ROMANO AMBROSO – (Legnago 23.12.1929 – Trieste 4.2.1976)
Testo pubblicato su Speleologia Emiliana, a. 13 (3/4), Bologna 1976
Il 4 febbraio 1976 si è spento , stroncato da un male che non perdona, Romano Ambroso, appassionato esploratore delle grotte del Carso. Nato a Legnago il 23 dicembre 1929 si accostava tardi alla speleologia: era infatti già quasi trentenne quando veniva visto scendere, con gruppi di amici occasionali, per le prime volte nelle grotte del Carso. Nel 1961 si iscrive al Gruppo Grotte “C. Debeljak, ove apprende i primi rudimenti sulle esplorazioni e ricerca in grotta. Dopo qualche tempo ne usciva per costituire il Gruppo Speleologico Triestino, gruppo che con varie denominazioni, dirigerà sino a qualche mese prima della morte.
Romano Ambroso non era forse uno speleologo nella normale accezione del termine: non aveva ambizioni scientifiche, né si atteggiava a grande esploratore. Era un umile e sincero amante delle grotte del Carso – un “Grottenarbeiter”, come si sarebbe detto nel secolo scorso – che dedicava il suo tempo libero alla ricerca ed esplorazione di nuove cavità. Fra le realizzazioni dovute al lavoro dei gruppi da lui diretti si possono ricordare – oltre all’apertura di numerose piccole grotte – la scoperta [in realtà il forzamento della strettoia che dopo pochi metri chiudeva il cunicolo aperto da un altro gruppo parecchi anni prima] e l’esplorazione della Fessura del Vento, 4139 V G, la più importante cavità della Val Rosandra, con uno sviluppo di oltre un chilometro ed un complesso sistema idrico interno, e l’esperimento di colorazione delle acque che percorrono l’ultima parte dell’abisso della Cava Faccanoni, 4336 V G, in cui il colorante immessovi (anilina) è riapparso nelle gallerie artificiali dell’Acquedotto Teresiano di San Giovanni (Trieste). Nella stessa occasione sembra sia stato catturato un esemplare di Proteus anguineus.
La realizzazione più importante dovuta all’Ambroso rimane comunque la sistemazione turistica della Grotta delle Torri di Aurisina [recte Slivia], 39 V G, profonda 70 metri e lunga 300.
Partendo con scarsi mezzi ma con tanto entusiasmo l’Ambroso, aiutato dai ragazzi del gruppo, riusciva a scavare una breve galleria artificiale a fianco del pozzo di accesso ed a costruire un comodo sentiero che permette al turista di raggiungere, comodamente e senza pericolo, il fondo della cavità.
Una vita dedicata dunque senza tanta prosopopea, alla conoscenza delle grotte del Carso, nel solco di una tradizione consolidata da generazioni di oscuri esploratori degli abissi nostrani: la Speleologia – quella con la “S” maiuscola – è fatta anche di questi uomini, troppo spesso relegati nell’oblìo.
Ulteriori notizie su Romano Ambroso si possono trovare in:
– – , 1980: Abisso Romano Ambroso – V G 5097, La Nostra Speleologia, 1980/3
Marini D., 1981: Grotte della Venezia Giulia (dal 5046 VG al 5126 VG), Suppl. n. 11 di Atti e Memorie CGEB, Trieste 1981, pp. 20 [pag. 14, 5097 –Abisso Romano Ambroso]