in parola. La proposta fu accolta con entusiasmo e in breve tempo rimbalzò sulla scrivania del Mega Presidente Imperiale della INC, Ernesto Juliàn Benitez Petters, che la accolse anch’egli positivamente e con entusiasmo. Fu solo allora che venimmo a sapere che tutta la zona in cui insistono le grotte, nel 2011 era stata inserita dalle Autorità paraguayane in una più ampia Area Forestale Protetta, una sorta di riserva o parco naturale più o meno integrale, la cui gestione è coordinata tramite un dedicato Piano di Gestione (Plan de Manejo) tra diversi enti governativi e locali tra i quali il Ministero dell’Ambiente, la Segreteria Nazionale del Turismo, le Municipalità locali, la INC stessa e una fantomatica Federazione Speleologica Paraguayana che solo a posteriori abbiamo scoperto che… non esiste. Non solo, il Signor Petters ci informava che erano già state avviate tutte le pratiche del caso affinché le caverne di Vallemì, già denominate “Monumenti Naturali”, potessero ottenere il riconoscimento di Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Niente popò di meno! Confidava quindi che il nostro contributo potesse dare impulso alla realizzazione di questo nobile e ambizioso (e utopistico) progetto e, di conseguenza, con sigillo imperiale dava la sua personalissima benedizione allo svolgimento della nostra spedizione.

Grazie a queste informazioni, ci fu immediatamente chiaro che l’obiettivo della spedizione che ci stavamo apprestando a compiere non poteva essere ridotto a una semplice e mera serie di attività tecniche, ma doveva giocoforza assumere una connotazione diversa, innovativa e aderente ai cardini portanti del sodalizio a cui apparteniamo (il CAI) con particolare attenzione alle tematiche dell’ambiente, della preservazione e conservazione della biodiversità in un’ottica strettamente “eco-friendly”, a tutto vantaggio della causa per la quale le Autorità paraguayane si stavano spendendo. Indossati i panni di novelli quanto improbabili Greta Thumberg in salsa speleo, stavamo per dare inizio alla prima spedizione “fully green” che la storia della speleologia triestina possa annoverare!

Per conferire al progetto una connotazione più ufficiale e per dimostrare le nostre migliori intenzioni, indirizzammo alla INC una dettagliata lettera di intenti con la quale si elencavano i vari campi d’azione in cui avremmo operato:

  • Valutazione dell’impatto ambientale che le visite alle grotte avrebbe potuto causare all’area protetta e alle grotte stesse;
  • Esplorazione e rilievo delle grotte conosciute e ricerca di eventuali nuove cavità;
  • Preparazione del personale operante in qualità di guida speleologica alle tecniche di soccorso in ambiente ipogeo;
  • Corsi tematici di tecniche di progressione a favore del personale scientifico locale per lo svolgimento in autonomia dello studio di flora, fauna, idrologia e geologia.

Nei mesi successivi, seguirono numerosi ulteriori contatti con la controparte sudamericana e grazie al coinvolgimento di Patricia che ha rivestito il non facile ruolo di mediatrice e interprete (in Paraguay si parla solo spagnolo e Guaranì!), siamo riusciti a definire tutti i dettagli della spedizione con la piacevole aggiunta di un sostegno inaspettato per quanto riguarda tutti gli aspetti logistici relativi a trasporto, vitto, alloggio, il tutto a costo zero e condito con una carica di umanità commovente, calorosa e avvolgente che ha contribuito a rendere l’impresa indimenticabile e, forse, irripetibile.

La spedizione, iniziata il 29 agosto 2023 e conclusasi il 11 settembre, ha riportato la CGEB alla ribalta delle spedizioni oltreoceano più impegnative, ha permesso di dare lustro alla speleologia italiana in un contesto estremamente diverso dai consueti canoni di grotta cui siamo abituati, ha avuto un’eco mediatica superiore a qualsiasi aspettativa, ha posto la Commissione sotto riflettori autorevoli facendo parlare di sé in maniera benevola e lusinghiera e, soprattutto, ha permesso di confermare che, al netto delle tanto sterili quanto inutili polemiche interne, lo spirito di corpo è ancora vivo e il gruppo sa ancora trovarsi unito e coeso nel perseguimento degli obiettivi comuni. In quest’ottica, vorrei esprimere un personalissimo e commosso ringraziamento a Giuseppe, a Patricia, a Don Francisco, alla INC, al nostro Consiglio Direttivo che ha autorizzato e sostenuto l’impresa e a tutti coloro che direttamente o indirettamente hanno reso possibile la realizzazione di questa fantastica esperienza.

Enzo CARUSO

 LA SPEDIZIONE

Dopo tanti anni di “solo Carso classico”, ricordarsi di come si organizza una spedizione extraeuropea non fu semplice e si dovette fare mente locale per mettere in ordine tutti gli aspetti organizzativi, logistici, di viaggio, trasporto ed esplorativi che la spedizione richiedeva pescando dall’esperienza, ormai lontana, dei componenti del gruppo ma soprattutto dividendosi i compiti che ognuno avrebbe dovuto svolgere una volta sul posto.  Insomma anche se le prospettive erano decisamente comode, in quanto la spedizione era supportata da importanti Enti governativi ed economici locali che hanno organizzato il nostro soggiorno in Paraguay nel migliore dei modi, dimenticare a casa qualcosa sarebbe stato sempre e comunque un bel problema alle volte insormontabile considerato che la regione di Vallemi dove abbiamo operato, sebbene sviluppata economicamente per gli standard locali, era pur sempre una sperduta cittadina a 8-9 ore di pulmino dalla capitale Assuncìon.

Uno dei primi interrogativi che ci siamo posti era la quantità di materiale speditivo da portare limitato dal peso extra bagaglio pari a 23 Kg a testa pena pesanti rincari sui biglietti aerei. Sarà forse banale ma per organizzare il bagaglio tra tutti i componenti della spedizione in modo omogeneo andammo a pesare con minuzia tutti i singoli materiali.

Considerato quindi l’obiettivo di una prima ricognizione leggera e il basso potenziale carsico della zona di Vallemì dove i “Cerri” (rilievi/colline carsiche) raggiungevano al massimo i 190 mt di quota rispetto al fiume Paraguay posto a 70 m sl.m., decidemmo di fare una lista materiali decisamente spartana:

200 mt corda 9 mm (4 pezzi da 50 mt) 4 punte SDS 8 mm
10 fettucce cucite 120 cm 4 sacchi grotta 23 x 72 cm due spallacci
10 fettucce cucite 60 cm 2 Quaderni rilievo carta speciale
30 moschettoni alluminio paralleli 2 strumenti da rilievo (BRIK4 e DistoX)
25 piastrine alluminio ritorte 8 mm 3 illuminatori per foto
5 anelli  inox 8 mm 1 reflex con obiettivo da 50 mm e cavalletto
10 piastrine allumino 10 mm 1 trapano con 2 batterie e caricabatteria
10 Multi monty  10 mm 1 PC portatile e tablet da rilievo digitale
20 fix 8 mm x 80 mm inox 1 GOPRO

che si rivelò completa e utile per tutte le esigenze della spedizione; materiali che sono stati tutti riportati a casa salvo alcuni omaggi agli speleologi locali che di materiale speleo ne avevano ben poco e tutto di derivazione alpinistica. Non possiamo ora non ricordare l’amico “Don” Francisco Narvaez speleologo locale e profondo conoscitore del territorio e l’ing. Noè Rojas Pereira dipendente della Società Mineraria Nazionale del Cemento INC che con la loro solarità e grande entusiasmo hanno dato alla spedizione anche una connotazione di amicizia che non dimenticheremo  mai. Un particolare ringraziamento dobbiamo rivolgerlo a Noè che essendo di origini amerinde fu il nostro interprete che riusciva a far dialogare l’Italiano con lo spagnolo e la seconda lingua molto diffusa nelle zone rurali che è il Guaranì; lingua questa molto distante dal più comprensibile spagnolo.

Ph M.C. Sticotti: Grotta Yvu – Puerto Ita Qua

Come programmato nel progetto concordato con le Autorità locali (si operava all’interno di un parco naturale appena costituito), la spedizione ha alternato le attività di ricognizione, rilievo e documentazione fotografica delle cavità già note e posizionate su cartografia, con quelle di tipo esplorativo con battute di zona in aree poco frequentate con l’aiuto dei soliti pastori locali che ben conoscevano la posizione di grotte e pozzi immersi nell’intricata vegetazione spinosa (acero spinoso) di quelle zone e ben segnalati dalla presenza del ficus gigante chiamati dai locali “Guapo’y” che affondavano le loro imponenti radici nei baratri cercando l’acqua del sottosuolo. Le battute di zona hanno permesso di mappare e rilevare numerose nuove cavità sconosciute alle Autorità locali ma che non hanno dato grandi soddisfazioni speleologiche in quanto pozzi poco profondi (15-20 mt) che chiudevano tutti in tappi di argilla e clasti di antichissimi crolli e senza presentare prosecuzioni degne di nota.

Una sola battuta di zona nell’area di Itacua a qualche ora di pulmino da Vallemì, ha permesso di visitare una antica risorgiva posta a metà costa dell’immancabile “Cerro” che nella parte iniziale era già nota ai soli locali e frequentata per la presenza di acqua potabile. Questa cavità nota con il nome di Y Vu (la sorgente) è stata esplorata per oltre 350 mt (260 mt rilevati) scoprendo alcune interessanti prosecuzioni e presenza di profonde pozze d’acqua con fauna ittica di ignota provenienza. Possiamo ipotizzare un trasporto aereo sui “Cerri” di pesci in periodo riproduttivo dal vicino fiume Paraguay dovuto agli uccelli predatori le cui uova in qualche modo fortuito sono state poi trasportate dalle acque all’interno della risorgiva dove si sono potute sviluppare nei laghetti interni in piccoli avannotti.

Causa la scarsità di tempo a disposizione ed essendo l’ultimo giorno utile di spedizione, l’esplorazione è stata interrotta lasciando delle gallerie freatiche, ormai fossili, tutte ancora da esplorare con probabile traforo in quota del Cerro considerata la notevole  portata d’aria di circolazione.

Ph S.Savio – Pipistrello grotta CT2 fiume

Sempre nutrita la fauna locale che abbiamo trovato in queste grotte con la presenza quasi costante di nidi di avvoltoio dal collo grigio e relative covate, oltre a insetti, tarantole e lucertole di varie specie che cercavano al loro interno condizioni climatiche più miti (23° C) rispetto le temperature esterne che di giorno arrivavano fino ai 40°C sotto il sole. Non è mancata la presenza di pipistrelli di dimensioni più “abbondanti” rispetto ai chirotteri delle nostre zone, che abbiamo trovato in sole due cavità.

Di ogni grotta visitata è stata redatta una scheda catastale e tutto il materiale raccolto è pubblicato nel catasto storico della CGEB nella sezione Paraguay. (www.catastogrotte.it).

 ASPETTI SANITARI

L’area esplorativa si trova in zona sub tropicale a 22° sud dell’equatore dove alcune malattie risultano endemiche e soprattutto quelle portate dalle zanzare quale la febbre Dengue, la Zika o la Chikungunya mentre la malaria non veniva data come un rischio sanitario in quella zona ancorché confinate con il Brasile dove invece la malattia è più diffusa. Ampio fu infatti l’uso di liquidi repellenti a base di dietiltoluamide (DEET) molto efficaci anche se, essendo nella stagione invernale, gli insetti non hanno dato particolare fastidio. Ciononostante un componente della spedizione nei giorni prossimi al viaggio di ritorno venne contagiato dal virus della Chikungunya che avendo un periodo di incubazione da 2-12 gg manifestò i sintomi solo giunto in Italia con grande dispiego di protocolli sanitari da parte dell’Azienda Sanitaria che furono attivati per evitare possibili epidemie locali.  Ampia la dotazione dei presidi sanitari che ci siamo portati appresso e che in gran misura sono stati lasciati ai locali il giorno della partenza:

garze 36 x 40

forbici
cerotti medicati piccoli (tipo salvelox) accendino
cerotti medicati 10 x 15 cm Eco save (antiveleno elettrico)
cerotto medicato in rotolo 1 metro Prep crema 2 tubi (irritazioni cutanee, punture insetti)
cerotto 5 cm rotolo Pantoprazolo 40 mg 2 scatole (gastroprotettore)
cerotto 10 cm rotolo 1 metro Bbuscopan 2 scatole (spasmi intestinali)
fasce elastiche Plasil 10 mg 2 scatole (nausea e vomito)
fasce di garza Tachipirina 1000 mg 2 scatole  (antifebbrile)
steristrip 6 mm 4 confezioni Ibuprofene 600 mg 2 scatole (antidolorifico)
guanti lattice non sterili Loperamide (imodium) 2 mg 3 scatole (antidiarroico)
bisturi vari Normix e Bimixin (disinfettante intestinale)
pinza di metallo Ddiclofenac crema 2 tubi (distorsioni)
pinza emostatica kelly Crema cortisonica 2 tubi (irritazioni, punture insetti)

IL DIARIO DI VIAGGIO

Il  29 di agosto caricati i bagagli su un pulmino a noleggio con conducente si parte dalla casa di Antonella alle ore 09.00 e con tranquillo viaggio arriviamo all’aeroporto di Milano Malpensa in orario per il volo per Madrid. Qui,.. sorpresa,.. volo cancellato per guasto meccanico e posticipato di 6 ore in attesa dell’arrivo di un nuovo aereo dal Brasile. Nel frattempo  assieme ad un funzionario dell’ambasciata Italiana ad Asuncion, che aspetta qui per altri motivi da 24 ore, andiamo a raccogliere info sul da farsi, nulla, unica soddisfazione ci rimborsano la cena per un massimo di 12 € e … dolce attesa per il volo. A fine spedizione e dopo oltre 9 mesi di distanza, a valle di una domanda di risarcimento prevista per volo ritardato, abiamo anche avuto la fortuna di veder soddisfatta la nostra istanza con un ricco rimborso.

Autoscatto – Gruppo in partenza a Milano

Il 30 di agosto finalmente si parte per la trasvolata e partiti alle 07.00 arriviamo in orario ad Asuncion alle 11.30 locali (circa 11 ore di volo) e all’aeroporto, Pettirossi: guarda caso intitolato ad un Italo-Paraguayano famoso aviatore che negli anni del primo novecento fu pioniere dell’aviazione mondiale.

Qui incontriamo il nostro contatto locale Giuseppe (collega di Enzo e Colonnello dell’esercito Italiano in trasferta e promotore di questa iniziativa) che ci aiuta nel ritiro bagagli.

Veloce cambio in moneta locale (Guaranì) dove per 900,00 Euro ci mollano alcuni rotoli di carta moneta locale per quasi 7.000.000,00 visto che il cambio Guarani/Euro è 1:0,00013 e sbrigata la dogana Paraguayana senza alcun problema, tradizionale foto di gruppo con le autorità locali e subito in viaggio per Concepcion con un Vito MERCEDES ed un Pick-up ISUZU per la Strada Nazionale PY22 che in sole 8 h e 30’ con pranzo a metà strada ci porta in quel di Vallemì dove troviamo una semplice ma gradita cena offerta dai locali. Piccola riunione per programmare l’uscita dell’indomani e poi a letto in confortevoli stanze sistemate in piccole palazzine della foresteria della Industria Nacional del Cemento – INC che sarà il nostro principale referente nella spedizione.

Foto di gruppo- Aereoporto Silvio Pettirossi

Il 31 agosto prima giornata di campo con prima visita alla “Santa Caverna“ così chiamata dai locali in onore di una piccola stalagmite che ricorda una madonnina in preghiera. Realizzazione del rilievo digitale con una prima serie di foto e video; in tutto 4 ore di grotta. Poi ricerca di un’altra cavità un pò più distante nella area di Ikua Pa’i (PM 5) già visitata negli anni 80 da un gruppo grotte Francese e che terremo come riserva per ultima stante la sua limitata estensione e l’allagamento della stretta galleria principale. Durante l’avvicinamento troviamo un altro ingresso in interstrato alluvionale che in caso di forti piogge diventa probabilmente un inghiottitoio drenante;  tutti gli ingressi trovati vengono posizionati con strumento GPS – Garmin Etrex. Alla sera i locali ci invitano per una birra in spiaggia in riva al Rio Apa, affluente del Paraguay dove sull’altra sponda si affaccia il confine con il Brasile. Dopo cena elaborazione rilievi e catalogazione del materiale raccolto.

Ph P. Toffanin: Santa Caverna – Vallemì

Il 01 settembre dopo una nottata di pioggia tropicale decisamente intensa, ripieghiamo sulle grotte e scavernamenti che ci vengono indicati lungo il fiume Paraguay; alcuni noti e frequentati dal turismo locale altri poco noti. Con simpatiche piroghe di alluminio condotte da improbabili “capitani locali” ci avventuriamo nella forte corrente del Paraguay ammirando la meravigliosa vegetazione locale fino ad approdare in una spiaggetta nascosta dove scarichiamo tutto il materiale per poi visitare tre piccole caverne mai mappate dai locali che chiameremo CT1,2,3 per poi spostarci all’ultima caverna, questa nota e conosciuta dal turismo locale e denominata Kamba Hopo.

Ambienti molto suggestivi ma di scarso interesse speleologico in quanto ogni prosecuzione esplorata chiudeva in fratture impraticabili dalle quali in caso di forti precipitazioni deve scaricare una notevole portata d’acqua dal rilevo soprastante che sarebbe stato interessante esplorare ma che risultava interdetto in quanto ancora zona di estrazione mineraria da parte dell’INC.

Eseguiti comunque i rilievi di tutte le caverne visitate, documentando con foto e video le attività svolte. Il pomeriggio ci portiamo alla grotta 14 de Julio per un primo sopralluogo conoscitivo dove ci sono le maggiori aspettative esplorative e che il giorno dopo daranno i loro frutti. Terminata la visita, al pomeriggio i locali ci portano in visita ad un villaggio indios dove sopravvivono ancora 40 famiglie che parlano un idioma in via di estinzione e per questo sono tutelati dal Governo Nazionale. Come sempre accoglienza meravigliosa e uno stuolo di bambini scalzi ci accolgono con un entusiasmo incredibile. Gli offriamo bibite varie acquistate al loro spaccio dove troviamo inaspettatamente anche della buona “cerveza helada”.

Ph P. Toffanin – Kamba Hopo vista dal fiume Paraguay

Il 02 settembre, finalmente si fa sul serio in quanto il Don Francisco tira fuori dai suoi cassetti nascosti una sgualcita relazione speleologica del 1985 redatta da un gruppo Argentino dove troviamo un rudimentale ma preciso rilievo della grotta che all’epoca termina con il solito e beneaugurante “tratteggio” alla base di un pozzo indicando la presenza di una galleria completamente allagata. Ci portiamo dopo un breve viaggio in fuoristrada per improponibili strade sterrate fino ad una sella dove lasciati i veicoli ci incamminiamo per sentiero che si snoda tra zone totalmente degradate dagli incendi boschivi con i calcari anneriti e cucinati dal fuoco e zone di ricca vegetazione tropicale presentando un contrasto ambientale veramente particolare.

Ph – P.Toffanin – Villaggio Rio Apa

Giunti alla grotta 14 luglio ci dividiamo in tre squadre di lavoro (foto, rilievo, explo) e Guido e Cavia iniziano ad armare il bel pozzo in erosione da 25 mt dove trovano i vecchi spit arrugginiti lasciati dagli argentini oltre 45 anni fa.  Con noi ci sono i nostri ormai affezionati ospiti/guide Don Francisco, Noe e Giuseppe che pur non avendo alcuna esperienza di pozzi o risalite in corda, non vedono l’ora di farsi calare per partecipare all’esplorazione in corso.

Attrezzate pertanto due linee di calata stile soccorso, si inizia la discesa constando che il fondo del pozzo, dichiarato dagli Argentini allagato, questa volta è completamente asciutto facendo ben sperare. Finite le foto dei rami superiori ed il rilievo, ci troviamo tutti sul fondo per iniziare l’explo dei due rami di una bella galleria freatica più ampia verso NORD e stretta e meandriforme verso SUD con il fondo in entrambi i rami ricoperto da una argilla morbida e collosa che ti si appiccica dappertutto. Mentre verso NORD il buon Cavia si infila in zone sempre più invase dall’argilla fino a desistere dall’iniziativa ma rilevando  oltre 90 mt di nuova grotta, verso SUD seguiamo la piccola galleria meandriforme, percorsa anche da un piccolo dreno d’acqua per oltre 160 m terminando in un misero lago sifone impercorribile. Recupero degli uomini e del materiale; explo finita ma non il lavoro di rilievo e documentazione fotografica che verrà ultimato il giorno dopo.

Ph S.Salvador – Area Tres Cerros

03 settembre, la giornata parte lenta, stile “cucaracha” con mitica spesa nell’unico supermercato della cittadina con acquisto di abbondante carne per l’Asado in griglia della sera oltre a numerose cassette di birra dal costo veramente irrisorio per le nostre tasche. Terminato l’approvvigionamento si riparte tutti assieme per i Tres Cerros del giorno prima dove il gruppo si divide in due squadre una a batter zona in mezzo alle sterpaglie spinose (Cavia e Cibau con l’amico Don Francisco e Giuseppe), l’altro (Scrat, Enzo, Anto, Guido e Toffy) a terminare il rilievo della 14 de Julio e la raccolta del materiale video e fotografico. La battuta di zona non darà gli esiti sperati e vengono visitati 5 ingressi a pozzo che però chiudono senza prosecuzioni possibili. Vengono riportate solo le posizioni in quanto non degni di nota i possibili rilievi.

Terminata l’attività in zona, al pomeriggio ci spostiamo verso la grotta Santa Elèna per una prima ricognizione e da subito la cavità (un antico relitto di grotta con numerose finestre di crollo/erosione a soffitto) si propone come affascinante e suggestiva visto l’importante ed evidente fenomeno erosivo delle pareti ma anche per la presenza delle imponenti radici aeree dei ficus giganti (Guapo’y) che da ogni apertura si affondano nel terreno sottostante alla ricerca dell’acqua; non da meno una ricca fauna popola la grotta con nidiate di avvoltoi dal collo grigio, adulti in vigile attesa e lucertoloni in cerca di un pò di refrigerio. Insomma, uno spettacolo della natura che fa subito pensare al possibile utilizzo turistico di questa caverna considerato anche il suo facile accesso.

Rientro al campo e ricco Asado condito da abbondante birra fresca che il generoso frigo a pozzo ci ha garantito per tutto il soggiorno.

Ph P.Toffanin – Nuove gallerie alla 14 luglio

04 settembre, il gruppo si divide nuovamente in due squadre e mentre una termina il rilievo e la documentazione fotografica e videografica alla grotta di Santa Elèna, l’altro torna a battere zona nei pressi della grotta 14 de Julio dove scendono un pozzo già notato il giorno prima e non esplorato per mancanza di attrezzature adatte a sfondare uno stretto pertugio che sono state reperite presso la locale Ferreteria (mazza e punta poi donate a Don Francisco con grande soddisfazione di quest’ultimo).

Finita la giornata, Domingo, nostro simpaticissimo autista, ci porta un pò in giro a visitare S.Lazzaro a suo dire rinomata località turistica e di vacanza sulle sponde del Paraguay dove un improbabile resort chiamato Kara-Kara offre il miglior trattamento della zona mettendo a disposizione degli ospiti anche una grande piscina ma il cui colore dell’acqua è quello del fiume Paraguay (marrone) che a noi poco invita; sito questo invece molto apprezzato dalle famiglie benestanti locali.

Martedì 5 settembre, arrivano in foresteria i responsabili dell’INC con i quali facciamo colazione in tenuta di rappresentanza tutti con la camicia blu dedicata e piena di loghi della spedizione; quattro parole per aggiornare sull’andamento della spedizione e immancabile foto di gruppo. Mentre i dirigenti INC proseguono per le loro incombenze presso la cementeria di Vallemì, noi si parte per una battuta di zona su di uno dei Tre Cerri in zona Jiaguarete Cua accompagnati da un bovaro locale che, a detta di Don Francisco, è profondo conoscitore della zona e delle grotte che si aprono sulla cima. Le prime informazioni che ci dà parlano di una grotta/risorgiva che stimola la nostra fantasia e ci motiva a procedere tra la fitta vegetazione spinosa a suon di machete per farci strada con non poca fatica su un terreno dove si prosegue a vista senza alcuna traccia e/o sentiero. Tale area è ricca di formaci per la produzione di calce, molte delle quali improvvisate che producono un asfissiante fumo bianco che ad una certa quota toglieva il respiro preoccupando non poco anche per il possibile dilagare di incendi incontrollati  che giornalmente venivano appiccati dai locali per la pulizia dei campi a valle ma che spesso andavano fuori controllo coinvolgendo anche le pendici dei Cerri appena tutelati quali parco nazionale (un bel problema ambientale che abbiamo sottolineato alle Autorità in sede di relazione conclusiva).

Seguendo con cieca fiducia la nostra guida locale attraversiamo diverse zone che presentano una morfologia tipica carsica con ampie doline che avrebbero meritato più attenzione ma il passo spedito e sicuro della guida ci fanno ben sperare che sappia dove ci sta portando. Dopo circa 3 h di “giungla spinosa” arriviamo finalmente in cima al Cerro dove la nostra guida ed il suo aiutante hanno un momento di sconforto in quanto non riescono a individuare la grotta a loro nota. Ci abbandonano in cima al Cerro con la promessa di batter zona da soli in modo più rapido per poi tornare a prenderci; speriamo nel meglio anche se un minimo di traccia digitale avevamo registrato: non si sa mai.

Ph P.Toffanin – Grotta di S.Elena radici aeree del Guapo’ì

Dopo una mezz’ora con una espressione di grande soddisfazione tornano a prenderci avendo individuato non la grotta sperata ma un altro pozzo molto promettente e mai esplorato da nessuno. In sostanza erano contenti non per la grotta, che non gli poteva interessare di meno, ma perché così si erano guadagnati la “pattuita ricompensa” che immaginavano già sfumare se la battuta di zona non avesse dato alcun risultato.

Abbiamo sceso, rilevato e documentato quindi tre pozzi tra i 10 ed i 15 m di profondità tutti risultati chiusi su brevi meandri laterali facendo rientro al campo verso le 15 dove fin a tarda sera abbiamo preparato una presentazione  in Power Point per la riunione formale del giorno dopo con tutte le autorità, molto curiose di conoscere gli esiti ed i risultati del nostro lavoro.

6 settembre, alzata di buon mattino e poi avanti con i lavori per preparare al meglio la presentazione prevista per le ore 10.00 con tutti i rappresentanti governativi e dell’INC. Un’ora di slide e spiegazioni gentilmente tradotte dall’Italiano allo spagnolo dall’amico Giuseppe con un’enfasi ed esuberanza che ha intrattenuto tutti i presenti con evidente soddisfazione e interesse per quanto da noi scoperto. Tale momento è stato anche l’occasione per evidenziare le criticità ambientali riscontrate ai fini della tutela dell’ambiente e delle grotte dovute in particolare alla presenza diffusa di rifiuti e incendi che degradano il territorio. I paraguayani vorrebbero continuare la collaborazione ma il basso potenziale speleologico riscontrato e la totale assenza di grotte verticali, ci fa desistere dal portare oltre il progetto salvo offrire alla realtà speleologica locale futuri corsi di speleologia da tenersi in Italia a titolo gratuito. Pranzo al centro tutti assieme sotto il portico con mega Asado e pomeriggio dedicato a sistemare i rilievi digitali elaborati, redatto un comunicato per l’addetta stampa Amanda rimasta in Italia, il tutto annaffiato da abbondante birra che scorreva tra il gruppo dei nostri ed alcuni dipendenti INC.

Ph P.Toffanin – Area Jiaguarete Cua

07 settembre finalmente qualcosa si muove e Don Francisco ci organizza una escursione in una grotta in zona Puerto Ita Cua a 80 km da Vallemì dove a sua detta si apre una risorgiva labirintica e mai esplorata interamente in quanto gli ultimi esploratori si erano addentrati per molte ore senza poter raggiungere il fondo. Il tutto ci pare molto suggestivo e promettente ma visti i precedenti questa volta freniamo un po’ l’entusiasmo. Il viaggio di avvicinamento è pura avventura in quanto dopo aver raggiunto Puerto Ita Cua per strade sterrate totalmente disastrate e oltrepassando alcuni posti di frontiera locale presidiati da improbabili guardiani che ci fanno passare senza pagare il “dazio” solo grazie ai loghi ministeriali che abbiamo su uno dei pik-up, dopo una lunga attesa arriva il nostro mezzo di trasporto, uno sgangherato autocarro per il trasporto della legna sul qual pianale ci accomodiamo tra il divertito e il preoccupato viste le condizioni delle tavole piene di buchi dove potevi finirci dentro a causa dei sobbalzi del terreno più che accidentato.

La nostra “navetta” dopo aver attraversato il villaggio dove le antenne paraboliche sui tetti stonavano con le condizioni arcaiche degli edifici, si inoltra per 30 minuti per uno sterminato canneto per raggiungere un lontano Cerro che vediamo svettare in mezzo alla pianura attraversando a vista una palude secca che, scopriremo il giorno dopo, in caso di piogge diventa una vera e propria palude.  Giunti ad un confine terriero delimitato da filo spinato sorretto da paletti in legno il camion non riesce più ad avanzare e dobbiamo proseguire a piedi in mezzo all’alto canneto per altri  30 minuti letteralmente correndo dietro alla guida locale che non si preoccupava più di tanto di tenere unito il gruppo nonostante il fitto ed alto canneto facesse letteralmente sparire la persona davanti a te se si allontanava per più di 10 mt. Oltre a noi ci fa compagnia il solito Noè, Don Francisco ed altre 5 persone della Municipalità locale, queste ultime non proprio a loro agio in siffatta avventura. Al termine del canneto raggiungiamo le pendici del Cerro dove la vegetazione, questa volta, è molto simile a quella tipica del Carso Classico dove seguiamo un evidente solco fluviale asciutto raggiungendo facilmente l’ingresso di questa risorgiva che nonostante le intense piogge dei giorni precedenti risulta praticamente asciutta. I primi 100 mt fino ad una graziosa cavernetta concrezionata presentano i segni del passaggio di visitatori mentre oltre inizia un percorso labirintico che i locali non si fidano a percorrere lasciando a noi e agli intrepidi Noe e Don Francisco l’esplorazione.

Autoscatto – Foto di gruppo con i rappresentanti degli Enti locali

Di tale grotta nessuno aveva saputo darci indicazioni nè erano disponibili rilievi per cui è tutto nuovo e da esplorare incoraggiati an-che da un buon flusso d’aria in uscita e dalla presenza di due rigagnoli d’acqua ed alcuni laghetti interni. Dopo alcune ore di esplorazione rileviamo circa 260 m di nuove gallerie freatiche anche di grandi dimensioni trovando una nuova prosecuzione dopo breve disostruzione effettuata da Cavia nelle sabbie di fondo. Ormai siamo a pomeriggio inoltrato e mancano da rilevare almeno altri 200-300 m. ma dobbiamo desistere e tornare verso l’uscita dove avevamo lasciato i funzionari governativi che ci attendevano con una certa apprensione. Veloce ritorno al camion che ci aspettava nascosto dal canneto e pagata la guida del camion 450.000 Guaranì locali facciamo ritorno a Vallemì con l’auspicio di tornare il giorno seguente per ultimare il rilievo  e l’esplorazione lasciata in sospeso. Verso le 20,30 black-out totale di corrente causato dal maltempo che lascia mezzo Paraguay al buio compresa la capitale. Serata finita e tutti a letto sperando che il maltempo dia tregua per il giorno dopo.

Ph P.Toffanin – Trasporto improvvisato a Puerto Ita Qua

08 settembre sveglia alle 06.00 con la speranza di trovare pronti i pulmini per tornare a Puerto Ita Cua ma nulla di fatto in quanto le piogge torrenziali hanno trasformato la palude secca in un acquitrino fangoso dove non risulta possibile avventurarsi con il camion ed anche la risorgiva potrebbe essere allagata. Si rimane al centro a sistemare materiali, rilievi foto ecc. per il viaggio di ritorno dell’indomani. L’incompiuta grotta I Vu ci lascia un pò di amaro in bocca in quanto oltre a non essere riusciti a terminare il rilievo della parte esplorata, il flusso d’aria nella nuova galleria trovata da Cavia faceva ben sperare ad una sicura prosecuzione e, perché no, un possibile traforo verso la cima del Cerro. Il tutto è ancor più triste in quanto siamo tutti consapevoli che tornare fino a Vallemì per finire questo lavoro sarà cosa alquanto improbabile ma abbiamo lasciato il rilievo eseguito agli speleologi locali confidando che abbiano “il coraggio” di ritornare in zona a finire il lavoro che non siamo riusciti a completare causa il maltempo.

Ph P.Toffanin – Ingresso grotta Ivu

09 settembre levataccia notturna alle ore 03.00 per arrivare alla Capitale Asuncion alle 11.30 dove salutiamo i nostri autisti e ci alloggiamo in un mega albergo a 5 stelle della catena IBIS HOTEL e dopo breve sistemata giro turistico per la capitale con visita ai soliti mercatini per turisti e pranzo e cena al centro commerciale dove incontriamo nuovamente il colonnello Giovanni che ci aveva lasciato a Vallemì qualche giorno prima al quale avevano cancellato il volo e attendeva quello nuovo assieme a noi il giorno successivo.

10 settembre, breve giro in città e visita alla “Cannonera” anche questa nave da guerra Paraguyaina con armamento di fattura Italiana TERNI del 1929. Pranzo e poi con pullman a noleggio arriviamo all’aeroporto dove ci imbarchiamo in orario per fare rientro a Milano sempre via Madrid. All’aeroporto breve attesa del nostro autista Italiano che all’una di notte dell’11 settembre ci scarica nuovamente a casa di Antonella. La spedizione può dirsi felicemente conclusa.

Posizionamento Google Heart della poligonale di Ivu

Notizie sul progetto si trovano ai seguenti LINK:

  • https://www.inc.gov.py/index.php/noticias/los-humedales-y-cavernas-en-propiedad-de-la-inc-fueron-temas-de-un-webinar-desarrollado-por-biologa-de-la-facenuna
  • https://www.youtube.com/watch?v=-jc2x8Y349E

CONCLUSIONI

Stante la conformazione del terreno nell’area di Vallemì, che offre un improbabile potenziale di sviluppo speleologico, si è ritenuto che le condizioni per dare seguito nell’immediato futuro al progetto a lungo termine inizialmente ideato non trovi interesse per la CGEB. Anche l’attività formativa inizialmente da noi prevista per trasmettere competenze nella progressione speleologica non appare urgente per l’accrescimento delle guide locali che già oggi svolgono un occasionale accompagnamento turistico o lo studio scientifico in grotte il cui sviluppo è prevalentemente orizzontale e senza alcuna specifica difficoltà tecnica nella progressione.

La spedizione ha altresì posto in luce alcune criticità sulla tutela ambientale di questo neo nato parco; aspetti questi intimamente connessi con le esigenze turistiche, dove il territorio deve essere preservato e reso fruibile mentre  la presenza di rifiuti, all’ingresso ed anche all’interno delle grotte, nonché i graffiti “moderni” presenti in molte cavità non offrono quelle condizioni amene e naturalistiche che il turista si aspetta di trovare in aree sottoposte a vincolo e tutela e non aiutano di certo a veicolare esperienze positive per lo sviluppo turistico-ambientale dell’area.

Allo stesso modo la presenza di attività produttive artigianali ed improvvisate che generano alti livelli di inquinamento (rumori, polveri e fumi) anche in prossimità delle aree protette, pregiudicano fortemente gli obiettivi per creare un’economia sostenibile nell’area di interesse.

Gli Enti Governativi paraguayani hanno altresì già approvato un piano di gestione dell’area naturale (visionabile al seguente link: urly.it/3_1d9) che contiene già tutti i presupposti e le indicazioni tecnico-organizzative quale valido strumento di sviluppo ed i cui contenuti ripercorrono aspetti anche da noi evidenziati.

Qualora le cavità segnalate e le aree circostanti, venissero adeguatamente valorizzate, la Commissione Grotte E. BOEGAN resterà a disposizione per ogni eventuale futuro supporto tecnico mentre durante la conferenza tenutasi a Vallemì in data 06.09.2023, si è rinnovato l’invito per il personale addetto all’accompagnamento speleologico a partecipare in via gratuita ad un evento formativo da tenersi in Italia secondo gli standard della Scuola Nazionale di Speleologia del Club Alpino Italiano, confermando così l’impegno nel favorire la crescita e la formazione nel settore.

Agli Enti paraguayani è stata consegnata la ricca documentazione fotografica e videografica realizzata nel corso della spedizione oltre tutti i rilievi in formato digitale elaborati con il programma informatico open-source – cService e le relative schede catastali riassuntive nonché una serie di schede tecniche specifiche per il miglioramento della fruizione delle grotte con possibili utilizzi turistici.

E’ recente notizia che in data 28.12.2023 la Presidencia de la República del Paraguay per il tramite del Ministerio de ambiente y Desarrollo sostenibile ha emanato un nuovo Decreto n. 956  dichiarando che la Zona Umida Cerro Tigre, ubicata su una proprietà dell’Industria Nazionale del Cemento (INC), situata nella zona di Vallemí, Distretto di San Lázaro, Dipartimento di Concepción, con una superficie di 2.568 ettari diventa Riserva Ecologica soggetta alla Legge n. 352/1994, “Delle Aree Selvagge Protette”.

Forse siamo stati di aiuto a far progredire il progetto di tutela ambientale di queste aree.

Paolo TOFFANIN