Gianni Cergol

GIANNI CERGOL – Trieste 18.10.1982 – Trieste 15.9.2020

Nato a Trieste il 18 ottobre 1982, aveva perso giovanissimo il padre Luciano, forte alpinista caduto nel 1987 sulla via Comici del Monte Cimone.

Cresciuto nell’ambiente speleologico ed alpinistico triestino, dopo aver frequentato un corso di speleologia inizia, giovanissimo, l’attività speleologica: nel 1996, non ancora quattordicenne firma il suo primo rilievo. Sarà l’inizio di un lungo percorso che lo porterà, nel 2013, dopo diversi anni di lavoro assieme ad altri soci (soprattutto Diqual, Michieli, Zanini), a ritopografare con il DistoX le grotte Savi, Martina e Gallerie, riunite grazie ad un’accurata indagine svolta seguendo le arie, in un unico complesso: il Complesso della Val Rosandra (5730 VG, 5640 VG e 420 VG).

Istruttore ai corsi di speleologia, entra ben presto nei ranghi del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, affinandosi sempre più nella tecnica di esplorazione e di rilievo.

L’attività di ricerca e di ritopografia Giannetti la sviluppa particolarmente sul Canin, divenuto quasi una sua seconda casa. Negli anni 2014-2016, con l’obiettivo di aggiornare dettagliandola la visione generale nella zona di Casera Goriuda, rivede, ritopografa ed esplora diverse grotte, – Politrauma, Amplesso, Jet1, Rotule Spezzate; alla fine ritorna dal Canin con alcuni chilometri di poligonali e, più di tutto,con informazioni nuove e basilari che permettono il collegamento del Sistema Rotule Spezzate con il Sistema Gortani-Buse d’Ajar, 585-2451 Fr, tassello preliminare fondamentale per la giunzione Foran dal Muss-Col delle Erbe (al momento della sua scomparsa – settembre 2020 – il più esteso d’Italia: ~90km). Infatti nel biennio 2018-2019, assieme a Michieli, Squassino ed altri intraprende lo scavo in fondo alla Gallerie delle Zecche in Rotule Spezzate. 3125 Fr; sono trenta metri di cunicolo scavato nella ghiaia che portano ad avvicinarsi alla Grotta Clemente da cui nell’agosto 2019 una squadra del Progetto “Grande Poiz” in due giorni di scavo connette le due grotte posando l’ultimo tassello per la giunzione del Sistema Col delle Erbe-Foran dal Muss

Nel frattempo la sua opera di collegamento delle nuove poligonali dei vari abissi del Canin lo porta nel 2017 alla scoperta di un nuovo ramo e del nuovo fondo (-810) nell’abisso Gronda Pipote, 1950 Fr, evento che ha ulteriormente confermato l’esistenza di piani orizzontali alle quote di 1200-1300 anche sulla parte Est dell’altopiano del Canin.

Se l’esplorazione dei grandi abissi del Canin era nel cuore di Giannetti, la curiosità di conoscere i collegamenti fra gli stessi era radicata nella sua testa. Lui aveva una visione geografica, globale del Canin, non vedeva i singoli abissi, ma le varie parti di una megagrotta che potrebbe essere chiamata semplicemente “Canin”. In questa ottica va visto il proseguimento (2019-2020) delle esplorazioni e la ritopografia con sistemi digitali delle maggiori grotte che vi si aprono, quali il sistema Novelli-BP1 557-2378 Fr e rami nuovi del Abisso Gortani. 5858 Fr, lungo le esplorazioni ungheresi (zona nota come “Quimby”). Il fine era di ottenere una situazione il più possibile aggiornata delle poligonali da cui partire per le indagini future verso Est. Lavori tuttora in corso ma che hanno già portato alla scoperta – luglio 2019 – di un nuovo abisso di circa un chilometro di sviluppo posizionato in una zona nevralgica per le esplorazioni future.

Cavia e Janez. (foto C. Michieli)

Ma non solo il Canin è stato teatro dell’attività di Gianni Cergol: nel 2018 ha raggiunto assieme a Spartaco Savio ed altri, a distanza di 20 anni dall’ultima esplorazione, il fondo del pozzo Trieste alla Grotta Cucchiara a Sciacca, in Sicilia. E questo per una via di discesa nuova e senza l’ausilio – cosa notevole, considerate le proibitive condizioni fisiche di quell’ambiente – di aria compressa pompata dall’esterno.

Questo nelle grotte lontane da Trieste. Ma anche sul Carso la presenza di Giannetti non deve essere sottovalutata, anzi, la sua carriera – se così si può dire – di speleologo non solo è iniziata nelle grotte dietro casa, ma alle stesse ha dedicato i suoi primi scritti, ospitati su Progressione dal 1996 al 1999. Sul Carso ha effettuato i suoi primi rilievi e i suoi primi scavi. Rilievi e scavi che non ha mai abbandonato: nelle pause fra una spedizione e l’altra (ma sovente anche nei giorni feriali, alla fine di una giornata di lavoro) trovava il tempo per dedicarsi agli scavi (Gr. Gualtiero 5730 VG, 1996-1998; Gr. Lazzaro Jerko 4737 VG, 1999; Bottazzo, 2016) o ai rilievi (Ab. I di Gropada 46 VG; sistema Austriaco-Maestro-Supernova-Ginepri, 853-4300-4053-5013 VG, 2014-2016; poligonale di precisione alla grotta timavica 87 VG, 2020).

Convinto assertore della diffusione della conoscenza, cercava di pubblicare subito i nuovi dati raccolti, e di questo ne fanno fede i molti scritti pubblicati su Progressione e Alpi Giulie.

Gianni e Pacia (foto C. Michieli)

Era provetto speleologo, ma era anche abile alpinista: membro del GARS, ha al suo attivo, oltre a molte salite, una nuova via sulla parete Nord dell’Antelao – Monte Ciaudierona lunga 1060 m su di un dislivello di m 605. Notevole anche la sua attività esplorativa sulle montagne della Dalmazia dove assieme agli amici Paolo, Sara e Roberto Ferrante aprì diverse vie nuove soprattutto nel massiccio del Biokovo come Likopolis e Bloody Fingers oramai diventate delle classiche tra gli arrampicatori della ex Yugoslavia. Da ricordare anche la sua attività in val Resia e nel gruppo del monte Cavallo sempre alla ricerca di pareti dove aprire vie nuove di notevole impegno alpinistico.

Era pure subacqueo, con brevetto. Ed è stato proprio durante un allenamento sub in mare, a Sistiana, che un malore lo ha portato dapprima all’ospedale e quindi alla tomba.

Lascia la consorte e un figlioletto di pochi mesi. E un vuoto che sarà difficile riempire.

La Commissione Grotte “E. Boegan”

(Pino Guidi, Tom Kravanja, Paolo Pezzolato)

Tratto dall’Anno IX n. 9 della rivista Sopra e Sotto il Carso

Si ha sempre una certa insicurezza quando si deve scrivere su uno dei nostri, uno speleologo, che viene a mancare ancor giovane; c’è il timore di dire parole già sentite, rituali, che – si sa – possono sembrare brutte figlie di una consuetudine che nel costume della nostra società purtroppo abbondano; ma poi, l’intensa tristezza che ci assale declina di fronte all’obiettività facendo sì che esse debbano scaturire dal cuore e null’altro. Per noi vecchi speleologi che guardiamo da poggi lontani un mondo di esplorazioni che abbia-mo perduto, e così ci specchiamo nell’esuberanza e nell’entusiasmo dei giovani, seguendo con trepidazione imprese sullo sfondo delle cime della catena del Canin sulle pagine di Progressione dove Gianni Cergol scriveva – ebbene – il dolore, meditato, di una perdita ha una valenza profonda, direi intima pur nella lontananza con loro, che s’inoltra – quasi così fosse – lungo i meandri e i pozzi di un ideale complesso, fino a giungere, e fermarsi, davanti all’incombente sifone dalle acque cristalline, come potrebbe essere al Gortani o al Zeppelin, là scuotendoti per l’immanenza e al medesimo tempo rasserenan-doti, perché ti dice che… “sei giunto”. Così succede, per noi speleologi, alla fine di un percorso che non è solo d’esplorazione, qui pure d’esistenza. Certo, nulla di ciò, proprio perché son parole – e lo sappiamo – è paragonabile alla tragedia famigliare cui abbiamo dovuto assistere, ma è pur sempre una partecipazione vissuta e autentica, all’interno del-la nostra piccola comunità di speleologi.

Debbo dire che, io, Gianni Cergol l’ho conosciuto ben poco, ma ho seguito la sua attività e apprezzato la capacità di speleologo leggendo quanto scriveva, ascoltando i raccon-ti, immedesimandomi nelle fotografie con i suoi compagni, guardando le topografie di grotte che realizzava. E, dalla lunga pratica che ho acquisito (come speleologo) – mi vien da dire “dal mestiere” – avevo da tempo compreso come Lui fosse uno tra “quelli bravi”. Era senza dubbio uno speleologo “puro” – come si dice qui da noi, a Trieste – di quelli che erano fulcro e allo stesso tempo parte di forti team esplorativi, tra quelli che avevano la voglia (e, già dissi, la capacità) di affrontare, con metodo, dei progetti esplo-rativi ragionati e che si protraevano per anni. In particolare, da quel che vidi, svolse la sua attività di spicco sul Canin, dove partecipò a importanti esplorazioni (esemplificando) nel complesso del Col delle Erbe e dintorni: un reticolo da connettere, dalla Buse d’Ajar al Politrauma, o nella Dimenticata e Polifemo come ho letto negli ultimi suoi articoli, con sconforto giacché praticamente postumi, in questi giorni sull’ultimo Progressione, cioè dentro, e tra, le nuove frontiere che si dilatarono da quel Gortani de-gli anni Settanta, di cinquant’anni fa, ma che sono ancor oggi in espansione dato che, noi speleologi, ci siamo ben accorti come i grandi complessi “non finiscano mai”. Gian-ni Cergol era di quella generazione che ormai aveva abbandonato – poiché aveva mate-rializzato – che in grotta la sola via non è verso il basso (come appunto cinquant’anni fa si concepiva) ma essa fosse invece una moltitudine di strade tutte da scoprire e tutte da percorrere, a varie altezze, o meglio per noi speleologi a varie quote. Questo – penso – era ormai il senso, acquisito, del suo esplorare moderno. Un’evoluzione che non è stata solo tecnica ma soprattutto del pensiero, dello speleologo che si costruiva negli anni acquisendo cognizione, proiettando ologrammi che tratteggiavano il futuro. L’esplorare di Gianni Cegol era, dunque, in un reticolo che lui percepiva in un’estensione un tempo non immaginabile.

Un’immagine di Gianni Cergol sul Pala Celar (Canin nord-orientale), ancora molto giovane, come ci piace ricordarlo.

Del resto, il Canin – cui in particolare si dedicò – egli lo conosceva bene, dagli altopiani settentrionali italiani a quelli meridionali sloveni, dove là percorse la traversata di Mala Boka che anche come semplice ripetizione non è da poco. Ecco, conoscere il territorio cui ci si dedica, risulta fondamentale per un esploratore, rivolto – come fu Lui – soprattutto a percorrere “il nuovo”, cercare le prosecuzioni, le connessioni, i passaggi chiave, ed entrarne in simbiosi.
Il lavoro di Gianni Cergol, nella speleologia, è stato importante. Io, che mi occupo di speleologia di ricerca, so bene come questa non potrebbe esistere se non ci fossero speleologi preparati, che si son dedicati, come fece Lui, con un impegno costante, ininterrotto, dalla fase di scoperta ed esplorativa a quella del rilievo, i quali, con il loro lavoro, consentono di disegnare i reticoli carsici all’interno delle montagne: senza, ricerca scientifica in questi ambiti non si potrebbe fare. Dai miei ricordi personali, quando ormai vent’anni fa studiai la paleogeografia del Canin con i suoi reticoli ipogei, compresi che il debito maggiore lo avevo con tutti quelli che, per decenni, dopo le mie esplorazioni su quella montagna che risalivano agli anni Sessanta e Settanta, avevano sacrificato spendendo tempo e fatica per portare in luce chilometri di meandri, di condotte, di pozzi, diciamolo … “senza nulla chiedere”, in una dimensione esplorativa che non era più mia poiché completamente diversa. Dobbiamo esserne consci, e, tanto più noi, che poi raccogliamo una parte importante di quei frutti, riconoscenti.

Una riconoscenza che dovrebbe essere schietta, sentita, non come più volte accade di prammatica. Chi come me ha anche esplorato, lo sa, e chi non ha avuto queste esperienze allora mediti e impari: la riconoscenza si deve toccare con mano e non deve trasformarsi in una pura consuetudine con due asettiche righe di ringra-ziamento in calce al lavoro che si pubblica, solo perché la nostra preparazione scientifica ci consente di farlo. Per me, questa riconoscenza dovrebbe estrinsecarsi nel far partecipare lo speleologo esploratore nel “sistema” di diffusione dei dati della ricerca che si è potuta realizzare anche grazie a lui.

Sì, una partecipazione dell’esploratore, non spettatore, in questo caso della ricerca, ma dentro la sua creazione, come specificò il Gioberti, filosofo all’interno del nostro Risorgimento, nei capisaldi del suo sistema, dove attraverso il partecipare l’esistente ritorna all’Ente, con un processo di rinnovamento. Direi, con parole moder-ne mutuate da questo pensatore dell’Ottocento italiano, che l’esploratore “puro” è partecipe e pure tramite della creazione intellettuale che la scienza (senza trascendere nel teologico dell’Ente giobertiano), nella speleologia, farà: una figura che in altre scienze manca, perché non ce n’è bisogno, mentre nel nostro caso è insostitui-bile. Ecco, per intero, il senso della “partecipazione” del Gioberti che, in questo assunto, eleva lo speleologo di esplorazione e lo rende unico, e in questa elevazione, gli speleologi che dell’esplorazione hanno fatto vita e progetto di scoperta, come Gianni Cergol.

Sicuramente, alla speleologia triestina e per la speleologia italiana, la perdita di un giovane così sarà dura (non aveva ancora quarant’anni!). Certo, un domani sarà colmata – lo sappiamo – perché “nascono” nuovi speleologi, e tra questi pure “quelli bravi”, come fu Lui, ma credo, e di ciò non dubito, che la Commissione Grotte “E. Boegan” farà in modo, come sempre ha dimostrato di fare, che il suo ricordo si perpetui. Personalmente sono stato colpito dall’affluenza di speleologi in quel triste momento che è stato le esequie; una fila quasi interminabile che raramente ho visto: gli amici, attorno a Giannetti, non son mancati: i tanti compagni d’esplorazione, chi conosceva la sua storia speleologica, chi ha voluto rendere omaggio a un uomo sfortunato, ma tutti stare vicino alla famiglia che era la cosa più importante, pur consci della nostra impotenza di fronte al destino. Era una speleologia viva seppur nell’afflizione, quella che lui, credo, amasse di più, quella che si coglie aspettando che il compagno armi, per tutti gli altri, il traverso da superare, avvertendo il peso del trapano che all’amico in parete affatica il braccio, quella che si sente nel bivacco in grotta, dove si divide con i compagni il cibo che si ha riposto nel proprio sacco, addormentandosi poi, stanchi, sapendo come il rumore delle gocce d’acqua che dall’alto cadono è lo stesso udito dagli altri che son stretti attorno. Una comunanza che noi conosciamo bene e che ci fa andare avanti, nella speleologia, anche quando siamo tentati di fermarci.

Se posso permettermi, interpretando il desiderio di molti di noi, quelli di questa nostra piccola comunità di speleologi, che però è più legata di quel che sembri specie in questi angosciosi episodi, il pensiero è tutto ri-volto alla famiglia, così profondamente colpita; e la nostra limitatezza, la nostra impossibilità di poter lenire anche un poco di quel dolore ci conduce un passo alla volta fino in fondo a quel percorso umano e spirituale che, lì giunti, non trova più altri sentieri, come fosse, in un abisso, la caverna finale con una frana insormonta-bile ma che si sa oltre prosegua, e così, nella forza morale della nostra civiltà di Occidente cristia-no, dalla via seguita si entra nella rassegnazione ma anche nella consolazione della speranza.

Rino Semeraro

Bibliografia speleologia

Rilievi:

  • Gr. del Riccio, 6003 VG, Prof. m 2,5, lungh. m 7; 6 lug. 1996
  • Gr. del Bersaglio Militare, 1778 VG, Prof. m 11,5, lungh. m 63;
  • Gr. dei Mussatti, 6054 VG, Prof. m 4, lungh. m 7,6; pozzo est. m 3,2, pozzo int. m 2; 26 lug. 1997
  • Ab. 1° di Gropada, 46 VG, Prof. m 125, lungh. m 41
  • Ab. delle Casermette, 2855 Fr, Prof. m 438, lungh. m 543

Scritti:

  • 1996 – Bersaglio militare, una storia da raccontare, Progressione 35: 10
  • 1996 – Il mio primo rilievo, Progressione 35: 10-12
  • 1999 – Resoconto speleologico di tre scoperte avvenute in grotte dell’altipiano carsico, Progressione 41: 13-14
  • 2000 – Un giro al Corchia, Progressione 42: 28
  • 2001 – Noi del “Fuoco sacro”, Progressione 44: 20-21
  • 2001 – Bus d’Ajar (Manicomio di pietra), Progressione 44: 23-27
  • 2001 – Alberto Lazzarini, per tutti Lazzaro, Progressione 44: 77-79
  • 2001 – Davanzo, giro lasko, Progressione  45: 60-61
  • 2001 – Fuga da Capannelle, Mani Pulite, Progressione 45: 62-63
  • 2005 – Storia delle esplorazioni di un complesso sognato (chissà, un domani, 60 km e più…!), Progressione 52: 28-31
  • 2007 – BC4 – Mala Boca, Progressione 54: 54-57
  • 2008 – Antelao-M. Ciaudierona. Parete Nord 2300 m, Val d’Olten – Calalzo di Cadore, Alpi Giulie, 102/1: 35-39
  • 2012 – Sistema Gortani, con nuovi occhi …, Progressione 58: 27-29
  • 2012 – Grotta delle Moelis, per alte vie, Progressione 58: 41-43
  • 2016 (con Michieli Cristina) – Condotta di Bottazzo, sulle tracce della vecchia Commissione, Progressione 63: 27-28
  • 2016 – Rotule Spezzate, nuove esplorazioni al ramo “Testicolae Tactae”, Progressione 63: 51-52
  • 2016 (con Michieli Cristina) – Amplesso del Complesso, una storia di donne …, Progressione 63: 52-54
  • 2016 (con Michieli Cristina) – Jet 1 (ricordando Glavu …), Progressione 63: 55-56
  • 2017 – Casermette fine dei giochi?  Progressione 64: 52-53
  • 2017 – Gronda Pipote. La grotta, il sogno e il grande incubo, Progressione 64: 54-58
  • 2017 – Aggiornamenti dal Politrauma, Progressione 64: 58-19
  • 2017 – OP3, Progressione 64: 158
  • 2017 – Prova Artva tra il Complesso del Col delle Erbe e quello del Foran del Mus, Progressione 64: 158-159
  • 2018 – Sistema austriaco Supernova – Ginepri, Progressione 65: 16-21
  • 2018 – Gronda Pipote – Galleria dell’Epifania, Progressione 65: 38-39
  • 2018 – Grotta sopra le Moelis (1371/552 Fr) stato di fatto delle esplorazioni, Progressione 65: 46-47
  • 2018 (con Michieli Cristina)  – Sistema Ghiaccio BP1 – Novelli, Progressione 65: 48-49
  • 2019 – Dimenticata – Luglio 2919, Progressione 66: 25-30
  • 2019 – Polifemo nel Vallone di Prevala, Progressione 66: 30-31
  • 2019 – Magica Vrata, Progressione 66: 33-36

Hanno parlato di lui

  • Cannarella Siro, 2011: G.A.R.S., Alpi Giulie 105/1, Trieste 2011
  • Toni Klinghendrath, 2021: Progressione 67:132
  • Marco Cavia Sticotti, 2021: Progressione 67:132-133
  • Patrizia Squassino, 2021: Progressione 67:133
  • Francesco Sauro, 2021: Progressione 67:133-134
  • Gianki. Gruppo grotte Trevisiol, 2021: Progressione 67:134-135
  • Gianni. Guidotti, 2021: Progressione 67:135-136