Egizio FARAONE – PROBLEMI AMMINISTRATIVI E FINANZIARI NELLA COSTRUZIONE DELL’ACQUEDOTTO DI AURISINA (1853-1860)
Anteprima dell articolo che verrà pubblicato sul prossimo “ATTI E MEMORIE n 42”
Il primo articolo di questo XLII Volume di Atti e Memorie, intitolato “Problemi amministrativi e finanziari nella costruzione dell’acquedotto di Aurisina (1853-1860)” rappresenta l’ultimo lavoro, ospitato nella Rivista, di Egizio Faraone, socio anziano della Società Alpina della Giulie e della Commissione Grotte “E. Boegan”, che ci ha lasciato nel 2008.
Come tutti i suoi lavori precedenti, anche questo studio è un contributo notevole alla storiografia triestina, contributo che Faraone ha dato attraverso una particolareggiata analisi degli avvenimenti, alcuni sconosciuti ai più, che si succedettero dall’inizio dell’Ottocento nella città di Trieste, avvenimenti relativi alle continue ricerche dell’acqua per l’approvvigionamento idrico della città.
Tra i vari lavori di Faraone pubblicati sugli “Atti e Memorie” ricordiamo Nota bibliografica sulla Grotta di San Servolo (assieme a Radacich M., vol. XXIX, 1991); Le ricerche sul Timavo sotterraneo in relazione all’approvvigionamento idrico della città di Trieste (1841-1842), (vol. XXXI, 1994); Progetti e discussioni sulle possibilità di rifornimento idrico a Trieste (1843-1847), (vol. XXXIV, 1996); La questione della carenza d’acqua a Trieste ed il Consiglio Municipale Provvisorio (1848-1850), (vol. XXXVI, 1999); Adolf Schmidl sul Carso triestino (1851-1852), (vol. XXXIX, 2004).
Con questi scritti, frutto di attente e diligenti ricerche di archivio, Faraone ha fornito alla storia della nostra città un contributo che è destinato ad assumere un valore di distinzione tutto particolare.
La Redazione
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Egizio FARAONE (*)
PROBLEMI AMMINISTRATIVI E FINANZIARI NELLA COSTRUZIONE DELL’ACQUEDOTTO DI AURISINA (1853-1860)
Riassunto
Nel periodo 1853-1857 viene costruito un acquedotto per rifornire la Ferrovia Meridionale ed il Porto Franco di Trieste. C’è una grande speranza che l’acqua possa essere sufficiente anche durante la siccità estiva, ma così non sarà.
Summary
1853-1857, a water – main is built for the supplies of the Southern Railway and of the free Port of Trieste. There is a good hope thet the water will be sufficient also during the summer drought, but it will be not so.
Zusammenfassung
In den Jahren 1853-1857, ist eine Wasserleitung für der Benutzung der Südbahn und des Freihafens Triest herge stelt. Man hafft viel eine Wasser hinlänglichkeit auch während der Sommerglickeiten, aber es ist nicht so.
Povzetek
V letih 1853-1857 gradijo vodovod za potrebe južne železnice in tržaškega pristaniškega mesta. Veliko je upanje na zadostno količino tudi ob poletni suši, ni pa tako.
Sommario
Enti e istituti Malattie e prevenzione
Abbreviazioni e misure La crisi del Comune
Lo sviluppo di Trieste La ferrovia Lubiana-Trieste (Karstbahn)
La siccità Le sorgenti di Aurisina
La Società cittadina Il compimento dell’opera
per la conduttura d’acqua La fornitura alla città
L’ulteriore perizia sulle sorgenti Il rifornimento al castello di Miramar
sotto Santa Croce Le speranze di Santa Croce
Il Comune e l’acquedotto Problemi finanziari
L’approvazione dello Statuto L’intervento della Ferrovia Meridionale
Compiti della Società La questione dei prezzi
I lavori I rapporti tra Comune e Società
L’appoggio della stampa L’ultimo anno del Consiglio Decennale
Verso ulteriori ricerche
Enti ed Istituti
AST Archivio di Stato di Trieste – via Lamarmora 17
BC Biblioteca Civica di Trieste – piazza Hortis 4
AD Archivio Diplomatico del Comune di Trieste – via Procureria 2
ASCT Archivio Storico del Comune di Trieste – via Procureria 2
Si ringraziano Direzione e personale degli Enti summenzionati per la loro disponibilità, nonché amici e conoscenti per la loro collaborazione.
Abbreviazioni e misure
– A Anno
– B Busta
– F Fascicolo
– N Numero
– 1 klafter (Wiener Klafter) = m 1,896
– 1 piede = m 0,316 (6 piedi = 1 Klafter)
– 1 piede cubico (p.c.) = litri 31,6 circa
– 1 miglio postale austriaco = chilometri 7, 586 (4000 Wiener Klafter)
Lo sviluppo di Trieste
Nel 1853 Trieste ha oltre 94.000 abitanti, due terzi dei quali vivono nella città propriamente detta, i rimanenti nelle contrade esterne e nei villaggi del territorio. La popolazione aumenta annualmente di alcune migliaia di unità, quasi esclusivamente per l’immigrazione. Ne consegue che in città il numero dei maschi supera leggermente quello delle femmine, come in tutti i luoghi di forte afflusso. Nel territorio, invece, la situazione demografica è più stabile (1).
L’andamento favorevole dei traffici dovuto alla guerra di Crimea (1853-1855), nella quale l’Austria si mantiene neutrale, l’incremento del commercio con l’Egitto, il progredire della costruzione della Ferrovia Meridionale (Südbahn) fanno sì che – malgrado il colera del 1855 – vengono superati già nel 1857 i centomila abitanti (2). Però nel 1859 la breve ma sanguinosa guerra con i franco – piemontesi pone fine momentaneamente a tale sviluppo.
Tra i problemi irrisolti che angustiano l’Amministrazione comunale quello del rifornimento idrico è senz’altro il più pressante. Invano da trent’anni si succedono commissioni di tecnici, medici e commercianti, deputate a risolvere la faccenda. L’acqua continua a scarseggiare e ad ogni estate la siccità fa sollevare proteste e recriminazioni.
La siccità
Già all’epoca l’Amministrazione comunale, forse confidando troppo nel costruendo acquedotto di Aurisina, provvede allo scarto di tutte le pratiche relative al rapporto mensile del Civico fontanaro sullo stato dell’acqua dei pozzi e delle cisterne del territorio.
Nel grande scarto del 1908 viene eliminato anche quanto riguarda la manutenzione ordinaria dei fontanoni cittadini, ormai inutilizzabili causa l’inquinamento e destinati a sparire per l’aumento del traffico su gomma. Le fonti per lo studio della siccità sono quindi ridotte agli atti che dispongono il trasporto di acque nei villaggi le cui cisterne sono ormai asciutte. Tali atti vanno utilmente integrati con i Protocolli degli esibiti, che registrano tutte le comunicazioni in arrivo e con i diari di Lodovico Kert, funzionario comunale che fino al 1858 annota le temperature giornaliere, le precipitazioni, i maggiori avvenimenti cittadini (3).
Da tale documentazioni possiamo ricavare che la mancanza d’acqua affligge ogni estate la città e l’altopiano: in agosto e settembre – ma talvolta anche in ottobre – le cisterne dei paesetti carsici sono per lo più vuote e bisogna far venire l’acqua con i carri da Duino o dalla Rosandra, mentre in città i fontanoni sono riservati all’uso domestico, e marinari e muratori devono rifornirsi a Barcola o a Zaule. Nel 1854 la situazione è particolarmente grave: una siccità di fine inverno obbliga a rifornire il territorio in marzo ed aprile, poi la crisi riprende in luglio e dura fino ad ottobre. Il 1857 è un altro anno critico e mentre in città l’acquedotto è ormai giunto alla Stazione Ferroviaria, dove una fontana può essere messa a disposizione del pubblico, sull’altipiano rimangono i problemi di sempre.
Anche negli anni successivi si ricorrerà al trasporto dell’acqua con i carri nei mesi estivi e l’amministrazione comunale si limiterà a restaurare le vecchie cisterne o a renderle più capienti. In città, data la lentezza di costruzione della rete idrica, si spurgheranno parecchi pozzi e se ne costruiranno di nuovi, si completeranno i fontanoni di piazza della Valle (iniziato nel 1853) e di piazza San Giovanni (iniziato nel 1855); al Macello si tenterà uno scavo col metodo artesiano e si chiederà in proposito il parere dell’Istituto Geologico dell’Impero (4).
Compito del Comune è pure di rifornire d’acqua le truppe che passano sul suo territorio: tale incombenza diverrà impegnativa nel 1859, quando la guerra coi franco-piemontesi farà transitare – tra andata e ritorno – più di trecentomila soldati (5) e nel 1860, quando l’ancor fluida situazione della vicina penisola consiglierà di trattenere sotto le armi un notevole contingente di militari. Quelli che scenderanno in città per imbarcarsi potranno usufruire del nuovo acquedotto, ma quelli acquartierati sulla direttrice Trebiciano – Opicina – Santa Croce dovranno venire riforniti coi soliti trasporti di botti su carri.
Malattie e prevenzione
Incostante è l’attenzione delle autorità sulle questioni d’igiene. Il Diavoletto del 1.9.1853 chiede che venga purificata l’acqua del fontanone presso l’Acquedotto (attuale viale XX Settembre) perchè contiene degli oggetti eterogenei. Tre mesi più tardi un medico di Prosecco informa che l’acqua del fontanone Skedenz ha un fetore particolare (6). L’ispettore edile Bernardi fa presente che già nel 1850 era stato indicato come causa dell’inquinamento il letame trasportato in carri sulla nuova strada che dallo stagno abbeveratoio (mlaka) va al fontanone e rovesciato sul piazzale antistante al fontanone stesso per essere distribuito nei campi, contaminando così non solo l’acqua potabile ma anche le lucouze (lukovce), piccole conche naturali usate come lavatoi dagli abitanti di Prosecco e Contovello. Si era proposto allora di prolungare la strada di altri 50 klafter con una spesa di 266 f. Ma l’opera rimandata all’anno seguente per mancanza di fondi, non era stata poi eseguita, per cui era stata sollecitata – pure senza esito – nel 1853 (7). Nel settembre 1854 è la volta del grande serbatoio d’acqua potabile situato nella sella tra Prosecco e Contovello: le 300 vacche dei due paesi, portate ad abbeverarsi nel vicino stagno, lordano il terreno circostante e la pioggia fa scendere i liquami fino all’acqua, bisogna quindi rifare il muro di recinzione in parte abbattuto (8). Sembra quindi che l’Amministrazione comunale intervenga più che altro nel caso di situazioni insostenibili, senza prevenire i possibili focolai d’infezione. Purtroppo anche gli atti relativi alla situazione sanitaria sono stati scartati nel 1908, sappiamo comunque dal Prot. degli esibiti che nel 1853-1854 infuria sull’altipiano un’epidemia di vaiolo, mentre a Zaule si diffondono febbri intermittenti – forse malaria – che vengono poi riscontrate anche a Santa Maria Maddalena. Intanto si profila il pericolo del colera che a fine 1853, pochi mesi dopo della guerra di Crimea, raggiunge l’Inghilterra, nel 1854 si diffonde in gran parte d’Europa, sicchè a Trieste vengono presi numerosi provvedimenti preventivi che si dimostreranno utili nel 1855, quando la città sarà assalita dal morbo (9).
Come sempre accade dopo le gravi epidemie, nel 1856 si moltiplicano i controlli richiesti per eliminare inquinamenti di pozzi dovuti a latrine, letamai, canali di scolo, ecc. In giugno c’è anche un certo allarme per il tifo riscontrato in Carniola, mentre in novembre ritorna il vaiolo sull’altipiano.
Un’altra fonte di preoccupazione per l’Amministrazione comunale è data dalla presenza di un gran numero di operai per la costruzione della ferrovia. In F8/2-4 di questi anni, oltre alle numerose disposizioni dirette a mantenere l’ordine pubblico nella massa eterogenea dei lavoranti e alle questioni sollevate dai possidenti espropriati, si trovano parecchi atti relativi alle condizioni di vita del suddetto personale: controlli sulla loro salute, sull’edificio e sulle baracche dove alloggiano, sul cibo loro fornito, ecc.
L’arrivo dell’acquedotto in città non migliora la situazione sanitaria, data la lentezza con cui procedono gli allacciamenti, limitati ai rioni più ricchi; le contrade esterne e le località dell’altopiano, escluse da ogni collegamento, continueranno ad essere afflitte dal vaiolo, malgrado le frequenti rivaccinazioni.
La crisi del Comune
Come già detto in altro lavoro (10), la cattiva situazione delle finanze comunali dopo il 1848 non permette di prendere alcuna iniziativa di ampio respiro per risolvere l’annoso problema della carenza di acqua; è con sollievo quindi che si guarda alla possibilità di utilizzare le sorgenti sotto Santa Croce, oltre che per il rifornimento della ferrovia, anche per i bisogni di Trieste. Questi non sono determinati dal forte incremento demografico di cui si è detto all’inizio, ma dallo sviluppo del porto che, malgrado la concorrenza di Amburgo e di Marsiglia, vede attraccare annualmente dai diecimila ai quattordicimila navigli di vario genere (11).
Agli auspici del Consiglio Municipale si affiancano quindi quelli della Camera di Commercio e del Lloyd Austriaco, la maggior società di navigazione a vapore dell’Impero.
La ferrovia Lubiana – Trieste (Karstbahn)
Nell’ottobre 1849 viene approvato il progetto della linea carsica, più corta e con meno gallerie rispetto a quella, proposta in alternativa, dell’Idria e dell’Isonzo, e subito s’inizia a tracciarla sul terreno. Fin dall’inizio vengono messe in evidenza le difficoltà che sorgeranno per il reperimento dell’acqua necessaria (12).
Dopo aver fatto esplorare, con scarsi risultati il Carso triestino sperando di individuare il percorso sotterraneo del Timavo e di trarne acqua a volontà, il Ministro del Commercio barone de Bruck propone al Comune di Trieste di utilizzare le sorgenti che sgorgano al livello del mare sotto Santa Croce per la ferrovia ed in subordine per la città ed il porto. Una società per azioni raccoglierà il capitale che il Comune stesso non è in grado di stanziare.
Se si considera che la prima Commissione incaricata di reperire nuovi mezzi per rifornire d’acqua la città di Trieste risale al 1822 e che da allora studi, progetti, ricerche si susseguono anno dopo anno senza alcun risultato pratico, si può ben comprendere come l’occasione venga presa al volo ed i più insigni cittadini si affrettino ad entrare nel comitato promotore ed a prenotare un congruo numero di azioni. Presidente del comitato è il barone de Bruck (13).
Le sorgenti di Aurisina
Delle nove sorgenti principali solo due vengono utilizzate nel 1857, le altre saranno captate nel 1901 con la costruzione di una diga che – racchiudendole tutte – permetterà d’innalzare il livello dell’acqua evitando travasi da una all’altra per le fessure del calcare e conseguenti perdite.
L’acqua delle due sorgenti in questione, che si trovano praticamente al livello del mare ed alla base di un’alta rupe, viene raccolta ed immessa nelle due vasche dell’edificio progettato da Carl Junker (14), pompata poi fino alla linea ferroviaria (m 131 s.l.m.) dove la conduttura si divide in due rami: quello destinato alla città alimenta due bacini di raccolta e prosegue poi lungo la linea stessa, l’altro raggiunge a m 177,5 s.l.m. la torre piezometrica, a fine Novecento trasformata in belvedere (Torre Liburnia) e da lì scende alla stazione di Nabresina (Aurisina) (15).
Sappiamo dal Protocollo degli esibiti che già nella primavera 1853 viene posta in opera una caldaia a vapore della ditta Wollheim per pompare l’acqua, ma i relativi documenti sono stati distrutti nello scarto del 1908 (16). Intanto il barone de Bruck, nominato inter-nunzio a Costantinopoli, lascia la direzione delle sezioni seconda e terza del Lloyd Austriaco nonché la presidenza della Società per la condotta d’acqua della sorgente di S. Croce a Trieste. In quest’ultima carica gli subentrerà il barone de Marenzi (17). Ma, prima di partire, il de Bruck visita ancora una volta i lavori in corso, offrendo alla stampa locale – in gran parte di proprietà del Lloyd – un’ulteriore occasione per lodare quanto compiuto (18). L’acqua è abbondante, di ottimo sapore, la macchina a vapore provvisoria ne ha pompato oltre 4100 piedi cubi in tre ore, cioè più di quanta ne servirà alla ferrovia ed alla popolazione di Trieste. Intanto si sta spianando il terreno dove sorgerà la Stazione di Trieste: il vecchio macello ed il vecchio istituto dei poveri sono stati abbattuti. Contemporaneamente si pone a Sant’Andrea la prima pietra del grande Arsenale del Lloyd, che ben presto diverrà una forza trainante dell’economia cittadina.
La Società cittadina per la conduttura d’acqua
Con decreto del Ministero del Commercio n. 3761/EB dd. 15.5.1853 viene approvato il progetto di utilizzare le sorgenti di Aurisina per i bisogni della ferrovia e della città. Parteciperanno congiuntamente a tale impresa lo Stato, il Comune ed i cittadini interessati. A tale scopo si stila uno Statuto che dia base legale alla Società e ne definisca i rapporti con l’autorità statale e quella comunale. Il capitale sarà di 360.000 fiorini (120 azioni da 3.000 f.) ammortizzabile in 25 anni. Su di esso sarà corrisposto un interesse del 5% all’anno. Stato e Comune garantiscono gli investitori. La Direzione della Società è composta da sette membri: il preside barone de Marenzi e sei direttori di cui uno rappresenta lo Stato, un altro il Comune di Trieste, i quattro rimanenti eletti nel proprio seno dal Consiglio di Amministrazione, che si compone di 20 membri a loro volta eletti dal Congresso Generale della Società. La Direzione provvede ad allestire i piani per l’esecuzione dell’acquedotto, a farli ratificare dal Consiglio di Amministrazione ed approvare dal Ministero, indi ad eseguirli.
Lo Stato provvede a tutte le opere riguardanti la ferrovia, concede alla Società di far correre l’acquedotto a lato dei binari e di far espropriare i terreni privati eventualmente necessari. L’acqua soddisferà prima di tutto i bisogni della ferrovia, verso congrua retribuzione; il di più sarà concesso in perpetuo godimento alla città di Trieste. Rimborsato agli azionisti l’intero capitale, la Società verrà sciolta e la conduttura passerà in assoluta proprietà dello Stato e del Comune, in proporzione della loro partecipazione rispettiva (19).
L’ulteriore perizia sulle sorgenti sotto Santa Croce
Nel novembre 1853 la Direzione della Società invita il comune di Trieste ad inviare un esperto alla perizia da farsi il sei dicembre per accertare ulteriormente la capacità delle sorgenti prescelte. A tale perizia interverranno “tutti quei Signori, che per le loro cognizioni tecniche ci possono maggiormente illuminare”. Il Comune delega a tale incarico l’ing. Giuseppe Sforzi, sebbene questi abbia ormai rinunciato al suo impiego presso l’Ispezione Edile per poter lavorare in proprio (20). Nessuno si chiede perchè le perizie relative alla portata delle sorgenti sotto Santa Croce debbono venir eseguite nei mesi in cui non soltanto esse, ma tutte le vene d’acqua del territorio triestino sono nelle migliori condizioni possibili; comunque i favorevoli comunicati vengono annunciati in un articolo della Triester Zeitung dd. 13-12-1853, subito tradotto e riportato dall’Osservatore Triestino in data 3-1-1854 con qualche adattamento stilistico ma rispettando pienamente il contenuto:
“Togliamo dalla Triester Zeitung il seguente articolo che interessar deve la nostra città in particolare:
Ad onta del tempo rigido che ci trasportò quest’anno prima del solito nel più crudo inverno, una numerosa commissione di periti si trasportò tempo fa alla volta di Santa Croce onde di là raggiungere su scabrosi viottoli la riva del mare situata al confine del nostro territorio, dove scaturiscono dal calcareo monte del Carso le fonti d’acqua che dovranno essere condotte a Trieste. A quanto rileviamo da parte bene informata, si trattava di rivelare il quantitativo dell’acqua e di analizzarla chimicamente, essendo che, visti i soddisfacenti progressi fatti ultimamente nei lavori preliminari di questa operazione dovevan venir schiariti ancora alcuni dubbi insorti.
I sorprendenti risultati che fece conoscere la suddetta commissione debbon riuscire interessantissimi per chiunque conosca il valore che ha in sé la cosa, d’assicurare per sempre alla città una considerevole quantità d’acqua, e ciò specialmente per la grande importanza che questa impresa, allorchè sarà condotta a termine, dovrà acquistare, sia perché influirà a viemaggiormente far progredire i lavori della tanto desiderata strada di ferro, sia per l’opportuna distribuzione delle fontane nella città, sia per assicurare abbondanza dell’acqua in ogni stagione dell’anno per tutti gli scopi industriali e sanitarii finalmente per la diminuzione di spese delle singole famiglie nel procacciarsi l’acqua potabile.
A tenore dell’investigazione fatta nelle due fonti che scaturiscono immediatamente alla riva del mare alla distanza di soli 120 passi l’una dall’altra, si ebbe il risultato che l’una, la quale scaturisce da una fessura della pietra calcarea, situata più verso meriggio, dà entro 24 ore in medio 345,600 piedi cubici d’acqua; l’altra più a settentrione che sorge dalla sabbia sotto il provvisorio edifizio della pompa per la ferrovia, ne dà 216 mila piedi cubici entro 24 ore, talchè si è assicurati di mezzo milione di piedi cubici d’acqua per ciascun giorno.
Dall’analisi chimica stata intrapresa con tutta esattezza già prima dal chiarissimo e ben noto signor D.r Biasoletto e la quale fu ora rinnovata ufficiosamente dal gremio farmaceutico, ad invito del fisico della città signor D.r Dolnitscher, con tutti i riguardi ai principali scopi a cui l’acqua deve servire, ne risulta che tutte le acque possedute attualmente dalla città sono superate per ogni riguardo da quelle in discorso. Nel rapporto sul proposito sottoscritto dai signori D.r Dolnitscher, Miniussi, D.r Biasoletto, Liprandi e D.r Fentler è detto essere l’acqua chiara, limpida, senza odore né sapore; essa scioglie perfettamente il sapone ordinario e con spuma durevole, cosicchè le acque delle migliori fontane della città non stanno a paragone di quella.
Il peso specifico è di 1.000 dell’areometro di Meisner quelle delle altre è di 1.003, quindi più pesanti. In ¾ d’ora si posson cuocere bene i legumi più duri, la carne si cuoce bene è dà brodo saporito. Alle prove delle combinazioni chimiche resiste meglio che le altre acque della città. Tre fonti di questa acqua fatti svaporare, non lasciano che 6 grani di deposizione, mentre le acque della nostra città ne lasciano 8 o un terzo di più. Il rapporto chiude dicendo, l’acqua ”di Nabresina” s’adatta quindi non solo a tutti gli scopi economici ma si distingue anche per bontà in confronto di tutte le acque delle nostre fontane.
Per chiunque sappia comprendere il bene materiale del pubblico e considerar voglia le spese a cui ciascuna famiglia deve assoggettarsi per procurarsi l’acqua, chi pensar voglia alle privazioni a cui sottostar deve la classe meno agiata degli abitanti per l’attuale scarsezza d’acqua, specialmente per quanto riguarda sanitario, si persuaderà di leggieri quanta importanza aver debbano i vantaggiosi risultati delle suddette investigazioni per una città che per le condizioni del suolo, con una popolazione di sole 9000 famiglie, difetta spesso del più necessario elemento, e la quale, – per la sua posizione sulla riva del mare, pei suoi rapporti verso la grande e potente monarchia, cui appartiene, finalmente per l’attività dei suoi abitanti, – è destinata ad ingrandirsi ed a progredire. Quindi le fonti del monte Babizza presso Nabresina, riconosciute ora eccellenti per ogni rapporto, sono per la città di Trieste un vero dono del Cielo, il quale, quando sarà usato opportunamente, darà un grande impulso alla futura vita sociale-economica della nostra città; e ciò ad un prezzo mitissimo in confronto dei vantaggi che vi si otterranno.
Mentre altre città sono costrette a spendere molti milioni ed impiegare molti anni di lavoro per ottenere lo scopo solo parzialmente provvedendosi d’acqua stanca, disgustosa e spesso salmastra, a noi viene offerta la fonte più pura ed eccellente in sovrabbondanza, per aprire la quale non occorreranno che un paio di centinaia di migliaia di fiorini e circa 12 mesi di tempo.
I giganteschi monumenti degli antichi, fra cui tengono un posto principale gli acquedotti, provano che gli antichi padri della patria non si contentavano solo della cura del panem et circenses. I grandiosi e dispendiosissimi acquedotti e bagni, le magnifiche piazze dei mercati e delle riunioni dimostrano al contrario, che essi sapevano valutare altrettanto l’aria e l’acqua. Speriamo che in mezzo alla tendenza di progredire, gli attuali padri della patria non vorranno essere da meno di quelli di una volta nell’emulazione per ottenere benessere e salute anche all’attualità.
Il Comune e l’acquedotto
Sempre nel novembre 1853, la Direzione della Società chiede al Comune di Trieste di voler comunicare il quantitativo necessario per la città. Il prezzo sarà di circa mille fiorini annui per ogni mille piedi cubi giornalieri (21). Della questione viene interessato l’Ufficio Edile ed in data 5-12-1853 l’ispettore Bernardi presenta una relazione di sei pagine (22) in cui, prevedendo una popolazione di 100.000 anime e limitando il consumo giornaliero unitario a tre quinti di piede cubo (circa 19 litri), considerando che i fontanoni, i pozzi pubblici e privati, la vecchia conduttura di San Giovanni danno – anche nei tre mesi di siccità – un totale di oltre 43.000 p.c. giornalieri, tenuto conto che ne occorrono 60.000 per la città e 3.000 per la marina, suggerisce di acquistare dalla Società 20.000 p.c. giornalieri, aumentabili se si vogliono innaffiare le strade, sciacquare i canali, aprire nuove fontane. Tutto dipende però dal prezzo.
Da notare che questa quantità era già proposta in un articolo dell’Osservatore Triestino dd. 29-4-1852, sempre sulla base di 3/5 p.c. giornalieri a persona: 14 mila per la stazione di Aurisina, Grignano, Trieste e 20 mila per la città e la marina. Ma il giornale si limitava all’utenza iniziale di trentamila cittadini e suggeriva di fornire fin dall’inizio una quantità di 43.200 p.c. giornalieri, poi raddoppiabili usando la stessa conduttura.
Comunque la Delegazione municipale, nella seduta dd. 13-12-1853, giudica enorme il prezzo fissato dalla Società e le scrive che il Comune è interessato solo a dieci – quindicimila p.c. giornalieri, ma tutto dipenderà dalla spesa effettiva, “apparendo il prezzo indicato ora dalla Società alquanto esagerato”.
L’approvazione dello Statuto
L’Osservatore Triestino dd. 5-1-1854, oltre a riportare quanto stabilito dalla Delegazione Municipale nella seduta sopra citata, comunica che la sera precedente gli azionisti, riuniti in Congresso Generale, hanno approvato a larga maggioranza lo Statuto della Società. Negli stessi giorni il podestà Tommasini, visto lo scarso entusiasmo con cui sono state accolte le proposte della Società e considerato che nel luglio 1852 si era deliberato che il Comune partecipasse all’impresa, su mozione d’ufficio chiede al barone Marenzi di aggiornarlo sul risultato degli studi eseguiti. Si tratta di pura formalità, in quanto il Tommasini stesso aveva partecipato al sopralluogo dd. 6.12.1853 di cui si è già detto e di cui ora il Marenzi invia il verbale assieme ai risultati delle analisi chimiche che attestano la bontà dell’acqua (23). Un ulteriore scambio di corrispondenza, di cui rimane traccia solo nel Protocollo, porta il Comune ad associarsi con trentamila fiorini e ad approvare – per la parte che lo riguarda – il progetto di Statuto (24).
Quando però detto Statuto viene trasmesso dalla Luogotenenza al Ministero dell’Interno per la definitiva approvazione, questo trova diverse irregolarità elacune, per cui si rende necessaria una nuova stesura (25). Lo Statuto così riscritto, entra in vigore appena nel 1855 (26).
Per fortuna nel frattempo i lavori sono proseguiti, come possiamo apprendere dall’Osservatore Triestino del 10-11-1854 (fig. 2)
Compiti della Società
In base allo Statuto, la Società Acquedotto di Aurisina ha per scopo “la conduttura, ed utilizzazione economica dell’acqua sorgente a marina dal monte di Aurisina, per servizio tanto della Ferrovia che della città di Trieste, mediante meccanismi mossi da vapore che la alzino, e mediante conduttori che la deducano alle stazioni prossime della Ferrata, ed alla città di Trieste”. La sua durata sarà di 50 anni dall’apertura dell’acquedotto e il suo capitale di 660.000 fiorini (660 azioni di mille fiorini). Cioè, rispetto al progetto iniziale, è stata raddoppiata la durata della concessione e si ha già avuto un aumento consistente di capitale.
La sorgente rimane proprietà dell’Erario della Ferrovia, ma nessun compenso è dovuto per l’acqua utilizzata. Di questa, se ne dovrà fornire anzitutto 10.000 piedi cubi giornalieri alle stazioni ferroviarie dietro corrispettivo di f. 10.000 all’anno ed il quantitativo potrà essere aumentato fino al doppio; ulteriori aumenti dovranno essere rinegoziati.
Soltanto dopo aver coperto il quantitativo richiesto dall’amministrazione fer-ro-viaria, la Società potrà disporre dell’acqua rimanente e ne fornirà alla città di Trieste 15.000 p.c. al giorno dietro compenso di f. 15.000 all’anno, aumentabile se giudicato insufficiente.
La Società avrà per 50 anni “l’esclusiva della ven-dita di acqua dolce per qualunque uso a portata del nuovo acquedotto, restando però in facoltà del Comune d’imprendere anche durante quest’epoca opere tendenti a migliorare od aumentare in altra guisa i provvedimenti d’acqua a pubblico uso” (paragrafo 7, lettera o). Tale clausola susciterà problemi d’interpretazione quando la amministrazione comunale, constatata l’inadeguatezza dell’acquedotto, prenderà in esame di rifornirsi altrimenti. Si prescrive ottimisticamente che la conduttura, almeno per il tratto relativo alla ferrovia, debba essere pronta già l’autunno 1856, quando è volere di Sua Maestà che venga inaugurato il tratto Lubiana – Trieste.
Le opere necessarie alla conduttura dell’acqua nel corpo della ferrata verranno allestite dall’Erario ma la loro ordinaria manutenzione sarà a carico della Società; al termine della concessione la conduttura stessa, con tutte le appartenenze di edifizi, macchine, utensili, ecc. passerà nell’indivisa proprietà dello Stato e del Comune di Trieste, che si accorderanno per la sua ulteriore utilizzazione.
Onde preservare gli interessi della Ferrovia, alle sedute della Direzione e del Consiglio d’Amministrazione potrà assistere un commissario dello Stato che avrà il diritto di sospendere eventuali deliberazioni nocive all’Erario della Ferrovia, sottoponendole alla decisione dell’
i. r. Ministero del Commercio.
I lavori
L’Osservatore Triestino del 22.12.1855 scrive che l’acquedotto per la ferrovia sarà pronto nell’autunno 1856, i due grandi serbatoi necessari al rifornimento della ferrovia stessa sono già stati eretti a spese dell’Erario, e tutti i macchinari sono stati introdotti in esenzione da dazio. Gli fa eco il Diavoletto del 24 ed ambedue i giornali non dimenticano di ringraziare il barone de Bruck, iniziatore e sostenitore dell’impresa e la direzione provvisoria (Scrinzi, Kandler, Regensdorff, Martin).
L’assemblea del 19 ha eletto il comitato stabile, da cui sarà tratto il direttorio effettivo.
La Triester Zeitung del 29.12.1855 aggiunge che il progetto di dettaglio dell’ingegnere Junker assicura notevole quantità d’acqua e che poiché la conduttura seguirà il tracciato della ferrovia e tubi e macchinari sono esenti da dazio, i costi verranno notevolmente abbattuti. Tuttavia, forse per rassicurare ulteriormente le autorità, gli azionisti e l’opinione pubblica, un ulteriore sopralluogo viene compiuto il 21.1.1856 e ne viene steso ampio verbale nei locali della Società in varie sedute di gennaio e febbraio. Le firme sono di Giuseppe Sforzi, architetto ed ingegnere, Ed. Heider, architetto ed ingegnere, Carlo Junker ingegnere dell’acquedotto di Trieste (27).
In premessa si specifica che la Commissione, dopo essere stata sul posto parecchie volte, sia col tempo favorevole che con la siccità, ha approfittato ora della pioggia continua per “pronunziare un giudizio sulla purezza delle sorgenti”. Del pari si è preso nota dei lavori finora compiuti. Nuovi sbocchi sono stati aperti alle sorgenti ed il livello dell’acqua dolce si trova dappertutto a 4 piedi (m 1,26) sopra la media marea, sicchè, essendo l’alta marea ordinaria alta di un piede e mezzo (m 0,48) sopra la media, le sorgenti rimangono due piedi e mezzo (m 0,79) al di sopra di quella.
Si conclude ottimisticamente che “per l’altezza e pressione d’uscita, non è da temersi sotto qualsiasi circostanza, che l’acqua marina possa frammischiarsivi, nemmeno in tempo di scirocco violento”; comunque la sicurezza verrà aumentata con opere di chiusura.
Riguardo la qualità, si tratta della miglior acqua conosciuta e “le condizioni atmosferiche non influiscono sulla sua limpidezza segno che essa scorre all’interno della montagna, attraverso filtratori naturali”. Per la quantità, si può contare su mezzo milione di piedi cubi giornalieri (m.c. 15.775) ed anche in caso di siccità non si scenda al di sotto dei 250.000 (m.c. 7.888), più che sufficienti per tutte le esigenze.
Si passa poi ad esaminare i piani dell’ingegner Junker. L’acqua verrà pompata fino all’altezza della ferrovia (414 piedi, cioè 131 m s.l.m.) in un tubo saliente da 9 pollici e raccolta in un bacino da cui fluirà verso Trieste, lungo la sede ferroviaria, in una conduttura da 9 pollici. La stazione di Nabresina sarà servita da un tubo saliente da 6 pollici che partirà dal bacino stesso ed in tre ore di lavoro giornaliero servirà un altro bacino situato a 580 piedi (183m s.l.m., l’attuale Torre Liburnia), dal quale, sempre con un tubo da 6 pollici, verrà rifornita la stazione stessa di Nabresina.
A Trieste l’acqua, dal tubo principale e con ramificazioni laterali, rifornirà tutte le case adiacenti nonché il serbatoio sotto il castello di San Giusto. Anche gli Stabilimenti sotto Santa Croce sono stati progettati in modo corrispondente allo scopo: magazzino carboni, ambienti per le caldaie e le macchine, eventuali locali d’abitazione.
La Commissione ribadisce che “l’acqua viva destinata alla conduttura è posta al riparo da qualunque commistione e insudiciamento e pertanto la disposizione delle fabbriche presso le sorgenti sotto Santa Croce corrisponde perfettamente allo scopo cui sono destinate”.
L’ing. Junker fa presente che la Società lo aveva incaricato di progettare un acquedotto della portata da 90.000 a 100.000 piedi cubi giornalieri (da 2.840 a 3.155 metri cubi). Ma tale acquedotto “non risponderebbe più tra breve allo scopo, sarebbe cioè troppo scarso”, per cui egli propone che i tubi salienti della conduttura abbiano un diametro di almeno 12 pollici, sia collocato un tubo separato da 6 pollici per rifornire la stazione e il serbatoio sia “proporzionalmente maggiore”. Con ciò la portata verrebbe raddoppiata. Si potrebbero per ora mantenere le due macchine progettate da 45 cavalli e di aggiungerne in un secondo tempo due da 90 cavalli. Opportuni meccanismi regoleranno l’afflusso verso la città e verso Nabresina.
La Commissione si dichiara d’accordo sulle modifiche proposte dall’ing. Junker, desiderando “che Trieste venga provveduta della maggior possibile quantità d’acqua”, poiché numerosi casi di città estere insegnano che, dove si è troppo guardato al risparmio, i successivi ampliamenti hanno richiesto ingente dispendio.
Altri argomenti discussi sono la conservazione della bassa temperatura dell’acqua ed i problemi relativi alla conduttura (sistemazione ed eventuali riparazione dei tubi, loro espurgo, dimensioni del serbatoio, distribuzione in città). Si esamina poi l’aspetto economico: la spesa complessiva sarà di 770.000 mila fiorini, compresi gli interessi, la regia, e l’avviamento; le spese annue d’esercizio di fiorini 90.200, compresi gli interessi (5%) e l’ammortamento del capitale (1%). Poiché la fornitura alla ferrovia renderà f. 10.000 annui e quella al Comune f. 15.000, per pareggiare la spesa si dovranno ricevere dai privati f. 65.200. Considerando che dei 50.000 piedi cubi giornalieri la metà sarà disponibile per la vendita ai privati fin dall’inizio e che poi la quantità potrà essere aumentata, potenziando le macchine, fino a 175.000 p.c. giornalieri (5521 m.c.) pur ribassando i costi si avrà un notevole guadagno.
Dopo aver anche controllato la tenuta dei libri contabili, la Commissione conclude “che il progetto or discusso e così pure la Direzione della costruzione rispondono perfettamente a tutte le esigenze tecniche; che l’acqua sarà copiosissima anche in tempi di siccità; che quest’acqua pura e limpida, acqua di sorgente viva, non abbisognerà di apposita filtrazione; che la situazione prescelta per le fabbriche sotto Santa Croce viene riconosciuta per la migliore e la più vantaggiosa in tutto il Circondario delle sorgenti; e che finalmente l’impresa considerata in complesso sarà altrettanto lucrosa quanto filantropica”.
L’appoggio della stampa
Un elemento da non sottovalutare è il forte sostegno all’impresa dato in primo luogo dalla stampa triestina, di proprietà del Lloyd Austriaco, poi dai periodici della capitale di ispirazione governativa. Ciò vale soprattutto per il 1856, anno in cui i lavori sono a buon punto e la Società chiede ripetutamente ai sottoscrittori di versare le quote percentuali previste per le azioni prenotate.
Inizia l’Osservatore Triestino del 7.2.1856 che dopo aver riepilogato gli avvenimenti del Carnevale appena trascorso, reso più allegro dalla scomparsa di tutti i cattivi presagi perchè il colera è ormai cessato, la guerra di Crimea è praticamente conclusa, la carta moneta ha raggiunto la parità, il clima è quasi primaverile, sicchè i festeggiamenti si sono susseguiti con vivacità superiore a quella degli altri anni e con partecipazione generale, passa a ricordare quanto viene fatto per il futuro di Trieste: “E per non parlare soltanto di cose frivole terminiamo con una buona nuova, ed è che si lavora alacremente alla stazione della nostra ferrovia, per cui anzi trovasi qui da qualche tempo il chiarissimo ingegnere e consigliere ministeriale cav. Ghega, nonché alla conduttura d’acqua di Santa Croce, per cui ci giova sperare che il prossimo carnevale sarà ancora più allegro, se si aprirà, come è probabile a quell’epoca la strada ferrata alla capitale, ed avremo acqua in abbondanza, e se Dio ci concede di preservarci da quel brutto Oidium che da più anni guastò le nostre viti, anche un po’ di vino nostrano che ci libererà dalle tante dannose contraffazioni che guastano la salute, e devono pur pagarsi a peso d’oro. E così sia”.
Da notare che l’apertura della ferrovia, in dicembre prevista dallo stesso giornale per l’autunno 1856, è ora già procrastinata al febbraio 1857.
L’Osservatore Triestino del 6.5.1856 e la Triester Zeitung del 8.5.1856 dedicano ampio spazio alla assemblea generale degli azionisti, tenutasi il giorno 2. I dati della relazione sono quelli accertati nel sopralluogo del 21.1.1856, di cui si è già detto; ma si specifica che da allora i lavori proseguono con la massima celerità, l’impresa è poco costosa e molto utile, l’acqua è buona e si ha la certezza che gli intelligenti concittadini prenderanno parte all’impresa e la direzione della Società la porterà felicemente a termine. Intanto, con un nuovo aumento, il capitale verrà portato a f. 800.000. È dato ampio risalto anche alle visite di personaggi importanti. In maggio il barone de Bruck, in arrivo da Vienna, ispeziona i punti più rimarchevoli della strada ferrata sul tratto Lubiana – Trieste. “Dopo aver pernottato a Sesana, egli percorse tutta la linea della ferrovia da Nabresina a Trieste, ispezionando pure i lavori già ben avanzati dell’acquedotto di Nabresina” (Il Diavoletto, 14.5.1856).
In giugno è il settantaquattrenne arciduca Giovanni, prozio dell’Imperatore, che esprime il desiderio di visitare le sorgenti. Il Lloyd gli mette a disposizione un suo piroscafo, sul quale egli prende posto accompagnato dai conti de Meran, dal luogotenente barone di Mertenz, da numerose altre autorità, dal Consiglio d’Amministrazione della Società dell’Acquedotto e dalla direzione del Lloyd. L’escursione è rallegrata dalla banda musicale del Lloyd. Il giornale ricorda che “Sua Altezza Imperiale è espertissima delle cose geologiche, delle opere idrauliche, del genio civile”, ed informa che ben conoscendo il nostro territorio, le formazioni sotterranee e le acque latenti, “riconobbe a primo aspetto che le acque come che provenienti dall’interno, e moventi da lontano, erano inesauribili, e tali da soddisfare alla necessità di ben maggiori città, ed applaudiva al proponimento di condurle, ed all’esecuzione” (Il Diavoletto, 25 e 26.6.1856).
La Triester Zeitung del 14.8.1856 prevede che l’acqua giungerà a Trieste già nella prossima estate (è ulteriormente scivolato quindi il termine di febbraio 1857), i lavori proseguono alacremente, alla pompa a vapore ausiliaria se ne è affiancata un’altra, e per completare i lavori in tempo “è stato concesso un anticipo erariale di 300.000 f. a condizioni di rimborso favorevoli”.
Quest’ultimo intervento è un risultato di una operazione iniziata più di un mese prima, quando la Società chiede che il Comune si faccia garante per poter ottenere un prestito di 300.000 f. dalla Banca Nazionale (28). La domanda viene esaminata nella seduta consiliare del 14.7.1856 e dopo ampia discussione che spazia dal richiamo al diritto degli acquedotti (che dal 1819 sono proprietà assoluta dei Comuni) alla consapevolezza che l’acqua è necessaria alla ferrovia, senza la quale Trieste non può battere la concorrenza di Amburgo, si accoglie la richiesta a patto che il Comune possa eleggere metà dei consiglieri e dei direttori
della Società e che dopo 50 anni i fondi e gli impianti divengano di esclusiva proprietà comunale. Ma il Ministero del Commercio non trova accettabili le condizioni, e quindi la somma viene anticipata dal Tesoro dello Stato (29).
Continuano le visite di personaggi importanti: a metà agosto, quando la penuria d’acqua ricompare, è la volta del ministro dell’interno barone de Bach (30), a fine mese dell’arciduca Leopoldo (31).
Infine, dal 20 al 24 novembre giunge in visita ufficiale a Trieste la coppia imperiale. Fin dal 3 novembre l’Osservatore Triestino annuncia che i due illustri ospiti si recheranno “all’acquedotto sotto Santa Croce, i cui fabbricati, ora in ampio sviluppo di erezione, saranno a cura della rispettiva Direzione convenientemente decorati”.
Tra le varie manifestazioni, descritte dalla stampa locale e riportate dai periodici di tutto l’Impero, ha un ruolo importante la suddetta visita, rimandata dal 22 al 23 per la forte bora. L’Osservatore Triestino del 24.11.1856 narra come, calmatosi il vento, il piroscafo Imperatrice, scortato da mezza dozzina di navi, abbia portato la coppia imperiale a Miramare e a
S. Croce.
Il cronista descrive con orgoglio il magnifico panorama che va dalla città di Trieste all’Istria e alle Alpi Friulane, gli innumerevoli pescherecci galleggianti lungo la costa, gli edifici dell’acquedotto adornati con bandiere, fronde ed epigrafi, gli operai acclamanti: “Le SS. MM. furono ossequiate riverentemente dalla direzione dell’Acquedotto ed accompagnate a visitare i lavori, le pompe, i sotterranei, le macchine, ecc. indi si degnavano d’inscrivere gli augusti nomi sulla prima pagina d’un Albo, che ricorderà ai posteri come quella patriottica impresa sia stata felicitata nel suo primo nascere da visita sì fausta.” (Osservatore Triestino, 24.11.1856).
Tra le numerose disposizioni preparatorie delle cerimonie che l’Archivio di Stato di Trieste conserva, sono interessanti il Programma per la visita a S. Croce e il Promemoria destinato ai giornali triestini (32). Il primo stabilisce dettagliatamente gli spari dei mortaretti, gli ornamenti di verzura, gli Evviva degli operai ordinatamente schierati ed agitanti bandierine; il percorso delle Loro Maestà, le iscrizioni augurali, la fonte pronta per l’eventuale assaggio, l’albo delle firme. Il secondo ricorda quanto era stato pubblicato dall’Osservatore Triestino durante la visita della coppia imperiale del 1850: programmi delle feste, lista degli alloggi del seguito, “un articolo di fondo che preparava gli animi al solenne ricevimento un giorno prima dell’arrivo”, descrizione dell’arrivo stesso, nomi delle persone ammesse alla mensa imperiale. In particolare si ricordano i compiti dei giornalisti ammessi al seguito, gli orari di stampa, la presentazione delle bozze per l’approvazione della presidenza luogotenenziale, la concertazione vicendevole delle diverse redazioni per l’unità delle descrizioni. Nulla viene lasciato al caso.
Il compimento dell’opera
Già nel dicembre 1856 la direzione della Società chiede al Comune quali disposizioni voglia dare per le due fontane da erigersi sul piazzale della stazione ferroviaria, ma appena il 27.4.1857 l’ispettore edile Bernardi, interpellato in merito, risponde che fino a compimento dei grandiosi edifizj della stazione, essendo ingombro il piazzale antistante di tettoie e di materiale da costruzione, si debba soprassedere alla regolazione del terreno, alla formazione dei giardini, e quindi anche della posa in opera delle fontane e relative tubature (33). Il 16.5.1857 la Società chiede che si sia versato l’ultimo 15% del capitale delle azioni assunte (34). La Triester Zeitung del 16.6.1857 descrive ampiamente i lavori in via di completamento, ma il 22 dello stesso mese l’ispettore edile Bernardi chiede alla amministrazione comunale dove si debba collocare il grande serbatoio per distribuire l’acqua in città, segno che, se per la ferrovia tutto è quasi pronto, Trieste dovrà ancora attendere (35). Col medesimo articolo, l’Osservatore Triestino del 30.6.1857 ed il Diavoletto del 1.7.1857 danno notizia delle prime corse.
Il 10 luglio, nella sala piccola della Borsa, si tiene il Congresso Generale degli azionisti della Società d’Acquedotto d’Aurisina (36). Il giorno 20, dopo tre giorni di cure e di fatiche per mettere in opera le grandiose macchine e i rispettivi tubi, l’acqua giunge al bacino sotto Nabresina, tra sparo di mortaretti e grida di giubilo dei lavoratori (37). Ed il pomeriggio del 23 essa appare per la prima volta alla stazione ferroviaria di Trieste. Ne danno l’annuncio con piacere i giornali del giorno dopo, omettendo di specificare che si tratta solo di un palliativo per i cittadini, afflitti come al solito dalla siccità estiva.
Verso la metà di agosto la Società d’Acquedotto d’Aurisina fa sistemare una fontana provvisoria, per uso della popolazione, presso la stazione stessa (38).
Ma intanto si prepara l’inaugurazione ufficiale della ferrovia. L’avvenimento è celebrato dalla stampa di tutto l’Impero. In particolare la Wiener Zeitung, con una serie di articoli dal 24 luglio al 9 agosto, accompagna la descrizione delle cerimonie con notizie sul percorso Vienna-Trieste, sulle difficoltà superate, su orari e tariffe della linea.
Il 27 luglio 1857 Sua Maestà Francesco Giuseppe, accompagnato dalla consorte e da numeroso seguito, giunge a Trieste e pone la pietra finale dell’opera. La coppia imperiale riparte per Vienna la sera stessa, ma i numerosi ospiti arrivati per l’occasione rimangono ancora qualche giorno visitando le sorgenti con i vapori messi a disposizione dal Lloyd e partendo il 29 alla volta di Adelsberg, insieme a molti cospicui nostri concittadini invitati onde assistere allo spettacolo dell’illuminazione di quella celebre grotta, aperta e decorata festosamente a cura dell’inclito Municipio di Lubiana per organo di speciale commissione (Osservatore Triestino dd. 29-7-1857).
Appena il 3 ottobre viene pompata l’acqua fino al grande serbatoio della torre piezometrica, attivando l’acquedotto cittadino. Il giorno 5 il luogotenente barone Mertenz, accompagnato dai dirigenti della Società, dal civico ispettore edile Bernardi, dall’ingegner Junker, visita la torre e la stazione di Nabresina col suo serbatoio, accerta il corretto funzionamento degli impianti, esprime agli accompagnatori la sua piena soddisfazione e ne rende partecipe sull’istante per via telegrafica il ministro del commercio (Osservatore Triestino del 6.10.1857).
Il contratto con l’amministrazione ferroviaria
Il 5.10.1857 viene stilato il contratto definitivo fra l’amministrazione ferroviaria rappresentata dal luogotenente barone de Mertens per incarico speciale del ministro del commercio, e la Società d’Acquedotto Aurisina, rappresentata dal suo presidente cav. dr. de Scrinzi e dai direttori Caroli e de Ritter (39).
In premessa, ricordati i decreti ministeriali in base ai quali si è formata la Società, gli scopi, i terreni da lei acquistati, si ricorda che lo Stato ha anticipato 500.000 fiorini rimborsabili senza corresponsione d’interessi. La Società viene autorizzata ad utilizzare per 50 anni “le acque che sgorgano a piè del monte S. Croce tanto cioè di quelle rinvenute nell’interno dei suoi propri fondi compresi nel territorio triestino, come di quelle, che scaturiscono in situazione più bassa sotto il monte Aurisina o Nabresina soggetto alla giurisdizione di Gorizia”.
Tali sorgenti “sono e rimangono proprietà delle ferrovie erariali”.
Trascorsi cinquant’anni dall’attivazione dell’acquedotto, questo con tutte le appartenenze (realità, fondi, edifizi, macchine, ecc.) necessarie agli usi pubblici e comunali (esclusi quindi tubi e congegni per uso privato) passeranno in proprietà indivisa dello Stato e del Comune, che si accorderanno sul loro uso futuro.
La Società si obbliga a rifornire con 10.000 p.c. giornalieri (immediatamente raddoppiabili a richiesta) le stazioni di Nabresina, Grignano e Trieste, nonchè tutte le relative case di custodia e segnali. Il corrispettivo sarà di 10.000 f. annui per i primi 10.000 p.c. giornalieri e di 1 f. annuo per ogni ulteriore p.c. giornaliero richiesto. Se saranno necessari più di 20.000 p.c. giornalieri, si stipulerà un nuovo accordo.
Solo dopo aver soddisfatto i bisogni della ferrovia (potrà la Società disporre come a lei meglio sembra del maggior quantitativo d’acqua che fosse per estrarsi dalle sorgenti suddette), cioè potrà venderlo al Comune ed ai privati.
Il contratto prevede poi la presenza di un Commissario imperiale alle sedute della direzione e del consiglio della Società con facoltà di sospendere le deliberazioni ritenute nocive per l’erario della ferrovia, rinviandole alla decisione ministeriale; tale Commissario potrà anche sorvegliare la costruzione e la manutenzione dell’acquedotto tutelando i diritti dell’amministrazione ferroviaria.
La Società avrà “l’esclusiva della vendita d’acqua dolce per qualunque uso a portata del nuovo acquedotto,” come già previsto dal suo statuto. L’Erario si tutela da eventuali inadempienze con ipoteca speciale sui fondi, manufatti e macchinari della Società.
La fornitura alla città
Il Diavoletto del 22.11.1857, con un articolo ottimista come al solito, fa il punto sulla posa in opera della conduttura cittadina (fig. 4). Ma negli stessi giorni, quando la Società chiede al Comune di pagare l’acqua erogata dalla fontana provvisoria fin da agosto nei pressi della stazione, fontana che deve essere spostata con urgenza per i lavori da farsi e che fu lasciata più a lungo del previsto perchè anche l’autunno fu privo di piogge, risulta che il consumo non è di 15.000 p.c. al giorno, come indicato dal periodico, e nemmeno di 10.000, come stimato dalla Società, ma molto inferiore: il 19 novembre era di soli 2.254 p.c. perciò si chiede all’Ispezione Edile di rilevarlo attentamente e di riferire in proposito (40). Con l’avvio degli scavi per la posa in opera delle tubature si presentano i primi inconvenienti: l’11 dicembre, su mozione d’ufficio, il Comune avverte la Società che, sia lungo la strada nuova che lungo la vecchia per Opicina, l’immunizione sporge per alcuni pollici, impedendo il deflusso delle acque piovane nel canale laterale. Sulla strada vecchia, poi, lo scavo rimane aperto troppo a lungo, provocando pericolo e disagio al traffico, tanto che alcune vetture si sono rovesciate (41). Sembra quindi che i lavori procedano con una certa fretta e senza la necessaria accuratezza.
Comunque, a risposta di richiesta del 19.12.1857, il Comune specifica che ha già stipulato contratto per la fornitura giornaliera di 15.000 p.c. d’acqua, “quantità questa che in aggiunta agli esistenti pozzi e fontanoni servirà a coprire abbondantemente i bisogni attuali della popolazione con un margine discreto anche pel caso che questa dovesse accrescersi di numero”. Si darà precedenza alle zone dove l’acqua scarseggia. Per il momento si attinge ancora alla stazione ferroviaria “l’acqua che rimane disponibile dopo esposto il bisogno per il servizio per la strada ferrata” (42). Quanto ai privati, il foglio da stampa datato 29.12.1857 (43) elenca le contrade che saranno provviste di acqua potabile nei primi mesi del 1858 riservandosi di aggiungerne altre qualora vi si trovassero numerosi proprietari disposti ad abbonarsi. L’altezza massima raggiungibile è di 180 piedi s.l.m. (57 m). Vengono riportate anche le tariffe per case d’abitazione, stabilimenti industriali, campagne, bastimenti.
Alcuni documenti (44) riguardano l’erezione di un serbatoio d’acqua “sul fondo erariale della ferrovia in vicinanza della stazione di fermata a Miramare” (così il Protocollo degli esibiti del 7.4.1858). Si tratta di fornire d’acqua il castello in costruzione che fin da febbraio l’ing. Junker, direttore dei lavori, ha chiesto all’amministrazione ferroviaria – su espresso desiderio dell’arciduca Ferdinando Massimiliano – di ottenere a tale scopo un terreno erariale di circa 100 metri quadrati. Data la destinazione, la Direzione Centrale di Vienna, decide di concedere l’area a titolo gratuito. Tuttavia è probabile che durante la siccità degli anni successivi l’opera si dimostri insufficiente, poiché nell’aprile del 1861 il Comune decide di utilizzare per il rifornimento del castello anche “la piccola sorgente d’acqua detta Potok di Grignano” (45). L’uso, accordato in via precaria, sentiti i delegati di Prosecco e Contovello, è limitato alle ore notturne, essendo di giorno l’acqua necessaria agli abitanti della zona.
Qualche mese dopo l’arciduca farà venire a Trieste l’abate Richard, noto idrologo francese, che studierà il modo di utilizzare il corso del Timavo sotterraneo (Reca) per i bisogni del castello e della città (46). Ma questo è un altro argomento, da trattare in futuro.
Le speranze di Santa Croce
Mentre in città i lavori della Società Acquedotto Aurisina proseguono alacremente, anche gli abitanti di Santa Croce chiedono la costruzione di una conduttura (47). Ma il 20.5.1858 un rapporto dell’Ispettore Edile Bernardi specifica che la torre della stazione ferroviaria di Aurisina è di alcuni klafter più bassa del villaggio di Santa Croce, quindi “un’eventuale conduttura con pressione naturale potrebbe al massimo trasmettere l’acqua soltanto in vicinanza all’edifizio della posta vecchia, oppure sopra un punto dell’altro versante verso il mare” ma non fino al centro dell’abitato. La spesa sarebbe di 8860 fiorini e 9 carantani, perciò la richiesta viene archiviata, in attesa di tempi più opportuni. Una nuova domanda avrà uguale esito negativo nel 1860.
Il 9.9.1861 i delegati Antonio Cossutta e Giuseppe Bogatez presentano un’istanza al Consiglio Municipale di Trieste per il ripristino del pieno diritto di proprietà degli abitanti di Santa Croce sul fondo n. tav. 3348 e n. cat. 454, occupato dalla Società Acquedotto Aurisina con le opere di canalizzazione ed il serbatoio. Ricordano come detti abitanti non furono preventivamente consultati ed alle loro proteste fu risposto, dal Presidente cav. Scrinzi e dall’ing. Junker, che per il bisogno della villa si sarebbe aperta una spina d’acqua perenne. Invece la popolazione, di oltre milleduecento anime, ha solo una cisterna. La cui acqua non basta nemmeno per quattro mesi all’anno, per cui bisogna recarsi “collo spendio di trequarti d’ora fra andata e ritorno ad una sorgente presso il mare e ciò per aspra strada o addirittura mandare i carri a San Giovanni di Duino”. All’istanza è allegata una “mappa censuaria della Comune di S.ta Croce nel Litorale, Territorio di Trieste”.
Appena nel marzo 1862 il Comune di Trieste informa della questione la Direzione dell’Acquedotto Aurisina, ricordando che “ripetute volte gli abitanti del villaggio hanno chiesto che fosse accordato uno sbocco d’acqua, ad essi stato promesso in compenso del fondo comunale occupato per l’acquedotto” ed invitandola perciò “a voler dichiararsi, in qual modo ritiene di venir incontro alla domanda dei medesimi”. La discussione si trascina negli anni seguenti, con un tentativo di coinvolgere anche la Società della Ferrovia Meridionale (Südbahn – Gesellscahaft), che però declina ogni responsabilità nel merito, in quanto la Direzione dell’Acquedotto Aurisina, all’epoca in cui aveva ceduto gli impianti (1858), si era assunta l’obbligo di definire tutte le pendenze relative all’occupazione dei fondi.
Problemi finanziari
La Triester Zeitung del 17.6.1858, nella sua cronaca cittadina informa che la Direzione della Società Acquedotto di Aurisina ha proposto al Comune di Trieste di subentrare come proprietario di tutti gli impianti contro il rimborso del 4% annuo per il capitale azionario e l’impegno a completare i lavori.
Finora è stato speso un milione di fiorini, ne saranno necessari altri 300.000 per il completamento ed alcuni, calcolando più dettagliatamente prevedono che occorrerà una ulteriore spesa di 150.000-200.000 fiorini. Le azioni della Società sono al 50% del loro valore nominale, quindi un aumento di capitale è fuori discussione, d’altra parte le condizioni economiche del Comune sono tali da non permettergli di assumersi un nuovo considerevole peso.
Dal canto suo lo Stato ha già ceduto la sorgente, concesso un prestito senza interessi, eseguito i lavori di sterro lungo la sede ferroviaria per la posa in opera dei tubi, quindi non gli si può chiedere alcun ulteriore sacrificio. Ma l’impresa non può arenarsi, l’acqua di Aurisina è di importanza altrettanto grande per la ferrovia come per Trieste ed il suo porto. Ancor più pessimista è il Kert (48), che nel giugno 1858 scrive:
”L’acquedotto di Nabresina non ha fino adesso recato nessun giovamento eccettuata l’acqua che fornisce la ferrovia. Tutte le strade della città sono malconcie, rotte ed in disordine per far passare i tubi di ferro onde introdurre l’acqua nelle fontane e case ma senza un soddisfacente risultato non perchè l’acqua manchi alla sorgente ma perchè il meccanismo per alzarla e livellarla fu sommamente costoso e perchè la Società è esausta di mezzi avendo costato già quest’impresa oltre un milione di fiorini e per abbisognare a completarla oltre altro mezzo milione, per cui le azioni perdono un 50%, per cui s’intenderebbe di fare assumere questo bell’affare alla Comune che si trova anch’essa in poco buone circostanze finanziarie”.
E più avanti:
“La Società che rappresenta l’acquedotto di Nabresina sembra di voler fare un tentativo onde farsi assumere dal Magistrato quest’impresa, mentre per terminare quest’acquedotto occorerano ancora da 400 a 500.000 f. La Società sin’ora è esposta con 600.000 ed il Governo per 300.000 f. imprestati, sicchè costa già questo lavoro un milione di fiorini e l’acqua non è ancora propriamente introdotta in città, abbenchè ci si adopri per introdurla; in questo stato di cose il Magistrato, che già si è obbligato di pagare per alimentare le fontane f. 13.000 alla Società non si dimostra propenso d’assumersi quest’impresa che va soggetta a gravi dispendii non già perchè l’acqua possi mancare in quantità ma per la manutenzione delle macchine che dal livello del mare la deve innalzare ad una altezza di 100 e più Klafter per portarla alla sommità del monte di Nabresina stessa e per l’aggravio dell’interesse in ragione del 4% annuo che dovrebbe corrispondere alla Società, le di cui azioni perdono a quest’ora già il 50%. Intanto l’acqua estratta da altre fonti si conduce in botti sopra carretti per le contrade della città e si vende a carantani 1½ il mastello”.
Nella seduta consiliare del 3.7.1858 si dovrebbero discutere le proposte della Direzione della Società. In realtà si discute dei maggiori costi dell’acquedotto, si ipotizzano errori nei calcoli tecnici, si chiede conferma della potabilità dell’acqua, talvolta torbida per la rottura dei tubi o perchè insufficientemente filtrata, poi si decide di nominare una commissione che si occupi di tutti questi argomenti (49). Da notare che, siccome i consiglieri municipali sono in maggioranza azionisti della Società, in questioni che riguardano l’acquedotto hanno diritto di voto solo 24 di essi. In tal senso si era espressa la Luogotenenza su richiesta del podestà (50).
La discussione in Consiglio porta a conoscenza di tutti i cittadini i dubbi e le lamentele dei singoli. Ci si comincia a chiedere se la costruzione dell’acquedotto sia stata un buon affare per la città e soprattutto se finalmente essa sia servita a sconfiggere la siccità sempre più minacciosa. Un giornaletto umoristico locale non legato ai grandi imprenditori e quindi destinato a scomparire entro breve tempo, La Ciarla, in data 10.7.1858 riassume – nella sua rubrica dedicata alle chiacchiere locali – lo stato d’animo della gente:
“Nota I – Sento che i tubi che devono condurre l’acqua da Nabresina fecero mala prova in più d’un luogo, e che perciò il nostro Municipio, sollevando l’impresa, s’addosserà la continuazione del lavoro. Il nostro Municipio dispiega un corraggio civile veramente mirabile.
Nota II – Sento che alla Borsa si diceva come soltanto la metà dei consiglieri municipali voterà per la deliberazione sull’impresa condutrice dell’acqua, essendo l’altra metà formata di azionisti. Se tutti fossero azionisti forse che di già la faccenda sarebbe aggiustata.
Nota III – Sento che la detta acqua di Nabresina sia imbevibile, almeno per ora e che produce mali di pancia e sconcerti di stomaco, tanto che alcuni caffettieri per il rumore che ne fecero i loro avventori, non la vanno a prender più.
Nota IV – Sento che la sullodata acqua resterà imbevibile per molto e molto tempo ancora, grazie alla ottima disposizione dei tubi che passano attraverso i canali degli scoli, dai quali sono stati mirabilmente protetti con faticosissimi lavori.”
Ma due settimane dopo, in data 24.7.1858, l’autorevole Triester Zeitung tenta di mettere in luce con un ampio articolo il lato positivo della situazione. Senza prendere in esame ciò che interessa di più – la bontà dell’acqua e la situazione finanziaria della Società – elenca le imprese ed i privati che già hanno firmato un contratto per la fornitura d’acqua: tra le prime spiccano la fabbrica di birra Hentsche con 800 p.c. al giorno ed il molino a vapore con 700; al Lloyd bastano 300 p.c. per i suoi vapori; altrettanti ne consuma l’Hotel della Ville. Tra i privati è in testa il Revoltella con 100 p.c. giornalieri, seguito dal Deseppi con 70 e da parecchi altri. Il Comune riceve già 3.000 p.c. per le sue due fontane pubbliche in funzione, ma altre ne sono previste. In totale la fornitura giornaliera è di 5.555 per la città, 1.500 per il castello di Miramar, 10.000 per la ferrovia. Ciò dà un’entrata di 35.000 fiorini all’anno.
Intanto però ricompare la siccità: in data 1.8.1858 l’ispettore edile Bernardi riferisce che i fontanoni della Caserma e dietro la Chiesa della Beata Vergine del Soccorso vengono alimentati con trasporti durante la notte; la zona con maggior penuria d’acqua è quella attorno a piazza Lipsia (ora Piazza Hortis): via del Lazzaretto Vecchio, di San Sebastiano, della Sanità. Nella seduta del giorno 3 la Delegazione Municipale decide di sistemare una fontana nella zona, già raggiunta dalle tubature, con un costo di circa 300 f. Con altri 270 f. si introdurrà l’acqua di Aurisina nella fontana già esistente in piazza della Legna (ora Piazza Goldoni) (51).
L’intervento della Ferrovia Meridionale
Il 28.10.1858 il Kert annota nel suo Giornale: “Ieri sera in una seduta tenuta dalla Società dell’Acquedotto di Nabresina è stata accettata l’offerta fatta dagli acquirenti della Strada ferrata meridionale di assumere l’acquedotto fino alla Stazione di Trieste per la somma di f. 960.000, pagando allo Stato f. 500.000 per tanti prestati alla Società e numerano inoltre alla stessa f. 460.000 a pareggio, lasciando in proprietà alla Società la rete dei tubi e somministrando alla medesima 50.000 p.c. d’acqua al giorno in ragione di f. 1,5 all’anno per piede cubo”.
Per comprendere come si arriva a tale accordo bisogna ricordare che l’Austria, da anni in crisi, cerca nuove fonti di finanziamento. Una di queste è la vendita delle ferrovie statali a società per azioni che, oltre a versare somme considerevoli per l’acquisto, s’ impegnano per completare gli eventuali lavori in corso o in progetto perchè l’economia nazionale non ne risenta.
Nel settembre 1858 è la volta della Ferrovia Meridionale e la Società subentrante, vista la posizione di stallo del Comune di Trieste, si offre di sostituirsi ad esso evitando così che la Società dell’Acquedotto si trovi a corto di liquidi e debba rallentare o addirittura sospendere i lavori di allacciamento.
Se il Comune, rappresentato all’assemblea dall’assessore Wallop, si limita a controllare che nel contratto vengano mantenuti illesi i suoi diritti (52), parecchi azionisti si dimostrano perplessi, forse perchè non bene a conoscenza della cattiva situazione finanziaria; tra l’avv. Scrinzi, presidente della Società dell’Acquedotto, e l’avv. Plantner, azionista, corrono parole grosse e si arriva alla reciproca querela; in seguito però ai buoni uffici dei loro colleghi, riescono a comporre la lite (53). Comunque, nell’assemblea generale straordinaria del 27.10.1858, cui partecipano 100 azionisti con 383 azioni (54), si decide di vendere acquedotti ed impianti fino alla piazza della stazione.
La questione dei prezzi
Sbaglierebbe chi immaginasse la Società dell’Acquedotto Aurisina ormai senza problemi finanziari e tutta tesa a completare gli allacciamenti.
Già nel marzo 1859 sorge una nuova divergenza col Comune. Nei mesi estivi del 1857 e 1858 la siccità aveva obbligato l’amministrazione civica a chiedere che la Società aprisse una fontana ad uso del pubblico. Per tale servizio la spesa era stata calcolata unilateralmente sulla base di 3 f. e 56 car. per piede cubo e naturalmente il Comune aveva rifiutato, dichiarando che non era il caso di parlar di aumenti, “fin tanto che tutte le opere della conduttura in città non fossero portate a termine”.
Il 15.3.1859 la Società, stanca di attendere, minaccia di sospendere la fornitura a tutte le fontane pubbliche. Il Comune si attiva immediatamente, chiede il parere del civico procuratore avv. Kandler e convoca una seduta straordinaria del Consiglio nella quale, come ogni volta che si discute dell’acquedotto, avranno diritto di voto solo i consiglieri che non possiedono azioni della Società.
Il parere del Kandler, che serve da guida nella seduta, è chiaro: si tratta non solo di pubblica utilità, ma di pubblica necessità, quindi fornire l’acqua alla città ed alla ferrovia è un obbligo inderogabile, solo con i privati la Società può trattare sul prezzo e porre condizioni. Tuttavia, per non protrarre la questione, il Comune propone un lieve ritocco alla tariffa: un f. e 30 car. per piede cubo limitatamente ai 15.000 p.c. giornalieri finora forniti, oppure in alternativa, 2 f. per p.c. per qualunque quantitativo usato ai fini pubblici, contro i 4 f. per p.c. richiesti ai privati. Inoltre, si potranno concordare aumenti di 10 in 10 anni, ma il Comune si riserva il diritto di rivedere i conti della Società (55).
I rapporti tra Comune e Società
Nel Congresso Generale degli Azionisti del 5.7.1859 il Comune di Trieste viene chiamato a far parte del Consiglio d’Amministrazione. L’assessore Wallop sarà delegato a rappresentarlo (56).
Nella stessa seduta vengono approvati i bilanci fino al 15 giugno e si dichiara di restituire “agli Azionisti sopra ogni Azione di f. 1.050 V.A. l’importo di f. 550 coll’interesse fino a tutto Giugno riducendo per conseguenza le singole Azioni a f. 500 V.A. l’una coll’interesse decorribile dal dì 1 gennajo pp. in poi”.
Il bilancio mostra una situazione sostanzialmente sana, anche se non brillante, gli allacciamenti in città sono a buon punto e quindi i canoni incrementeranno le entrate, gli accordi col Comune di Trieste e con la Ferrovia Meridionale sono una fonte sicura di guadagno malgrado il prezzo contenuto. Ma la siccità estiva, puntuale come sempre, fa sorgere qualche dubbio sulla capacità dell’acquedotto. Non ci è dato di conoscere l’opinione dei cittadini perchè la stampa, in gran parte proprietà del Lloyd Austriaco, evita di parlarne, però il Diavoletto, col consueto suo tono scherzoso, in data 2.8.1859 chiede dove sia finita l’acqua: “…Cosa vuol dire che più non corre quella d’Aurisina? Non si vuol averla, non si vuol darla, o non ce n’è? L’hanno forse mandata a spasso, o fu intercettata interamente dagli osti, dai birraj, e dagli speziali? Se si volesse rispondere, saremmo obbligatissimi”. Tuttavia, il giorno seguente il giornaletto deve pubblicare una rettificazione: “La mancanza… pare, a quanto ci consta, non essere inconveniente tutt’ora esistente; e che si limitasse a una breve sospensione nel fornimento di essa…”. Il 24 agosto esso fa addirittura l’elogio dell’acquedotto: “La lunga siccità che ne afflisse anche quest’anno, e che non mostra volersi ancora arrendere… ci dimostrò di nuovo il benefizio sommo… l’inesausta acqua di Aurisina, che tanti vantaggi arrecò alla nostra città”. A riprova della sua abbondanza si scrive che il giorno prima, mentre si riempivano le botti essa sgorgava dai tubi in tanta “copia, e con impeto forte così, da aver bisogno di sei robuste braccia a mantenere la manica in sito, perchè non insfuggisse e non deviasse”. Il cronista sembra non sapere che questa pressione è determinata dall’altezza del serbatoio, non dalla portata della sorgente. L’articolo conclude lodando la bontà dell’acqua ed assicura che, se per il momento essa non è troppo fresca, migliorerà col nuovo serbatoio, la ventilazione, ecc. Ed il 29 agosto, ad un acquatico anonimo che protesta “qualsichè a Trieste tutti morissero di sete”, la risposta è ancor più generica:”… non vediamo quest’estremo bisogno della limpida linfa… Trieste fece quant’era fattibile…”.
Non conosciamo il comportamento dell’amministrazione comunale di fronte alle proteste dei cittadini, comunque qualche dubbio sulla potabilità della scarsa acqua deve esserci stato, se nel Protocollo degli esibiti del 14.9.1859 si legge: Carlo Dr. Frentler informa sull’analizzazione dell’acqua di Nabresina. Purtroppo tale rapporto ed i relativi commenti sono stati distrutti, assieme a tonnellate di altre pratiche, nel grande scarto del 1908.
L’ultimo anno del Consiglio Decennale
Gran parte della corrispondenza tra Comune di Trieste e Società dell’Acquedotto di Aurisina riguarda la vecchia questione del quantitativo d’acqua da fornire alle fontane pubbliche e dell’adeguamento del suo prezzo. Parecchie pratiche vengono ritirate dall’Archivio tra il 1877 ed il 1879 quando il Comune, constatata l’insufficienza dell’acquedotto, studia la possibilità di utilizzare nuove fonti senza toccare gli interessi della Società. Al loro posto si trova un biglietto con la data del prelievo e la firma di L. Vareton, presumibilmente il funzionario incaricato del loro riordino.
È reperibile invece il processo verbale della seduta consiliare straordinaria del 29.12.1860, diretta a definire le trattative in questione (57).
Il diritto di voto è limitato ai 20 consiglieri che non possiedono azioni della Società e, su richiesta di un consigliere, il podestà Tommasini conferma la regolarità della procedura, già adottata altre volte e comunque sottoposta all’approvazione della Luogotenenza.
Il relatore, assessore Wallop, spiega come – esaurito ogni tentativo di conciliazione – nella seduta del 29.3.1859 si era deliberato di offrire alla Società la scelta tra la fornitura di 15.000 p.c. giornalieri a f. 1 e car. 30 annui per p.c. oppure quella di qualunque quantità richiesta dal Comune – senza fissare nè un massimo nè un minimo – a 2 f. annui per ogni p.c. giornalieri.
La Società aderiva alla seconda proposta, contestando però il prezzo, l’obbligo di fornire un numero indeterminato di fontane pubbliche con perdita conseguente di acquirenti privati, le garanzie sulla qualità e temperatura dell’acqua e la concessione della stessa in uso gratuito nei casi d’incendio. Perciò ora si propone il prezzo di f. 2 car. 80 con l’obbligo della Società di ridurlo a f. 2 dopo il primo quinquennio. Il contratto sarà triennale e rinnovabile automaticamente, salvo rinegoziazione, per tutta la durata della concessione cinquantennale.
Si apre un’ampia discussione: la riduzione del prezzo non può essere decisa ora ma trattata in fase di rinnovo del contratto, non è opportuno obbligarsi per tutti i 50 anni, il consumo attuale per le fontane e gli stabilimenti comunali è di soli 2000-2500 p.c. giornalieri e la Società sta ancora completando la sua rete di distribuzione, non ha ancora raggiunto l’Arsenale del Lloyd nella cui zona potrà rifornire anche altri privati. C’è chi vuole demandare tutta la questione al nuovo consiglio che sarà eletto fra pochi mesi e chi ritiene che si sia già aspettato troppo. Le critiche all’acqua non mancano: è calda, di qualità non troppo buona, dati i costi converrebbe scavare altri pozzi e fontanoni; l’alto prezzo “è da attribuirsi alla perdita oltre di fiorini 10.000 ch’essa soffre per la dispersione…”. Si pattuisca perciò la fornitura per un solo anno, sarà poi il nuovo Consiglio a decidere per il futuro, del resto, l’acqua dei fontanoni è buona e costa al Comune solo 6.000 f. all’anno.
Si fa però presente che la riduzione della durata del contratto ad un solo anno potrebbe spingere la Società a chiedere che il Comune acquisti i 15.000 p.c. giornalieri originariamente previsti. Si ribatte che al momento la Società non è in grado di fornire tale quantità. Alla fine si vota per un contratto triennale fissando il prezzo di 2 fiorini e 80 carantani all’anno per ogni piede cubo fornito giornalmente.
La deliberazione viene inviata alla Luogotenenza che risponde in data 4.4.1861, quando già si è insediato il nuovo Consiglio. Traccia di tale risposta (N.605/P.) rimane soltanto nel Protocollo degli esibiti dell’otto aprile, perchè la relativa pratica è stata ritirata dal Vareton in data 20.5.1879. Del pari manca il parere del procuratore civico dr. Kandler, protocollato il 15 aprile nel registro della Presidenza.
Il Bersa (58), che non poteva consultare i documenti qui descritti e doveva accontentarsi delle scarne notizie dei giornali, scrive nel 1889: “...nel contratto 29 ottobre 1861, passato tra il primo Consiglio succeduto al decennale, e la Società il prezzo, a tutto dicembre 1863, fu fissato a fiorini 2.80”. È la conclusione di una vicenda durata dieci mesi, che mostra con quale animo il Consiglio decennale abbia concluso il suo mandato, dopo i facili entusiasmi di alcuni anni prima.
Verso ulteriori ricerche
Nel marzo 1861 entra in funzione il nuovo Consiglio a maggioranza liberal-nazionale che non si considera vincolato dagli accordi stipulati dall’amministrazione precedente, anche perchè l’acquedotto si dimostra inferiore alle aspettative, diventando un facile bersaglio alle critiche. Da parte sua, la Società tenta di migliorare il servizio scavando nuove gallerie di captazione che dovrebbero aumentare la portata delle sorgenti e continuando i lavori di canalizzazione in città e dintorni per moltiplicare le zone collegate e quindi gli introiti.
Se in ottobre, come abbiamo visto, viene concluso il contratto sulle premesse poste dal Consiglio decennale, l’orientamento generale è di cercare nuove fonti di approvvigionamento, fatti salvi i deboli diritti della Società. Nel 1862 viene iniziato uno scavo in quella che poi sarà chiamata la Grotta dei Morti (15 VG), situata nei pressi del Monte Spaccato, sul declivio che dalla dorsale del Monte Calvo scende verso Guardiella. Dopo un anno di facile progressione cominciano gli intoppi, si prosegue per pochi metri all’anno e nel 1866 si tenta di aprire una strettoia con una mina le cui esalazioni uccidono quattro operai (59).
La tragedia ha come conseguenza l’abbandono dei lavori e da allora il Comune, pur non tralasciando gli studi sul Timavo sotterraneo (60), prende in esame anche la possibilità di attingere al Timavo Superiore (Reka) come già proposto trent’anni prima ed ora riproposto dalla stampa (61).
La forte siccità dell’estate 1868, quando l’acquedotto di Aurisina rimane in secca per oltre due mesi (62), accelera i tempi, ma bisogna aspettare la siccità, per fortuna più lieve, dell’estate 1869, perchè l’amministrazione comunale si decida ad invitare l’ing. Bürkli di Zurigo (63) che l’anno seguente, in unione con gli ingegneri dell’Ispezione Edile, riproporrà l’acqua del Risano, di miglior qualità e più abbondante durante l’estate (64), in accordo con il Buzzi dell’Associazione Triestina per le Arti e per l’Industria e in contrasto con il Galimberti della Società del Progresso che vi contrappone il Timavo.
Lo Sforzi, da parte sua, parteggia per la sorgente Hubel (Hubelj) che alimenta il Frigido a Vipacco (Vipava) (65). La divergenza delle opinioni accenderà una discussione che si protrarrà oltre quarant’anni e verrà troncata solo dalla prima guerra mondiale. Da parte sua, la Società Acquedotto Aurisina scaverà nuove gallerie più alte, per evitare le infiltrazioni d’acqua marina durante i periodi secchi ed all’inizio del Novecento costruirà una diga per raccogliere l’acqua di tutte le sorgenti.
Con la possibilità di costruire acquedotti economicamente redditizi in superficie verranno abbandonate le esplorazioni in profondità e solo la Grotta di Trebiciano verrà mantenuta accessibile dal Comune col rinnovo periodico delle scale, quale punto intermedio per gli studi – ormai più teorici che pratici – sul bacino Reka-Timavo.
Ma la conoscenza del mondo sotterraneo, diffusasi con i dibattiti e gli articoli giornalistici, spingerà sempre più gente a visitare le cavità carsiche. A partire dal 1883 le due maggiori associazioni alpinistiche triestine – la Società Alpina delle Giulie ed il Deutsche Österreichischen Alpenverein – con le loro sezioni esplorative organizzeranno ricerche, rilievi, escursioni collettive in grotta. Si affiancheranno ben presto altri sodalizi ed il Novecento conoscerà quella vivace attività speleologica che dura tuttora (66).
1() In proposito si vedano l’Osservatore Triestino del 7.6.1852, il Diavoletto del 7.11.1853 e del 25.6.1854.
2() A quell’epoca risale il primo censimento della Monarchia Austriaca: trentasette milioni di sudditi, con Trieste porto principale per il commercio con l’estero, malgrado la concorrenza di Amburgo, favorita dalle linee ferroviarie austro-tedesche.
3() Gli atti, peraltro talvolta mancanti, si trovano in ASCT, F. 10 / 8-1; i diari del Kert, Giornale del Tempo ed Estratti del Giornale sul Tempo, in AD, 1/2 B 30 e 1/1 A 15.
4() ASCT, Civico Magistrato, 1859, Pres. N. 257 e 264.
5() Il Diavoletto, 24.8.1859.
6() ASCT, Civ. Mag. Prot. 18036/4480 del giorno 1.12.1853; il rapporto è stato scartato nel 1908.
7() ASCT, Civ. Mag. Pres. N 439/p del 1853 e 19/p del 1854. Sull’argomento si tornerà nel 1855 quando verranno compiuti ulteriori lavori di sistemazione (ASCT, Civ. Mag. 1855, F 10/8-1, N 13357/1436), nel 1856, quando si completerà il muro di cinta (14596/1684 e nel 1857 (5140/436).
8() ASCT, Civ. Mag., 1854, F. 10/8-1, N. 12471/1265.
9() Dalla Wiener Zeitung del 7.12.1855 apprendiamo che nel Litorale si sono avuti trentasettemila ammalati con tredicimila morti, in tutta la Monarchia 549 mila ammalati con 230 mila morti.
10() Faraone E. – Adolf Schmidl sul Carso Triestino (1851-1852). Atti e Memorie della Commissione Grotte E. Boegan, 39 (2001/2003): 107-145. Trieste 2004.
11() Triester Zeitung dei giorni 7 e 12 gennaio 1856 per il movimento del porto. Amburgo è avvantaggiato nel 1851 dall’apertura della ferrovia Vienna – Praga – Dresda. La linea Parigi – Lione – Marsiglia, completata nel 1848, minaccia il primato triestino nelle comunicazioni fra Londra e le sue colonie orientali, ma poiché i vapori della corsa postale celere Alessandria – Trieste impiegano in media 5 – 6 giorni e quelli della Alessandria – Marsiglia 6 – 7 giorni, si prevede che la Ferrovia Meridionale, rendendo più veloce il percorso terrestre, allontanerà ogni pericolo di concorrenza (Triester Zeitung del 26.4.1856). Si teme anche la possibilità, sia pure lontana, che accordi tra il Regno di Sardegna e la Svizzera nonché capitali inglesi e prussiani portino a realizzare un collegamento ferroviario nord – sud che trasformi il porto di Genova in un emporio principale del Mediterraneo e punto nodale del traffico tra le Indie Orientali e l’Europa (Triester Zeitung del 24.11.1851).
12() Austria del 12.10.1849. L’articolo viene ripreso dalla stampa triestina nei giorni seguenti.
13() Karl Ludwig Bruck (1798-1860), prussiano, giunge nel 1821 a Trieste, dove s’impiega nel ramo delle assicurazioni. Socio fondatore del Lloyd Austriaco (1833: Stabilimenti di notizie commerciali e marittime; 1836: Sezione seconda – Navigazione a vapore; 1849: Sezione artistica e letteraria); nel novembre 1848 entra a far parte del nuovo Ministero Schwarzenberg come ministro del commercio. Per la sua attività è insignito nel 1849 dell’ordine della Corona Ferrea e nel 1850 del titolo di barone, ma le sue idee liberali – che tra l’altro gli inimicano i produttori austriaci, timorosi per la sua politica di apertura doganale – lo spingono alle dimissioni nel maggio 1851, pochi mesi prima dell’abolizione delle garanzie costituzionali. A Trieste riprende la direzione del Lloyd, pone la prima pietra del suo arsenale (30.5.1853), si occupa della costruzione di case per i dipendenti, presiede la neonata Società per l’Acquedotto di Aurisina. Nel giugno 1853 arriva a Costantinopoli come inter-nunzio e tenta invano una mediazione tra Russia e Turchia per evitare la guerra. Nel 1855 torna in patria e diventa ministro delle finanze. Nel 1860, accusato ingiustamente di malversazione, si uccide.
14() Carl Junker (1827-1882), ingegnere civile, più tardi costruttore del Kaiser Franz Josef Aquaeduct di Vienna, del castello di Miramar, progettista di altri importanti acquedotti: porto militare di Pola, Salisburgo, Bolzano, ecc.
15( ) Le gallerie scavate in più riprese per aumentare la disponibilità d’acqua sono state recentemente esplorate e rilevate. Si vedano in proposito: Crevatin G., Guglia P. – Il complesso delle sorgenti di Aurisina. Atti del IV Convegno Nazionale sulle Cavità Artificiali, Osoppo, maggio – giugno 1997, Trieste, CAT, 1997: 69-86; Guglia P. Le sorgenti di Aurisina. Indagine sulle opere artificiali di captazione idrica, Ipogea 2, 1997: 117-120, Trieste, GSSG, 1998. Per quanto riguarda il progetto, si veda: Junker C. – Skizzen aus dem Projekte der Wasserleitung für Triest, Trieste, 1855 (rist. an. Trieste, ACEGA, 1994).
16() Protocollo degli esibiti, A. 1853, N. 4615/1681 del 31 marzo, N. 6200/2660 del 20 aprile, N. 8619/3785 del 31 maggio.
17() Protocollo degli esibiti, A 1853, N. 6197/536 del 20 aprile (nota del 19 aprile). Francesco Antonio (Franz Anton) barone de Marenzi (1805-1886), generale e poi luogotenente feldmaresciallo, appassionato studioso di geologia (nei suoi ultimi anni ritiratosi a vita privata), discendente da antica famiglia patrizia, un cui ramo si trasferì a Trieste nel Quattrocento. Nel 1864 ottiene i titoli di marchese della Val Oliola e conte di Tagliuno e Telgate, già appartenenti ad altro ramo del suo casato dal 1024 e rispettivamente dal 1440.
18() Triester Zeitung del 4.6.1853, Osservatore Triestino del 4 e 7 giugno 1853, Il Diavoletto dei giorni 5 giugno e 27 luglio 1853, Letture di Famiglia, n. 2, giugno 1853: 153-156.
19() ASCT, Civ. Mag. – Pres. 1853: n. 360 (copia dello statuto); n. 382 (copia del decreto ministeriale); n. 390 (copia della nota del 22.10.1853 con la quale il barone Marenzi chiede al Luogotenente del litorale di interessarsi affinchè lo Stato e la città di Trieste garantiscano gli interessi del 5% sul capitale esposto, del 2% sul suo ammortamento, come pure ogni altra somma versata eventualmente in futuro per il completamento dei lavori).
20() ASCT, Civ. Mag. 1853, F. 10/8 – 1, N. 17313/1717.
21() ASCT, Civ. Mag. 1853, F. 10/8 – 1, N. 17855/1778.
22() ASCT, Civ. Mag. 1853, F. 10/8 – 1, N. 18374/1836 (Isp. Ed. n. 3024). La relazione è erroneamente datata 5 novembre, si tratta in realtà dello stesso giorno di dicembre.
23() ASCT, Civ. Mag. 1854, F 10/8 – 1, N. 113/ 14 e 325/26.
24() Seduta consiliare del 27.1.1854; Osservatore Triestino del 23.2.1854.
25() ASCT, Civ. Mag. 1854, F. 10/8 – 1, N 9219/922 (i.r. Luog. 1538/290 – 1 del 5.7.1854). Dall’attento esame del Ministero dell’Interno, di concerto con quelli delle Finanze, del Commercio e della Giustizia, nonché con le autorità superiori di Polizia, risultano numerose discrepanze fra quanto disposto dal Ministero del Commercio in data 5.5.1853, N. 3761/E.B. ed il testo dello Statuto stesso: la durata della concessione della sorgente dell’Erario della Ferrovia alla Società è portata da 25 a 50 anni, non si parla del compenso, né della quantità da fornirsi alla Ferrovia (20.000 piedi cubi giornalieri); diritti e doveri delle due parti non sono ben definiti, manca il termine di due anni per presentare il progetto coi relativi costi, non sono chiari i paragrafi riguardo le azioni, il capitale fondiario, gli eventuali contratti di mutuo, le funzioni dei dirigenti ed il funzionamento dell’assemblea degli azionisti. Per quanto riguarda la durata della concessione ed il compenso all’Erario si può soprassedere, in considerazione della comune utilità dell’impresa, gli altri paragrafi in questione dovranno essere riscritti.
26() AD. Kandler. Miscellanea… 13 B 2/III, per la stesura provvisoria; Kandler, Raccolta delle leggi, ordinanze e regolamenti speciali per Trieste pubblicata per ordine della Presidenza del Consiglio dal Procuratore Civico, Trieste, Tip. del Lloyd Austriaco, 1861 (a fascicoli), Fasc. Li Acquedotti: 1–36, pag.: 391–426 della raccolta, per il testo definitivo. Per i rapporti della Società Acquedotto Aurisina, la Società Ferroviaria ed il Comune di Trieste si vedano anche i documenti conservati in AST, i. r. Luogotenenza del Litorale – Atti gen. A. 1852 – 57, B. 2236, F. 1/3-1 e 2/3-6. In ASCT, Civico Magistrato, A. 1855, F. 10/8-1, N. 9671/1106 si trova copia del decreto con cui il Ministero dell’Interno approva lo Statuto. Tale Statuto è tuttavia modificato con disposizione ministeriale del 4.10.1855 N. 22029/1717 (ASCT, Civ. Mag. A. 1855, F. 10/8-1, N. 13723/1480). In ASCT, A. 1855, F. 10/8-1, N. 15916/1619 si trova l’elenco degli azionisti. Per le ulteriori vicende della Società, fino al suo scioglimento avvenuto nel 1909, v. anche: AST, Tribunale Commerciale Marittimo – Società, Tomo 2° pag. 19 e Tomo 11° pag. 50.
27() AD, 13B2/2°, Kandler, Miscellanea… (Protocoll aufgenommene in Amtslocale der Direction…); ASCT, Scatole argomenti diversi, B.22, Acquedotto cunicolo di Aurisina (Protocollo assunto nell’Ufficio della Direzione…); ambedue di 9 carte. Un ampio riassunto si trova in Geiringer Eugenio, I provvedimenti d’acqua e l’allontanamento delle dejezioni urbane per la città di Trieste, Trieste, 1882, Allegato C, Note cronologiche...
28() ASCT, Civ. Mag. Protocollo degli esibiti, N. 9554/957 dd. 9.7.1856. Manca la relativa pratica in F. 10/8-1 ed un biglietto avverte che essa è stata ritirata da S. Vareton il 30.12.1878.
29() ASCT, Civ. Mag. Protocollo degli esibiti N. 11041/1091 del 5.8.1856 (manca la pratica); 10/8-1, N. 11094/1097.
30() Il Diavoletto, 3 luglio, 15, 17, 19, 22 e 28 agosto, 1 settembre 1856.
31() Il Diavoletto, 1.9.1856.
32() AST, i. r. Luogotenenza- AT presidiali, A. 1856, B. 31, F. 6/8-1, allegati al N. 3331/b.
33() ASCT, Civ. Mag., A 1856, F. 10/8-1, N. 5570/3250 e 17431/1657.
34() ASCT, Civ. Mag., A.1857, F. 10/8-1, N. 6756/611.
35() ASCT, Civ. Mag., A.1837, F. 10/8-1, N. 8334/789.
36() ASCT, Civ. Mag., A.1857, F. 10/8-1, N. 8693/838.
37() Il Diavoletto, 22.7.1857. L’osservatore Triestino e la Triester Zeitung avevano pubblicato la notizia già il giorno precedente.
38() ASCT, 1857, F. 10/8-1, N. 11053/1055. Lo annuncia una nota del 13.8.1857 del presidente della Società cav. Scrinzi, non su carta intestata ma su foglio probabilmente del Comune (lo Scrinzi ne era consigliere). Ciò, oltre all’espressione si trova aperta da oggi, fa pensare alla regolazione formale di una situazione già posta in atto, data l’urgenza. Del resto, già l’Osservatore Triestino del 4.8 1857 aveva dovuto smentire le voci infondate che davano per insufficiente l’acquedotto ed aveva promesso l’allestimento della fontana. Sulla siccità si vedano, sempre nello stesso fascicolo dell’ASCT i numeri 10489/414, 11053/1055, 16587/1605.
39() Copia in ASCT, Scatole argomenti diversi, B. 22, Acquedotto/Cunicolo di Aurisina (9 carte).
40() ASCT, Civ. Mag., A. 1857, F. 10/8-1, N. 16587/1605.
41() ASCT, Civ. Mag., A. 1857, F. 10/8-1, N. 17481/1684.
42() ASCT, Civ. Mag., A. 1857, F. 10/8-1, N. 17980/1724.
43() Programma sulle condizioni d’abbonamento dell’Acquedotto Aurisina, Trieste, Tip. Weiss, 1858: 1-12. Copie in B.C. (R.P. Misc. 3-3288) ed in ASCT, Civ. Mag., A. 1858, N. 666/53, dove sono state inviate con accompagnatoria del 13.1.1858, assieme ad alcuni moduli di richiesta. Detto programma è pubblicato integralmente anche sul Diavoletto del 4.1.1858.
44() ASCT, Civ. Mag., A. 1858, F. 10/8-1, N. 5469/381. Da notare che in un primo tempo sulla stampa e nei documenti ufficiali in italiano compare la forma Miramare, quasi subito però prevale quella corretta Miramar. In proposito l’Osservatore Triestino del 9.9.1858 precisa: all’augusto possessore di quella punta di terra chiamata punta di Grignano, piacque intitolarla col nome spagnuolo di Miramar, che significa semplicemente “Guardar sul mare”, mentre Miramare sarebbe bensì il nome italianizzato… però non esprimerebbe l’intendimento concepito dal serenissimo Arciduca. Il Carducci, nella sua celebre ode del 1878, sceglie per ragioni metriche Miramare, oggi di uso comune.
45() ASCT, Civ. Mag. 1861, F. 10/8-1, N. 4542/475. Nei documenti tale sorgente è anche detta Zurk e si specifica che essa scorre lungo il torrentello di Grignano.
46() Copia del rapporto dell’abate Richard all’autorità comunale triestina si trova, con altri documenti, in AST, Amm. Cast. Miramar, B.1,F.1.
47() ASCT, C. M. F. 10/8-1, N. 8195/441 del 1858, 7211/1607 del 1860, 12248/1333 del 1861, 11966/3651/1119 E. del 1862.
48() Kert, Giornale del Tempo, citato a nota 3.
49() AD, 5C1, Protocolli di seduta…
50() ASCT, Civ. Mag. Presidenza, 1858, N. 127/p. L’elenco dei 24 consiglieri è allegato al N. 430/P. del 1857.
51() ASCT, Civ. Mag. 1858, F. 10/8-1, N. 12.292/ 1118.
52() ASCT, Civ. Mag .1858, F. 10/8-1, N. 16.596/ 1.527.
53() AST, i. r. Direzione di Polizia – Atti presidenziali riservati, A. 1.859, B. 32, N. 142/R.
54() Triester Zeitung , dd. 28.10.1858.
55() Si vedano, in ASCT, Civ. Mag. 1859: B. Pres. N. 72/P (convocazione del Consiglio per il 29 marzo e lista dei consiglieri aventi interesse e non interessati, cioè azionisti e non azionisti); F. 10/8-1, N. 5035/373 (parere del Kandler e il foglio di seduta con la minuta di risposta alla Società).
56() ASCT, Civ. Mag. 1859, F. 10/8-1, N. 12122/912.
57() AD, 5 C 1, Protocolli di seduta...
58() Bersa (de) A. – Il consiglio decennale. Appunti di storia municipale triestina, Trieste L. Herrmanstorfer Tip. Ed. 2°, 1889: 123.
59() Galli M. – Documenti inediti e biografie per una Storia della Speleologia. La Grotta dei Morti, Mondo Sotterraneo, Udine, CSIF, 1975: 135-172. Sulla dinamica dell’incidente si veda anche PETRISCH E. F. – Der Hades. Jugend als Bahnbrecher der Höhlenkunde, in Die Welt ohne Licht, Regensburg, J. Habbel, 1952: 110-118.
60() Nella seduta consiliare del 28.12.1866 viene riproposta la Grotta di Trebiciano (17 VG) e si decide di nominare nella seduta seguente una commissione che se ne occupi (Osservatore Triestino del 31.12.1866) su mozione Pascotini (originale in ASCT, Civ. Mag. 1867, F. 10/8-1, N. 168/15). Nella seduta del 18.1.1867 vengono nominati i consiglieri Baldini, Biasoletto, Bauer, Pascotini, Righetti. L’amico dell’Artiere del 17 febbraio 1867 pubblica già il preventivo per condurre il fiume Recca di Trebich a Trieste: spesa, due milioni e mezzo di fiorini, tempo, cinque anni, resa, almeno 600 cavalli vapore con 13 milioni di piedi cubi giornalieri. Però nella seduta del 28 aprile 1868 si discute ancora sulle spese da prevedere per gli studi preparatori e per le nuove scale, approvate dalla Delegazione municipale in data 3 agosto 1868.
61() Triester Zeitung dd. 14.7.1868; Il Diavoletto del 28.7.1868 e del 6 e 7 agosto1869.
62() Il Diavoletto del. 4, 9 e 30 luglio e 3 agosto 1868; Verbale delle sedute della Delegazione municipale dei giorni 8 e 27 luglio, 10, 17 e 21 agosto e 7 e 10 settembre 1868; Verbale della seduta consiliare del 2 settembre 1868. Al congresso generale degli azionisti del 23 marzo 1869, come riporta Il Diavoletto del 26 marzo 1869, si specifica che per la siccità straordinaria e precoce venivano pompate assieme acqua dolce e salata e quindi si dovette sospendere l’erogazione fino alle piogge autunnali.
63() Lettera d’invito del 14 agosto 1869 N. 208/P. Antecedentemente vi era stata una presa di contatto da parte del presidente della Commissione per l’acqua dr. Gregorutti, ma mancano i relativi documenti.
64() Riferta all’inclita delegazione municipale di Luigi Dr. Buzzi, Carlo Vallon e Rodolfo Kühnell nonché di A. Bürkli Ingegnere di Zurigo incaricati dal Comune della compilazione del progetto di dettaglio per la conduttura dell’acqua della sorgente del Risano… Trieste, Tip. L. Herrmannstorfer, 1870: 1-64.
65() Buzzi L. Sui provvedimenti d’acqua per la città di Trieste. Memorie, Trieste, Tip. Hermannstorfer, 1870: 1-24. Galimberti A. Parere sul progettato acquedotto del Risano, Tip. Appolonio e Caprin, 1870: 1-24; Relazione della Commissione eletta dall’associazione Triestina per le Arti e l’Industria ad istudiare la questione... Trieste, Tip. Appolonio e Caprin, 1870: 1-16 (estratto da L’Amico dell’Artiere). Bürkli A. Relazione dell’ingegnere A. Bürkli di Zurigo in risposta ai quesiti proposti dalla Commissione Municipale… Trieste, Tip. Appolonio e Caprin, 1870: 1-64, con 8 tavole f. t.
66() Sulla trasformazione della ricerca sotterranea da attività finalizzata all’utilizzazione dell’acqua ad attività sportiva ed esplorativa, spesso in collaborazione con enti scientifici, si veda: Guidi P., 1982 – Antropospeleologia culturale. Appunti in margine all’ambiente speleologico triestino. Progressione 10, 5, (2): 29-31. Si veda anche: Guidi P., 2000 – Le associazioni speleologiche del Friuli Venezia Giulia dagli inizi al 2000. Saggio cronologico. Trieste, Federazione Speleologica Triestina: 1-64.