Fabio Forti

FABIO FORTI, l’ultimo carsista 1927 –2019

Pubblicato su progressione 66

Nel nostro ambiente qualcuno – ricevendo la notizia della scomparsa di Fabio Forti – ha tristemente osservato che ci si incontra sempre più spesso in cimitero. E’ vero, in questi ultimi tempi nostra sorella morte ha chiamato a sé molti nostri amici, e anche qualcuno veramente troppo presto. Ma almeno, sia consentito dirlo, in questo caso il dolore per la perdita di quello che è stato per molti un amico, per tanti un maestro, per tutti un esponente di notevole caratura della speleologia, è mitigato dalla consapevolezza che quest’uomo se ne è andato a 92 anni, dopo una lunga vita dedicata allo studio del suo amato Carso. Una vita densa di soddisfazioni, di realizzazioni, di riconoscimenti. Magari anche intristita da qualche amarezza e delusione. Mortificazioni che a tutti noi possono servire a farci presente che più in alto si sale più si è visibili e più ci si espone a invidie, critiche e giudizi. E che più male ci si può fare cadendo.

Fabio Forti, nato a Trieste il 27 giugno 1927, iniziava a visitare gli ipogei del Carso triestino nel 1945 scendendo nella Grotta del Monte Gurca, 249 VG (allora trovata zeppa di residuati bellici), una lunga galleria intervallata da alcuni pozzetti. L’anno seguente fondava, con Ugo Baschiera, l’Associazione Speleologica Triestina, gruppo giovanile che nel 1947 si scioglieva passando con gli scout del GEI – Giovani Esploratori Italiani. Se con gli scout esplorava e rilevava varie cavità del Carso triestino, con il fido Baschiera portava le ricerche anche nella zona carsica di Pradis di Gerchia (Clauzetto), zona che negli anni ’50 e ‘60 diventerà terreno privilegiato di lavoro della Commissione Grotte dell’Alpina.

Nel 1949 entrava, assieme ad altri tre amici, nella Commissione Grotte costituendovi un coeso gruppo di lavoro, autonomo rispetto all’attività sociale. Chiamato a far parte del Consiglio Direttivo della Commissione forniva il suo contributo pratico, anche nella sua veste di geometra (si era da poco diplomato), nella gestione della Grotta Gigante affiancando l’allora Direttore Bruno Boegan.

Nei primi anni di attività esplorativa scopriva e rilevava molte grotte (il Catasto ne segna 26); i sui rilievi, chiari e precisi, tradiscono la sua preparazione professionale, e possono essere tuttora considerati dei modelli da seguire.

Ma più che alle esplorazioni ‘sportive’ il suo interesse si rivolse ben presto al carsismo e alla meteorologia ipogea; la sua visione della speleologia di ricerca si concretizzava quindi con la presentazione, nel 1950, di un programma di studi sulla Grotta Gigante e sul territorio a questa circostante: meteorologia, geomorfologia, speleogenesi. Prendeva l’avvio così, con Tullio Tommasini, una serie di indagini i cui risultati verranno poi pubblicati sia sulle riviste sociali che sugli atti di vari congressi. Le ricerche di meteorologia ipogea, condotte sotto la guida del prof. Silvio Polli, vengono dapprima effettuate nella Grotta Gigante poi, dal 1957, nella Grotta Costantino Doria, 3875 VG, cavità acquistata dall’Alpina e appositamente attrezzata quale stazione di ricerca ipogea (struttura di cui nel marzo 1960 viene nominato “Direttore Amministrativo”) e successivamente nella Grotta di Padriciano, 12 VG, lunga e profonda cavità che viene chiusa con una robusta cancellata e parzialmente attrezzata con lavori in muratura. Lavori effettuati per la maggior parte in prima persona dal duo Fabio e Tom con la collaborazione dell’instancabile Giorgio Coloni.

Le indagini sul carsismo lo portano, verso la fine degli anni ’50, ad elaborare nell’ambito degli studi carsici il concetto di”ricerca integrale”, concetto che con entusiasmo viene fatto proprio dal prof. Carlo D’Ambrosi, geologo istriano profondo conoscitore dei problemi carsici. Dagli anni ’60 collabora come esterno (con lezioni specifiche e assistenza ai laureandi aventi tesi sul carsismo) con l’Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università di Trieste, ottenendo nel 1976 il titolo di “Cultore della materia in carsismo”. I lavori pubblicati in quel periodo sono spesso firmati “Fabio Forti – Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università di Trieste”.

Dalla fine del ventesimo secolo è impegnato quale docente, sempre in materia di carsismo, nell’Università della terza età.

E’ stato presente a molti congressi e convegni – in parecchi dei quali veniva chiamato a far parte del Comitato Scientifico – con relazioni e studi. La sua attività gli valse, nel 1985, l’assegnazione del Premio San Benedetto, conferitogli da Comitato Regionale per la difesa dei Fenomeni Carsici: “per gli alti meriti acquisiti nella ricerca scientifica nei campi della carsologia e geologia in generale, contribuendo in tal modo a dare alla speleologia regionale dignità e riconoscimenti internazionali”. Buon oratore, per oltre cinquant’anni ha tenuto lezioni e conferenze a tutti i livelli, illustrando così a pubblici estremamente diversificati i misteri del carsismo e del magico mondo delle grotte.

Negli anni ’80 si fa parte attiva, assieme ad altri studiosi e con l’appoggio della Federazione Speleologica Triestina da poco fondata, del gruppo di lavoro che operava per la realizzazione di una Legge speleologica nazionale, iniziativa purtroppo non andata in porto a causa dell’instabilità della situazione politica di allora in quanto ad ogni nuova legislatura la bozza del progetto di legge doveva ricominciare il suo iter, con la difficoltà di chiarire ai nuovi politici l’importanza della regolamentazione corretta della materia.

Lavoratore instancabile, la sua capacità di agire e di mediare lo ha portato a dirigere la Federazione Speleologica Triestina, e – alla morte di Carlo Finocchiaro – la Commissione Grotte che negli anni della sua presidenza ha ottenuto grandi successi esplorativi in Italia e all’estero. Poi per alcuni mandati è stato chiamato a ricoprire pure la carica di presidente della Società Alpina delle Giulie, la sezione di Trieste del CAI. Nel corso della sua presidenza l’Alpina traslocava dalla sede di via Machiavelli per stabilirsi nella nuova, grande e molto più centralizzata, sede di via di Donota, che lui aveva voluto far acquistare con un mutuo: se oggi la Società è proprietaria di una sede prestigiosa nel cuore pulsante di Trieste lo deve a lui.

Per alcuni decenni è stato di direttore della Grotta Gigante, struttura che ha valorizzato notevolmente; durante la sua gestione la Gigante vedrà il massimo dell’affluenza di visitatori paganti, che supera nel 1986 le 116.000 presenze, risultato poi mai eguagliato. La sua attività di direttore del comprensorio turistico gli permette di farsi conoscere anche nell’ambiente speleo-turistico nazionale, al punto che viene dapprima chiamato a presiedere l’Associazione Italiana Grotte Turistiche e più tardi nominato rappresentante per l’Italia nel seno dell’Associazione Mondiale Grotte Turistiche.

Negli ultimi decenni si è occupato soprattutto degli studi sulla dissoluzione superficiale dei calcari; a tale scopo aveva allestito, in Carso, nel Friuli e nel Veneto, una cinquantina di “Stazioni di misura per la dissoluzione carsica”, stazioni che fanno riferimento alla maxi stazione campione approntata presso il comprensorio turistico della Grotta Gigante.

Se ha lasciato un profondo segno nella speleologia non è stato da meno nella vita civile. Combattente nel 1945 nel Corpo Volontari della Libertà, a fine secolo era stato chiamato a presiedere l’Associazione che li rappresenta, da più parti considerata (ce lo ripeteva spesso) la legittima rappresentante della Resistenza italiana a Trieste; per la sua opera in questo ambito il Presidente della Repubblica Napolitano con decreto del 27 dicembre 2008 lo aveva nominato “Ufficiale della Repubblica Italiana” mentre il Comune di Trieste gli aveva fatto omaggio di una targa con la dicitura: “A Fabio Forti – Presidente A.V.L. di Trieste – per l’impegno di allora e di oggi in nome della Libertà – Con riconoscenza l’Amministrazione Comunale”.

Consigliere comunale, negli anni ’80, per un certo periodo aveva ricoperto la carica di Assessore al Decentramento e agli Affari Generali (e per molti mesi pure all’Assessorato dell’Ecologia) del Comune di Trieste.

Scrittore estremamente fecondo – ha al suo attivo diverse centinaia di pubblicazioni (oltre 160 gli studi sul carsismo) – è autore di alcuni libri di divulgazione geologica e speleologica, di guide della Grotta Gigante, di una grande quantità di articoli di carattere divulgativo o didascalico.

E’ stato affezionato membro della Commissione Grotte dal 1949, anno in cui era entrato assieme a Tullio Tommasini, suo compagno di ricerche e studi, e Presidente della stessa dal 20 luglio 1983 al 22 maggio 1991.

Morto il pomeriggio di sabato 14 settembre 2019, ha ricevuto l’estremo saluto dai famigliari, a cui si sono stretti commossi molti amici ed estimatori, giunti da tutta la regione e dalle vicine Slovenia e Croazia, la mattina di lunedì 23 settembre.

Pino Guidi

Ulterioio informazioni si possono trovare su:

Cronache ipogee e Sopra e sotto il Carso – 2019: Un ricordo di Fabio Forti

Guidi P.- Tavagnutti M. , 2019: È morto Fabio Forti, l’ultimo carsista, Sopra e Sotto il Carso Anno VIII N.9, 6-15

La bibliografia di Fabio Forti è troppo ampia per essere pubblicata su questa Rivista. Dei suoi scritti presentiamo soltanto alcuni di quelli che hanno precisi riferimenti alla sua vita societaria.

  • Forti Fabio, 1982: Vecchie storie di vecchi speleologi, Progressione  9: 13-14
  • Forti Fabio, 1983: La facce d’angelo, Progressionecento, Trieste 1983: 93-94
  • Forti Fabio, 1988: Fra storia e storie: la ripresa delle esplorazioni sul Carso (1945), Progressione 19, 11 (1): 23-24, Trieste giugno 1988
  • Forti Fabio, 1993, Ricordi di una speleologia iniziata nel 1946, Progressione 29, 16 (2): 54-55, Trieste dicembre 1993
  • Forti Fabio, 1995, Frammenti, Progressione 33, 18 (2): 62-63, Trieste dicembre 1995
  • Forti Fabio, 1996, Ricordi di faticosi lavori, Progressione 35, 19 (2): 31-32, Trieste dicembre 1996
  • Forti Fabio, 1998: La scoperta di una “nuova” galleria, Progressione 38: 20
  • Forti Fabio, 2012: Speleologia carsica dell’altro secolo, Progressione 59: 105-106, Trieste ott. 2013
  • Forti Fabio, 2012: Considerazioni personali in merito a particolari situazioni verificatisi nel corso del XXI Congresso Nazionale di Speleologia, Trieste 2-5 giugno 2011, Progressione 58: 9-10

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Fabio Forti – L’ultimo epigono della Scuola dei grandi carsologi del Carso Classico

Ho incontrato Fabio Forti per la prima volta nell’oramai remoto 1975: ero andato a Trieste per partecipare al Secondo Corso di Tecniche Scientifiche applicate alla Speleologia e, tra i principali organizzatori e insegnanti, c’era appunto lui.

Non ricordo bene quale fu la sua lezione di allora, ma ho ancora vivissima nella memoria l’escursione, da lui guidata, sul Carso appena dietro Trieste per vedere e discutere le Kamenitze, i Rillenkarren e una altra quantità di micro e mesoforme carsiche che, a dir la vera verità, non mi appassionavano molto allora, come del resto adesso…

Eppure rimasi subito affascinato dalla passione che Fabio metteva in quelle descrizioni e l’evidente suo amore per quei lembi di terra, che dimostrava di conoscere davvero palmo a palmo.

L’impressione positiva fu ancora di più avvalorata quando, il giorno successivo, ci portò a visitare la Grotta Gigante e ci trattenne un paio d’ore (letteralmente volate) a parlare di esperimenti geofisici, imperniati sull’enorme pendolo gravitazionale che pendeva dalla volta della cavità, e poi dell’evoluzione della cavità e del suo concrezionamento, inquadrandolo nel quadro geologico complessivo dell’area.

Durante lo stesso corso ebbi anche modo di conoscere Franco Cucchi, più vecchio di me di soli 10 giorni, che però era già docente di quel corso, mentre io, migrato da pochissimi mesi dalla chimica teorica alla speleologia, dovevo ancora imparare moltissimo. Il sodalizio con Franco divenne subito molto stretto e iniziammo quindi una storia comune di ricerca scientifica e contestuali viaggi all’estero, per partecipare a congressi o semplicemente visitare grotte ed aree carsiche, che ancora adesso proseguono.

Proprio per questo, gli anni successivi ebbi modo di frequentare assiduamente l’Istituto di Geologia dell’Università di Trieste e quindi molte furono le occasioni di incontro con Fabio Forti.

Questo fece sì che, nei primi anni ’80, quando diedi inizio al Progetto Nazionale sullo studio della neotettonica sulla base dell’analisi statistica delle deviazioni degli assi delle stalagmiti, mi fu naturale chiedere a Fabio e a Franco di collaborare per quel che concerneva la regione del Carso Triestino. Questa collaborazione ebbe successo e portò, in poco tempo, alla pubblicazione di ben tre lavori a firma congiunta.

Una quarta e ultima nostra pubblicazione comune ha riguardato invece la scoperta, lungo la costa alta di Trieste, del pavimento concrezionato di una antichissima grotta, dove si erano conservate pisoliti di età cretacica[1].

Successivamente, pur continuando a vederci spesso, le nostre attività speleologiche si sono divaricate anche e soprattutto perché, mentre lui rimaneva assolutamente fedele al territorio del Carso classico, che assorbiva tutto il suo tempo e i suoi interessi, io diventavo sempre più l’incarnazione dello “speleo errante”, costantemente alla ricerca di una nuova grotta da studiare in un nuovo Paese che non avevo ancora visitato.

Fabio Forti, del suo amato territorio, ha sviscerato tutti i possibili aspetti del carsismo, dalla presenza di nuove microforme, all’influenza della litologia e dell’assetto strutturale nell’evoluzione del carsismo epigeo ed ipogeo, dalla velocità di percolazione delle acque meteoriche a livello della Grotta Gigante, ai problemi del Timavo sotterraneo e molti altri ancora. A mio avviso, comunque, il più importante contributo dato da Fabio alla carsologia in generale è stata la creazione del laboratorio sperimentale da lui realizzato all’esterno della Grotta Gigante e in più punti del Carso, dove, per decine di anni, sono state fatte misure con il “micro erosionmeter” su un centinaio di calcari provenienti da ogni parte del territorio nazionale, così da poter disporre di dati oggettivi di degradazione ad opera degli agenti atmosferici e, conseguentemente, poter quindi definire una scala di “carsificabilità” assoluta sulla base delle caratteristiche litologiche di ogni singola formazione carbonatica.

Quel laboratorio naturale è stato poi anche sfruttato da me e Franco Cucchi quando, alla fine degli anni ’80 e per tutti gli anni ’90, abbiamo studiato gli effetti della degradazione meteorica sulle rocce gessose: vi abbiamo infatti installato una ventina di campioni di gesso provenienti da ogni parte d’Italia, che in parte, ancora oggi, sono laggiù.

Per le sue caratteristiche di appassionato studioso Fabio Forti può, a ben ragione, essere considerato l’ultimo epigono di quella ristretta cerchia di carsologi stanziali che, dalla metà del secolo XIX, si erano dedicati totalmente alla descrizione e allo studio dei peculiari fenomeni di erosione-corrosione sviluppatisi in quello spicchio di terra, compreso tra Italia, Austria e Slovenia, che sarebbe diventato, grazie al loro lavoro, la “pietra di paragone” per tutti gli altri fenomeni dello stesso tipo presenti sul nostro Pianeta.

Di tutti loro certamente Fabio è stato quello che meglio conosceva ogni singolo aspetto geografico, geomorfologico, litologico e ovviamente speleologico di questo territorio. Aspetti che, grazie anche al progredire della scienza, meglio di tanti altri ha saputo interpretare e illustrare.

Personalmente ritengo che lui rimarrà anche l’ultimo di questa gloriosa scuola perché, oramai da alcuni decenni, la speleologia, come molte altre discipline scientifiche è diventata una scienza necessariamente globale, che impedisce, quindi, ai singoli ricercatori di concentrare tutti i loro studi e le loro ricerche su un singolo territorio, come invece ha fatto Fabio per oltre 60 anni.

                                                                                                                             Paolo Forti

[1]CUCCHI F., FORTI F., FORTI P. 1984: I paleodepositi di riempimento della “Grotta dell’ultimo dinosauro” presso Trieste  Atti e Memorie Commissione Grotte Boegan 23: 35-46

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Ricordando Fabio

 Quando nel 1973 conobbi Fabio avevo 28 anni, lui ne aveva quasi il doppio, 46. Io ero laureato in geologia applicata da pochi mesi, lui già da una decina di anni collaborava con l’Istituto di geologia e paleontologia dell’Università coprendo una tematica che nessuno dei docenti trattava: speleologia e carsismo. Io ero andato poco in giro per il Carso e quasi solo ad osmizze, lui lo conosceva sopra e dentro da decenni.

Dovendo studiare con Furio (Ulcigrai), docente di geologia stratigrafica, la fattibilità geologica dell’ampiamento dell’autoporto di Fernetti, non potevo che appoggiarmi in pieno a chi conosceva da tempo molti dei segreti del territorio carsico.

Fu Fabio quindi che mi portò in grotta per la prima volta, che mi illustrò sul campo le sue idee sulle sue 5 classi di carsismo superficiale, che mi affidò a Rino (Semeraro) per acquisire le nuove tecniche speleologiche di discesa in pozzo. Fu Fabio che durante il Corso di speleologia della CGEB tenne per me le prime lezioni di morfologia carsica, fu lui che mi accompagnò nelle grotte in cui c’erano cose interessanti da capire e studiare (la 12, la Ercole, la Gigante, la Doria, la Lindner, la Torri di Slivia, …). Fu Fabio che mi trasmise il suo entusiasmo per l’ambiente carsico, per i fenomeni connessi alla carsogenesi e alle morfologie epi- ed ipogee. Entusiasmo ed interesse speculativo che traspirava dalle sue parole, dal suo andare per campi solcati e grize, dal suo sbisigare fra i depositi di grotta.

Nel 1975 su Atti e Memorie della CGEB comparve il primo frutto scientifico della nostra collaborazione con due articoli, uno sul condizionamento strutturale di molte doline del Carso triestino, uno sui condizionamenti strutturali sulla speleogenesi ed evoluzione della Grotta di Padriciano.

Fu Fabio a trascinarmi a Postumia e a San Canziano, a Doberdò e sul Rilke, sull’Ermada e sul monte Carso, in Val Rosandra e a San Giovanni di Duino, a Borgo Grotta Gigante e a San Pelagio. In pochi mesi, grazie a lui, recuperai buona parte dei ritardi conoscitivi in tema carsologia.

Dal mio canto discutevo con lui se erano più importanti le sue micriti e microspariti o le mie faglie e fratture, se condizionavano di più le sue inclinazioni e potenze della stratificazione o le mie famiglie di discontinuità, la loro direzione, le loro intersezioni.

Nel 1975 mi portò alla 2a Tavola rotonda italo-francese con escursioni sui Lessini ed in Trentino ad incontrare altre varianti morfologiche in altri contesti. Conobbi così sua moglie con la quale la mia si trovò subito benissimo nonostante la differenza d’età, conobbi Ugo (Sauro) che sarebbe poi divenuto uno dei miei più intimi colleghi carsici, conobbi alcuni stranieri (Nicod, Pulina, Géze, …) che mi illustrarono conoscenze ed idee nuove ed affascinanti, rafforzando le nostre convinzioni sull’importanza della geologia “applicata” al carsismo.

Mi fece conoscere i ricercatori dell’Istituto di ricerche carsiche di Postumia (Habe, Kranic, Gams, Plenicar, …), con i quali poi strinsi amicizia collaborativa anch’io, partecipando con loro ad escursioni, esplorazioni, ricerche e studi, congressi.

Mentre stavo censendo i pozzi per acqua regionali e, con Sergio (Stefanini), tentando le prime correlazioni stratigrafiche per la ricostruzione del sottosuolo della nostra regione (1975-1980: bisognava pur giustificare la paga di contrattista!), iniziai a far parte del gruppo che, guidato dall’entusiasmo di Fabio, cercava con successo di quantificare l’entità della dissoluzione dei calcari in condizioni naturali. Era una ricerca di nicchia e innovativa, parallela ad altre simili ma meno “geologiche”. Stazioni di misura della dissoluzione mediante micrometro (idea del Maestro, fatta propria ed impostata da Fabio, avviata grazie all’abilità costruttiva di Augusto Diqual), tavolette esposte alle piogge come panni appesi e pesate ad intervalli regolari, sezioni sottili ed analisi petrografiche a go-go. Con Furio, Sergio e Fabio ottenemmo dei risultati quantitativi importanti, apprezzati e fatti propri dalla comunità scientifica internazionale. Ne seguirono partecipazioni a congressi in Italia ma specialmente all’estero (però per Fabio non era semplice lasciare il lavoro durante la settimana), numerose pubblicazioni, confronti con gli studiosi del settore. Nel decennio 1987-1996 (quando i dati acquisiti erano divenuti “scientificamente” significativi per numero e rocce carbonatiche tenute sotto osservazione) furono ben 9 le pubblicazioni che facemmo sul tema, diffondendo i risultati presso la comunità scientifica europea.

A margine degli studi di fattibilità di dighe di laminazione sul Piave, fummo tra i primi a studiare il carsismo del Montello, collina pregna di storia patria, uno dei pochi esempi al mondo di carsismo nei conglomerati, dalla superficie “butterata” da centinaia di doline, dal sottosuolo percorso da cavità e pozzi di faticosa esplorazione, spugna alimentata dal Piave e dalla pioggia, drenata da numerose cavità-sorgive. Noi rilevavamo in superficie ed in grotta, le nostre mogli chiacchieravano passeggiando, pranzavamo a panini, cenavamo a leccornie e funghi locali.

Quando nel dopo terremoto friulano, proponemmo di studiare gli indizi dei movimenti crostali padri dei terremoti mediante l’analisi speculativa delle morfologie ipogee e delle stalattiti, il team dissolutivo si arricchì di un altro Forti (Paolo) e ne uscirono dati utilissimi ad elaborare le Carte neotettoniche d’Italia in prospettiva sismica regionale che il CNR-Gruppo Geodinamica aveva chiesto alle Università italiane. Sono 5 gli articoli scientifici sul tema comparsi fra il 1979 e il 1984.

Furono insomma vent’anni scientificamente e umanamente proficui, in cui si lavorava insieme, acquisendo dati, discutendo, scrivendo, disegnando, viaggiando e relazionando in giro per il mondo i risultati e i metodi con cui erano stati ottenuti. Trovando sempre apprezzamento, discutendo da pari a pari con gli altri “grandi” del carsismo mondiale (Sweeting, Ford, Williams, Quinif, Klimciuk, …)

Nel frattempo però Fabio era divenuto un personaggio importante, dal punto di vista politico per la sua appartenenza alla Lista per Trieste, dal punto di vista personale per la responsabilità della Grotta Gigante, della Commissione, dell’Alpina. Il suo tempo, la sua disponibilità venivano a mancare, i suoi interessi familiari, personali, politici principali erano diventati altri.

Io, per lavoro, partecipavo a studi e ricerche nazionali su argomenti che non sempre erano attinenti al carsismo, tenevo esercitazioni agli studenti, facevo da correlatore a tesi di idrogeologia e geologia applicata, coordinavo unità di ricerca impegnate in convenzioni universitarie. Tenevo famiglia: i sabati e le domeniche non erano più dedicabili a passeggiate carsiche o esplorazioni speleologiche. Andai ad insegnare Geografia fisica all’Università di Messina.

Ci siamo così allontanati, scientificamente.

Ho continuato a considerare Fabio uno studioso di cose carsiche appassionato e competente, un piacevole collega di rilevamento epi ed ipogeo, una persona che mi ha contagiato aprendomi ad un campo di ricerca che mi ha dato molte soddisfazioni. Resterà nel mio ricordo come compagno di anni formativi bellissimi.

Grazie, Fabio.

                                                                                                                                Franco Cucchi

Post Scriptum

Mi è parso significativo riportare le pubblicazioni che abbiamo edito in comune, Fabio ed io insieme a quanti hanno nel tempo collaborato con noi. Sono ventiquattro.

  • CUCCHI F., FORTI F., ULCIGRAI F. (1975): Relazioni tra tettonica e morfogenesi di doline del Carso triestino e monfalconese. Atti e Memorie della Comm. Grotte “E. Boegan”, vol. XV: 57-71.
  • CUCCHI F., FORTI F., SEMERARO R. (1975): Studio geomorfologico della Grotta di Padriciano. Atti e Memorie della Comm. Grotte “E. Boegan”, vol. XV: 21-55.
  • CUCCHI F., FORTI F. (1977): Escursione geomorfologica sui M. Lessini (VR): note ed osservazioni. Atti della “Tavola rotonda italo-francese”, Nizza-Verona, settembre 1975. St. trent. Sc. nat., Acta geol., Vol. 54: 177-179.
  • CUCCHI F., FORTI F. (1979) Lo studio di attività tettonica recente in cavità carsiche a supporto della Carta Neotettonica d’Italia. Atti del IV Convegno di Speleologia del Friuli-Venezia Giulia; Pordenone, novembre 1979: 243-248.
  • CUCCHI F., FORTI F., SEMERARO R. (1979): Indizi di neotettonica in cavità della Val Rosandra. Atti e Memorie della Comm. Grotte “E. Boegan”, Vol. XVIII: 105-111. (Pubbl. n° 25O, P.F. Geodinamica – S.P. Neotettonica
  • CUCCHI F., FORTI F. (1981). La “cattura” del Timavo superiore a Vreme. Atti e Memorie della Comm. Grotte “E. Boegan“, Vol. XXI: 55-64.
  • CUCCHI F., FORTI F. (1982). Esempio di carta della carsificabiltà epigea. Geologia Applicata e Idrogeologia, vol. XVII, 1982, Parte II: 495-505. Proc. 2° Symp. Int. “Utilisation of Karst areas”, Bari, maggio 1982.
  • CUCCHI F., FORTI F., FORTI P. (1982): Movimenti recenti nel Carso triestino da analisi di concrezioni stalagmitiche. Geogr. Fis. Dinam. Quat., 6 (1), 1983: 43-47.
  • CUCCHI F., FORTI F., FORTI P. (1982): Neotettonica nel Carso triestino da analisi di concrezioni stalagmitiche. Atti del V Convegno Regionale di Speleologia del F.-V.G., ottobre 1991, Trieste, 141-15.
  • CUCCHI F., FORTI F. (1983): Primi risultati dello studio di alcune sorgenti carsiche marine presso San Giovanni di Duino (TS). Mondo Sotterraneo, n.s. anno VII – n° 2, ottobre 1983. Atti del 6° Convegno regionale di Speleologia del F.-V.G., Udine, aprile 1983.
  • CUCCHI F., FORTI F., FORTI P. (1984): I paleodepositi di riempimento della “Grotta dell’ultimo Dinosauro” presso Trieste. Atti e Memorie della Comm. Grotte “E. Boegan”, Vol. XXIII (1984): 35-46.
  • CUCCHI F., FORTI F., FORTI P., PUGLIESE N. (1984): Dati speleologici a supporto della geologia. Natura Alpina, Vol. 36 – 1985, n° 2-3: 79-83. Atti del “VIII Convegno Regionale di Speleologia del Trentino-Alto Adige”, Rovereto, dicembre 1984.
  • CUCCHI F., FORTI F. (1986): Misure di dissoluzione di rocce carbonatiche: le ricerche a Trieste. Atti e Memorie della Comm. Grotte “E. Boegan”, vol. XXV, Trieste 1986: 97-102.
  • CUCCHI F., FORTI F. (1987): Misure in situ di corrosione di rocce carbonatiche. Atti XV Congr. Naz. Speleologia, Castellana Grotte, 1989, 623-634.
  • CUCCHI F., FORTI F., FINOCCHIARO F. (1987): Carbonate surface solution in the Classical Karst. Int. J. Speleology, 16 (3-4, 1987): 125-138.
  • CUCCHI F., FORTI F., STEFANINI S., ULCIGRAI F. (1987): Mesures de dégradation de roches carbonatées et d’accroissement de stalagmites. Spelunca Mémoires, n° 14: 87-90. Actes des “Journées Internationales de Karstologie”, Metz-France, mai 1985.
  • STEFANINI S., ULCIGRAI F., FORTI F., CUCCHI F. (1987): Résultats expérimentaux sur la dégradation des principaux lithotypes du Karst de Trieste (Italie). Spelunca Memoires, n° 14, 91-94. Actes des “Journées Internationales de Karstologie”, Metz-France, mai 1985.
  • CUCCHI F., FORTI F. (1988): La stazione di misura della dissoluzione superficiale a Borgo Grotta Gigante (Carso triestino, Italia). Atti e Memorie Comm. Grotte “E. Boegan”, Vol. XXVIII: 87-93.
  • CUCCHI F., FORTI F., ULCIGRAI F. (1994). Znizevanje krskega povrsja zaradi korozije (Valori di abbassamento per dissoluzione di superfici carsiche). Acta Carsologica, XXIII (1994), 55-61, Ljubljana.
  • CUCCHI F., FORTI F., MARINETTI E. (1996): Surface degradation of carbonate rocks in the Karst of Trieste (Classical Karst, Italy). in Karren Landforms, Joan J. Formos i A. Ginés Ed., Palma, 1996, 41-51.
  • CUCCHI F., FORTI F., HERBRETEAU P. (1997): Misure sulla dissoluzione carsica: la stazione di Pradis (Prealpi Carniche). Atti e Memorie Comm. Grotte “E. Boegan”, Vol. XXXIV (1996), 49-54.
  • CUCCHI F., FORTI F., FURLANI S. (2006): Lovering rates of limestone along the Western Istrian shoreline and the Gulf of Trieste. Geogr. Fis. Dinam. Quat., 29 (2006), 61-69, 6 figg., 2 tabb.
  • CUCCHI F., FURLANI S., ZINI L., TRETIACH M., BURELLI G., FORTI F. (2008): TMEM measurements on dolomites colonized by endolithic lichens. Proceedings of the 10th International Symposium on Pseudokarst, 29 April-2 May 2008, Gorizia (Italy), 157-164.
  • FURLANI S., CUCCHI F., FORTI F., ROSSI A. (2009): Comparison between coastal and inland Karst limestone lowering rates in the northeastern Adriatic Region (Italy and Croatia). Geomorphology, 104, 73-81. pp. 73-81. In GEOMORPHOLOGY – ISSN:0169-555X, vol. 104.