UN ARTICOLO DEI “TEMPI PASSATI” SULLA GROTTA GIGANTE
pubblicato su ” PROGRESSIONE N 53 ” anno 2006
Leggendo i vecchi articoli sulla Grotta Gigante, ho trovato questo che a mio parere rende bene l’idea di come si effettuavano le visite in grotta e di quale era lo spirito a quei tempi.
Anche nelle prossime edizioni di “Progressione” cercherò di inserire degli articoli scritti in epoche passate, così avremo modo di conoscerla com’era vista e raccontata nei “tempi andati”.
La Tribuna illustrata del 7 dicembre del 1924,
Una corsa nel fantastico mondo sotterraneo –La Grotta Gigante –
“……..Bisogna anche approfittare alla mattina di questo intrepido trenino, e passare oltre, quando l’incanto delle colline verdeggianti e la vista meravigliosa del golfo v’inviterebbe a fermarvi a Poggioreale per gioire di tanta di tanta prodigiosa bellezza. Passare oltre giungere, con l’elettrovia, al villaggio di Opicina. Piccolo villaggio di poche case linde e pulite, con qualche graziosa villetta e il suo bravo albergo al centro. Ci vanno i villeggianti, d’estate: e sono molti chè l’aria è buona e i prezzi onesti. Ma prima ancora d’ entrare in paese, appena fuori dalla stazione – una stanzioncina civettuola come se ne trovano descritte nei libri – v’è chi vi si fa incontro cerimonioso.
- Per la Grotta Gigante, signori. Mezz’ora di andata, un’ora di visita, mezzora per il ritorno.
- E vi indica una vecchia carrozza presso la quale sonnecchia un povero ronzino. Chiedete :- Quanta strada per la Grotta?
- Tre chilometri, signori.
Ed allora, scegliere : o farli a piedi, questi tre chilometri, per la strada provinciale che corre frammezzo ai campi, guidati dalle enormi frecce poste di tanto in tanto lungo la via per cura della Società delle Alpi Giulie, quasi a rianimare chi cammina e non arriva mai; o salire sulla carrozza ed assoggettarsi a suo tran-tran monotono e, quel che più conta, alle sue tariffe.
E si giunge a Borgo Grotta Gigante. C’è qui una trattoria i cui proprietari hanno appunto in custodia la grotta. In questa trattoria succedono delle cose strabilianti. Per esempio, si dimentica una borsetta su di una tavola e, dopo due ore di assenza, la si ritrova al medesimo punto, senzache nessuno si sia sognato di toccarla.
Una grossa signora, che mastica come Dio vuole l’italiano, vi rilascia i biglietti ed impartisce, in un dialetto incomprensibile, degli ordini ad un ragazzetto biondiccio che vi ricompare poco dopo dinnanzi carico del suo armamentario di guida: una grande lampada a carburo con ampio riflettore e una candela. E si parte. Si attraversa la borgata e ci si inoltra in un sentiero campestre. Un cancelletto in legno e, a circa duecento passi, un recinto in ferro che racchiude una specie di buca: la grotta.
Questa la grotta ?! Così, senza niente di pittoresco o di terribile?! Soltanto una buca! E d’intorno campi squallidi e sassosi che mettono addosso una grande tristezza.
La guida accende impassibile la lampada a carburo e vi precede. Si scende per una rozza scala con gradini di pietra, e ci si trova dinnanzi ad una massiccia porta di ferro mezz’arrugginita. La guida estrae di tasca delle grosse chiavi e l’apre: Una zaffata di aria fredda e umidiccia, e si entra nel buio fitto della grotta che la lampada dirada a malapena. Subito la porta vien rinchiusa a giro di chiave alle vostre spalle e vi trovate così soli in quell’ambiente misterioso, in un silenzio che sembra strano, con un individuo che non conoscete. Come trattenere una domanda che vi salta alle labbra imperiosamente?
- Perché chiude la porta?
- Perché – vi risponde semplicemente la guida guardandovi coi suoi chiari occhi di biondo innocuo ragazzetto – nessuno entri durante la visita.
Vi accorgerete allora, rasserenati, che anche la grotta ha la sua anticamera: vi sono infatti delle panchine per chi è stanco, una cassetta ove si depositano i biglietti e perfino un attaccapanni.
Conviene dunque, prima di inoltrarsi per le fantastiche vie del mondo sotterraneo, lasciar giù bastoni ed ombrelli.
Questa grotta – comincia la guida con accento monotono mentre si riprende la discesa – è una delle più profonde finora conosciute. In certi punti essa raggiunge ben 160 metri dalla superficie. Guardino.
E girando abilmente la lampada, vi mostra un tratto di volta tutto anfratti e merlettature, vi illumina un gruppetto di stalammiti curiose, getta un fascio di luce verso l’abisso. La vostra testa è costretta così a piroettare dall’alto al basso, da destra a sinistra, per non perdere niente dello spettacolo meraviglioso. E mentre ve ne state con la faccia all’insù, magari a bocca aperta, una goccia di acqua diaccia vi cade proprio sul naso. Oh, Dio! Piove anche sotterra!
Il ragazzetto sorride con aria di superiorità, lui che a questa…pioggia è abituato: e vi indica una piccola stalammite, una specie di paracarro, che sembra di terreno molliccio tant’è bagnata. La toccate, ed è dura come il marmo.
- Questa stalammite – dice la guida cresce un millimetro ogni dieci anni.
Un gran rimorso vi prende allora pensando che forse, pigliandovi indebitamente quella tal goccia sulla faccia, avete ritardato di qualche anno i progressi della piccola stalammite.
Ma eccovi ad un pianerottolo munito di ringhiera dove è d’uopo fermarci. La guida toglie di tasca la candela, l’accende e la colloca in una specie di candelabro sporgenza.
- Vedranno, quando saremo giù, quanta strada abbiamo percorso. Vogliono sentire intanto l’eco? Attenzione: Alloooh! …- grida a pieni polmoni il ragazzo. E cento voci, con cento toni e modulazioni diverse, gli rispondono in coro. Alloooh!!!…
Si scende ancora per la scala divenuta più ripida mentre lo spettacolo si fa più impressionante. La lampada proietta luce di qua e di là, instancabilmente.
Ed ecco il boschetto – “ io lo chiamo il cimitero”, dice la guida -, e sembrano davvero tante colonne mozzate come se ne trovano nei luoghi dell’estremo riposo tutte quelle stalammiti raggruppate dall’estro bizzarro della natura. Si comincia a procedere all’identificazione: – Non somiglia, quella stalammite, ad un campanile pericolante? No? Eppure a me sembra di sì. E quest’altra, guarda questa se non par proprio un animale accovacciato? Ah, questa poi è tutta …il mio ritratto!
Ad identificare, con un po’ di buona volontà, c’è da trovarvi dentro mezzo mondo: Ma una bianca madonnina c’è sul serio e ce lo dice il biondo ragazzetto e la registrano perfino i cataloghi.
- La caverna principale – riprende la guida poiché vi siamo giunti – è delle più grandi dell’universo. E’ lunga 240 metri, e alta 138. Essa costituisce una delle manifestazioni più interessanti del fenomeno carsico. Vedano che meraviglia di concrezioni cristalline. Questa grotta poi è famosa per la sua fauna cavernicola e per gli oggetti preistorici che vi sono stati scoperti.
Ma è tempo di guardare all’insù, verso quel misterioso lumicino che abbiamo lasciato qualche decina di minuti prima e che sembra lontano chilometri. E’ la fiammella della candela e sembra invece un’anima in pena in questo tenebroso mondo sotterraneo.
Torniamo? Impossibile manca ancora l’oh! Di meraviglia dinnanzi alla grande colonna, il prestigioso gruppo stalammitico alto 12 metri con una circonferenza alla base di circa 8 metri, e si deve ancora vedere la famosa Palma elegante e bizzarra stalammite di sei metri d’altezza.
Poi sì, poi si può risalire e parlare con la guida delle Grotte di Postumia che sono forse meno orride, ma certo ancor più meravigliose e sentirsi rimbeccare – un po’ di campanilismo non nuoce – che, se in quanto di stalattiti le grotte di Adelsberg sono insuperabili, per le stalammiti ci sarebbe molto da discutere.
- Un signore – soggiunge la guida – che ebbe da visitare la Grotta Gigante dopo di aver veduto quelle di Postumia e di San Canziano, dichiarò senz’altro esser questa grotta più interessante e ne fu tanto entusiasta, che diede ad un mio compagno ben sessanta corone di mancia. Ed eravamo, si figuri, prima della guerra ! Si parla di mancia: come si vede, ci si avvia proprio all’uscita. Ma una volta fuori, il biondo ragazzetto, nonostante il discorso del munifico signore, non mostra eccessive pretese e si può così godere il tiepido sole e respirare aria buona a pieni polmoni. E magari anche accorgersi che, proprio sull’imboccatura della grotta, vi sono dei graziosissimi ciclamini.
- Li ho piantati io – spiega sorridendo la guida.- non potevano certo nascere spontaneamente alle porte….dell’inferno!
HARGAS
Maria Pia Zay