Pirano 20.9.1885 – Gorizia 25.4.1978

Carlo Zirnich rappresenta uno dei numerosi casi di studiosi che si sono avvicinati al mondo delle grotte spinti da interessi naturalistici diversi. Poco dopo la nascita, avvenuta a Pirano il 20 settembre 1885, la sua famiglia si trasferisce a Trieste, città ove il giovane Carlo compie gli studi elementari (alle Scuole Popolari) e quelli secondari e superiori (Ginnasio inferiore e superiore), conseguendo alla fine la maturità classica. Dotato di un’intelligenza pronta e brillante, che lo muove a coltivare svariati interessi, a otto anni inizia a suonare il violino ed a quindici ad appassionarsi – spintovi da uno dei suoi insegnanti di ginnasio – di botanica, disciplina cui dedicherà in pratica tutta la vita.
Oltre all’italiano, Zirnich parla correttamente il tedesco nonché l’inglese e lo sloveno, lingua quest’ultima che l’aiuterà non poco nelle ricerche sul Carso e nell’Alta Istria. Si interessa, sulla scia del grande speleobotanico francese J. Maheu, alla geologia dei territori che esplora botanicamente, intuendo il nesso che lega la vegetazione al terreno su cui essa alligna.
Trovato impiego presso la Riunione Adriatica di Sicurtà nel 1914 poco dopo, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, viene richiamato nell’esercito austro-ungarico ed inviato a prestare servizio militare sul fronte serbo. Alla fine del conflitto, ritorna a casa e all’occupazione precedente. In questi anni razionalizza le sue ricerche botaniche cominciando a realizzare un erbario (contenente, alla fine, oltre 30.000 esemplari di piante) che, poco prima della morte, donerà al Comune di Trieste. Ancorché profondo conoscitore della materia – era in grado di determinare i vari taxa che raccoglieva – ed in contatto con tutti i maggiori botanici della sua epoca, non aveva voluto mai dare nulla alle stampe. Il catalogo del suo erbario è stato pubblicato nel 1986, e pertanto postumo, dall’allora direttore del Civico Museo di Storia Naturale di Trieste, Renato Mezzena: son ben 500 le pagine in cui sono elencate le piante raccolte e osservazioni sulle stesse, frutto di oltre sessant’anni di ricerche sul campo.
Gli ultimi anni della sua vita li trascorre a Gorizia, città dove aveva voluto trasferirsi e nella quale, il 25 aprile del 1978, chiude serenamente la sua esistenza.
Il botanico
E’ arduo stabilire quanti chilometri abbia macinato, camminando, Carlo Zirnich in oltre cinquant’anni di ricerche botaniche: percorse infatti in lungo e in largo sia il Carso triestino che quello goriziano, l’Alta e Bassa Istria, le isole del Quarnero, i rilievi collinari e montuosi del Friuli, le Alpi Carniche (sue mete sono stati il monte Verzegnis, Creta di Collinetta, Pal Piccolo) e le Prealpi ed Alpi Giulie (Cuarnan, Chiampon, Plauris, Due Pizzi, Cima dei Cacciatori, Canin), sino alle barene ed alla laguna di Grado. Si può affermare con sicurezza che non ci sia posto, in quello che un tempo era chiamato “Litorale”, che non abbia visitato. Nel corso di parecchi decenni (dal 1920 al 1960), nelle sue minuziose e tenaci peregrinazioni a scopo botanico, raccolse numerosissime specie che identificò, assemblandole con estrema cura nel suo cospicuo erbario. Nelle sue determinazioni si trovò spesso di fronte a delle specie critiche e di dubbia determinazione che, diligentemente, fece pervenire e revisionare dapprima da Carlo de’ Marchesetti e quindi, di norma, da A. Cohors, ma anche da altri fra cui Ronninger e Schack. Nelle sue innumerevoli uscite botaniche visitò diverse tipologie d’ambiente, principalmente del Goriziano (Monte Calvario, San Gabriele, Sabotino, Monte Santo), del Monfalconese (ad esempio prati paludosi del Lisert, laghi di Doberdò e Pietrarossa) e dell’Isontino in generale. Ulteriori raccolte le effettuò nel territorio triestino, soprattutto sul Carso (Monte Spaccato, Gabrovizza, Sgonico) e con varie incursioni nell’Istria (Dignano, Pola, Valle Bandon, Peroi, Gallesano, Medolino, Promontore) e, ancora più a meridione, nella Dalmazia (Spalato, Zara). Gli ultimi anni di vita li dedicò a ispezionare, molto accuratamente, gli ambiti prossimi alla città di Gorizia, in cui s’era trasferito, con assidue puntate nei dintorni della stessa e sui monti Sabotino, San Valentino e Santo, lungo la Valle dell’Isonzo, sull’altipiano della Bainsizza e Chiapovano, alla Selva di Tarnova. E proprio in quest’ultima ritornò spesso, soprattutto a visitare la Grotta Paradana (742 S/585 VG) e, così pure, la non distante “Smrekova Draga”, uno dei più ampi e profondi avvallamenti doliniformi fortemente interessati dal fenomeno dell’inversione termica, in cui individuò varie specie significative. Fra i dati da lui raccolti, preziosissimi nell’ottica d’un confronto con la situazione attuale, è possibile ricordare, per quanto attiene la nostra regione, gli esemplari di Asplenium trichomanes raccolti il 7 agosto 1961 nella Caverna di Santa Fosca a Medea, (506 VG / 36 Fr), quelli di Hedera helix e di Polypodium vulgare rinvenuti nella Grotta del Pettirosso (“Vlasca jama”, 260 VG), di Asplenium ruta-muraria unitamente alla briofita del genere Fissidens, presente peraltro anche nella Grotta di Ternovizza (242 VG), e soprattutto di Ruscus hypoglossum alla “Fovea Maledetta” (“Dovrebi jama”, 822 VG), erroneamente confusa, allora, con la “Berlova jama” (823 VG). Ruscus hipoglossum è una Liliacea il cui areale è centrato sulle coste mediterranee ma che può irradiarsi nelle zone temperate dell’Europa media, come ad esempio, nella regione Friuli Venezia Giulia, nel Friuli Orientale (Valli del Natisone) e nel Goriziano, raggiungendo eccezionalmente il Carso triestino, come nella voragine in oggetto. E’ da rimarcare come Ruscus hypoglossum appaia tuttora ben rigoglioso nella stazione della Fovea Maledetta, già per l’appunto visitata a suo tempo dal botanico. Analogamente, lungo la strada che collega Basovizza a Gropada sul Carso triestino il 13 aprile 1962 Zirnich, ormai prossimo alla veneranda età di ottant’anni, scese nella dolina in cui s’apre l’Abisso di Basovizza (229 VG) ove la sua attenzione fu attratta dalla presenza di Gagea pusilla, una graziosa Liliacea, esclusiva del Carso triestino, che raccolse e inserì nel suo erbario.
Meta preferenziale delle sue peregrinazioni sono stati, sul Carso triestino, i dintorni di Gabrovizza, Prosecco, Rupingrande, Monrupino, ciglione carsico, Sistiana, monte Hermada. Nel territorio triestino, frequentò la zona del Cedas, quindi Barcola, Roiano, monte Valerio e Campo Marzio spostandosi sino alla piana di Zaule e nella Val Rosandra, solco vallivo rupestre che fa da cerniera fra il Carso e l’Istria. Oltre confine, nelle attuali Slovenia e Croazia, i risultati delle ricerche di Zirnich sono ancora più imponenti, a cominciare, nei pressi di Trieste, da Moehringia tommasinii, endemismo locale, da Pistacia terebinthus (con la Baizongia pistaciae) da Lens lenticulata f. lejocarpa e da Urospermum picroides, raccolti fra il 1930 e il 1968 nella Grotta di Ospo/Osapska jama, (1154 S/68 VG), e da Viola mirabilis, individuata nella Draga di Orlek. Non manca, nel suo girovagare botanico, il Monte Taiano (Slavnik) con la raccolta, fra le altre, della splendida Pedicularis friderici augusti.
Spostandoci nella Selva di Tarnova, ha esaminato e censito la vegetazione della “Smrekova Draga”, profonda dolina in cui risulta assai evidente il fenomeno dell’inversione termica: i taxa raccolti costituiscono un classico esempio di uno sviluppo vegetazionale inverso, con le essenze alpine al fondo mentre verso la superficie allignano anche specie mediterranee. Dal 1981, proprio per questi motivi, la Smrekova Draga è stata dichiarata dalle autorità slovene area naturalistica protetta e tutelata. Nella Grande Paradana (Velika Ledena, Jama v Paradana, 742 S/585 VG), ora anch’essa area protetta (Naravni Rezervat Velika Ledena Jama v Paradani), Zirnich evidenziò l’accentuato fenomeno dell’inversione termica con successione, dall’esterno verso l’interno, della cenosi d’abete bianco (Abies alba) e faggio (Fagus sylvatica, associazione Abieti-Fagetum dinaricum), di Picea abies (Piceetum subalpinum-dinaricum), dell’arbusteto a salici nani (Salix appendiculata – Salicetum appendiculataea) ed a cespugli subalpini Rhododendron hirsutum (Rhodothamno-mugetum), cui subentrano le vegetazioni erbacee a Silene pusilla ed a Saxifraga rotundifolia, quindi muschi e deposito di neve con ghiaccio perenne. Nelle varie discese effettuate nell’algida grotta, egli raccolse un grandissimo numero di specie, anche di pregevole interesse botanico, far le quali il raro Galium boreale var. hyssopifolium. Oltre al Tarnovano anche l’altopiano della Bainsizza (Banjšice) è stato méta delle sue indagini floristiche, ampiamente documentate nell’assai esaustivo erbario personale.
Le grotte e la speleobotanica
Lo studio delle felci, delle briofite, (muschi ed epatiche) e dei licheni porta lo Zirnich ad interessarsi anche della vegetazione che si sviluppa agli imbocchi delle grotte in cui, dai dati in nostro possesso, comincia a scendere nel 1920 aggregandosi all’entomologo Giuseppe Müller, del Civico Museo di Storia Naturale di Trieste, nonché a Cesare Prez del Gruppo Grotte della XXX Ottobre. E’ con questi che il 22 agosto 1920 scende nella Foiba sul campo Mirza. Due mesi dopo si cala con una fune, ancora assieme al Müller, nei primi venti metri della “Pipenza” (2712 S/1076 VG), una profonda voragine che s’apre nel goriziano. Nel 1923 è a campionare alla “Skuretova draga” (ambiente che lo vedrà operare ancora dal 1934 al 1950) mentre, tre anni dopo, ancora assieme al Müller ed al Chenda, indaga nelle caverne artificiali della stazione di Prosecco. Il 1926 lo vede partecipare alla spedizione della XXX Ottobre all’Inghiottitoio di Clana (ora in Croazia); il primo maggio dell’anno seguente vi ritornò e, presso lo stesso sito, individuò e raccolse Pedicularis acaulis, entità presente nel fiumano e che rinvenne pure sullo Žabnik. Nel 1930 inizia le ricerche botaniche alla caverna di Ospo (Osapska jama, 1154 S/68 VG), ampia caverna dotata di una variegata vegetazione ed impreziosita, sulle fessurazioni della parete nord-ovest, dalla presenza dell’endemica Moehringia tommasinii. Zirnich vi ritornerà, in seguito, più volte, allo scopo di ricavare un quadro il più completo possibile della vegetazione del grande antro. L’ultima sua visita a questa grotta l’effettuerà nell’agosto 1968, alla rispettabile età di 83 anni. La nuova realtà confinaria e politica in atto nel secondo dopoguerra non ferma le sue peregrinazioni e ricerche botaniche: già nel 1946 scende nella Conca di Orlek, nel 1950 esamina, ancora una volta, la vegetazione delle grotte di ghiaccio nella Selva di Tarnova. Due anni dopo (19.10.1952) visita in Slovenia la “Divja Jama” (811 e 812 S), cavità situata sopra Plave. In questa escursione raccolse, per il suo erbario, varie entità fra le quali Lunaria rediviva, Hieracium predilense (= H. porrifolius x bifidum) e Senecio nemorensis, individuandovi pure la presenza di Ruscus hypoglossum.
Prosegue pure la frequentazione dell’altipiano della Bainsizza e delle alture della Tribussa – Trebuša mentre sul Carso triestino campiona alla Berlova Jama, alla Fovea Maledetta, ed alla Grotta dell’Orso (7 VG), cavità quest’ultima che visita più volte sino al 1968. Alla fine degli anni ’50 riesplora minuziosamente il Carso triestino raccogliendo esemplari nella grotte Kaušca Jama (Riparo Marchesetti – Hausca/Kauška pečina, 413 VG), di Ternovizza (242 VG) e del Pettirosso (260 VG), mentre nel 1961 si sposta nel Goriziano a riesaminare la vegetazione che alligna all’ingresso della Grotta di Medea. (E. P – P. G.)
Ulteriori notizie su Carlo Zirnich – Ziri si possono trovare in:
- Cam, 1928: Le più profonde grotte del mondo sono nel Carso, Il Piccolo della Sera, 13 set. 1928 (Ab. di Montenero:)
- Cohors A., 1953-54: Beitrӓge zur Flora des nordadriatischen Küstenlandes. Feddes Repert., 56 (1): 66-96; (2): 97-143, Weinheim 1954.
- Cohors A., 1963: Beitrӓge zur Flora des nordadriatischen Küstenlandes mit besonderer Berücksichtigung von Friaul, den Julischen und Karnischen Alpen. Feddes Repert., 68 (1):12-80, Weinheim 1963.
- Dizionario Biografico Friulano: Zirnich Carlo, , https://www.friul.net
- Guidi P., Polli E., 2015: Un botanico nell’Isontino: Carlo Zirnich – Ziri, Sopra e sotto il Carso, 4 (11): 16-18, Gorizia nov. 2015 (https://www.sopraesottoilcarso)
- Mezzena R., 1986: L’erbario di Carlo Zirnich (Ziri), Atti del Museo Civ. di St. Nat. di Trieste, 38 (1986): 1-519.
- Pericin C., 1997: Gli uomini che hanno fatto la storia della flora istriana, La Ricerca, a. VII, n. 20: 12-15, Rovigno dic. 1997.
- Polli E., 2014: Il territorio situato a SE di Bristie, Alpinismo Triestino, a. 25, n. 142: 8-9, Trieste mar. 2014.
- Polli E., 1985: Ruscus hypoglossum L. in una Fovea del Carso di Trieste, Atti e Mem. Comm. Grotte ”E. Boegan”, Vol. 24: 53-60, Trieste 1985.
- Poldini L., 1991: Storia dell’esplorazione floristica nel Friuli-Venezia Giulia, In: Atlante delle Piante Vascolari nel Friuli-Venezia Giulia – Inventario Floristico Regionale, Udine, 1991: 13-16.
