INDICE GENERALE VOLUME II – 1962
Trieste 1962
Dott. ANTONIO ALBERTI – II massiccio calcareo dell’Alburno
Tra i monti che limitano la piana di Paestum a S e ad E, il massiccio dell’Alburno è uno dei rilievi più facilmente individuabili: a chi lo guarda da queste zone pianeggianti, da Salerno o anche dalla costa amalfitana, esso si presenta come un grande blocco quasi tabulare, ergentesi in un solo balzo dalla pianura e dalle valli circostanti. Più precisamente, esso si trova tra la valle del Tanagro a NE e quella del Calore ed il suo affluente Ripiti a SW, ambedue affluenti di sinistra del Sele.
CARLO FINOCCHIARO – L’antico reticolo idrografico sull’Altipiano dell’Alburno
Cessata l’azione delle forze endogene che danno la primitiva struttura tettonica alle terre emerse, le superfici calcaree sono modellate dalle stesse forze esogene che modificano la morfologia delle aree impermeabili : le acque di precipitazione atmosferica in primo luogo, ritenendo agenti generalmente secondari il vento, l’alternanza del caldo e del freddo, i ghiacciai.
MARINO VIANELLO – Alcune cavità dell’Alburno
L’altopiano dell’Alburno è situato nella provincia di Salerno, ad est della piana di Paestum. Si estende per un lunghezza di circa 20 km fra i fiumi Calore e Tanagro, entrambi affluenti del Sele. L’altopiano è formato da una potente serie, 600 metri almeno, di calcari cretacei, sotto i quali affiora uno zoccolo di dolomie triassiche. Non è accertata la presenza del Giura. Sopra i calcari del cretaceo superiore si trovano pochi resti di calcari a nummuliti ed alveoline di probabile età eocenica (potrebbe trattarsi di calcari miocenici con fossili eocenici rimaneggiati). Sparsi in più punti dell’altopiano, a quote diverse e particolarmente nelle depressioni, esistono lembi della stessa formazione argillosa con intercalazione di marne, molasse e rari strati calcarei che riempie le valli circostanti. Questa formazione poggia talvolta direttamente sui calcari, ma più spesso vi è intercalato un orizzonte di brecciola calcarea con elementi cretacei, eocenici e rari elementi arenacei.
FRANCESCO STRADI – SERGIO ANDREOLOTTI – Giacimento con industria di tipo paleolitico superiore rinvenuto sopra Sant’Angelo a Fasanella località S. Pellegrino – Provincia di Salerno
Nel presentare il lavoro di Francesco Stradi e Sergio Andreolotti provo vivo piacere e commozione. Non posso, infatti, prima di mettere in evidenza l’importanza della scoperta dello Stradi sul Monte Alburno, non ricordare che l’amico Stradi mi iniziò alla ricerca preistorica nel lontano 1938 nella Grotta delle Gallerie in Val Rosandra. Per tre anni, mentre frequentavo il Liceo di Capodistria esplorammo assieme la Grotta dell’Orso a Popecchio, il Castelliere di San Michele in Val Rosandra, il Monte Taiano, Comeno, la breccia ossifera di Abrega presso Parenzo, ecc.
FRANCESCO STRADI – SERGIO ANDREOLOTTI – Grande scultura rupestre e insediamento dell’ Età dei Metalli sulla vetta di Costa Palomba – Monte Alburno
L’ultima campagna di esplorazione speleologica organizzata dalla Commissione Grotte dell’Alpina delle Giulie – C.A.I. Trieste, nell’estate del 1963 sul massiccio del Monte Alburno, ha dato ottimi risultati, mettendo in luce ulteriori aspetti sconosciuti della preistoria di questa regione. Infatti durante la suddetta campagna, condotta anche con intendimenti’ paletnologici tramite la Sezione di Preistoria della Commissione Grotte stessa, è stato effettuato un importante rinvenimento sul monte denominato Costa Palomba a 4 km. in direzione N dal comune di Sant’Angelo a Fasanella.
FABIO FORTI – TULLIO TOMMASINI – Uno sguardo all’andamento delle acque sotterranee carsiche, dall’Altipiano di San Servolo all’Antro delle Sorgenti di Bagnoli
Fra i problemi geologici più appassionanti, anche nei riguardi pratici, che presentano le rocce carsiche, emergono le questioni connesse con la circolazione sotterranea delle acque. Questioni vecchie, si potrà dire; questioni vecchie, si, ma mai superate…». Così si esprimeva il Prof. Michele Gortani, Preside dell’Istituto Italiano Di Speleologia, in una relazione al I° Congresso Speleologico Nazionale, tenutosi a Trieste nell’ormai lontano 1933. Abbiamo voluto riprendere questa frase per giustificare il presente lavoro.