Opale negli spelotemi

 

PRESENZA DI OPALE NEGLI SPELEOTEMI DELLA GROTTA GUALTIERO SAVI (VAL ROSANDRA – CARSO TRIESTINO-TS)

Sulla parete concrezionata spiccano le bianche efflo¬rescenze costituite dai cristalli di calcite contenenti opale (foto T. Klingendrath)

Pubblicato sul n. 39 di PROGRESSIONE – Anno 1998

Nel corso delle esplorazioni e delle prime osservazioni geomorfologiche effet­tuate nella grotta in questione sono state osservate delle particolari concrezioni iso­late sulle pareti di alcune gallerie. Dette concrezioni, che morfologicamente pos­sono ricondursi al tipo “Popcorn” (sensu C. Hill e P. Forti) o al più usato termine mitteleuropeo di “concrezioni coralloidi”, attraggono l’attenzione per il loro colore bianco neve che risalta notevol­mente rispetto ai toni generalmente più ocracei della cavità.
Poiché l’aspetto esteriore ed il croma­tismo inducevano a collegare detti spele-otemi alla varietà di carbonato di calcio conosciuta come aragonite (ad esempio le concrezioni aragonitiche della Sarde­gna oppure quelle della vicina Slovenia con la Ravenska Aragonitna Jama), sono stati prelevati, per le analisi, dei campio­ni in zone della cavità di non facile acces­so e comunque in quantità minima.
L’analisi di Meigen (1), eseguita ap­punto per stabilire la natura aragonitica delle concrezioni, ha dato esito negativo. Ci si trovava quindi in presenza della più comune forma cristallina rinvenibile in tutta l’area carsica cioè della calcite. Rimane­va da risolvere il quesito sul perché della colorazione particolarmente nivea dei campioni.
Sono state eseguite ulteriori analisi per appurare la presenza di altri ioni estranei, quali stronzio o bario, possibili responsa­bili della particolare colorazione. Per far ciò, sono state disciolte in acido clo­ridrico tre piccole efflorescenze e con gran sorpresa, nel filtrato, sono state rinvenute esili pellicole ricurve, vitree, in­fusibili ed inattaccabili da tutti gli acidi ad eccezione di quello fluoridrico. Le ulterio­ri analisi chimico fisiche hanno conferma to l’iniziale sospetto di essere in presen­za della varietà di biossido di silicio co­nosciuta come opale.
Si tratta della prima segnalazione nel­l’area del Carso triestino, ma forse, es­sendo l’opale sempre subordinato o co­munque mascherato dal carbonato di calcio, non è esclusa la sua presenza in altre cavità della zona.
Nei pochi campioni finora analizzati, dopo la dissoluzione, previo filtraggio ed essiccamento, sono state sempre riscon­trate delle pellicole, dello spessore di fra­zioni di millimetro, vitree e limpide al pun­to tale che risulta quasi impossibile scorgerle fin tanto che sono immerse nel soluto. È stato stimato anche il rapporto percentuale tra opale e calcite non po­tendo (e soprattutto non volendo) distrug­gere altro materiale così raro; con una certa approssimazione il rapporto do­vrebbe aggirarsi intorno 1:10, quasi una ciclicità climatica.
Per quanto riguarda la formazione, ammettendo la crescita di detti speleote-mi per accrescimento orizzontale in am­biente saturo d’umidità e non per accre­scimento verticale tipo stillicidio, si ipotizzano due genesi entrambe da verifi-care. La prima è il concrezionamento tipo “aerosol” (A. Cigna e C. Hill); la seconda è l’accrescimento cristallino per capillari­tà da esili leptoclasi della roccia. È opi­nione personale degli autori che entram­be le due precedenti ipotesi genetiche abbiano interagito.
Ritornando alla relazione tra opale e calcite, poiché gli involucri di opale si alternano con frequenze cicliche, in rap­porto sempre e comunque subordinato alla calcite, si può dedurre che vi furo­no dei momenti in cui il normale accrescimento calcitico risultò inibito mentre, per contro, fu facilitato quello siliceo.
Forse ci si potrebbe trovare in presen­za di speleotemi testimonianti le variazio­ni climatiche collegate alle glaciazioni.
Infine riguardo alla presenza di silice, questa è facilmente riconducibile agli abbondanti depositi di riempimento are­nacei presenti nella cavità stessa e la cui derivazione sarebbe da collegarsi alla si­tuazione paleomorfologica antecedente l’erosione del flysch.
Si informa che alcuni piccoli campioni di concrezione sono presenti nella “Col­lezione Rimoli” presso il Museo delle Scienze di Pordenone.
Fulvio Durnik Giorgio Rimoli
(1) Tale semplice analisi consiste nel polverizzare una piccola quantità di campione e di bollirla per pochi secondi in una soluzione di nitrato di cobalto. Tale polvere si colora di violaceo se ci si trova in presenza di aragonite, mentre non cambia colorazio­ne e rimane bianca in presenza di calcite.
HILL C, FORTI P., 1997 – Cave Minerals of thè World, NSS ed., Huntsville (Alabama) 1997: 1-463 CIGNA A. A., HILL C. A., Aerosols: Are They a Mecha-nism of Speleothem Growth? in “Cave Minerals of thè World” dì Hill C. e Forti P., NSS ed., Huntsville (Alabama) 1997: 255-258