IL MASSICCIO CALCAREO DELLA ROCCA DI GIBILTERRA

Esperienze di viaggio

Pubblicato sul n. 64 di Progressione

Macaco sylvanus alla Rocca (Foto P. Toffanin)

Quando ci si organizza per un giro turistico alla rocca di Gibilterra si mettono in programma tante cose da vedere: la city moderna, il vecchio borgo inglese oltre che le rovine del periodo arabo e mussulmano e le ormai storiche e simpatiche scimmie della specie Macaca sylvanus quale unica popolazione di scimmie selvatiche in Europa. Quando passi il confine politico ormai extra UE dopo la BREXIT del 2016, la sensazione è proprio strana quando ti chiedono il passaporto o altro documento valido per l’espatrio ma si rafforza quando a piedi per raggiungere la città devi attraversare l’unica pista di atterraggio della rocca che viene chiusa al traffico pedonale e veicolare solo quando sta per atterrare o decollare un aereoplano; alla faccia della security tanto esagerata quanto necessaria dei normali aeroporti.

La meraviglia del turista è però completa quando la tua guida invece di portarti in cima alla rocca per ammirare il grandioso panorama che consente di vedere la vicina costa magrebina (l’Africa insomma), ti propone una visita turistica alla grotta di S. Michael; il primo pensiero per il grottista di passaggio è: sarà l’ennesima trovata turistica e ci porteranno a visitare la solita caverna votiva in quanto in un territorio così piccolo  ed arrocato in quota cosa vuoi trovare; poi però il pensiero continua e cominci a ragionare che tutto sommato la rocca non è altro che un grande massiccio calcareo sollevato dalla forza della placca africana che si è scontrata con quella euroasiatica e che potrebbe anche riservare delle sorprese. Dopo una ventina di minuti di pulmino su per le ripide stradine della rocca ed attraversando numerose gallerie artificiali scavate nel periodo bellico per ricovero di materiali e uomini, si scende dal mezzo di trasporto e tra gli sguardi stupiti e sonnacchiosi delle scimmie, si entra nella grotta di S. Michael. La cavità ormai fossile, era stata usata nel corso del  periodo bellico anche come infermeria tanto che le pareti e molte concrezioni riportano ancora tracce di vernice bianca segnale di una probabile sanificazione con calce dell’ambiente ipogeo. La grotta è comunque imponente, riccamente concrezionata e presenta dei volumi importanti con gallerie discendenti e cunicoli suggestivi e presenta anche un percorso extra turistico che su prenotazione consente di scendere ad un livello inferiore dove sembra ci sia anche un laghetto sotterraneo. L’unica critica che possiamo fare è il sistema di illuminazione adottato che illumina a tratti la cavità con colori psichedelici viola, rossi, verdi, diffondendo musica da hit-parade del momento che di fatto rendono la cavità più simile ad una discoteca facendole perdere tutto il suo fascino di ambiente magico e prezioso come noi siamo abituati a considerare questi vuoti sotterranei. A  concludere, se passate da quelle parti una visita alla grotta di San. Michael può essere messa in programma e non porta via più di 1-2 orette di tempo tragitto compreso.

Paolo Toffanin

St. Michael’s cave – Gibilterra (Foto P.Toffanin)