(ABISSO DELLA VOLPE)
Era un grande progetto che con la speleologia aveva a che fare in modo indiretto, tangenziale. Avevo preso spunto da un’iniziativa di Sergio Ollivier, socio della XXX Ottobre, che con una certa regolarità realizzava dei percorsi carsici, toccando luoghi di interesse storico, naturalistico ambientale, paesaggistico, con punti di sosta e ristoro presso osmize, trattorie, fattorie private, seguendo il corso del Timavo.
L’idea che mi era venuta era di seguire idealmente il percorso sotterraneo del fiume, stando in superficie, raccordando dove possibile i punti conosciuti quali grotte, inghiottitoi nei quali era accertato che nella profondità delle viscere scorresse il Timavo. La parte relativa al percorso di superficie, dalle sorgenti fino all’innabissamento nelle Grotte di San Canziano era già stata realizzata dal citato Ollivier con una serie di escursioni che si erano svolte in 5 Tappe tra marzo e novembre 2018. Escursioni che si possono ripetere scaricando dal blog internet tutta la documentazione necessaria pubblicata dallo stesso Sergio Ollivier. Per completare la percorrenza del corso del “fiume del mistero” si trattava quindi di realizzare un percorso sufficientemente agevole che potesse seguire intuitivamente lo scorrere sotterraneo delle acque partendo dalla GRANDE VORAGINE, presso Betania. La sequenza dei punti da raggiungere, alla luce delle conoscenze dell’epoca, comprendeva: Abisso dei Serpenti, Abisso di Trebiciano, Dolina dei 7 Nani, Dolina delle Cloce, Abisso di Orlek, Grotta 87, Abisso della Volpe, quota 317, Lazaro Jerko, (eventuale Noè-Pettirosso), Pozzo dei Colombi, Risorgive di San Giovanni in Tuba.

A fine settembre 2016 feci un paio di ricognizioni, mappe alla mano, cercando di realizzare materialmente il percorso che, procedendo, marcavo con vernice blu. L’imboccatura dell’Abisso della Volpe mi sembrò possedere qualche analogia con la Lazaro Jerko: abbondante muschio, aria tiepida. Non essendomi documentato adeguatamente, pensai che quella fosse la rivelazione, la scoperta del secolo, ignorando quanto la zona fosse stata battuta negli ultimi due secoli da ricercatori di chiara fama quali Polley, Perko, Boegan. Decisi di aspettare le prime nevicate per vedere se ci fosse una più evidente corrente di aria calda in uscita, capace di sciogliere la neve.

Fu un inverno scarso di neve, perciò telefonai a un esperto dell’argomento, Pino Guidi, proponendogli un’uscita perché il suo parere potesse confermare le mie sensazioni. Ma anche in questo la fortuna non fu dalla mia parte perché in quel periodo Pino aveva ben altri pensieri per la testa, e la cosa fu rimandata a tempi migliori. Passarono i mesi e chissà per quali misteriosi processi mentali, o quali nuovi interessi, mi dimenticai completamente di riprendere le indagini. Come un flash improvviso, a distanza di 5 anni, tutta questa scena mi riappare nitida, come vissuta il giorno prima, alla notizia giunta via mail dalla CGEB che si è completata l’esplorazione dell’Abisso della Volpe, con la conferma che sul suo fondo scorre il Timavo.

Solo la mia ingenuità mi aveva illuso di aver avuto un’intuizione “storica”. Infatti sarebbe bastato che avessi consultato la documentazione prodotta da Antonio Polley (1908) e G.A. Perko, nonché la mappa di F. Muhlhofer per capire che quella intuizione era già stata formulata un secolo prima. Pe

r quanto approssimativa, questa mappa riporta tutte le aperture soffianti conosciute all’epoca (i cosidetti luft-loch), presenti sul Carso, alcune delle quali, in anni relativamente recenti, hanno confermato di essere in comunicazione con il fiume sotterraneo. Decisamente illuminante la mappa prodotta da Adolf Schmidl (1851). A tal proposito è meritevole di consultazione e studio il volume di Mario Galli: La ricerca del limavo sotterraneo. C’era anche la supposizione che esistesse un corso sotterraneo a nord del crinale spartiacque che culmina nella vetta del monte Lanaro, lungo il confine, in territorio sloveno in direzione della valle di Brestovizza, (ipotizzato sia da Pietro Kandler,1864, che da Walter Maucci,1955) che giustificherebbe il fatto che la quantità di acqua in uscita alle bocche di Duino è di molto superiore a quella misurabile, per esempio, nell’Abisso di Trebiciano, comprendendo anche un supposto apporto di acque provenienti dal bacino dell’lsonzo. L’uso di traccianti chimici e anche radioattivi ha dato conferma di questa supposizione. In una delle prime carte geologiche del 1857 vengono indicate le cavità, anche soffianti, presumibilmente legate alla circolazione delle acque sotterranee, a partire dalla Grotta di Trebiciano, in direzione delle risorgive del Timavo. Carte che erano finalizzate allo studio delle fonti idriche per l’approvvigionamento della città di Trieste.
NicoZuffì

