VOLUME I – 1961

INTRODUZIONE

Non vuole essere questa una nuova rivista di speleologia e l’intestazione ne è prova. La nostra pubblicazione ha soltanto lo scopo “di raccogliere, a fine d’anno, i risultati più interessanti delle nostre ricerche nei vari campi, affinchè possano servire, a noi soprattutto, di guida per ulteriori indagini, ed anche perchè i colleghi italiani e stranieri ci consiglino e )ci aiutino a precisare ed a concretare sempre meglio i metodi di ricerca in un campo così difficile e vasto com’è la speleologia. Possiamo anche affermare che non è questa neppure una pubblicazione del tutto nuova, e che si ricollega direttamente agli «Atti e Memorie» della Società degli Alpinisti Triestini divenuta, dopo brevi anni dal 1883, «Alpi Giulie» della Società Alpina delle Giulie, dove apparvero, accanto alle relazioni alpinistiche, i primi studi speleologici della Commissione Grotte ed i primi rilievi di cavità naturali del Carso Triestino. E non v’è dubbio che, almeno fino all’ap­parire di una vera e propria rivista di speleologia, «Grotte d’Italia», edita nel 1927, «Alpi Giulie» ebbe in Italia una indubbia azione divulgativa che sottoli­neava il grande lavoro esplorativo fatto dalla Commissione Grotte, specie negli anni tra il 1920 ed il 1940, ed il decisivo contributo al sorgere di una scienza speleologica attraverso le pubblicazioni del Boegan, Presidente della Commis­sione dal 1893 al 1939, anno della sua morte. La fine della II guerra mondiale trovò Trieste in una difficile situazione politica, tanto che appena nel 1948 si ravvisò l’opportunità di riordinare le fila disperse della Commissione Grotte per riprendere il lavoro interrotto. Se la situazione politica era tutt’altro che chiara, quella territoriale era definitiva­mente compromessa: di tutto il territorio carsico della Venezia Giulia, che comprendeva i grandi altipiani della Bainsizza, della Selva di Tarnova, della Selva di Piro, del Carso Goriziano, Triestino e Fiumano, della Conca di Postumia, dì tutta l’Istria, dopo la delimitazione del nuovo confine con la Jugoslavia restava soltanto accessibile una sottile striscia litoranea tra la Val Rosandra, che limita a S la città di Trieste, e le fonti del Timavo a S. Giovanni di Tuba, presso Duino, ad una ventina di chilometri dalla città verso NO. Zona di ecce­zionale interesse speleologico senza dubbio, ma del tutto inadeguata ad una ricerca esplorativa a largo raggio, scopo non ultimo dei gruppi speleologici che riuniscono (e devono tendere a riunire) i giovani. Non si dimentichi infine che il distacco di una parte così rilevante di quel territorio in cui si era sempre operato, rese inutilizzabili la gran parte dei dati di quasi 4.000 grotte raccolti nel Catasto della Venezia Giulia in più di 60 anni di esplorazioni. Restavano soltanto gli splendidi lavori del Boegan ed una gloriosa tradizione. C’era in­somma tutto da rifare, anche perchè nel frattempo la speleologia in altre parti d’Italia e (l’Europa aveva compiuto passi da gigante nel campo scientifico così da essere considerata finalmente una scienza a sè, anche se non sempre si potevano definire con precisione i limiti entro cui si doveva muovere. Tutto ciò imponeva, soprattutto ai Gruppi Grotte di più antica tradizione, un’azione di sostanziale rinnovamento per portare la speleologia da una ricerca estensiva alla ricerca intensiva e sperimentale del fenomeno. In questi ultimi tredici anni dì ininterrotta attività crediamo di essere riusciti, almeno in parte, a portare il nostro lavoro su nuove basi senza dimen­ticare quanto di duraturo .c’è stato nel passato. Fra le realizzazioni che ci hanno dato maggiori soddisfazioni è stata la costituzione della Grotta Speri­mentale «C. Doria» (n. 3875 V.G.) da noi acquistata a tale scopo, dove abbiamo installato, con il concorso del C.N.R. una stazione di meteorologia ipogea, la sola esistente in Italia e probabilmente nel mondo. Scopo della stazione ipogea non è quello di rilevare i dati di un punto del complesso sotterraneo, ma di tutta la cavità sia nel senso della lunghezza che in quello dell’altezza. Non è senza significato che alla grotta sia stato dato il nome di Costantino Doria autore di una delle prime memorie speleologiche apparse nel 1885 in «Atti e Memorie» della Società degli Alpinisti Triestini. Quasi per un ideale legame al periodo delle origini, abbiamo voluto dedicare interamente questo primo volume alla Grotta Sperimentale C. Doria, facendone la breve storia, descrivendone la morfologia, chiarendo i metodi di ricerca nella stagione meteorologica, riportandone i risultati dei primi tre anni di misurazioni. Mi è qui gl’adito esprimere la vera riconoscenza della Commissione Grotte al prof. Silvio Polli per le rigorose elaborazioni dei dati raccolti, ed ai due consoci Fabio Forti e Tullio Tommasini per lo spirito di sacrificio dimostrato nel raccogliere, dapprima per 5 anni nella Grotta Gigante, poi altrettanti nella Doria, quei dati che, riordinati nelle perfette e lineari tabelle del prof. Polli saranno insostituibili per lo studioso che volesse conoscere le condizioni climatiche dell’ambiente ipogeo.

CARLO FINOCCHIARO

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