Rotule Spezzate

 

ROTULE SPEZZATE NEVER SURRENDER

Ramo 97
Pubblicato sul n. 49 di PROGRESSIONE – anno 2003

(…) Stare dentro ai gruppi grotte che si occupano da anni di una certa zona ha dei vantaggi perché si sa dove le grotte proseguono, ma ha anche degli svantaggi perché si viene a sapere dove si tramanda che chiudano: e allora è destinato a trovare le prosecuzioni solo chi o non ci crede, o ha nuovi mezzi per forzare o ha nuove, decisive conoscenze. (…)
                                                           G. Badino, Grotte 93
Dopo alterni periodi, che oscillavano tra uscite frequenti ed entusiasmanti ed altri momenti di totale oblio delle esplorazioni, si pensava che oramai il sistema di “Rotule Spezzate”, connesso negli anni con altri abissi (D.I.P.V., Gordio, Inversa-Pampero), avesse poco ancora da dare. Surrender, veniva scritto su uno degli ultimi articoli di “Progressione” che parlavano di esplorazioni nella zona, arresa dunque. Ed oggi, parafrasando, verrebbe da dire “never surrender”, troppo facile e banale forse, visti gli ulteriori sviluppi trovati, che potrebbe anche suonare come un triestinissimo “mai molar”, o come un “mai strack”, motto del Battaglione Alpini Paracadutisti “Monte Cervino”. Ma qui, questa volta, la storia che vi racconterò parte da lontano. Eravamo nel 1997, e tra varie vicende personali ed esplorative, un fine settimana si trovarono Cavia, Toni e Lazzaro con un giro pianificato nell’eterno e sembra mai esplorato Abisso Gortani, Canin ovviamente. Il giro saltò (mi pare di ricordare per la troppa neve) e i 3 si autodirottarono su suggerimento di Lazzy a rivedere a quote più basse della montagna un bivio a “Rotule Spezzate”, trovato qualche mese prima. Arrivati sul posto, beccato il passaggio segreto, passaggio banale una volta visto ma classicamente impossibile da imboccare pur passandoci sopra, abbandonarono la zona del Trivio ed entrarono in una bassa condottina ascendente disseminata di crolli, la seguirono per circa 50 metri sino ad affacciarsi in un ambiente grande con pozzo da scendere e traverso da effettuare, con annessa galleria che da un occhio freatico faceva cucù. Fine del giro. Gli anni passarono portando cambiamenti, altri interessi ed altre motivazioni, sia personali che speleologiche: altri abissi scoperti, altre amicizie, momenti alterni di morose o “babe” più o meno serie, o semplicemente la fuoriuscita dal giro o l’interesse per un altro sport/disciplina. Capita a tutti. E di quel ramo in Rotule trovato quasi per sbaglio, visto velocemente in giornata, nessuno ne seppe più nulla, nessuno ci ritornò. Cavia, che all’epoca era da poco maggiorenne, un giorno a cavallo del 2003, parlando di esplorazioni della zona, cadde fulminato e come in un flashback da “Pulp Fiction” si ricordò quanto lasciato alla montagna un paio d’anni fa. E siamo ai giorni attuali. Saputa la storia, Ginetto, deus ex machina della zona, organizza un campetto a Casere Goriuda nei giorni del ponte di Maggio e le esplorazioni riprendono, tra mal di testa e rollamenti vari dovuti alle bibite portate in abbondanza per ristabilire la fluidità dei liquidi organici evaporati du­rante la marcia sugli assolati canaloni (se so!). Giannetti, Gino, Cavia e i ragazzi croati (Ivan e Kusman del gruppo speleo “Spelonca” Abbazia) tornano dopo 6 anni a monte del trivio e salgono nel ramo nuovo, affacciandosi nuovamente sul poz­zo mai sceso. Armato il salto (di 20 metri) imboccano un meandro di 20 metri e saltano giù per altri 15 metri; altri 10 metri di meandrino scivoloso e si fermano su un pozzaccio, bello, fondo e bagnato. Piena esplorazione dunque, a rivalsa che nessuna grotta termina mai, ma termina dove noi (per stanchezza, scazzo, saturazione e chissà che altro) decidiamo di farla finire. Ho una ricetta (sto delirando chiaramente): prendete una qualsiasi grotta esplorata dal vostro gruppo, datela come “è vista tutta, non ci sono prosecuzioni” e dopo un po’ di tempo buttateci dentro dei ragazzi che non ci sono mai stati, di qual-siasi gruppo, scommettiamo che trovano le prosecuzioni? Torniamo a noi, veh!. A fine mese Gino e Paolino Manfreda del CAT ritornano armati di materiale, ma Gino non trova il passaggio che immette nel nuovo ramo: retromarcia all’esterno e viva là e po’ bon. In giugno, mese giusto ed adatto per esplorare in Canin dopo abbondanti nevicate invernali, in pieno disgelo, il ramo di Rotule va in piena e indica agli esploratori le vie dell’acqua, giù per il pozzone, che con la cascata che rutta e scoreggia sembra ancora più abissale e orrido. Ne scendono una sessantina di metri, di pozzo, trovando anche finestre e verticali laterali, mollano le corde alla base e trovano un meandro, lo seguono, in terra una chiazza bianca, carburo of corse, e non recente. Che si pro­va in questi casi? Felicità e fortuna per un collegamento importante o peste e bestemmie per essere ricaduti in qualche parte banale della stessa grotta? Una via di mezzo: i matti si sono ricollegati alle gallerie “Zlata Picka” (figa d’oro, qualcosa del genere mi dicono, per chi come me non conosce gli idiomi slavi), ramo basso di tutto il sistema “Rotule”. Ma certamente non è finita, infatti iniziando il rilevo si desume che questo può essere un nuovo, verticale e attivo ramo che può puntare a zone ancora sconosciute delle quote basse del sistema, e c’è ancora tanta roba da vedere. Ad Agosto durante il campo di una settimana, diamo una bottarella agli sviluppi di tale ramo, tre “omeni”, io, Gino e Hristo. Scendiamo pozzi e verticali, belli e aereosi, profondi il giusto e ampi il giusto, puro divertimento, e chi se ne frega se tutti ricadono sempre nei fù camini delle gallerie “Zlata Picka”. L’ultimo giro per l’anno 2003 lo facciamo ritornando all’ imbocco del ramo, dove invece di scendere il P15, traversia­mo il salto ed entriamo nella prosecuzione evidentissima della condotta freatica ascendente. Un buon sviluppo (90 metri) su ambienti inusuali per il Canin, gallerie freatiche concrezionate, ci portano a spasso dentro alla montagna, rilevando il tutto e chiudendo il ramo su un saltino di 4 metri: chiudendo per modo di dire, perché una condottina laterale con aria e fango molto stretta ma praticabile continua bellamente, siamo noi che non abbiamo voglia di infilarci dentro. Torniamo al discorso di prima, abbiamo noi arbitrariamente dato il ramo come tutto esplorato, invece vi aiuto subito e vi dico che quella condottina va avanti. Rilievo, qualche foto e fuori, ad aspettare nuovamente il formarsi delle giuste condizioni misteriose per riformare una squadra di punta, che dovrà vedere ancora tanti punti rimasti in sospeso e terminare il rilevo del nuovo esplorato. E magari cacciare qualche magro volenteroso nella condottina battuta d’aria che prosegue, prima che ci andate voi che state leggendo. Per gli amanti dei numeri, l’esplorato dovrebbe aggirarsi sui 300 m di sviluppo e sui 200 m di dislivello NOTE IN MARGINE AL RILIEVO Il ramo “97” viene presentato ai lettori senza il rilievo. Quando abbiamo topografato le nuove prosecuzioni, abbiamo iniziato le letture dal caposaldo presso “Il Trivio”, da collegare poi a tutta le sezione di “Rotule Spezzate”. Prendendo il rilievo presente presso il Catasto FVG per iniziare a riportare il disegno, ho scoperto che al rilievo stesso manca una grossa parte dei rami già esplorati nel 1998-2000. Quindi non esiste il caposaldo dal quale noi siamo partiti. Se uno oggi va al catasto e prende il rilievo di Rotule, esso è desolatamente monco, spezzato, lacunoso e vecchio. Il problema è, come sempre, che i dati sono stati negli anni presi e rilevati da più persone, che passata la fiammata esplorativa si sono più o meno eclissati dall’attività di gruppo, senza peraltro mai portare o aggiornare i dati che avevano esplorato e rilevato. Visto che le sezioni e le planimetrie poi buttate nel Kompass sono abbastanza aggiornate, credo sarebbe ora di trovarsi ad un tavolo e iniziare anche un po’ a disegnare, soprattutto in vista del collegamento del sistema Rotule Spezzate con Gortani-Buse d’Ajar. Riusciremmo far capire e mostrare alla speleologia nazionale cosa si sta muovendo e creando su quegli desolati altopiani? È tempo di muoversi.
Hanno creduto al motto “Never Surrender”: Paolo Manfreda – CAT Federico Deponte – CGEB Alberto Lazzarini – CGEB Toni Klingendrath – CGEB Riccardo Corazzi – CGEB Marco Sticotti – CGEB Gianni Cergol – CGEB Cristiano Marocchi – SAG Ivan Glavas – Spelo Club “Spelonca” Abbazia – Croazia Kusman – Spelo Club “Spelonca” Abbazia – Croazia
                                                                                               Riccardo Corazzi

Inizio della galleria freatica superiore (foto R. Corazzi)