Giulio Perotti 1.1.1919 – TRIESTE 9.5.2012
La notte fra l’8 e il 9 maggio ci ha lasciato Giulio Perotti, l’ultimo del gruppetto di grottisti che nel 1936 entrò nella Commissione Grotte dell’Alpina delle Giulie, portandovi l’entusiasmo giovanile e quella linfa vitale che improntò l’attività e lo sviluppo del sodalizio per oltre un cinquantennio. In quell’anno approda all’Alpina delle Giulie (su suggerimento di Antonio Marussi) assieme a Carlo Finocchiaro, Bruno Gabersi/Gabrielli, Saverio Luciano Medeot, Silvio Polidori.
Anche se ben presto alcuni devono allontanarsi dalla città – Polidori va a Padova ove si iscrive alla locale Università, Finocchiaro viene inviato ad insegnare in una scuola dell’Istria, Perotti studia all’Accademia Navale di Livorno – trovano il tempo e il modo per andare in grotta insieme.
Perotti, che nel 1937 è nominato Economo della Commissione, è presente nelle esplorazioni sul Carso (ove, fra l’altro, assiste Finocchiaro e Medeot impegnati negli scavi alla 3224 VG), in Istria ed anche sulle Alpi Giulie ove rileva alcune grotte sul Mangart. Appena tornato a Trieste, dopo aver concluso il tirocinio all’Accademia, scoppia la seconda guerra mondiale e deve recarsi a Taranto dove prende servizio in qualità di ufficiale; passerà cinque anni sul mare, vedendo le navi su cui presta servizio affondate due volte. Alla fine della guerra opera con un gruppo di subacquei (ex incursori della X Mas) che sminavano i porti dell’alto Adriatico per trasferirsi poi a Siracusa ove metterà su un’impresa e famiglia.
L’amore per le grotte lo porta a scendere negli ipogei del siracusano che indaga anche da punto di vista archeologico, cosa che lo porta ad entrare in contatto con il professor Barnabò Brea, Sovrintendente alle Antichità per la Sicilia Orientale. Grazie a lui conosce Santo Tinè con cui nel 1962 esplora e rileva la Grotta Monello, un gioiello sotterraneo che acquisterà per poterla chiudere e quindi salvarla dai danneggiamenti provocati dalle visite di sconsiderati pseudospeleologi.
La sua attività speleologica in Sicilia è però legata ad una grotta che si apre nel monte Kronio presso Sciacca (provincia di Agrigento): le Stufe di san Calogero, complesso termale ipogeo utilizzato sin dall’antichità ma non conosciuto oltre i primi vani comunicanti con l’esterno in quanto la presenza di vapori caldissimi rende molto pericolosa la permanenza. Qui nel 1942 – quando lui era sul mare – il suo amico e sodale Saverio Medeot era riuscito a esplorarne, assieme a Bruno Boegan, un nuovo tratto ed a stilare un primo rilievo; alla fine della guerra il racconto dell’impresa lo incuriosisce a tal punto che decide di andare a metterci il naso. La visita lo strega a tal punto che l’esplorazione e lo studio del fenomeno carsico termale che interessa il monte Kronio, l’altura calcarea che cinge a settentrione il comune di Sciacca, diviene per lui un problema che lo accompagnerà per tutta la vita. Nel gennaio 1957 organizza con la Commissione Grotte una spedizione che avrà il compito di superare e completare l’esplorazione non portata a termine durante la guerra da Medeot; l’impresa, oltremodo rischiosa, è compiuta da sette uomini ed ha pieno successo portando alla scoperta di ampie gallerie e al ritrovamento nelle stesse di testimonianze preistoriche: grandi vasi e alcune deposizioni funerarie. Ciò fa sì che questa spedizione sarà seguita da moltissime altre che verranno da lui pianificate nei decenni successivi. Infatti la squadra della Commissione Grotte da lui guidata vi ritornerà:
- nel 1958, con dodici partecipanti, impiegando per la prima volta delle tute raffreddate da aria pompata dall’esterno attraverso un complesso sistema di tubature flessibili; vengono effettuate un’ampia documentazione fotografica dei reperti preistorici ed il primo rilievo speleologico;
- nel 1962, con nove partecipanti che conducono un mese di approfondite ricerche archeologiche (Antro di Fazzello). Vengono usate tute refrigerate di nuova concezione, più leggere, che consentono una maggiore autonomia;
- nel 1974, con una spedizione in cui nove uomini si dedicano quasi interamente alla sistemazione di una scala di ferro fissa sul pozzo: ora le gallerie con i depositi archeologici potranno essere raggiunte e visitate anche da non speleologi;
- nel 1978, con una minispedizione – cinque uomini – che prosegue l’esplorazione iniziata nel ’74 alla Cucchiara ove viene scoperto il Pozzo Trieste;
- nel 1979, con nove speleo aventi il compito di esplorare il Pozzo Trieste, che viene sceso ma (a causa di un contrattempo) non rilevato;
- nel 1984, quando sei persone proseguono le esplorazioni alle Stufe, alla Cucchiara e alla Grotta di Gallo;
- nel 1986, allorché dodici uomini operano alle Stufe con telecamere per conto della Soprintendenza ed esplorano nuovi rami alla Cucchiara;
- nel 1991, con sette uomini che eseguono il rilevamento tacheometrico esterno (collegamento Stufe-Cucchiara) ed interno (Grotta Cucchiara);
- ed infine nel 1998 quando undici speleo portano a termine l’esplorazione ed il rilievo del Pozzo Trieste; sono scoperte e rilevate parecchie altre cavità nella zona.
Grazie alla sua capacità organizzativa, scandita lungo i cinquant’anni di esplorazioni che hanno visto alternarsi varie generazioni di speleologi della Commissione Grotte, ora del fenomeno carsico e termale del Kronio si conoscono chilometri di gallerie (per lo più interessate dai vapori caldi) di cui alcune sede di depositi archeologici di notevole importanza. Nel 1987, per la sua opera a favore dell’illustrazione e conoscenza delle grotte del Kronio, il Comune di Sciacca gli ha conferito la cittadinanza onoraria. Il suo nome è ora scritto – assieme a quello di Giorgio Coloni, suo collaboratore per cinquant’anni – nel Libro Verde (un codice cartaceo che dal 1382 raccoglie i documenti e le notizie sui fatti maggiori della città di Sciacca), un onore riservato a pochi.
Anche se al Monte Kronio è legata la sua maggiore attività e il suo maggior interesse, Perotti trova il modo di organizzare nel 1968 una spedizione speleo-archeologica alla Grotta Scaloria in Puglia (rilievo, prima indagine sui depositi preistorici, documentazione filmata), ed un’altra, vent’anni dopo, alla Grotta dell’Angelo di Cassano allo Jonio (esecuzione di un rilievo di precisione ed individuazione dell’ingresso originario della cavità, in vista di un futuro adattamento turistico).
Forte degli studi di ingegneria condotti ai tempi dell’Accademia Perotti ha voluto collegare alla parte esplorativa anche quella scientifica: sino dalla spedizione del 1958 – la seconda da lui organizzata, la terza in senso assoluto della Commissione – notevole attenzione viene data all’assunzione di dati meteoclimatici sia interni che esterni quali temperatura, umidità, pressione barometrica. La grande quantità di dati raccolti gli permette di inquadrare meglio il fenomeno avanzando delle prime ipotesi di studio sui movimenti dell’aria.
All’illustrazione delle grotte del Kronio ed allo studio del fenomeno termale che vi si è instaurato ha dedicato tutta la vita con conferenze, pubblicazioni, progetti e studi; dal 1957 al 2011 sono quasi cinquanta gli scritti cui ha affidato idee, proposte, intuizioni: un patrimonio di conoscenza di cui potranno far tesoro gli speleologi che in futuro affronteranno le grotte termali di Sciacca.
Pino Guidi
LA VITA E LE OPERE
Nel 2012 la Commissione ha perso uno dei suoi soci più affezionati, l’ultimo della generazione dell’anteguerra. Era entrato, su suggerimento di Antonio Marussi, nella Commissione Grotte dell’Alpina delle Giulie nel 1936, portandovi, assieme a Carlo Finocchiaro, Bruno Gabersi/Gabrielli, Saverio Luciano Medeot, Silvio Polidori, l’entusiasmo giovanile e quella linfa vitale di cui la Commissione di allora aveva urgente bisogno. Nel 1937, nominato Economo della Commissione, è stato presente nelle esplorazioni sul Carso (ove, fra l’altro, assistette Finocchiaro e Medeot impegnati negli scavi alla 3224 VG), in Istria ed anche sulle Alpi Giulie ove rilevò alcune grotte sul Mangart. Mentre Finocchiaro era andato a fare il maestro in Istria e Polidori a studiare geologia a Padova Perotti si traferisce a Livorno ove frequenta l’Accademia Navale. Appena completati gli studi all’Accademia scoppiò la seconda guerra mondiale e quindi si trovò imbarcato in qualità di ufficiale: passerà cinque anni sul mare, vedendo le navi su cui prestava servizio affondate due volte. Alla fine della guerra dapprima presterà servizio con un gruppo di subacquei (ex incursori della X Mas) che sminavano i porti dell’alto Adriatico per trasferirsi poi a Siracusa ove metterà su un’impresa e famiglia.
Speleologo fin nel midollo indagò, anche dal punto di vista archeologico, gli ipogei del siracusano, entrando poi in contatto con il professor Barnabò Brea, sovrintendente per la Sicilia Orientale. Grazie a lui conobbe Santo Tinè, con cui esplorò e rilevò la Grotta Monello, un gioiello sotterraneo che acquisterà per poterla chiudere e quindi salvarla dai danneggiamenti provocati da visite di sconsiderati pseudospeleologi.
Ma la sua attività speleologica in Sicilia è legata soprattutto alle Stufe di san Calogero, complesso termale ipogeo utilizzato sin dall’antichità ma non conosciuto oltre i primi vani più superficiali, in quanto la presenza di vapori caldissimi rendeva molto pericolosa la permanenza.
Esplorata parzialmente nel 1942 – nel pieno della seconda guerra mondiale – da Boegan e Medeot, venne da quest’ultimo indotto da farci una capatina.
La visita che ne fece lo stregò a tal punto che l’esplorazione e lo studio del fenomeno carsico termale che interessava il monte Kronio, l’altura calcarea che cinge a settentrione il comune di Sciacca, divenne per lui un amore che lo accompagnerà per tutta la vita. Nel gennaio 1957 organizzò con la Commissione Grotte una spedizione che avrà il compito di superare e completare l’esplorazione non portata a termine durante la guerra da Medeot; l’impresa condotta da sette uomini, oltremodo rischiosa, ebbe pieno successo portando alla scoperta di ampie gallerie e al ritrovamento nelle stesse di depositi preistorici: grandi vasi e alcune deposizioni funerarie. Ciò fece sì che a questa spedizione ne seguirono moltissime altre, che verranno da lui pianificate nei decenni successivi. Infatti la squadra della Commissione Grotte da lui guidata vi ritornerà nel 1958, con dodici partecipanti, nel 1962, con nove partecipanti che condurranno un mese di approfondite ricerche archeologiche, nel 1974, con nove partecipanti, in una spedizione dedicata quasi interamente alla sistemazione di una scala di ferro fissa sul pozzo, nel 1978, con una minispedizione di cinque uomini, che proseguono l’esplorazione iniziata nel ’74 alla Cucchiara, scoprendo il Pozzo Trieste, nel 1979, con nove uomini impiegati ad esplorare il Pozzo Trieste, che viene sceso ma non rilevato. Poi ancora nel 1984, nel 1986, nel 1991e infine nel 1998 quando undici speleo portano a termine l’esplorazione del Pozzo Trieste e rilevano parecchie altre cavità nella zona.
Grazie alla sua capacità organizzativa ora del fenomeno carsico e termale del Kronio si conoscono chilometri di gallerie (per lo più interessate dai vapori caldi), di cui alcune sede di depositi archeologici di notevole importanza.
Forte degli studi di ingegneria condotti all’Accademia Perotti ha sempre voluto collegare alla parte esplorativa anche quella scientifica dedicando molta attenzione all’assunzione di dati meteoclimatici sia interni che esterni quali temperatura, umidità, pressione barometrica. All’illustrazione delle grotte del Kronio ed allo studio del fenomeno termale che vi si è instaurato ha dedicato tutta la vita con conferenze, scritti e studi: sono quasi cinquanta le pubblicazioni cui ha affidato idee, proposte, intuizioni: un patrimonio di conoscenza di cui potranno far tesoro gli speleologi che in futuro affronteranno le grotte termali di Sciacca. Per la sua opera a favore dell’esplorazione e conoscenza delle grotte del Kronio, il Comune di Sciacca gli ha conferito la cittadinanza onoraria.
Pino Guidi
UNA VITA DEDICATA AL KRONIO
Una sera d’inverno, di quelle violente di bora, quando anche le finestre più robuste o moderne si flettono paurosamente, conobbi per la prima volta Giulio.
Erano gli inizi degli anni ‘70 e lavoravo al catasto regionale delle grotte, moderno archivio degli ipogei carsici della nostra area inventato ideato e strutturato dal nostro gruppo con mirabile intuito ed intelligenza, già alla fine del XIX secolo. Assieme alla mia collega Adriana una donna di superbo fascino, stavo assemblando dei frammenti cartacei di rilievi di una cavità. S’era sparsa la voce che con il disegno ero bravo, allora studiavo all’Istituto Statale d’Arte E. e U. Nordio di Trieste e mai avrei pensato alle implicazioni che avrebbero avuto nel futuro i miei intrecci di relazioni, le mie conoscenze e le mie amicizie. Queste si stavano rapidamente innervando con il mio futuro di speleologo e di uomo maturo.
Il pomeriggio sembrava notte e nell’ufficio faceva leggermente freddo, quando arrivò Giulio, un uomo grande, alto robusto, con dei bei capelli neri, lisci, una faccia a me sconosciuta, autoritaria, che avrei imparato a conoscere, ad apprezzare, e più in là anche a contestare.
Nel ‘74 l’atmosfera era grigia, l’Italia era grigia, e lui con quella sua giacca di pelle nera da rapinatore solitario vi ci stava proprio incorniciato. Aveva nel suo modo di fare qualcosa di greve e di sapientemente ironico, insomma un vero personaggio di quelli speciali e forti. Per noi giovanissimi figli del popolo e delle periferie, miti e volenterosi, desiderosi di evasioni dai cortili asfaltati, e smaniosi di grotte foriere di libertà, era un mito, irraggiungibile.
In quell’occasione spiattellò sul grande e lucido tavolo una quantità di carta, erano i rilievi topografici e la restituzione grafica delle Stufe di San Calogero, in quell’anno una squadra della CGEB aveva sfondato alla Cucchiara, ribaltando completamente la percezione delle” Stufe” da un problema principalmente archeologico ad uno ancora più interessante: lo scoprire la natura e la provenienza dei vapori caldi del Kronio e la loro individuazione all’interno del “Sistema del Kronio”. C’era del lavoro da fare e trovò me, e mi pagò anche, una cosa splendida, mai successa, soldi per disegnare grotte, una vera favola, mi si profilava un futuro strepitoso.
Ci volle comunque ancora una decade da lì in avanti, che mi rodassi bene nelle viscere del Canin prima di poter far parte dell’élite, della crema degli speleologi CGEB alle Stufe di San Calogero; avrei mangiato ancora chilometri di meandri “impestati” prima di poter annusare, assaporare, per la prima volta l’aria calda e infernale del Kronio.
In quegli anni Giulio era sempre coinvolto nei vari progetti che si stavano delineando tra la Sicilia e la Calabria, con diversi iniziative concretizzate assieme a Santo Tinè, una delle figure di spicco dell’archeologia nazionale di quegli anni, suo grande amico, e che ebbi la fortuna di conoscere.
Nel ‘86 finalmente mi accettò nella squadra partecipando ad una bellissima ed importante spedizione alle “Stufe”; vi girammo un video che ci era stato commissionato dalla Dott.ssa Fiorentino della Soprintendenza di Agrigento. Fu l’occasione buona per conoscere il Comandante fuori dalla nostra provincia, ed ammirare i suoi virtuosismi politici, il suo sapersi relazionare e molte volte imporre con gli amministratori e gli altolocati personaggi del posto.
Il suo soprannome, “Comandante” (quasi tutti gli speleo ne hanno uno), gli derivò naturalmente e direttamente dagli onori di guerra in quanto in veste di ufficiale della Regia Marina Militare fu più volte affondato rischiando la vita nelle tragiche battaglie di mare. In particolare con gli inglesi nel Mediterraneo subì due affondamenti: nel porto di Palermo e nel golfo libico. È con i brividi che penso alla sua descrizione delle lamiere incandescenti e fumanti della nave ricadere dopo molti secondi sopra il ponte distrutto con pezzi di corpi umani sparsi tra le rovine del vascello.
Ma con noi giovani di questi tragici e tristi ricordi raramente parlava, si notava che per lui erano episodi che avevano sconvolto la sua vita, episodi in cui aveva perso gran parte dei marinai imbarcati. Più volentieri ci raccontava episodi esilaranti dell’esperienza giovanile all’accademia di Livorno, dove studiò alla vecchia maniera, oppure sul gran freddo e la recessione economica del ‘29, quando si gelò il mare antistante il porto di Trieste, e di come scolaro, nonostante il gran freddo usava uscire in calzoni corti.
Di tutto quel periodo con Lui mi piace ricordare la mia iniziazione ad una speleologia non fatta solo di sacchi pesanti, strettoie micidiali, e pozzi infiniti, sudore, freddo e fatica. Ma di pensare la speleologia anche in rapporto agli altri, alla comunità – in questo caso quella siciliana; questa lezione avuta da Giulio inciderà nel mio “modus operandi” di adesso.
Lui aveva atteggiamenti molto severi, e per Sciacca aveva una specie di ossessione. Una mania, una smania di conoscere che si percepiva spinta dalle incognite che ancora gravavano sulla comprensione del fenomeno endogeno, contestualmente a quello archeologico ed in quanto reale un “unicum” mondiale. Si capiva, trapelava, che era cosciente della grandezza della sua scoperta alle “Stufe”. Allo stato attuale non mi risultano esistere siti in grotta con le medesime o simili caratteristiche di conservazione dei reperti e legate ad un flusso vaporoso. Lui ne era stato completamente ammaliato, la grotta lo aveva in qualche maniera reso schiavo, lo chiamava ripetutamente al suo cospetto. Memorabili, per la descrizione dell’ambiente e delle prime esplorazioni da lui dirette, sono gli articoli usciti dal 1958 in poi su riviste nazionali tra cui uno su “Il tempo” a firma di Igor Mann ed uno su “Storia Illustrata” firmato da Enzo Busulini.
Per Giulio, la musica migliore, erano le parole spese su Sciacca e le sue grotte, rilassati nel suo “salotto buono” di Piazza della Borsa a Trieste. Con un bicchierino di grappa fatta in casa, quasi imbevibile per la gradazione alcolica altissima, con Roberto o Ciano, e magari Bosco Natale Bone e Spartaco, eravamo tutti là, a discutere sulle varie possibilità di risolvere le questioni esplorative, a concretizzare qualche miglioria tecnica ed operativa per l’esplorazione degli ambienti caldi, o come relazionarsi con gli amministratori locali ed i funzionari della Soprintendenza. Era un continuo dialogare di questo, o di quello, di trovare le vie d’uscite ai problemi e di risolvere i rapporti con gli studiosi e ricercatori. Egli scrisse tantissimo sull’argomento, sempre attento a trovare nuove chiavi di lettura, anche se forse negli ultimi anni cominciava a palesarsi che ci eravamo infilati in un vicolo cieco, e per uscirne bisognava implementare la raccolta dati, con uno studio organico e multidisciplinare del fenomeno e del sito.
Di quegli anni di spedizioni, incontri e viaggi al sud in sua compagnia mi piace ricordare la spedizione al Pozzo Trieste della Cucchiara del ’97; si andava a ritentare il grande pozzo dove diciannove anni prima Mario Gherbaz ci lascò quasi le penne, Giulio ormai anziano ci seguiva dall’esterno attraverso un ponte radio, sempre in compagnia del suo fedele ed inseparabile amico Giorgio Coloni detto “Klun”: all’epoca erano già ultra settantenni.
Per l’epoca fu una spedizione all’avanguardia che costò un sacco di soldi, Giulio però era bravissimo e sempre trovava le formule per il finanziamento anche se in verità fin dal ‘58 spesso anticipava di tasca propria il denaro necessario a portare avanti il lavoro in quegli ambienti estremi, soldi che non sempre gli venivano poi rimborsati. Sicuramente senza il suo entusiasmo, dettato da un fascino ammaliante dei luoghi e di quegli ambienti unici, non saremmo giunti alla seconda fase delle esplorazioni, ed a quelle attuali che si svolgono in piena cooperazione e spirito di amicizia con il Team la Venta.
La grotta era diventata qualcosa di lui, lui si era identificato in lei… lo si capiva, ma diceva anche che era il principale ingrediente che lo teneva sveglio, lucido e chiaro fino alla fine.
A Giulio piaceva anche ricordare le avventure giovanili, e le esperienze speleologiche nei primi anni ‘30. Come ad esempio alla Grotta di San Canziano, dove calarono, con Carlo Finocchiaro una lanterna in fondo al Lago Morto, costituita da una capsula di vetro chiusa ermeticamente, e di come si divertirono a vedere quella precaria luce scomparire nelle torbide acque timaviche per poi scomparire definitivamente per esaurimento dell’ossigeno all’interno del contenitore o per collassamento del medesimo. Ed altre storielle analoghe sulle esplorazione in Istria di quegli anni, condite da scherzi e giochi, che a noi, abitatori del mondo contemporaneo potrebbero sembrare infantili o sciocchi. Ma erano altri tempi. In fondo Giulio è stato il collegamento, l’anello che ci allaccia alla nostra storia, alle nostre origini, alla speleologia ottocentesca dei suoi padri per poi accompagnarci lungo tutti i gradini successivi che ci proiettano nella contemporaneità e già nel futuro.
Gli ultimi ricordi legati a Giulio mi riportano al congresso del 2011, ove nonostante la salute cagionevole volle essere un pomeriggio presente per conoscere la funzionaria del Ministero per i Beni Archeologici della Regione Sicilia che al congresso relazionava sul Kronio. Più recentemente oltre a qualche visita di cortesia, constatai la sua buona forma nel febbraio 2012, accolse la visita delle archeologhe Eugenia Isetti e Donatella Pian dell’Istituto Italiano di Archeologia Sperimentale di Genova a caccia di documenti e notizie dal suo archivio personale riguardanti la grotta Scaloria nelle Puglie ed esplorata negli anni ‘50 da una squadra del nostro gruppo, naturalmente da lui diretta.
E così ti saluto, caro Giulio sei stato uno dei miei padri ed iniziatori, assieme al “Maestro” Carlo Finocchiaro, e per l’età il più “caratteriale” e simpatico.
Grazie Giulio, per avermi portato i rilievi delle “Stufe”, grazie per avermi portato con te a Sciacca nel 1974 e nelle successive spedizioni, grazie per aver regalato un’orchidea a mia figlia Ester, appena nata, ed hai scherzato scrivendo nel bigliettino: il tuo primo fidanzatino, grazie per le serate nel tuo salotto. Grazie per il tuo entusiasmo fino alla fine e per i viaggi al tuo fianco, grazie per avermi regalato il tuo Duemila Grotte completo della cartografia, grazie per tutte le opportunità, grazie anche se, qualche volta mi hai fatto molto arrabbiare.
* * *
Ad inizio maggio mi trovai all’ultimo incontro, stavo accanto al letto dei quel piano altissimo dell’ospedale; dalla grande finestra una vista mozzafiato sulla Val Rosandra, presi un fazzoletto e gli pulii delicatamente il viso, è stato come sfiorare un bambino… ciao Giulio.
Louis Torelli
Bibliografia
1957 – Avventure speleologiche, Realtà Nuova, Riv. del Rotary Club d’Italia, 5: 1-8 estr., Milano
1962 – Esplorazione e scavo archeologico nelle stufe di San Calogero di Sciacca (14 febbraio – 8 marzo 1962), in “Relazione sull’esplorazione e scavo archeologico nelle Stufe di S. Calogero di Sciacca”, Comm. Grotte E. Boegan, Trieste 1962: 1-19
1962 – Diario della spedizione, in “Relazione sull’esplorazione e scavo archeologico nelle Stufe di S. Calogero di Sciacca”, Comm. Grotte E. Boegan, Trieste 1962: 27-29
1962 – Progetto per una definitiva esplorazione e valorizzazione delle stufe di S. Calogero – Sciacca, Dattiloscritto inedito, Archivio Terme di Sciacca, Siracusa 1962, 10 pp.
1962 – Relazione sommaria sui lavori effettuati dal 14 febbraio all’8 marzo 1962 nelle stufe di S. Calogero – Sciacca, Dattiloscritto inedito, Archivio Terme di Sciacca, Siracusa 1962, 5 pp.
1974 – Relazione sommaria sulla spedizione speleologica nelle stufe di S. Calogero, 25/10 – 25/11/74, Dattiloscritto inedito, Archivio Terme di Sciacca, Siracusa 1974, 3 pp.
1974 – Relazione sulla V spedizione speleologica nelle Stufe di San Calogero sul Monte Kronio, Comm. Grotte E- Boegan, Trieste 1974, 83 pp.
1978 – Relazione sulla esplorazione del complesso aspirante del monte Kronio, Dattiloscritto inedito, Archivio Terme di Sciacca, Siracusa 1978, 4 pp.
1980 [con Guidi P. e Marini D.] – Le grotte vaporose del monte Cronio. Quarant’anni di ricerche a Sciacca, Atti e Memorie della Comm. Grotte E. Boegan, 19 (1979): 19-57, Trieste 1980
1982 – I fenomeni carsici e vaporosi del Monte Kronio di Sciacca, in “Relazione sul carsismo ed il fenomeno speleotermale del Monte Kronio di Sciacca”, ed. Società Alpina delle Giulie, Trieste 1982, 36 pp.
1983 – Nelle Puglie, Progressionecento, Trieste 1983: 74-75
1983 – Quarant’anni di ricerche nella Trinacria, Progressionecento, Trieste 1983: 80-82
1983 – Acqua, neve e carburo, Progressionecento, Trieste 1983: 92-93
1985 – Carletto scusami, Progressione 14, 8 (2): 49, Trieste 1985
1986 – Stufe di S. Calogero. Impianto per il rilevamento delle variazioni del flusso vaporoso in relazione all’andamento della situazione esterna, Dattiloscritto inedito, Archivio Terme di Sciacca, Trieste 4.8.1986, 4 pp.
1986 – Relazione tecnico-scientifica e proposta di massima per una valorizzazione archeologico-termale del complesso delle stufe di S. Calogero sul Monte Kronio – Sciacca, Dattiloscritto inedito, Archivio Terme di Sciacca, Trieste 1986, 25 pp.
1987 – Esperienze e osservazioni sul flusso vaporoso, Dattiloscritto inedito, Archivio Terme di Sciacca, Trieste 1987, 2 pp.
1990 – Le Grotte di San Calogero, in “Sciacca, Città Degna”, 4: 277-291, ed. Rotary Club di Sciacca, lug. 1990
1991 – Avventure speleologiche, in “Sciacca, I campanili di Sicilia”, ed. Sanfilippo, Catania 1991: 147-150
1991 – Osservazioni sui dati rilevati al Pozzo Trieste – ottobre 1991, Dattiloscritto inedito, Archivio Terme di Sciacca, Trieste 24 nov. 1991, 3 pp.
1991 – Speleologia, In “Terme Selinuntine”, ed. Azienda Autonoma Terme di Sciacca, Tip. Mortillaro, Palermo s.d. (ma 1991): 1-34
1993 [con Forlani E.] – Progetto esecutivo per un sistema di monitoraggio del fenomeno vaporoso sul monte Cronio di Sciacca (AG). Relazione generale e geomorfologica, Dattiloscritto inedito, Archivio Terme di Sciacca, Studio di Geologia Applicata e Ingegneria, Morciano di Romagna (FO) 1993, 46 pp.
1994 – Kronio: le Stufe di San Calogero e il loro flusso vaporoso, Atti del 2° Conv. Regionale Siciliano di Spel., in Boll. Acc. Gioenia di Sc. Nat., 27, 348: 435-475, Catania 1994
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1998 – A proposito di rabdomanti, Progressione 38, 21 (1): 39-40, Trieste giu. 1998
1999 – Addio Ciano, Progressione 41, 22 (2): 69, Trieste dic. 1999
2000 – Il flusso vaporoso, Speleologia, XXI, 42: 27, Città di Castello, nov. 2000
2000 – Klun, Progressione 42, 23 (1): 63-64, Trieste dic. 1999
2000 – Il fenomeno termale del Monte Kronio. Conclusioni pensando al futuro, Speleologia XXII, 43: 73-74, Bologna dic. 2000
2001 – Così è iniziata con “Carletto”, Progressione 44, 24 (1): 56-60, Trieste giu. 2001
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2003 – Quando era semplicemente “Carletto”, Progressione 49, 26 (2): 90-92, Trieste dic. 2003
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2003 (con PRELLI Roberto) – Stufe di S. Calogero, Possibili sistemi per la valorizzazione del patrimonio archeologico esistente nelle gallerie inferiori. Progressione 48, 26 (1): 33- 36, Trieste giu. 2003
2004 – San Canziano nostro grande amore, Progressione 50, 27 (1): 114-115, Trieste giu. 2004
2005 – Speleologia e preistoria, La Rivista del Club Alpino Italiano, 126: 6-71, 8 Tav., Milano nov.-dic. 2005
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2008 – C.G.E.B.: speleologia o grottismo?, Progressione 55, 31 (1-2): 7-9, Trieste gen.-dic. 2008
2008 – Stufe di san Calogero: considerazioni circa le variazioni del flusso caldo dalle epoche preistoriche ad oggi, Progressione 55, 31 (1-2): 110-113, Trieste gen.-dic. 2008
2008 – All’inseguimento di un sogno, A cura dell’A., Trieste 2008, pp. 88
2009 – Un sistema per operare in ambienti caldo-umidi, Progressione 56, 32 (1-2): 139-141, Trieste gen.-dic. 2009
2009 – Nirvana, Progressione 56, 32 (1-2): 173, Trieste gen.-dic. 2009
2009 – Ricordo di Igor Man, Progressione 56, 32 (1-2): 206, Trieste gen.-dic. 2009
2010 – Kronio, una scala infernale. Progressione 57, 32 (recte 33) (1-2): 43, Trieste gen.-dic. 2010
2010 – Tinè ed io: due vite incrociate (ed anche con la CGEB). Progressione 57, 32 (recte 33) (1-2): 178-181, Trieste gen.-dic. 2010
2010 – Circa la storia moderna delle Stufe. Corriere di Sciacca, ott. 2010: 26
2010 – Stufe di S. Calogero. Le deposizioni. Quanti perché ancora, Progressione 57, 32 (recte 33) (1-2): 120-122, Trieste gen.-dic. 2010
2011 – Spero che un giorno qualcuno raccolga questi lamenti di un vecchio bizzoso. Corriere di Sciacca, mar.-apr. 2011: 22