ULTIME NOTE SUL KRONIO
Pubblicato su ” PROGRESSIONE N 53 ” anno 2006
Era mia intenzione che il recente lavoretto sul Kronio fosse, a chiusura della cinquantennale avventura a Sciacca, per me l’ultimo scritto sull’argomento. Successivamente mi sono però accorto a quanti problemi irrisolti ed osservazioni, che confidando nella mia ottima memoria, non avevo mai accennato anche perchè si trattava di elementi non comprovati da positive esperienze o frutto di sole supposizioni. Qualora fosse deciso di continuare l’opera sino ad oggi da noi svolta su quel monte, penso che tali notiziole potrebbero alle volte essere ancora utili e far risparmiare tempo. Perciò lascio questi appunti sui vari aspetti dei problemi ancora in sospeso sperando siano chiari per quelli che hanno già una esperienza e forse un pò meno per i neofiti
Mi auguro inoltre che la cittadinanza di Sciacca si renda conto, più di quanto lo faccia ora, quale tesoro unico al mondo possiede: un complesso che contemporaneamente presenta, un eccezionale fenomeno geotermico, la documentazione di una frequentazione umana risalente ad almeno 7000 anni fa, deposizioni preistoriche quasi integre ed in sistemazione originaria, la documentazione di una attività termale risalente all’epoca classica; penso varrebbe la pena di una maggiore attenzione.
GIULIO PEROTTI
Speleologia
Di primaria importanza è poter accertare se sia vero, come supposto, che esista un collegamento tra la Galleria Di Milia e la sommità del Pozzo Trieste oppure se vi sia un’altra via che la congiunga alla falda termale. Sino a che ciò non sia chiarito qualsiasi studio sulla dinamica del flusso risulterebbe inutile.
Il fatto che la grotta si apra prossima alla vetta probabilmente è dovuto al fatto che il sistema si è venuto a trovare inglobato in una scaglia, che sollevandosi sotto la spinta della placca africana, è scivolata su un’altra più a N, la cresta Nadore-Catabellotta, dove pure alla sommità si trovano delle cavità. A metà strada da quest’ultimo centro vi è una grotta che addirittura attraversa il monte (ricca di cocciame romano) e, sulla cresta, una grossa caverna ed una grotticella in parte modificata da lavori.
Le sei aperture verso l’esterno che oggi si riscontrano nella caverna superiore dovevano probabilmente comunicare o con una galleria parallela oppure con dei pozzi provenienti da un livello superiore, alveo di un corso d’acqua. Sulla roccia di fronte il Buco del Fico si notava chiaramente, prima che recenti lavori la facessero scomparire, l’impronta di una parete di cavità levigata dall’acqua.
Tra la parete posteriore del fabbricato e la roccia scavata solo parzialmente, esiste una intercapedine praticabile che raggiunge i piani superiori; vi si accede da una porticina al pian terreno. La temperatura è abbastanza elevata e non è improbabile vi siano tracce, magari ostruite, di spezzoni del sistema.
Al posto di manovra, inferiormente all’ingresso del Condotto del Bujela, al quel si dovrebbe prestare un po’ più di attenzione anche in funzione archeologica, si apre un altro cunicolo ostruito che potrebbe portare alla base del deposito di riempimento dell’Antro di Dedalo; un attento esame del pozzo potrebbe dare qualche elemento significativo, soprattutto di carattere archeologico, anche se la parete S sia stata in parte alterata dall’impianto della scala.
Le pareti del pozzo e la volta corrispondente al fondo superiormente la massa clastica dovrebbero essere esaminati con più attenzione per poter escludere la presenza di ulteriori sbocchi di flusso.
Comunque tutte le apertura che confluiscono nel pozzo e nelle caverne mediane non sono state esaminate con sufficiente cura. In particolare alla Basilica ed alla Grotta del Fango.
Nel sistema ipogeo, una volta cessata la sua funzione di inghiottitoio carsico, probabilmente si dovrebbero essere formati notevoli depositi concrezionali dei quali non abbiamo scorto tracce residue; è possibile che l’azione aggressiva del flusso le abbia cancellate totalmente? Sarebbe il caso di un più attento esame.
L’esplorazione della Grotta del Lebbroso, che potrebbe chiarire molte cose, con i mezzi attuali si presenta molto difficile e pericolosa; sarebbe invece interessante un miglior esame del sistema aspirante-soffiante nella cava
Sulla base delle esperienze acquisite dal 1958 in poi, sul impiego delle tute si è constato che per garantire una prolungata permanenza nell’ambiente l’alimentazione d’aria deve essere di almeno 20 litri al secondo a pressione atmosferica
Il flusso
E’ da rivedere quanto a sino ad oggi affermato sulla dinamica del flusso in quanto frutto di tanta buona volontà ma anche di rilevamenti saltuari eseguiti con strumentazione di fortuna
Non ho mai chiarito sufficientemente che le caratteristiche di temperatura e di portata del flusso si sono stabilizzate solo nel V secolo, quando le opere per realizzare un ambiente artificiale atto allo sfruttamento terapeutico, hanno notevolmente ridottole sezioni di efflusso portando gli sbocchi naturali alla situazione attuale. Da allora gli elementi che ne regolano il tiraggio sono rimasti inalterati; salvo quanto possa essere avvenuto recentemente con l’urbanizzazione del monte.
Le temperature del flusso sono state rilevate con una certa continuità solamente alla strettoia di Dedalo, nelle gallerie mediane solo saltuariamente, risulta comunque che aumentano leggermente sino al termine della Di Milia mentre nella Bellitti vanno riducendosi sino al cunicolo terminale dal quale proviene un leggero apporto di aria fredda.
L’Antro di Fazzello, che costituiva in origine il condotto primario attraversato dal flusso prima di sboccare nell’Antro di Dedalo, venne nel 1962 isolato totalmente per consentire lo scavo archeologico. Potrebbe darsi che tale intervento sia quello che ha causato il più volte denunciato abbassamento di circa un grado e mezzo della temperatura nell’Antro di Dedalo. Sarebbe veramente opportuno ripristinare la situazione originaria, auspicabilmente con la realizzazione del progetto di sviluppo termale-turistico, al quale ho partecipato e che esiste presso la Sopraintendenza.
Un monitoraggio di temperatura e pressione, con strumentazione fissa installata nelle più significative zone interne, confrontato con i corrispondenti dati temporali della situazione meteorica esterna e delle portate in uscita (da non dimenticare quella notevole della Grotta del Lebbroso), consentirebbe finalmente una conoscenza molto più precisa sulla dinamica del sistema. Il progetto Forlani-Perotti commissionato dalle Terme è ormai del tutto superato.
Le variazioni di portata in emissione sono state rilevate alla strettoia di Dedalo ed alla Grotta del Lebbroso, essendo le altre irrilevanti, e quelle in aspirazione alle tre strettoie della Cucchiara ed alla Grotta di Gallo. Una unica rilevazione ha segnalato che alla strettoia iniziale della Di Milia il flusso era di molto inferiore a quello che contemporaneamente si riscontrava a Dedalo. Potrebbe trattarsi di errore, ma è un fatto assolutamente da chiarire. La misurazione del flusso aspirato è di scarsa importanza dato che in buona parte l’aria che si miscela proviene da quella che filtra nelle fessurazioni della roccia.
Le analisi sulla composizione del flusso sino ad oggi eseguite, e sempre solo nell’Antro di Dedalo,dove sembrerebbe sia composto esclusivamente di aria e vapore acqueo, sono ben poco attendibili, sarebbe opportuno prelevare campioni alle varie profondità e varie zone delle gallerie; dove certamente è notevolmente diversa con la presenza di composti corrosivi solforici. Inoltre un confronto isotopico con le acque delle sorgenti pedemontane potrebbe forse indicare quale di queste sia quella originante il fenomeno.
Sarebbe interessante comprendere il processo con il quale i composti solforici del vapore vanno a formare gli acidi ( H2SO4 ?)che corrodono il calcare delle pareti e quello con il quale il flusso ha cancellato ogni traccia delle preesistenti concrezioni. Quanto tempo è stato necessario?
Una eventuale prova col trizio alle uniche due cavità aspiranti conosciute, Cucchiara e Gallo, potrebbe confermare od escludere la loro comunicazione con le Stufe
Le caratteristiche del flusso dipendono dalla superficie libera delle acque di falda termale presenti nella cavità, unica zona dove può avvenire il loro contatto con l’aria e di conseguenza lo scambio termico e la miscelazione con i vapori. È ovvio, che trattandosi di sezioni che possono modificarsi anche in modo notevole in funzione di piccole variazioni di quota, un abbassamento od innalzamento del livello di falda, in un simile contenitore a pareti irregolari, potrebbe far variare notevolmente la superficie del pelo libero e di conseguenza le caratteristiche e la dinamica del flusso. Con una modesta trivellazione di 60/80 metri sarebbe possibile raggiungere la falda per tenerne sotto controllo la stabilità in quota; a mio avviso il punto più indicato potrebbe trovarsi a 100/150 metri a S-E dal Pozzo Trieste; se fortunati si potrebbe anche incontrate il proseguimento dell’inghiottitoio. In tal modo forse si potrebbe conoscere la composizione delle acque termali non inquinate da quelle della falda freatica come sono quelle alle sorgenti,
Ripeto che il tiraggio attualmente è alquanto ostacolato dalle reti antipipistrello, ormai semi ostruite, sulle lunette di uscita; andrebbero cambiate. Anche due pareti paravento ad alcuni metri da queste migliorerebbero notevolmente la situazione ambientale nell’Antro di Dedalo eliminando gli sbalzi di temperatura dovuti al vento da S.
La misura delle temperature all’interno della roccia potrebbero darci una idea sulla riserva calorica che garantisce la costanza della temperatura del flusso indipendentemente da quella dell’aria aspirata.
Da ricordare che nel 1979 per il passaggio di un fronte si ebbe un repentino notevole calo della pressione esterna con vento da S (100km/h) che si opponeva all’uscita del flusso, non ostante ciò lo sbalzo di pressione venutasi creare tra l’interno e l’esterno portò la massa in efflusso a ben 10mc/sec. Un barografo sistemato nelle gallerie mediane registrò che per equilibrarsi la pressione interna impiegò ben 5 ore. In tale occasione fu inoltre possibile una più profonda esplorazione nella Grotta del Lebbroso in quanto la pressione del vento aveva completamente annullato il flusso in uscita.
Pozzo Trieste
Per comprendere quello che accade nel suo interno, dove indubbiamente si ha un notevole scambio di calore tra l’aria aspirata dall’esterno e quella caldo-umida proveniente dalla falda, è indispensabile una molto ma molto più accurata esplorazione del suo fondo. Solo qualora si accertasse che da nessun suo anfratto o tra i detriti clastici promani dell’aria calda, sarebbe necessario rivolgere l’attenzione ai cunicoli che si aprono sulle sue pareti. Il fatto che sul fondo sia stata riscontrata una temperatura inferiore a quella più in alto non significa nulla; è logico che l’aria fredda aspirata dall’esterno permanga per breve tempo in basso ma è anche implicito che un forte getto caldo la potrebbe attraversare senza miscelarsi alla base, ma solo a quote superiori.
L’esplorazione dei cunicoli che si affacciano sulle pareti dl pozzo presenta notevolissime difficoltà, la prima delle quali è l’individuazione dall’apertura dalla quale fuoriesce l’aria calda. Piuttosto che usare un complicato sistema con fumi, potrebbero essere impiegati, una volta sul fondo, dei palloncini frenati da accostare alle varie uscite. In tal modo si potrebbe scoprire lo sbocco caldo ed inoltre ricavare elementi per comprendere la circolazione generale dell’atmosfera nel pozzo.
Una più attenta esplorazione delle gallerie laterali, e soprattutto quelle a sinistra in alto, potrebbe riservare delle sorprese
Le deposizioni osservazioni di un dilettante
I cinque gruppi di vasi, tra loro simili sono di tipologia diversa, in due casi è presente un vaso piccolo rotto.
Assieme ai vasi si nota la presenza di sassi bianchi decisamente portati dall’esterno, in un caso (Bellitti) con questi è stata realizzata una struttura.
Presso i vasi coricati in alcuni casi si notava l’impronta del fondo di quando erano in posizione eretta, tale impronta è stata notata anche dove il vaso si era spostato.
In almeno tre casi a fianco i vasi si notava una macchia scura compatibile con l’impronta di un corpo in posizione fetale.
Molto di questo è stato cancellato dall’eccessivo andirivieni dato che la scarsissima illuminazione non ce lo fece notare subito; oggi qualcosa si può ancora distinguere con l’attento esame delle vecchie fotografie. Comunque forse varrebbe la pena di raccogliere del materiale in tali zone per riscontrare l’eventuale presenza di materiale organico mineralizzato.
Il trasporto dei vasi e dei corpi nel pozzo era facilitato da terrazzamenti atti a consentire l’appoggio a scale di legno, come illustrato dal disegno di Torelli. Durante il montaggio della scala metallica abbiamo scoperto lungo le pareti delle primitive lucerne, sarebbe opportuno controllare cosa ne rimane.
Apparentemente i vasi sono vuoti ma non è da escludere. che qualche traccia del contenuto sia rimasto; noi non vi abbiamo mai messo le mani dentro.
Gli ossicini vicino al vasetto rotto nella Di Milia sono umani o di animali?
Alla Di Milia nella Caverna del Fango è probabile vi sia ancora molto materiale sepolto, probabilmente profondo dato il notevole riempimento; anche a fianco dello scheletro sepolto dovrebbe trovarsi tracce di un corredo.
Lungo il pozzo è stato trovato parecchio materiale classico (monete, lucerne) ve ne dovrebbe essere ancora parecchio.
Potrebbe esistere un rapporto tra la assenza di scheletri accanto i vasi e quelli trovati nello scavo al Fico? Forse tra gli uni egli altri non coincide la datazione; ma anche per quella dei vasi sarebbe opportuno un ulteriore controllo.
Antro di Dedalo
Sarà sempre troppo tardi quando si deciderà di ripulire i muri ed i sedili di S.Calogero dai vergognosi intonaci e calcestruzzi che li ricoprono.
La strettoia con l’Antro di Fazzello è tutta naturale od è stata allargata?
Un piccolo saggio ha indicato che i sedili poggiano su materiale classico e medioevale ma non ha raggiunto gli strati preistorici .