Sergio Andreolotti

SERGIO ANDREOLOTTI – (Bologna 11.11.1935 – Trieste 1993)

 Testo di Dario Marini pubblicato su Progressione 29: 78-79, Trieste 1993
E’ stato socio della Commissione Grotte dal 1963 al 1981
Riscattato dalla degradante coabitazione con i colombi e gli attrezzi esplorativi nella soffitta di via Milano, Checo Stradi ebbe finalmente a su disposizione addirittura due stanzette nella sede di Piazza Unità, presto trasformate in un efficiente laboratorio di catalogazione e restauro, dove veniva trattato il materiale proveniente in gran parte dalla Grotta dei Ciclami, allora nella fase più fruttuosa.
Una sera del 1961, entrando nella camera stipata di cassette e di vasi in ricostruzione, vidi un biondino chino sull’acquaio che stava lavando il fango da certe ossa appena raccolte. Era Sergio Andreolotti, un appassionato di preistoria venuto all’Alpina per trovare qualcuno animato dallo stesso interesse ed accolto proprio dalla persona più giusta che si potesse trovare allora a Trieste.
L’incontro fu uno di quelli che cambiano il corso della vita e Sergio divenne subito l’ideale complemento di Stradi, ineguagliabile dentro la trincea e nella manipolazione dei reperti quanto restio a mettere sulla carta i risultati del suo lavoro, ritenendo di non possedere cultura sufficiente per tradurre in un testo al disopra di ogni critica quello che era perfettamente delineato nella sua mente. Fino a quel momento Checo aveva potuto contare solo su manodopera saltuaria e non qualificata, ma il nuovo arrivato diede agli schivi scavatori consapevolezza nelle loro capacità e fiducia in un avvenire operoso, al punto che parve lecito aspirare ad essere un gruppo interno alla Commissione Grotte, con il nome di quel Raffaello Battaglia che ne era stato il socio di maggior prestigio. Su questa nostra realtà, che per oltre un decennio ha costituito un autorevole riferimento nell’ambito della preistoria giuliana, posso parlare a buon diritto, essendone stato un assiduo manovale e soprattutto il primo “procuratore” di grotte da scavare. Purtroppo le mie segnalazioni che portarono alla scoperta del Mitreo e degli inumati di Nivize furono la causa indiretta delle fine del Gruppo, la cui attività, troppo ricca di risultati oggetto di pubblicazione, non poteva essere tollerata da chi istituzionalmente era preposto e stipendiato per fare le stesse cose. Su Progressionecento ho fatto una breve storia del Gruppo “R. Battaglia”, del quale Stradi è stato l’anima e Andreolotti l’elemento di maggior spessore scientifico che ha curato la preparazione di tutti i lavori dati alle stampe. Soggetto riflessivo, dotato di notevole intelligenza e capacità analitiche, egli moderava l’impulsività del maestro, il quale aveva una grandiosa esperienza di scavo ma una visione meno vasta del complesso affresco preistorico. La loro è stata una coppia di ricercatori nella quale si sono contemplate al meglio personalità affatto diverse, un sodalizio improntato alla stima reciproca ed alla identità di traguardi, nel quale non vi era posto per le rivalità e le cattiverie che inquinano il mondo degli archeologi di professione.
Dopo il divieto di scavare il Gruppo non aveva più scopo di esistere e Stradi, pur di continuare l’attività che era l’essenza della sua vita, passò ad una società più ossequiente e quindi libera di operare sotto certi vincoli, nella quale però venne relegato al ruolo di subalterno che doveva fingersi ignorante per non far sfigurare il capo, uno studioso da tavolino che non amava sporcarsi le mani. Fu una scelta infelice, foriera di compromessi ed umiliazioni che incisero sulla saluto del povero Chichin Bòsega, fino a fermare quel cuore che era la parte più nobile di un uomo straordinario, al quale noi discepoli abbiamo voluto dedicare la Grotta sepolcrale sulla via del Castello dei Pagani, Sergio Andreolotti risentì molto il distacco e continuò a svolgere ugualmente qualche ricerca di minor impegno, riuscendo comunque a dare uno schiaffo morale ai burbanzosi e blasonati specialisti che non si avvidero del Paleolitico alla Cotarjova. La forza del suo carattere si rivelò in pieno nell’episodio della frana al pozzo – ossario dell’Abisso Cesca, quando il pietrame gli rovinò addosso mentre strisciava in un cunicolo, una situazione da incubo nella quale mantenne una calma che pochi di noi vecchi grottisti avrebbe avuto. Il suo ultimo lavoro lo fece sul Mesolitico della Grotta Benussi (1972), poi non venne più in sede, ma lo si incontrava a volte sul Carso in luoghi fuori mano, un viandante dall’occhio sempre attento, di nuovo solitario com’era la sua vera natura.
Ora ho saputo che da parecchi anni si interessava di fossili, un ignorato precursori che andava sulle tracce dei dinosauri istriani quando nessuno ne sospettava l’esistenza. Secondo la metodica che gli era propria, egli ha raccolto una documentazione completa sulle sue ricerche, pur non avendo prospettive di pubblicarla. Sarà il caso di esaminare questo materiale, utilizzando il quale vi è l’opportunità di dare un ultimo riconoscimento ad un elemento che ha incrementato la produzione scientifica della Commissione Grotte, invero non molto abbondante.
La morte di Sergio, imputabile al sistema terapeutico detto malasanità, mi ha portato ancora una volta a rievocare con nostalgia l’epoca felice quando vi erano qui figure ricche di umanità e sapienza, la cui frequentazione è stata altamente formativa per un ragazzo desideroso di apprendere.
Esisteva a quel tempo una naturale gerarchia, in base alla quale chi eccelleva in dottrina od esperienza godeva di rispetto ed autorevolezza, mentre i mediocri dovevano accontentarsi di spazi marginali. Cresciuto in un mondo ordinato, quello attuale non mi piace, avendo perduto anche l’occupazione a causa della recessione intellettuale. Ad un certo momento bisognava decidere se cercare una improbabile riqualificazione in uno dei mestieri che vanno per la maggiore (minatore, scalpellino, acrobata, fumista ecc.) o tirarsi dignitosamente da parte come Sergio Andreolotti vent’anni fa.
La scelta è già stata fatta.

Bibliografia speleologica

1962 (con Stradi F.): Giacimento con industria di tipo paleolitico superiore rinvenuto sopra Sant’Angelo a Fasanella in località San Pellegrino, provincia di Salerno, Atti e Mem. Comm. Grotte “E. Boegan”, 2:
1962 (con Stradi F.): Grande scultura rupestre e insediamento della età dei Metalli sulla vetta di Costa Palomba (Monte Alburno), Atti e Mem. Comm. Grotte “E. Boegan”, 2:
1963 (con Stradi F.): L’industria mesolitica della cavernetta della Trincea in Val Rosandra, Atti e Mem. Comm. Grotte “E. Boegan”, 3: 71-85
1963 (con Stradi F.): Resti umani dell’età del Bronzo rinvenuti nel cumulo detritico della Grotta Gigante, Atti e Mem. Comm. Grotte “E. Boegan”, 3: 87-93
1964 (con Stradi F.): Nuovi castellieri e stazioni dell’età dei metalli nel territorio triestino, Atti e Mem. Comm. Grotte “E. Boegan”, 4: 107-121
1964 (con Stradi F.): Secondo rinvenimento in superficie di industrie del paleolitico superiore e medio sul Monte Alburno (Salerno), Atti della IX Riunione Scientifica dell’Ist. It. di Preist. e Protostoria, Firenze feb. 1964: 291-301
1965 (con Stradi F., Duda S., Faraone E., Gombassi G., Osenda A.): Relazione sul rinvenimento dei resti di un mitreo durante la disostruzione della cavità 4204 presso le risorgive del Timavo, Atti e Mem. Comm. Grotte “E. Boegan”, 5: 19-27
1966 (con Stradi F.): Stazioni all’aperto della civiltà appenninica e subappenninica nella zona meridionale del Monte Alburno (Salerno), Atti e Mem. Comm. Grotte “E. Boegan”, 6: 161-172
1967 (con Stradi F., Benussi B., Melato M.): Resti di fauna del Pleistocene medio, tra cui ippopotamo e rinoceronte, in una breccia ossifera presso Slivia, Atti e Mem. Comm. Grotte “E. Boegan”, 7: 129-132
1969 (con Stradi F., Faraone E., Schmid A.): Rilevamento delle tracce di una rete stradale preromana e romana presso le risorgive del Timavo (Carso triestino) , Atti e Mem. Comm. Grotte “E. Boegan”, 9: 145-149
1971 (con Stradi F.): I rinvenimenti preistorici nella caverna superiore della Grotta Gigante (Carso triestino), Atti e Mem. Comm. Grotte “E. Boegan”, 11: 109-127

SERGIO ANDREOLOTTI (Ulteriori note)

La Grotta Andreolotti, 6072 VG
Nel corso di uno dei consueti scavi sabatini il gruppo di “vecchi”, sulla cui attività riferisce puntualmente Bosco Natale Bone, ha avuto modo di trovare una cavità che si discosta dal consueto interesse grottistico (bella, fonda, lunga ecc.) per assumerne invece uno molto più ampio. Non lontano dalla Grotta della Ciotola, 4083 VG, nota ora anche come grotta Benedetto Lonza, un grosso spietramento ha aperto all’indagine una grotticella (dedicata a Sergio Andreolotti, attivo nella Commissione Grotte degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso) sul cui fondo sono stati rinvenuti alcuni cocci di probabile età dei castellieri ed un coltellino di rame (consegnati alla locale Sovrintendenza) di cui archeologo sloveno Anton Veluscek, ha mandato la seguente nota descrittiva:

PRESENTAZIONE DEL PUGNALE RINVENUTO NELLA GROTTA ANDREOLOTTI

Descrizione
Pugnale a base triangolare a tre fori
Lunghezza cm 8,4 (?)
Larghezza massima cm 3,1 (?)
Peso gr 14
L’immanicatura accentuata in forma triangolare presenta tre fori destinati al fissaggio.
La lama triangolare è decorata da due leggere solcature rettilinee che, partendo al di sotto dei due fori laterali, continuano parallelamente ai tagli fino quasi alla punta
I tagli risultano visibilmente incavati, come probabile conseguenza di continue raffilature della lama.
Punta e parte inferiore della lama risultano corrose.
In base a confronti tipologici si presume trattarsi di bronzo, ma per una definizione esatta del tipo di metallo si rende necessaria una analisi dello stesso.

Presunta collocazione cronologica

Sulla base dei confronti esclusivamente tipologici con diversi esemplari provenienti dall’Europa Centrale, e anche dall’Italia Settentrionale e dalla costa adriatica orientale, la datazione più probabile per il nostro pugnale sembra collocarsi tra il Bronzo Antico e il Bronzo Medio.
Anche se mancano completamente dati stratigrafici del contesto di ritrovamento, è possibile supporre una associazione del nostro pugnale con ceramica del tipo riferibile ai castellieri (Marzolini) e con una cuspide di freccia in selce (?).
Complessivamente queste osservazioni sembrano poter confermare la datazione proposta.
Relativamente alla strategia di frequentazione del sito di ritrovamento, all’attuale stato delle ricerche è possibile solamente escludere un uso abitativo della grotta, in base alla sua strutturazione interna ; altre interpretazioni (luogo di culto? Luogo di sepoltura?) restano finora solamente ipotizzabili.
Anton Veluscek.