POLIPODIO SOTTILE (POLYPODIUM INTERJECTUM Sh.) NELLA 4101 VG
Pubblicato sul n. 28 di PROGRESSIONE – Anno 1993
Fra le varie particolarità speleobotaniche presenti sul Carso triestino singolare risulta la rigogliosa stazione della felce Polipodio Sottile (Polypodium interjectum Sh.), epifita su un poderoso e tentacolare Sambuco (Sambucus nigra) esistente nel baratro 4101 VG (Grotta tra Poggioreale e Monrupino).
Affacciandosi sul bordo della cavità, soprattutto nel periodo tardo primaverile-estivo, l’immediata e sorprendente impressione che se ne ricava è infatti quella di trovarsi dinanzi ad un tipico lembo di foresta tropicale amazzonica. L’inaspettato ambiente, pregno d’umidità, presenta una temperatura assai fresca, inferiore di alcuni gradi – a seconda del momento stagionale – rispetto a quella esterna circostante. Le centinaia di fronde di Potypodium interjectum presenti si sviluppano epifiticamente sui grossi rami che il Sambuco ostenta, in modo da garantirsi, senza esserne parassite, sia la nutrizione azotata sia quella minerale, oltre ad una maggiore radiazione luminosa.
Il baratro si trova 650 metri ad ESE di Percedol e ad una trentina di metri a NW del marcato sentiero segnavie del CAI n. 43, poco dopo che quest’ultimo (200 metri circa più a Sud) ha lambito la dolinetta sui cui fianco s’apre l’abisso Colognatti (3914 VG, -164 m) e dopo aver superato il vicino e interessante campo solcato, ricco di vaschette di corrosione e con un’inusitata “casita” semi sotterranea (edificata nei primi anni ’60 dai giovani della Commissione che scavavano nel fondo del futuro “Colognatti”).
Se il suolo è asciutto si può scendere al fondo del baratro, con un po di attenzione, senza l’ausilio di attrezzi; se invece esso risulta umido e fangoso è opportuno usare una corda o uno spezzone di scala.
Il breve pozzo, che testimonia un tratto di un antico inghiottitoio, presenta alla base una ridotta e piuttosto ripida china detritica, costituita in prevalenza da grossi massi coperti da muschi, tra cui il comune Thamnium alopecurum, la Neckera crispa e qualcuno de genere Mnium.
Alla fine della china, che scende in direzione nord, si apre un modesto antro che si conclude ben presto con un cunicolo il cui Imbocco si apre in parete.
Dal punto di vista vegetazionale la zona immediatamente circostante il baratro è, per la maggior parte, costituita dalla boscaglia carsica illirica, con i suoi tipici componenti essenziali – Carpino nero (Ostrya carpinifclia), Frassino Orniello (Fraxinus omus), Reverella (Quercus pubescens) e Ciliegio canino (Prunus mahateb) – che si ergono spesso tortuosamente dalle profonde fessurazioni di origine tettonica. Non mancano tuttavia delle piccole zone a landa carsica ridotta ed in via di accentuato incespugliamento, con gli usuali elementi o primaverili (Carex humilis, Potenti/la tommasiniana, Pulsatilla montana, Muscari botryoides, Cytisus pseudoprocumbens, Polygala nicaeensis, Chamaecytisus hirsutus) od estivo-autunnali (Centaurea rupestris, Jurinea mollis, Dianthus tergestinus, Dorycnium germancum, Galium lucidum, Eiyngium amethystinum, Euphorbia nicaeensis, Satureja variegata).
I margini del baratro presentano una fitta vegetazione arborea ed arbustiva, formata ancora da Roverella, da Frassino Orniello, da Carpino nero e dallo Scòtano (Cotinus coggygria) ed integrata pure da qualche esemplare di Ciliegio canino e di Prugnolo (Prunus spinosa).
Sui vari ripiani, in dipendenza del fenomeno dell’inversione termica (e quindi delle repentine mutate condizioni topo e microclimatiche), si sviluppano invece alcune delle entità a carattere dolinare, quali la Primula (Primula vulgaris), l’Erba trinità (Hepatica nobilis) e lo sporadico Bucaneve (Galanthus nivalis); abbondante, per contro, risulta la copertura della lucente Edera (Hedera helix) dalla quale spicca, relativamente diffuso, il Ciclamino (Cyclamen purpurascens).
Ma, come premesso, ciò che caratterizza il baratro e che di conseguenza attrae istantaneamente l’attenzione del visitatore, è la densa e rigogliosa copertura di Polypodium interjectum che, tappezzando continuativamente tutta la superficie dei tronchi e dei rami del Sambuco, simula egregiamente un frammento di foresta tropicale. Il Sambuco si erge isolato e possente a tre metri dal margine Sud della cavità e raggiunge l’altezza di una decina abbondante di metri; presenta un tronco principale ed altri cinque adiacenti, quasi concresciuti, che si dipartono in varie direzioni: qualcuno di essi assume inizialmente un portamento suborizzontale per poi, obliquandosi, tendere rapidamente all’esterno della cavità. La circonferenza del maggiore di essi, misurata a m 1,50 dal suolo, è di 82 cm, mentre quella degli altri si aggira sui 50 cm.
Polypodium interjectum Shivas (sloveno: Sladna koreninica; tedesco: Tlipfelfarn; inglese: Western Polypody) è un’emicriptofita rosulata perenne, molto simile al Poli-podio comune (Polypodium vulgare) dal quale differisce soprattutto per le foglie più lunghe (da 2 a 7 dm), a contorno più sottile, ed ancora per le pinne quasi sempre acute e con il paio basale rivolto in avanti.
Generalmente la specie colonizza rupi e muri ombrosi ed è presente dal piano basale sino ad un’altitudine massima di 1000 m. La sporificazione avviene da marzo a settembre, con i sori privi di appendici filiformi. Il numero cromosomico 2n = 222.
Per ciò che riguarda la distribuzione, Polypodium interjectum si comporta generalmente da specie paleotropicale, comprendente i paesi della fascia tropicale dell’Africa e dell’Asia, ma pure da euromediterranea in quanto, dal bacino del Mediterraneo, si irradia alle zone più calde dell’Europa media.
In Italia la felce è presente, seppur rara, dalla Liguria a tutta la penisola, soprattutto sul versante occidentale del territorio nazionale, raggiungendo l’Aspromonte e la Sicilia settentrionale.
Nel Friuli-Venezia Giulia il suo areale include la regione montana inferiore, sino ai 600 metri d’altitudine, con segnalazioni e conseguenti schedature sulle Prealpi Carniche (Val Còlvera, Verzegnis, Castello di Gemona), sulle Prealpi Giulie (Forra di Pradolino presso Stupizza) e nelle Valli del Natisone; manca nella fascia alpina.
L’habitat è dato da forre o da fondovalli con boschi evoluti ad Acero montano (Acer pseudoplatanus) ed a Frassino maggiore (Fraxinus excelsior), con preferenza alle stazioni rupestri calcaree.
Sul Carso triestino la specie colonizza sia i versanti rocciosi delle doline (specialmente se asimmetriche), sia le pareti strapiombanti di voragini e pozzi, ove può esprimere in modo chiaro il suo vigore vegetativo e riproduttivo, in maniera sicuramente migliore rispetto a quello delle altre specie di Polypodium presenti nel distretto locale (P. vulgare e P. cambricum ssp. serratulum – P. australe).
Assieme alla Lingua di cervo (Phyllitis scolopendrium) – peraltro assente nel baratro 4101 VG – il Polipodio Sottile colonizza di norma la subregione delle Pteridofite, caratterizzata da ambienti ombrosi e freschi con clima tamponato.
Polypodium interjectum risulta relativamente abbondante nelle cavità del Carso triestino; per citare quelle in cui si sviluppa più copiosamente, si ricordano la Grotta Noè, 90 VG, l’Abisso di Padriciano o Staerka jama, 61 VG, la Grotta presso Trebiciano, 83 VG, la Grotta Nemez, 89 VG, la Grotta dei Cacciatori, 97 VG, il Burrone presso Basovizza, 118 VG, la Grotta delle Torri di Slivia, 39 VG, l’Abisso della Volpe, 155 VG, l’Abisso fra Orle e Fernetti, 157 VG, la Jablenza jama, 163 VG, l’Abisso presso Opicina Campagna, 185 VG, il Pignatòn di Gropada, 273 VG, la Voragine di San Lorenzo, 294 VG, la Nemceva jama, 816 VG, la Grotta dei Colombi, 821 VG, la Fovea Maledetta, 822 VG, la Berlòva jama, 823 VG, la Jesenova, 827 VG, la Caverna del Pittore, 863 VG, la Grotta dell’Elmo, 2696 VG, la Grotta delle Perle, 2699 VG, l’Antro presso Prosecco, 3921 VG, la Grotta Perle Due, 4203 VG, il Baratro presso Monrupino, 4444 VG ed il Pozzo del Ghiro,5110 VG.
La singolare stazione epifita di Polypodium interjectum nel baratro 41 01 VG risulta cospicua e quasi dominante in quanto si manifesta senza la concorrenza di altre specie.
Un altro singolare esempio di epifitismo è dato pure da Polipodio su Sambuco nell’Abisso presso Opicina Campagna, 185 VG, o Fovèa Persefone, situata 150 metri a sud’est dell’Abisso presso Villa Opicina, 149 VG.
Si ricorda, a conclusione, come l’epifitismo sia proprio delle zone tropicali: alcuni giganteschi vegetali delle foreste vergini costituiscono degli autentici giardini botanici in miniatura, così vario è infatti il numero delle specie epifite che molto spesso vivono sul tronco e sui loro rami. Queste possono appartenere alle più disparate famiglie, quali ad esempio le Orchidaceae, le Bromeliaceae e le Piperaceae. Le loro radici tuttora penetrano nelle screpolature della corteccia degli alberi che le ospitano soltanto per sostenersi ed appoggiarsi e non, come già inizialmente sottolineato, per sottrarre materiale nutritivo.
Elio Polli
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