L’ACQUA MUOVE LA MONTAGNA: UN NUOVO RECORD

STAZIONI GEODETICHE DELL’UNIVERSITÀ DI TRIESTE

II Dipartimento di Matematica e Geo­scienze dell’Università di Trieste cura da molti anni una rete di monitoraggio geode­tico in tre cavità del Nord-Est d’Italia: Bus de la Genziana (Pian Cansiglio – Treviso), Grotta Nuova di Villanova (Tarcento – Udine) e Grotta Gigante (Trieste). In tutte è comune l’installazione di una coppia di pendoli Ma-russi tipo Zòllner. Servono per osservare i movimenti lenti della crosta terrestre come le maree terrestri, i terremoti, i trend tetto­nici, ma anche le deformazioni indotte dal carico idraulico delle piene del sistema car­sico (Timavo nel caso di Trieste) e, ancor più affascinante, dal peso della neve sulle Alpi. Le maree terrestri si hanno per lo stesso mo­tivo delle maree marine, ma invece di spo­starsi il mare si sposta tutta la parte emersa continentale anche di 20 cm ogni giorno. La grotta è un luogo ottimale per lo studio di questi fenomeni naturali, perché le variabili ambientali di temperatura, pressione atmo­sferica e umidità sono pressoché costanti e il dato di marea ne esce già “puro”, non serve filtrare. Il primo a scoprire le maree terrestri fu il Prof. Marussi che in Grotta Gigante le spe­rimentò negli anni ’60 con due lunghi fili di acciaio ancorati sul tetto della grotta e sul fondo tuttora presenti perché coperti dai teli in PVC (sono i due tubi in mezzo alla caver­na). Nella casetta installata sul fondo della grotta stanno le barre orizzontali lunghe al­cuni metri ciascuna che, con uno strumento ottico, misurano la deformazione della grot­ta. La misura è data dal “movimento torsio-nale” dovuto alla differenza di posizione tra la volta della cavità e la sua base. Il Prof. Marussi riprodusse in piccolo questo principio meccanico creando delle campane in ghisa alte mezzo metro e del peso di 40 kg, che, poggiate per terra su tre piedini metallici, in luoghi ipogei idonei, rappresentano la sala della Grotta Gigante. Grazie a questi model­li in scala ridotta il Dipartimento ha potuto realizzare una rete di monitoraggio che fino agli anni ’90 contava una dozzina di stazio­ni geodetiche distribuita in tutto il F.V.G. con stazioni permanenti o semipermanenti. Di questa rete ora rimangono solo la Grotta Gi­gante (Trieste), la Grotta Nuova di Villanova (Tarcento) e il Bus della Genziana (Cansiglio) che rappresentano una triangolazione geo­detica molto interessante. In pratica si stu­dia l’inclinazione delle montagne misurata in microradianti, cioè si osserva da che parte si muovono. La parola clinometro o pendolo sono si­nonimi. Nelle stazioni di Villanova e Genzia­na i pendoli consistono quindi in una coppia di clinometri tradizionali con un filo ciascuno interno ancorati sulla testa della campana e sulla base. A fianco si trovano gli strumenti di acquisizione dei dati, sostenuti da una pic­cola struttura metallica. Sono orizzontali per­ché il filo è attaccato a un braccio orizzonta­le a cui sono attaccate delle ferriti. Queste, muovendosi dentro una bobina, provocano una variazione del campo magnetico che viene trasformata in segnale digitale. In pra­tica quando la roccia si muove la campana, che ha tre piedini, si muove con essa e il filo interno registra l’inclinazione. Negli anni ci si era accorti che non si re­gistravano solo movimenti lenti della crosta terrestre, ma anche segnali che testimonia­vano l’influenza del carico idraulico sulla grotta. In oltre 40 anni di misura sul Carso Triestino si è ben visto come le piene del Timavo possano deformare il Carso lungo direzioni preferenziali che corrispondono al suo deflusso. Si riesce quindi a discrimina­re quello che è il segnale tettonico da quello che è il segnale idrologico. In questa zona la rete di monitoraggio idrogeologico con son­de multiparametriche nelle acque di fondo delle grotte, curata sempre dall’Università di Trieste, è estesa e ben conosciuta da più di 20 anni. Quando le acque di fondo si alzano di 120 metri, riempiendo quasi un terzo del Carso, i pendoli lo dimostrano indirettamen­te, anche se con movimenti mille volte infe­riori alle altre stazioni !

Nella zona del Cansiglio invece la stazio­ne geofisica in Genziana è attiva dal 2005 alla profondità di 25 m, mentre il monito­raggio idrogeologico tramite l’installazione di una sonda multiparametrica è attivo dal 2013 sul fondo della grotta a circa 550 m di profondità, grazie alla collaborazione degli speleologi locali. Anche qui si sono registrati da subito segnali “particolari” riconducibili al carico idraulico e ai movimenti delle pie­ne del Livenza, fiume che nasce alle pendici friulane della montagna. Per capirne le dina­miche si sono confrontati i dati dei pendoli in grotta con quelli di una rete di GPS esterna (a cura dell’I.N.G.V. e O.G.S.) constatando la contemporanea registrazione dei flussi di acqua nell’intricato sistema ipogeo di pozzi e condotte. È dimostrato che tutta la mon­tagna si può spostare durante un alluvione anche di 1,5 cm verso la fascia delle sorgen­ti per poi tornare al suo posto! Le parti più basse del Bus de la Genziana sono caratte­rizzate da ambienti epifreatici, che possono allagarsi anche completamente e presenta­no condotte a sifone, dove è sempre pre­sente l’acqua. Il sifone che ospita la sonda è uno dei tre della grotta e ha un carattere tendenzialmente pensile. Il livello delle ac­que ha raggiunto più volte i 50 metri sopra il livello della sonda a seguito di precipitazioni abbondanti della durata di alcuni giorni. Il re­cord si è registrato però in aprile 2019 con 90 metri di altezza!! Vi è una relazione diretta tra i segnali impulsivi registrati dai pendoli geodetici e gli innalzamenti di acqua nel si­fone. Il pendolo registra anche un segnale di deriva più lento, che correla con il livello di falda, cioè la curva di deflusso della piena del Livenza ha lo stesso andamento di quella dei pendoli e GPS. Un modello possibile del­la causa della deformazione è l’effetto della sovra-pressione che si instaura nel canali idrici sotterranei, un effetto dimostrato per il Carso Classico nella stazione geodetica della Grotta Gigante. Possiamo approssimare il comportamento del Cansiglio ad un modello elastico di una rete di canali di drenaggio do­minanti con direzioni preferenziali, in pratica tutto il sistema Cansiglio è una idrostruttura che respira…

Nella Grotta Nuova di Villanova invece, che ospita un articolato laboratorio geofisi­co sotterraneo dall’anno dopo del terremo­to del Friuli del 1976, per provare le stesse osservazioni sul carico idraulico si è riusciti ad installare una sonda multiparametrica sul fondo solo nel luglio 2019 grazie alla prezio­sa collaborazione di Paolo Moro. La grotta infatti precedentemente era chiusa per lavo­ri. Per la prima volta si è potuto confermare quello che si vedeva già dai segni delle piene: la sonda ha registrato livelli di acqua prossi­mi ai 18 m!! La possibilità di poterlo misurare è una informazione scientifica molto impor­tante oltre che una testimonianza dell’idro­dinamica della grotta. I segnali diretti di pie­ne sono ben noti da sempre ai fruitori della grotta, ma l’installazione permanente della sonda porta un valore aggiunto interessante. Sarebbe auspicabile che questo suscitasse l’interesse dei gruppi speleologici per poter instaurare una collaborazione e svelare insie­me aspetti magari ancora sconosciuti.

Avendo a disposizione fondi, le ricerche nelle tre zone potrebbero continuare senza affannare come sta accadendo. Una sonda può aiutare a conoscere meglio la grotta e le sue influenze con la tettonica e geodesia locali, perché quello che rimane da capire è come e se questi continui movimenti da carico idraulico possano influenzare l’accu­mulo di energie elastica, cioè terremoti. Gran parte di questo lavoro viene portato avanti adesso per passione e volontariato, soprat­tutto per le stazioni in Villanova e Genziana. Non aspettiamo un terremoto serio per avere i fondi per continuare, facciamo prevenzione e interessiamoci prima.

Barbara Grillo

(Univ. di Trieste – Dipartimento di Matematica e Geoscienze)