
Pubblicato sul n. 70 di PROGRESSIONE
Nella seconda metà degli anni sessanta, in seno alla Commissione Grotte, si formò un gruppo spontaneo di giovanissimi, tra cui io, che in tempi relativamente brevi rivoluzionò la tecnica esplorativa e l’organizzazione sociale allora in auge. Fummo chiamati “I Cinesi”. Ci ispirammo a quanto stava avvenendo nel campo dell’alpinismo himalayano dove, Walter Bonatti e Reinhold Messner in pri-mis, avevano introdotto lo “stile alpino” nelle grandi scalate ad alta quota, affidandosi a piccole squadre di alpinisti autosufficienti, con pochi o nessun portatore. Analogamente noi abbandonammo la pesante macchina esplorativa allora in uso in grotta, costituita da squadre di punta, squadre di appoggio e portatori, per passare a piccoli gruppi affiatati e battere così i record di velocità nella discesa e risalita dei principali abissi del Carso Triestino, armo e disarmo compresi, riuscendo a fare in giornata ciò che prima richiedeva 2 o 3 uscite (giorni).
Alcuni “senatori” del gruppo criticarono questa “nuova tecnica” ritenendola troppo pericolosa perché richiedeva che il primo a risalire le scalette dei pozzi lo facesse in “libera”, come si diceva allora, cioè senza essere assicurato dalla corda. Al tempo non esistevano i bloccanti e prusik e marchand erano troppo macchinosi e rallentavano troppo. Ci furono boicottaggi soprattutto da parte del magazziniere, che ci negava le scalette con le scuse più assurde, tanto che lentamente “trasferimmo” il materiale a casa mia fino al punto che, per una uscita sul Ca-nin, il camion militare che ci forniva l’esercito dovette passare da me per caricare. La diatriba giunse al Consiglio Direttivo, dove Carlo Finocchiaro presidente e Marino Vianello vicepresidente, ci appoggiò e scaricò il magazziniere. Fui nominato al suo posto. Le nostre contestazioni non si limitavano alla tecnica esplorativa ma si estendevano anche ad altri aspetti. C’erano vere e proprie classi sociali in seno alla CGEB. Uomini di punta e uomini d’appoggio, “veci” e “gamei” (termini questi senz’altro mutuati dal mondo degli Alpini), con compiti diversi nelle esplorazioni e, soprattutto, ai campi base: solo i gamei lavavano le pentole. Non ci piaceva. Le uscite in grotta dovevano essere preannunciate da un “responsabile”, con giorni di anticipo, su di un modulo affisso in bacheca dove qualsiasi socio si poteva aggiungere e doveva essere approvato dal consiglio direttivo per poter avere il materiale. Pura burocrazia. Neanche ci piaceva la figura del capospedizione, non tanto organizzatore e coordinatore ma despota assoluto, spesso un vecchio rincitrullito. Noi preferimmo un modello di comando anarchico con leadership solo di competenza. Per questo nostro contestare ad ampio raggio fummo chiamati “I Cinesi”. Facile intuire l’accostamento. Era il tempo della Rivoluzione Culturale di Mao Tse Tung. Non so di sicuro chi fu il primo a chiamarci così, forse il Maestro, ma credo più probabile Marino Vianello.
Per quanto mi ricordi scoprii di essere un “cinese” quando lessi uno scritto di Pino Guidi in cui si riferiva a me con il soprannome di “Cinese buono” e al mio amico Livio Stabile, detto Nemecek, come al “Cinese cattivo”. Il termine mi è sempre piaciuto ma mi ha, curiosamente, un po’ perseguitato. Credo che a introdurlo sia stato Marino Vianello perché ricordo una conversazione da Pettirosso in val Rosandra, dove andavamo solitamente a mangiare dopo una mattinata di arrampicate, a cui parteciparono, oltre ad altri, anche Sergio Coloni, allora segretario regionale della Democrazia Cristiana e don Libero Pelaschier, importante prete alpinista, che commentò quanto stava avvenendo in Cina come una salutare sburocratizzazione dell’apparato dirigente di quel paese. Una o due settimane dopo Coloni mi chiese perché Berlinguer stesse aprendo a non ricordo quale gruppo politico. Evidentemente Lui sapeva che ero un “cinese”, anche se equivocando. Io ancora no. Ovviamente la mia risposta lo deluse. Non sapevo di cosa stesse parlando. Era molto amico di Marino con cui aveva condiviso un ufficio alla RAS e che, evidentemente, mi doveva aver indicato come “cinese”. Anni dopo, militare a Palermo, seppi da un commilitone di Bagnoli della Rosandra che io ero segnalato, nell’esercito, come persona che non deve avvicinarsi o avere a che fare con l’ufficio OAIO (se ho capito bene, non ho idea cosa sia) della caserma, evidentemente per motivi politici (???).
Dal momento che quasi certamente nessuno di noi deve più fare il servizio militare ricordo, ardua impresa per cui mi scuso in anticipo, chi fu dei Cinesi della Commissione, in ordine di apparizione, più o meno: Livio Stabile detto Nemecek o Cinese Cattivo, Roberto Ive detto Festivo, Dario Bassi detto Spigheta, Roberto Enneri detto Albero de Nadal, Fabio Pestotti, Fulvio Gasparo, Mario Privileggi, Claudio Privileggi, Mariano Mar-zari, Paolo Picciola detto Pilli, Bruno Cova, Fabio Kovacich detto Imbriaghela, Angelo Grieco detto El Curto, Silvio Pianeggiani detto El Longo, Mirko Sinkovich detto Japa, Luigi Castelli detto Total e … quali soci onorari: Carlo Finocchiaro detto El Maestro e Marino Vianello detto Nino.
Elio Padovan detto Cinese Buono
BIBLIOGRAFIA
- Roberto Ive, Oilè grottista p 55. Franco Gherlizza. Printandgraph Ronchi dei Legionari(GO)2021.