Con l’arrivo della primavera, smaltite le fatiche dell’anno precedente , cominciamo ad organizzare il nostro ritorno in Albania. Contando l’uscita in preparazione è la sesta spedizione della CGEB dedicata al Boshit: abbiamo ancora in mente il promettente pozzetto non disceso per mancanza di corde e speriamo che ci porti a bypassare il sifone terminale.
In caso la grotta terminasse, nel 2018 abbiamo localizzato un canalone molto promettente che merita un approfondimento. Siamo in 6 partecipanti, alla squadra dell’anno scorso si aggiungono due new entry: Patrizia Squassino e Andrea Lallovich.
Considerato che le partenze degli anni precedenti, effettuate per ragioni di lavoro a tarda mattinata, portavano a forzare il viaggio nelle ore notturne, abbiamo deciso di partire molto presto contando di arrivare a Teth in serata e di salire in quota il giorno dopo, sicuramente meno stressati. Il piano sembra funzionare: Rocco fa il primo turno di guida e presto superiamo la circonvallazione di Fiume ed imbocchiamo l’autostrada. Ad un tratto l’imprevisto, il motore comincia a perdere colpi, e in pochi minuti siamo mestamente fermi.
Dopo attimi di scoramento totale, proviamo a riorganizzarci: in sintesi recupero del mezzo, telefonata all’assicurazione che ci copre le spese di pernottamento e del noleggio di una autovettura sino a Trieste, contatti con il meccanico, con Spartaco, partenza per Trieste e reperimento di un mezzo sostitutivo ci impegnano sino al giorno dopo. In tarda mattinata ripartiamo per Ogulin, carichiamo tutti i bagagli e riprendiamo il viaggio. ( al ritorno abbiamo recuperato il furgone sociale al quale è stato sostituito il turbocompressore). La sera arriviamo a Teth: ormai siamo di casa e la calorosa ospitalità ci ristora il morale….la mattina dopo i cavalli arrivano puntuali, saliamo in breve sino alle malghe di Fush e Denelit, ci fermiamo per il the di prammatica e ripartiamo per la forcella. I mulattieri sono giovani e insicuri, alle prime difficoltà del sentiero si rifiutano di proseguire e scaricano tutti i nostri sacchi ad una quota decisamente inferiore a quella raggiunta negli anni precedenti. Siamo in pieno sole e cominciamo a portare tutta l’attrezzatura sino alla forcella: serviranno tre viaggi a testa. Non è finita: per arrivare alle stane dove facciamo campo, ci sorbiamo, ancora più carichi, altre 3 ore per 2 traversate sul sentiero a saliscendi non sempre comodo. Non ci rimane altro da fare che tirare su le tende, cucinare qualcosa e buttarci a peso morto sui materassini. Per oggi direi che può bastare!!
Il giorno seguente, anche per ottimizzare il poco tempo rimasto, decidiamo di formare due gruppi : io e Pacia saliamo sul canalone mentre Rocco, Jenny, Silvia e Andrea continuano l’esplorazione del Boshit.
La nostra salita si rivela una esplorazione: la natura si è ripresa queste montagne abbandonate da 30 anni, talvolta troviamo tracce di sentiero che in breve si interrompono. Il vallone sale ripido, intervallato da ampi dolinoni e contornato da erti rilievi rocciosi: il paretone a sinistra della salita appare più promettente e meno “macinato”. Nella parte alta dobbiamo aggirare massi di grandi dimensioni. Dopo diverse esitazioni riesco a trovare l’imbocco della grotta trovata nella precedente esplorazione. Armo velocemente e arrivo a dei ponti di neve oltre i quali la grotta continua. Risalgo e proseguiamo . L’intera giornata passa a cercare e localizzare ingressi, verso sera arriviamo a una sella. Nelle vicinanze Patrizia individua un pozzo che promette bene… è ora di scendere.
Al campo veniamo raggiunti dal resto del gruppo che ci riferisce di considerare terminata la grotta Boshit: il pozzetto non sceso continua con altri due salti e poi chiude; anche una arrampicata artificiale non ha dato alcun risultato. A questo punto dedichiamo il tempo rimasto per approfondire l’esplorazione del vallone, per la discesa e il rilievo delle cavità appena individuate. Negli anni precedenti l’acqua veniva prelevata, al termine della giornata di esplorazione, in un limpido laghetto interno al Boshit , ora questa soluzione richiederebbe troppe energie e tempo. Occorre trovare una soluzione alternativa. Un esiguo rivolo di acqua viene localizzato vicino al campo; canalizzato con maestria da Andrea, riempie ogni giorno una vaschetta sufficiente per il nostro fabbisogno.
La soluzione del problema acqua ci ha consentito di dedicare tre giorni interi alle grotte individuate. Inoltre Silvia e Andrea hanno risalito in artificiale un invitante solco alto circa 30 metri che incide una parete sovrastante il campo (senza risultati), e innumerevoli sono state le discese in pozzoni , sempre rivelatisi pieni di neve e detriti. Abbiamo inoltre dedicato qualche ora di scavo ad una fessura soffiante, interrompendoci per mancanza di tempo. Scesi a valle siamo andati a rivedere la cascata con l’intento di risalirla in artificiale, ma l’abbiamo trovata già armata a spit.
Di seguito riportiamo i rilievi più importanti commentando succintamente i due più promettenti.
sub 1) che scende a – 60 metri con aria – con la seconda discesa io e Rocco siamo riusciti a far precipitare dei grandi massi incastrati che impedivano la prosecuzione, purtroppo abbiamo dovuto interrompere la discesa per mancanza di tempo e di materiale. La cavita è l’unica rimasta armata.
sub 2) che non chiude ma prosegue con una strettoia di 4/5 metri: se fosse ubicata in Canin dedicheremmo senz’altro qualche uscita a lavori di scavo…
Analogamente alle esplorazioni precedenti torniamo a casa con risultati interlocutori e il rimpianto di non aver avuto a disposizione un paio di giorni in più necessari per approfondire le cavità trovate e fare ancora un paio di battute di zona,
Adriano Balzarelli