Il sentiero C.Finocchiaro

 

LA LUNGA STRADA PER L’USCITA

pubblicato sul n. 35 di Progressione

Il taglio inaugurale dell’assessore regionale al turismo (foto F- Tiralongo)

Il 1997 per i più vecchi soci della Commissione è stato l’anno che ha visto il completa- mento di un’opera iniziata in un’altra era, in un altro mondo. La Redazione della Rivista ha ritenuto doveroso pubblicare oltre alla cronaca della manifestazione dell’apertura del nuovo sentiero (dovuta a Pino  Guidi, eterno relatore della Commissione) ed alla storia della sua costruzione (scritta da Flavio Vidonis, attuale Direttore della Grotta) il testo del discorso pronunciato da Dario Marini (oltre quarant’anni di speleologia, di cui trent’anni a stretto contatto con Carlo Finocchiaro) ed i ricordi di Fabio Forti, attuale presidente della Società Alpina delle Giulie e per decenni Direttore della Grotta Gigante. Cronachistici i primi due; diversi nello stile e nei contenuti, gli ultimi due testi si differen- ziano notevolmente per forma e sostanza. Gli Autori, poeta il Marini legato in maniera quasi simbiotica ad un passato ormai mitico (di cui comunque è parte), attento amministratore sempre alle prese con i mille problemi che la gestione del patrimonio sociale impone (beni, attività, uomini) il Forti, rappresentano indubbiamente le due anime della Società che vedono la stessa realtà da due angolature diverse. Ed i loro scritti – uomini e avvenimenti sublimati dai ricordi – vanno letti in quest’ottica.
                                                                                                            La Redazione

Con la cerimonia di domenica 27 ottobre 1996 è stato coronato un sogno di un paio di generazioni di speleologi: l’apertura di un sentiero di raccordo che dalla Sala dell’Altare permettesse ai turisti di uscire dall’lngresso Alto della cavità, evitando ingorghi sulla grande scalinata e la penosa risalita. È stato un sentiero lungo un’infinità -trent’anni -al punto che di quelli che hanno iniziato a studiare il problema nei primi anni ’60 ben pochi hanno potuto essere presenti alla sua inaugurazione.
Per l’occasione erano convenuti in quel di Borgo Grotta non solo la Commissione in toto ma pure nutrite rappresentanze dei gruppi grotte regionali, alpinisti, escursionisti, autorità: insomma la folla delle grandi occasioni. Le centinaia di persone raccolte lungo i sentieri, dal Bivio alla Colonna Ruggero e alla Sala dell’Altare, hanno dovuto ascoltare è scotto normale che si paga in quelle occasioni i discorsi dei politici e dei tecnici. Completati da quelli del presidente dell’Alpina (Fabio Forti, che seguì i lavori dapprima come consigliere, poi come direttore della Grotta Gigante, quindi come presidente della Commissione) e del presidente della Commissione (Franco Gherbaz). Un’oretta di parole, per tutte le sensibilità: storia della Grotta, importanza del comprensorio turistico, vicissitudini dei lavori (problemi con le ditte e con la burocrazia, dai primi progetti 1966 alla sua realizzazione 1996). L’ultimo intervento lo ha fatto Dario Marini. Il vecchio grottista (iniziò la sua carriera speleologica oltre quarant’anni or sono proprio con Finocchiaro) non ha parlato di soldi e di intoppi burocratici, ma con commosse parole ha invece voluto rievocare la figura di Carlo Finocchiaro, e cucire con un ideale filo di refe tempi, uomini e sogni: dal Lindner (1 800-1 841 ), al Marinitsch (1 838-1 91 5), al Boegan (1 8751939), al Muller (1 880-1 964). Concludendo appunto con Finocchiaro (1 91 7-1 983), dall’oratore considerato uno degli ultimi veri grottisti triestini, strenuo assertore della necessità del sentiero che oggi porta il suo nome. Alla fine dei discorci, dopo il classico taglio del nastro, gli astanti hanno potuto ammirare una serie di calate dall’lngresso Alto che hanno scandito, quasi riallacciandosi al discorso di Dario, l’evolversi nel tempo della tecnica di esplorazione delle grotte: alla calata di un esploratore delle caverne in costume ottocentesco, con tanto di cappello di feltro in testa e torcia fumante in mano, seduto su di un palanchino (Bosco Natale Bone, classe 1939), è seguita la discesa di un grottista lungo la campata di cento metri di scalette d’acciaio (il sessantaquattrenne Giorgio Nicon, del Gruppo Grotte Carlo Debeljak). Lo spettacolo è stato quindi completato dalla discesa di uno speleologo meno stagionato (Mario Bianchetti) in discensore.
Quindi finalmente il giro completo della cavità e ritrovo presso il Museo di Speleologia, ove era stato preparato un rinfresco che, nonostante l’abbondanza delle pietanze ed il fatto che la distribuzione delle stesse era stata scaglionata nel tempo (l’ultima portata era costituita da una grassa jota*), non è forse riuscito ad accontentare tutti. Il27 ottobre è stata inaugurata un’opera che nel suo piccolo è grandiosa: grandiosa perchè voluta, pensata, seguita, portata a termine con i pochi mezzi della Società e con la collaborazione di tanti soci della Commissione che si sono impegnati gratuitamente, dedicando alla gestione della Grotta tempo e passione: guardando il lavoro svolto tutti i soci si possono sentire arricchiti dentro. E la pratica dimostrazione che il volontariato può funzionare ancora, in una società in cui tutti si operi per il raggiungimento di uno scopo comune. E adesso arrivederci alla prossima inaugurazione (il piazzale d’uscita attrezzato), sperabilmente non fra trent’anni. Pino Guidi *) In questo caso non è la danza di carattere spagnola ma una miinestra tipica triestina (ndr).

STORIA DI UN PROGETTO

 Nel 1940 due grottisti della Commissione Grotte, Giorgio Coloni e Luciano Saverio Medeot, individuavano la bocca di una galleria posta alla sinistra della Sala dell’Altare (guardando dalla grande scalinata); qualche giorno dopo, con un’arrampicata molto difficile ed esposta di una ventina di metri, veniva raggiunta ed esplorata una galleria, ben concrezionata, lunga una sessantina di metri e da allora chiamata “Galleria Nuova”.
Interrotti i lavori dalla guerra le esplorazioni riprendono solo nel 1950 da Fabio Forti allora poco più che ventenne e Tullio Tommasini che raggiungono nuovamente la Galleria Nuova nonché un’ulteriore breve galleria scoperta una decina di metri ancora più in alto. Poi, sino agli anni ’60, le nuove gallerie sono state soltanto oggetto di visite estemporanee.
Nel 1964, visto l’aumento notevole del flusso turistico il direttivo del Commissione Grotte, allora presieduto da Carlo Finocchiaro, decise di studiare la possibilità di utilizzare l’Ingresso Alto ed aprire un’uscita alternativa con un sentiero che, partendo dalla Sala dell’Altare raggiungesse il Pulpito e la Galleria Nuova adattando una cengia un po’ esposta e quindi poi procedere lungo un sentiero a sbalzo, ancorato alla parete (a 90 metri dal suolo) che avrebbe dovuto raggiungere la galleria dell’Ingresso Alto.
Quest’opera, veramente imponente, avrebbe permesso di evitare l’incrociarsi delle comitive lungo la scalinata d’accesso, punto dolente della viabilità della grotta. Il progetto definitivo, interessante la viabilità, l’impianto elettrico e la sicurezza di tutta la cavità, veniva presentato alla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia nel 1966. 11 progetto sia per non interrompere le visite dei turisti, sia per diluire l’ingente spesa in più esercizi era stato articolato in più lotti autonomi, l’ultimo dei quali prevedeva la costruzione del sentiero a sbalzo.
Iniziati i lavori (sistemazione ingresso, scalinata d’accesso, piazzale ecc.) il team, guidato magistralmente da Carlo Finocchiaro e da Fabio Forti (nel frattempo divenuto Direttore della Grotta), cominciava a prendere contatti con varie ditte per l’esecuzione dell’ardito sentiero. Che presentava grosse difficoltà in quanto le ditte in grado di compiere l’opera ritenevano non economico (per loro) intervenire per un sentiero così corto (una settantina di metri). Poi il terremoto del 1976 che ritardò notevolmente i contributi regionali e quindi anche i lavori. Giunti negli anni ’80 il Direttivo, viste le difficoltà di costruire il sentiero a sbalzo nel vuoto (oltrettutto psicologicamente non ottimale per il turista medio) decise di mutare il progetto e di scavare, in alternativa, una galleria artificiale parallela alla grande caverna. Anche quest’opera venne realizzata in tempi lunghi, in quanto per non danneggiare le formazioni cristalline della grande caverna venne escluso l’uso degli esplosivi.
Il sentiero, la cui realizzazione si è conclusa nei primi mesi del 1996, è stato dedicato alla memoria di Carlo Finocchiaro non solo perché voluto da lui, ma anche perché è stato il Presidente della Commissione per un trentennio, periodo durante il quale ha contribuito in maniera decisiva a valorizzarla, facendola conoscere in Italia ed all’estero. Il nome di Carlo Finocchiaro, quale speleologo e studioso, è molto noto negli ambienti speleologici sia in Italia che all’estero. Forse più che non nella sua Trieste.
                                                                                            Flavio Vidonis

RICORDI DI FATICOSI LAVORI

Quando il 27 ottobre del 1996 venne finalmente inaugurato nella Grotta Gigante il nuovo “Sentiero Carlo Finocchiaro”, si concludeva un’opera iniziata tanti e tanti anni prima. Il nuovo percorso era stato concepito per avere un’uscita dalla grotta senza dover ripercorrere con una faticosa ed erta risalita il sentiero di andata. Nella cerimonia d’inaugurazione di questa nuova viabilità interna, tra varie Autorità, numerosi invitati, rappresentanti della speleologia regionale e nazionale, presentai l’opera quale Presidente della Società Alpina delle Giulie, la carica massima mai conseguita da uno speleologo di questa Società. Ma non è di questo che desideravo parlare; i vari discorsi, le varie cerimonie, un po’ scontate e assai di circostanza, in quei momenti molto importanti per la nostra Alpina, a me dicevano in realtà assai poco. Improvvisamente, pur tra tanta gente mi trovai solo! Tutte le facce che mi circondavano erano vuote, senza significato. La grotta per me divenne ad un tratto silenziosa ed i fantasmi dei ricordi cominciarono ad aleggiare in quel cielo senza stelle che caratterizza un po’ tutto il mondo delle grotte.
Ottobre 1949, Tom ed io entravamo a far parte della prestigiosa “Commissione Grotte”. 17 anni Tullio Tommasini (Tom), 22 il sottoscritto, ma per le grotte eravamo dei “veterani”. La nostra attività era iniziata già nel tardo autunno del 1945 e noi due ci conoscemmo nel 1947. Pensate che nel 1946 avevo già fatto con degli amici la mia prima campagna speleologica a Pradis! Alla nostra entrata in “Commissione”, Bruno Boegan ne era il Presidente e Carlo Finocchiaro era il Segretario, Giorgio Coloni il “tuttofare” e noi due subito trasformati in “Grottenarbaiter”. Se ben ricordo nella stessa domenica fummo convocati alla Grotta Gigante per “lavorare”, i nostri primi strumenti da esplorazione furono in realtà una pala ed un piccone e lo “schiavista” Coloni che dirigeva i lavori. La grotta abbandonata all’inizio della guerra, era ormai tempo di riaprirla a pubblico. Il suo stato interno era pietoso, le strade esterne di accesso erano allora dei sentieri per le mucche e le capre, il paese di Borgo Grotta Gigante era senza acquedotto e privo di energia elettrica. Funzionava però la Trattoria di Milic ed il vecchio ed imponente proprietario ci guardava con grande sufficienza: Voi “alpini” non valete niente, quelli si dei “tuoristi” erano brava gente! Per lui eravamo ancora al tempo dell’Austria e spesso elogiava il “nostro imperatore” ma tutto sommato andavamo molto d’accordo perché il “vecchio” intravvedeva la possibilità di affari con la riapertura al pubblico della Grotta Gigante (pardòn Riesengrotte). Arrivare in paese a quel tempo era da considerare un viaggio. Funzionava il “balcanico”, scusate il Tram di Opcina e poi a piedi per la strada che all’epoca non era ancora asfaltata, con il solo traffico costituito da qualche camion militare USA, per il resto deserto assoluto. Il ritorno spesso a piedi fino a Trieste poiché i soldi per il rientro di solito venivano utilizzati invece per un po’ di vino.
Credo nel novembre del 1949 venne fatta la prima illuminazione della Grotta, che per noi fu una mostruosa fatica, durata ininterrotta dalle ore 6 di mattina alle 9 di sera. Quel giorno raggiungemmo la grotta con il treno (fermata a Prosecco). Trasportammo all’interno una trentina di quelle grosse e pesanti lampade a carburo (carica da 5 kg) da tempo utilizzate nelle grotte “turistiche”, come San Canziano; 400 litri d’acqua, circa un centinaio di chili di carburo, più panche in legno, ed altri e sempre pesanti attrezzi da lavoro. Ricordo che nei vari trasporti di quel giorno, feci la grotta ben 16 volte, ma fu un trionfo. Ben tremila triestini quel pomeriggio vollero visitare la grotta. Era un ritorno alla pace, ad un mondo tanto diverso che stava per nascere e di cui noi non avevamo ancora sensazione! Bisogna ricordare che quella nostra povera gioventù era stata sprecata in anni molto difficili di guerra, privazioni, umiliazioni, per cui la gioia che quel giorno provammo per la riuscita manifestazione era anche questa una “novità”.
Passarono gli anni e, sempre nell’alternanza di esplorare grotte, fare rilievi, iniziare i primi studi con il prof. Polli, vi era sempre la necessità di lavorare in Grotta Gigante sotto la tutela del Coloni, che come vi ho già detto chiamarlo “schiavista” era davvero assai poco! Un giorno del 1950 riesplorammo (i soliti tre, Coloni Tom ed io), la Galleria Nuova, scoperta nel 1940. Allora intravvedemmo anche la Galleria Nuovissima, proprio sotto alla volta che visitammo alcuni giorni dopo. Alla luce fioca delle nostre lampade a carburo (tenute a mano perché a quel tempo la luce frontale era ancora di là da venire), facemmo una considerazione scherzosa. Ti immagini costruire fin qua un sentiero e poi con un ponte passare all’lngresso Alto. Queste erano di solito le … trovate di Tom … le quali venivano fatte …per dire qualcosa di assurdo … e fare cosi arrabbiare il Coloni. Ma molti anni dopo, siamo ormai a metà degli anni ’60, questo pensierino cominciò a concretizzarsi, la neocostituita Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia volle da noi un programma pluriennale per una completa sistemazione turistica della grotta. Anche se iniziammo i rilievi, facemmo i sopralluoghi, la nostra convinzione sulla possibilità di realizzare l’opera restava … assai dubbia! Ma lentamente, con i vari progressi tecnologici sulle v costruzioni, con i nuovi materiali, le nuove attrezzature, lentamente questa i “speranza” di collegare l’Ingresso Alto con la Galleria Nuova, il Pulpito, la Cengia ed infine con la Sala dell’Altare, cominciò a farsi sempre più strada e l’impresa divenne finalmente “tecnicamente” realizzabile.
Vissi la Grotta Gigante per circa quarant’anni da Direttore, fui per 7 anni Presidente della Commissione Grotte, infine sono ormai da 7 anni Presidente della SAG, per cui ebbi modo di partecipare a tutte le complesse fasi della esecuzione di quest’opera. Ma forse quel senso di vuoto che provai il giorno dell’inaugurazione a differenza del bel ricordo della prima illuminazione del 1949, è dovuto indubbiamente ad altre cause, molto umane. La storia della Grotta Gigante è in parte la storia della mia vita, ci sono stati molti esempi di incomprensioni, cecità, sia da parte mia che da parte degli “altri”, per cui voglio dare un suggerimento: …. non lasciate mai una persona per comodità sempre nello stesso posto, la “società” ne può trarre indubbiamente un notevole beneficio determinato dall’esperienza ma chi lo subisce vi assicuro che non lo gode … anzi ci rimette sempre qualcosa, come ad esempio la soddisfazione di aver compiuto un’opera che non può più sentire, perché sovrastata da un cumulo enorme di decine di anni di ricordi di un passato che non ritorna più.
                                                                                                 Fabio Forti