Rabdomanzia

 

RABDOMANZIA E GROTTE NEL TEMPO*)

Pubblicato sul n. 27 di PROGRESSIONE – Anno 1992

PREMESSA

E’ necessario ricordare che Progressione non fa proprie le idee e le convinzioni degli Autori, che resta­no sempre e comunque padroni e responsabili delle loro affermazioni. La Redazione ha inteso, ospitando questi articoli, avviare una serena e garbata disanima sulle pratiche speleo-rabdomantiche attualmente mol­to in auge a Trieste: ci si augura, anche se purtroppo non c’è peggior cieco di chi non vuol leggere, che altri risponderanno, illustrandoci le loro opinioni.

(Al.d.D.R.) Che cosa ci fanno degli speleologi con un bizzarro bastone tenuto orizzontalmente tra le mani? E’ probabile che alcuni per­plessi gitanti triestini si siano posti recente­mente questa domanda. Infatti non è raro, di questi tempi, osservare in alcune zone del nostro carso, e in special modo nei pres­si di Borgo Grotta Gigante, dei nostrani grot­tisti muniti di una curiosa bacchetta foggia­ta, per lo più, a Y rovesciato e impugnata con le due mani. E’ ovvio che essi cercano sempre nuove cavità, solo che questa volta hanno messo momentaneamente in dispar­te le loro consuete attrezzatu­re. Anche se ciò potrà sembra­re strano, il mezzo utilizzato per tali ricerche è un semplice, ap­parentemente superfluo, ogget­to, conosciuto, però, fin dai tem­pi antichi con il nome di “bacchetta del rabdomante”.
Mettendo da parte gli antecedenti storici più remoti ed ‘il significato esoterico della parola, la rabdomanzia ha assunto, già a partire dal XVI sec. un’accezione moderna; e cioè intesa come ricerca e ritrovamento di cose nascoste nel sottosuolo. Infatti l’uso della bacchetta come già l’Agricola (autore di un famoso trattato di arte mineraria e metallurgia) aveva segnalato nella sua fondamentale opera “De re metallica” – ebbe un largo utilizzo in Germania per la ricerca del carbone e delle falde acquifere. Successivamente questa tecnica fu in­trodotta anche in Francia e in Gran Breta­gna.
Tralasciando i fondamentali studi ope­rati dal Vallemont, dal Richter e dall’abate Richard e le osservazioni del nostro E. Boe­gan al riguardo, la pratica rabdomantica sembra ancora oggi ben lontana dall’esse­re spiegata in termini scientifici. Nonostan­te ciò, alcuni speleologi locali hanno recen­temente rispolverato questa vecchia ma mai scomparsa tecnica. In poche parole, chi im­pugnasse la bacchetta e procedesse su di un terreno da esplorare, si accorgerebbe (in presenza di eventuali cavità ipogee, di corsi d’acqua sotterranei e di giacimenti mi­nerari) di improvvisi ed inspiegabili mo­vimenti delle mani, determinati da contra­zioni involontarie dei muscoli degli avambracci.
Esoterismo? Magia? “No, nul­la di tutto ciò” – afferma Luciano Russo, conosciuto ed apprezzato speleonauta trie­stino -. “Anche se in effetti la rabdomanzia affonda le radici in oscure pratiche di divi­nazione, oggi il termine sta ad indicare la ricerca di cose perfettamente naturali, no­nostante che i metodi praticati siano anco­ra ben lungi dall’essere accettati dal mondo scientifico”.
Ma qual’è il meccanismo che sta alla base del fenomeno rabdomantico? Che cos’è a provocare le involontarie con­trazioni muscolari avvertite grazie alla bac­chetta? Ascoltando lo speleologo, si ha la netta sensazione di trovarsi nel bel mezzo di una lezione di fisica, con continui riferi­menti ai campi magnetici ed elettrici terre­stri. Da tutto ciò emerge che la nostra su­perficie è costantemente soggetta all’influsso sia di forze interne (energie tel­luriche) che esterne (energie cosmiche), le quali, incrociandosi tra loro, formano un im­menso e complesso reticolato magnetico non avvertibile dai nostri sensi.
Quando si è però muniti di uno stru­mento anche rudimentale – come, ad esem­pio, una bacchetta – e trovandosi in prossi­mità di acque sotterranee, di vani ipogei e di filoni minerari (presenze, queste, che pro­vocano variazioni nel campo magnetico di superficie), l’uomo può sentire qualche cosa. Per esempio, lo scorrere dell’acqua, che produce un’emanazione elettromagnetica, che può essere avvertita – grazie alla bac­chetta – dal nostro sistema neuromuscola­re.
A questo punto le domande e le per­plessità da sollevare sarebbero numerose, ma sta di fatto che, al di là di questo miste­rioso fenomeno, tale tecnica dà risultati ec­cellenti. Basti pensare a quelli riscontrati recentemente da Stojan Sancin del “Grup­po Grotte dell’Associazione Alpina Slove­na” di Bagnoli, il quale, grazie alle indica­zioni fornite dalla bacchetta, ha operato sul fianco dell’Antro di Bagnoli una perforazio­ne, scoprendo così un nuovo sistema idrico indipendente dall’altro.
Ma i geologi che cosa pensano di que­sta tecnica? Elio Padovan, attuale presidente delta Boegan, solleva comprensibili e motivate ri­serve: “Anche se non si può negare nulla a priori, è necessario comunque verificare e provare questa tecnica su grotte già note”. In conclusione, almeno per quanto ri­guarda il meccanismo, il fenomeno rabdo­mantice qui toccato solo marginalmente, sembra essere confermato nel suo valore dalle odierne ricerche anche strumentali e come tale oggi è fuori discussione. E’ probabile, quindi, che la rabdoman­zia, almeno nella accezione qui analizzata, venga un giorno o l’altro strappata alla su­perstizione ed acquisita dalla scienza stes­sa.
Stefano Zucchi
 *) L’articolo è apparso, in forma ridotta, sulle pagine del quotidiano “Il Piccolo” in data 26 ottobre 1991.   

RABDOMANZIA E RADIOESTESIA

 Sull’argomento sono stati stampati li­bri e libri, a cui ognuno può rivolgersi per approfondire le sue conoscenze, mentre poco o nulla si trova sui rapporti tra questa materia e la speleologia.
Una breve premessa che chiarisca l’argomento che stiamo trattando si im­pone, anche al fine di evitare che idee preconcette di persone disinformate – supportate soltanto dalla non cono­scenza degli estremi del problema – pos­sano essere motivo di sciocche quanto inutili polemiche.
La superficie terrestre è il punto d’incon­tro e di scambio di due gruppi di energie: le cosmiche e le telluriche.
Le energie cosmiche, di intensità varia­bile a seconda delle ore del giorno, rag­giungono una lunghezza d’onda di 1/200 miliardesimo di millimetro e penetrando nella superficie terrestre determinano delle cau­se importanti per la stimolazione della vita.
Le energie telluriche sono forze terrestri di origine sconosciuta, probabilmente ori­ginate dal nucleo del pianeta. La fuoriuscita di tali energie viene influenzata dalle carat­teristiche geologiche (faglie, corsi d’acqua sotterranei, presenza di metalli o minerali ecc.) che determinano in questi punti una loro concentrazione tale da generare un fe­nomeno di perturbazione elettromagnetica, misurabile anche con strumentazione mo­desta.
Gli esseri viventi sono costantemente im­mersi e condizionati da queste grandi for­ze. La salute, la malattia o lo stato d’animo dipendono da fattori che sfuggono al con­trollo cosciente. Il nostro subcosciente ed il duplice sistema nervoso – simpatico e pa­rasimpatico, forza centrifuga e centripeta dell’uomo – registrano a livello inconscio queste variazioni elettromagnetiche, trasfor­mandole (o scaricandole) in leggerissime contrazioni nervose degli avambracci. Que­sto movimento può venir evidenziato da uno strumento estremamente semplice: la bac­chetta del rabdomante.
E’ stato scientificamente provato che le correnti d’acqua sotterranee con il loro moto generano energia elettrica misurabile in su­perficie; si può inoltre rilevare, in corrispon­denza del corso d’acqua, una emissione di raggi gamma tre volte superiore al norma­le.
Le perturbazioni magnetiche che confluiscono in questi punti sono misurabili strumentalmente e consentono di localizza­re un corso d’acqua ipogeo sino a trecento metri di profondità con quattro linee di perturbazione per ogni lato del fiume stes­so. Il rabdomante riesce ad avvertire otto linee magnetiche per ogni lato, per un tota­le di sedici. La distanza tra la prima linea, che corrisponde all’alveo stesso, e l’ottava equivale alla profondità della vena d’acqua; il vuoto viene rilevato con lo stesso stru­mento, ma il segnale è diverso. Capire la differenza tra linee telluriche di diversa na­tura – acque sotterranee, vuoti e faglie – richiede una certa pratica.
Nel caso si tratti di aprire una cavità il problema per chi opera con questi metodi è di individuare esattamente il punto di minor resistenza, ossia la zona dove lo spessore del materiale è minore. La pratica acquisita ci fa rilevare che per il rabdomante è molto più facile seguire la pianta di una cavità – anche a profondità rilevante – che non la sua quota.
Le tecniche alternative alla rabdoman­zia sono due, la ben nota radioestesia ed un altro sistema che non è qui il caso di illustrare perchè ancora è stato sperimen­tato da un numero troppo ristretto di perso­ne.
La radioestesia, pur essendo sorella del­la rabdomanzia, si spiega con principi di­versi basandosi più su fattori psichici che fisici. L’esperienza dell’operatore, abbinata ad una sensibiltà sviluppata, può dare dei risultati notevoli, ma essendo questa facoltà estremamente soggettiva, gli stessi posso­no differire notevolmente da una persona all’altra, risultando pertanto poco attendibili.
Prove fatte con la geoelettrica – laborio­sa e di difficile interpretazione – hanno co munque confermato i dati ricavati nelle ri­cerche fatte con le bacchette.
Le prove e le conferme. Quanto sinora descritto è bello e interessante, ma senza dei risultati dimostrabili possono sembrare solo chiacchiere. Non è da molto tempo che si sta lavorando – e studiando – in questo campo, per cui non siamo in grado di pre­sentare risultati eccezionali. Ma qualcosa è stato fatto, e penso possano interessare il lettore alcuni esempi.

  • a) Durante un soggiorno per motivi di lavoro presso il villaggio di Asilah (Maroc­co) ho localizzato parecchie cavità artificiali di epoca medioevale e corsi d’acqua sotter­ranei. Uno di questi, individuato in aperta campagna, presso un’azienda agricola, è stato segnato con pietre per un percorso di un centinaio di metri e stimato profondo 15; i proprietari del terreno – dimostrando fidu­cia nelle ricerche – hanno provveduto a sca­vare un pozzo, trovando l’acqua esatta­mente a 15 metri di profondità.
  • b) Con la tecnica delle bacchette a Trie­ste sono stati riscoperti numerosi ipogei arti­ficiali, esplorati dalla Sezione di Spe­leourbana della S.A.S., fra cui ambienti nel Castello di San Giusto di cui si era persa memoria. In campo prettamente speleologico buo­ni risultati ha ottenuto Stojan Sancin, che ha individuato una cavità aperta proprio in base alle sue indicazioni – percorsa da un piccolo corso d’acqua.
  • c) Agli inizi delle esplorazioni della grot­ta Gualtiero Savi, assieme al Fulvio Durnik ci siamo recati sul Monte Stena (nelle cui viscere si sviluppa la grotta) a fare delle prospezioni preliminari; ne abbiamo ricava­to alcune indicazioni sulla presenza di ca­vernosità immediatamente a nord del com­plesso, al termine della Sala Taucer, ed altre – molto più vaste – parecchio più a NNW. Negli stessi giorni gli esploratori scoprivano oltre la Taucer dei rami che, rilevati, hanno preso il posto delle cavernosità da noi se­gnalate (sempre nella Grotta Gualtiero abbiamo dato delle indicazioni che attendono conferma da eventuali scavi).
  • d) Un gruppo di soci della Commissione ha intrapreso uno scavo in una caverna sita sul fianco della vai Rosandra, nell’intento di giungere nella Grotta Gualtiero per una via più breve e diretta. Chiamati dagli stessi (ormai giunti a parecchi metri di profondità) per avere indicazioni sullo spessore di ma­teriale ancora da scavare, abbiamo fatto del­le ricerche con il pendolino che ha dato come risultato 3,50 metri di dislivello con m.7 di lunghezza. I calcoli fatti sulla base dei rilievi e delle poligonali esterne fra gli ingressi delle due grotte davano un dislivel­lo di metri 3,40.
  • e) Nei pressi di Momiano (Istria) sono in corso dei rilevamenti esterni su corsi d’ac­qua ipogei; dell’esistenza di uno di questi si è avuta conferma a seguito di un’esplora­zione speleosub.

Riassumendo, posso affermare che da un punto di vista pratico la tecnica della rabdomanzia nella ricerca di vuoti o fiumi sotterranei può risultare quanto mai preziosa, data l’immediatezza delle risposte, con un 80% di risultati positivi (e controllati); il 20% di risultati negativi di norma è dovuto a sovrapposizioni di segnali diversi. Spero, a questo propo­sito, di trovare quanto prima conferma dell’esistenza della seconda caverna della Grotta Gigante, la cui planimetria è stata posizionata all’esterno con “Fufo” (attivo membro della squadra degli “spe­leorabdomanti”).
La sperimentazione e la pratica ci consentiranno di affinare ulteriormente que­sta disciplina, della quale abbiamo intravvi­sto interessanti sviluppi.
Siamo quanto mai coscienti dei nostri limiti, forse in parte accentuati da una edu­cazione estremamente materiale e da un condizionamento a vivere lontano dalla na­tura: riscoprirsi parte di essa è una gioiosa sensazione che la pratica della moderna rabdomanzia può dare.
Luciano Russo    

NOZIONI ELEMENTARI DI RABDOMANZIA PER GROTTISTI

(Disegno Sabrina Ivicevich)

Introduzione:

 La ricerca di nuove cavità in zone già ampiamente esplorate occupa ormai una percentuale di tempo sempre maggiore ri­spetto alla più gratificante esplorazione delle stesse. La rabdomanzia o radiestesia offre uno strumento utile per farsi un’idea di ciò che si trova nel sottosuolo. L’utilizzo degli strumenti rabdomantici é in se stesso sem­plice. Notevoli difficoltà invece si incontra­no nell’interpretare le indicazioni degli stru­menti. L’esposizione dell’argomento non ha nessuna pretesa di completezza ma inten­de fornire alcune nozioni elementari che do­vrebbero consentire a chi si interessa del problema di approfondire successivamente da solo l’argomento. Le teorie che cercano di spiegare il fenomeno rabdomantico sono numerose, come sono numerose anche le persone che negano l’esistenza del feno­meno stesso. Nessuna delle teorie però da una spiegazione completa del fenomeno. Dal momento che la conoscenza di queste teorie non è indispensabile per iniziare la pratica, l’argomento non viene affrontato.

 Chi può fare il rabdomante ?

La rabdomanzia può essere praticata quasi da tutti. Le poche persone conosciu­te che non hanno avuto successo rientra­no o tra coloro che già prima di provare negavano l’esistenza del fenomeno o tra coloro che si sono lasciati demoralizzare subito dalle inevitabili difficoltà iniziali. I gio­vani in genere incontrano all’inizio meno difficoltà degli anziani.

Gli strumenti

Gli strumenti usati dagli rabdomanti sono numerosi. Per semplicità ci si limita ad uno solo di essi: le bacchette ad L. Le bacchet­te ad L possono essere costruite in pochi minuti da due pezzi di filo di metallo. La qualità non ha nessuna importanza. Si ot­tengono semplicemente piegando un filo metallico ad angolo retto in modo da asso­migliare ad un lettera L. La parte corta,che viene impugnata può essere lunga 10- 15 cm in modo da poter essere tenuta in mano con facilità. La lunghezza della parte lunga può essere arbitraria. All’inizio, per evitare pesi eccessivi si consiglia una lun­ghezza sui 30 cm.. Con la lunghezza dimi­nuiscono la maneggiabililità e la precisione (la determinazione del punto in cui inizia o finisce il fenomeno rabdomantico) mentre aumenta la sensibilità.

Come si tengono in mano

 Le braccia si piegano ad angolo retto. I gomiti si tengono aderenti al torace. Il pal­mo si chiude parzialmente a pugno. La par­te corta delle bacchette si tiene all’interno del pugno in modo che tocchi lo stesso solo in due punti ed in modo che la parte lunga rimanga parallela al suolo senza toccare il palmo in nessun punto. L’attrito con il pal­mo deve essere il minimo possibile. Se te­nute correttamente, in assenza di segnali rabdomantici, le bacchette si dispongono pa­rallele tra di loro e parallele al suolo. La posizione delle mani e del corpo deve es­sere tale che le bacchette risultino sempre parallele al suolo.
Le braccia si possono tenere anche tese in avanti. Si tratta di una posizione più fatico­sa che si usa in genere solo quando le bac­chette si girano fortemente verso il torace.
Le bacchette devono essere in contatto con la pelle delle mani. Con i guanti gene­ralmente non funzionano.
Il vento disturba molto raramente, men­tre il freddo riduce notevolmente la sensibi­lità. Notevoli disturbi si possono avere pri­ma e durante i temporali.
Il segnale rabdomantico
Nelle spiegazioni che seguono si pre­suppone, per semplicità di esposizione, che i fenomeni e gli oggetti rilevati dalle bac­chette emettano dei raggi rettilinei. Si parla di segnale, quando le bacchette ruotando indicano la presenza di questi raggi.
In presenza di questi raggi le bacchette generalmente si girano una verso l’altra. Per segnali deboli le bacchette si incrociano a X. Per segnali forti si girano ancora di più verso il torace e si dispongono parallele al torace o addirittura con le punte rivolte ver­so di esso. In presenza di segnali forti per permettere il libero movimento delle bac­chette conviene tenere le braccia tese in avanti.
Più il segnale è forte maggiore è l’an­golo di rotazione. In mano di alcune perso­ne le bacchette invece di girare verso l’in­terno si girano verso l’esterno.

Prime prove

 Per le prime prove conviene scegliere una linea elettrica di elevata tensione, su terreno pianeggiante sgombro di vegetazio­ne (la vegetazione non dà alcun segnale ma rappresenta se densa un serio ostaco­lo al movimento), lontano dagli edifici, og­getti metallici, condotte d’acqua, fognature, gallerie, cunicoli, corsi d’acqua e cavità. Per evitare cavità conviene effettuare le prime prove su Flysch.

  1. Scelta la linea elettrica ci si dispone a qualche metro da essa con le spalle pa­rallele e quindi le braccia e le bacchette perpendicolari con la direzione dei fili. Si avanza lentamente verso i fili. Quando ci si trova sotto di essi le bacchette se tenute correttamente dovrebbero ruotare. Se non ruotano quasi certamente sono tenute male. La probabilità che una persona non perce­pisca i segnali è molto scarsa. Si riprova finche non ruotano eventualmente a distan­za di qualche giorno. Controllare che le spalle siano parallele e le braccia perpen­dicolari ai fili.
  2. Quando, ogni volta che arriviamo sot­to i fili le bacchette girano passiamo all’esercizio successivo. Ci disponiamo sotto i fili e ci allontaniamo in direzione perpen­dicolare ad essi a passo lento. Giunti ad una distanza pari circa all’altezza dei fili, le bacchette ruotano di nuovo. Se continuia­mo le prove vediamo che le bacchette ruo­tano quando ci troviamo sotto i fili e quan­do ci troviamo su uno dei due lati ad una distanza pari circa alla loro altezza. Il feno­meno si descrive nel modo più semplice dicendo che i fili percorsi da corrente elet­trica emettono tre raggi diversi. Un raggio perpendicolare al suolo e due, uno per ogni lato, con un angolo di 45 gradi rispetto al suolo (se questo è pianeggiante ovviamen­te).
  3. Torniamo sotto i fili. Le bacchette gi­rano. Ci fermiamo e lentamente giriamo su noi stessi. Quando le spalle sono perpendi­colari ai fili e le braccia parallele ad essi le bacchette ritornano nella posizione di par­tenza come se non ci fosse nessun segna­le. Proviamo a girarci nella posizione di par­tenza. Quando le braccia sono di nuovo per­pendicolare con la direzione dei fili le bac­chette tornano a ruotare. Ripetiamo la prova più volte. Ogni volta che le braccia sono perpendicolari ai fili le bacchette ruotano. Quando invece le braccia sono parallele con i fili le bacchette ritornano nella posizione di partenza come se non ci fosse alcun se­gnale.
  4. Distinzione dei raggi perpendicolari da quelli a 45 gradi. Torniamo sotto la no­stra linea elettrica ed allontaniamoci lenta­mente da essa. Quando entriamo in una delle fascie a 45 gradi le bacchette girano. Ci allontaniamo ancora lentamente dai fili. Le bacchette tornano in posizione di par­tenza. Appena questo succede ci fermia­mo. Flettendo le ginocchia ci abbassiamo. Le bacchette tornano a girare. Ritorniamo nella fascia e ci dirigiamo len­tamente verso i fili. Le bacchette ritornano nella posizione di partenza. Ci fermiamo ed alziamo le braccia. Le bacchette tornano a girare. Il motivo lo avete già compreso. Se immaginiamo un raggio che collega i fili con la fascia laterale vediamo che quando uscia­mo dalla fascia laterale allontanandoci dai fili ad un certo punto il raggio si trova sotto il livello della testa e delle braccia. In quel momento le bacchette ritornano nella posi­zione di partenza. Se ci abbassiamo la te­sta e le braccia ritornano sotto il raggio e girano. Analogamente quando ci avvicinia­mo solo che il raggio viene a trovarsi sopra di noi e perciò bisogna alzare le mani per incrociarlo di nuovo. Presso la fascia sotto i fili invece le flessioni o le alzate di braccia non sortiscono alcun effetto essendo i rag­ gi perpendicolari.
  5. Corsi d’acqua superficiali (attraversan­do un ponte), corsi d’acqua sotterranei in terreni non carsici e condotte idriche in pres­sione danno segnali analoghi a quelli de­scritti sopra per le linee elettriche. Corsi d’acqua sotterranei in terreni carsici sono trattati al punto successivo.

Cavità: tipo del segnale

 Le prime prove conviene farle su qual­che strada di periferia su flysch percorsa da una rete fognaria evidenziata dai tombi­ni. Con facilità individuiamo le tre fascie e quindi la profondità approssimata. Ci por­tiamo sopra la condotta e giriamo lentamen­te su se stessi. Rispetto alle prove sotto i fili osserviamo una differenza: le bacchette rimangono girate tutto il tempo. Solo in casi eccezionali, quando la condotta in seguito a piogge si riempie completamente il com­portamento delle bacchette è analogo a quello sotto i fili elettrici. Con il metodo de­scritto non è quindi possibile distinguere tra una condotta completamente secca ed una percorsa da un corso d’acqua a pelo libero. Si può distinguere una condotta in pressio­ne da una vuota o a pelo libero. Non si riesce invece distinguere una condotta pie­na di acqua stagnante da una vuota o a pelo libero.

 Conclusione:

sopra le cavità vuote (pie­ne d’aria), percorse da un corso d’acqua a pelo libero o piene di acqua stagnante le bacchette ruotano indipendentemente dalla nostra direzione e rimangono ruotate an­che se ruotiamo su se stessi. Un comporta­mento analogo si riscontra su cavità carsi­che piene d’argilla. In questo caso la rotazione è di solito più debole. Cavità car­siche piene di pietrisco danno di solito un segnale, che a seconda dell’intasamento va­ria tra quelle vuote e quelle piene d’argilla.

Cavità: determinazione della profondità

 In caso di gallerie prevalentemente ret­tilinee, con una sezione modesta e regola­re la situazione e analoga a quella descritta per una condotta fognaria secca o a pelo libero. Per cavità di notevoli dimensioni anche a sezione regolare, come le gallerie ferroviarie nel flysch i raggi sembrano pro­venire da un piano situato ad una certa di­stanza tra il suolo ed il soffitto della cavità. Nelle cavità carsiche di una certa di­mensione la presenza quasi certa di dira­mazioni e cavità vicine rende ardua l’inter­pretazione dei dati che nel caso di cavità prevalentemente verticali diventa quasi im­possibile.

Altri segnali rabdomantici

 I rabdomanti, anche i principianti, per­cepiscono i segnali con notevole sicurezza e riproducibilità (persone diverse percepi­scono all’insaputa una dall’altra segnali ana­loghi nello stesso luogo). Ciò che di solito induce il rabdomante in errore non è la rile­vazione del segnale ma la sua interpreta­zione. Oltre a quelli trattati finora esiste in­fatti tutta una serie di fenomeni che danno segnali analoghi.

  1. Variazioni del campo magnetico ter­restre: qualsiasi fenomeno che produce va­riazioni anche molto piccole nel campo ma­gnetico terrestre viene rilevato come un segnale. Tipico è l’Effetto falesia che si ve­rifica in presenza di murature massicce come moli o murature lunghe e massicce o i loro equivalenti naturali come scarpate e pareti. In questi casi una distribuzione non omogenea della massa provoca una picco­la variazione del campo magnetico. Un com­portamento analogo viene provocato dalle faglie.
  2. Linee di drago. La superficie della Terra sembra attraversata da una serie di linee o meglio fascie sottili, quasi rettilinee in media distanti tra di loro alcuni chilome­tri. Su queste linee e specialmente sui loro incroci si trovano le maggiori cattedrali ed altri monumenti del lontano passato. Il loro segnale è molto forte. Alla loro presenza viene attribuito un effetto benefico.
  3. Acquastati e fascie concentriche. Acquastati sono delle fascie a forma di spirale che danno un segnale simile all’acqua. Da ciò deriva il loro nome. Nel punto da cui partono i bracci della spirale si trova gene­ralmente un antico monumento come una chiesa, castelliere, castello ecc. Lungo i bracci della spirale si snoda spesso la stra­da che porta al centro. Nel sottosuolo ov­viamente non si trova. Le fascie concentri­che sono simili agli acquastati. Anche qui in profondità non abbiamo nè cavità nè ac­qua.
  4. Buchi di respirazione. Si tratta di por­zioni circolari di terreno generalmente col diametro di qualche metro che emettono un forte segnale su tutta la loro superficie. Si trovano spesso in corrispondenza di anti­che costruzioni.
  5. Linee di Hartmann. I fenomeni sopra descritti emettono di solito un segnale ab­bastanza forte e possono essere rilevati an­che quando si cammina. Se invece ci spo­stiamo molto lentamente, ad esempio 10 cm alla volta per poi fermarci di nuovo os­serviamo, specialmente se ci spostiamo nel­le direzioni nord-sud o est-ovest che ogni due metri circa rileviamo un debole segna­le proveniente da una fascia larga circa 20 cm. Si tratta delle linee di Hartmann che coprono con regolarità tutta la superficie ter­restre. Queste linee vengono considerate dannose per la salute, specialmente i loro incroci. In Germania molto spesso vengono rilevate prima di progettare le case. Emet­tendo queste linee un segnale debole riu­sciamo ad evitare la loro interferenza spo­standoci con una certa velocità.

 Note bibliografiche

Attualmente si trovano in vendita nelle biblioteche due libri corredati da una ampia bibliografia:
–  Guida alla Radioestesia di Michel Mo­ine, Armenia Editore. Un vero e proprio manuale di introduzione alla pratica della ra­dioestesia. Nei primi due capitoli tratta la storia e le concezioni sulla natura della ra­dioestesia per passare poi alla pratica con­creta della stessa. A differenza di opere ana­loghe l’esposizione è molto chiara anche per coloro che affrontano per la prima volta l’argomento.
–  la scienza e i rabdomanti di lves Ro­card, Longanesi Editore affronta le basi scientifiche della rabdomanzia e spiega quasi tutti i fenomeni rabdomantici con varia­zioni di campo magnetico. Mette in dubbio l’esistenza dei fenomeni non spiegabili per questa via. La lettura delle parti più tecni­che richiede la conoscenza dei concetti ele­mentari dell’elettromagnetismo.
                                                                    Stojan Sancin (J.O.SPDT GG – AAS)