1992: CRONACA DI UN CAMPO

Pubblicato sul N. 27 di PROGRESSIONE – Anno 1992
Sabato, 20 giugno.
Partenza da Duino alle ore 7.45. Il viaggio richiede una decina di ore per arrivare a casa di Sabato Landi, a Baronissi (Salerno).
Dopo le dovute presentazioni, Sabato ci offre una cena luculliana, preparata molto gentilmente da sua moglie che però ai momento non è presente (faremo la sua conoscenza in un’altra occasione). Alla fine, rinfrancati dall’ottimo pasto, discutiamo ancora un po’ sul programma per il campo, indi ci prepariamo per un meritato riposo.
Domenica, 21 giugno.
In mattinata, con Sabato e alcuni suoi amici, arriviamo al Casone dell’Aresta e, sistemato il campo, aspettiamo che arrivino gli speleo di Napoli portandoci carte topografiche aggiornate (le nostre risalgono agli anni ’50), ed alcuni rilievi; con loro, quindi, discutiamo sulle novità della zona. Nel pomeriggio ci salutiamo e ripartono per Napoli. Iniziamo così a preparare il materiale per la Grava dei Gatti: l’intenzione è di armare, esplorare e disarmare la grotta, il tutto in un’unica punta. Arrivati in loco entrano nella Grava: Lele, Maci, Magnesio, Ragno e Bosco. Ritornano invece all’Aresta, Roberta, Dumbo, Barocchi ed io, programmando di esplorare, il giorno dopo, la zona della “Pila” e di andare poi a riprendere i “gattisti” all’uscita (previo avviso radio), la sera.
Tra una cicola e una ciacola Sabato e amici ci salutano per ritornare a casa, dandoci appuntamento per un paio di giorni più in là.
Lunedi, 22 giugno.
La mattina, preparati gli zaini, i materiali e “ciapinezi” vari, siamo pronti per andare a individuare gli ingressi degli inghiottitoi I e II della Pila, quando ci arriva la comunicazione via radio che la squadra dei “Gatti” è già uscita perché le corde non erano adeguate alla profondità della grotta (o forse la grotta non era adeguata alla lunghezza delle corde?).
Si deve quindi rimandare ad un altro giorno: per oggi il giro alla “Pila” salta, e andiamo a riprendere i nostri ai “Gatti”.
Una volta rientrati al campo Bumbo, Roberta, Barocchi, Ragno, Magnesio ed io andiamo a batter zona nei pressi del ‘Casone, dove ci sono stati segnalati dei grossi pozzi. Dopo quattro ore di ricerche i risultati sono i seguenti: niente pozzoni, alcune grotte ostruite, una piccola grotta nuova e un inghiottitoio apertosi di recente e quindi da scendere prossimamente.
Martedi, 23 giugno.
Oggi ci si divide in squadre: Maci e Lele vanno a battere zona vicino a Sant’Angelo a Fasanella ove trovano una grotta nuova (un meandro di 15 metri); Bumbo, Ragno, Magnesio, Barocchi ed io andiamo invece nella zona della “Pila” a cercare gli Inghiottitoi I e II. Stavolta riusciamo a trovarli quasi subito. Barocchi sullo sterrato per la “Pila” (La Pila è un montarozzo) urta il fondo dell’auto, con danni piuttosto ingenti. Nella mattinata arrivano intanto da Trieste anche Poppy, Valentina, Silvia e Silvia (Lugnan e Klingendrath).
A metà pomeriggio abbiamo appuntamento con il maresciallo della Forestale per un giro con la jeep lì attorno; vi partecipano Bosco, Roberta, Silvia L. e naturalmente Barocchi. Nel tardo pomeriggio invece ci aspetta un altro appuntamento con Sabato a Petina, per un incontro con la Comunità Montana degli Albumi, L’incontro si rivela interessante, oltrettutto, per quanto riguarda eventuali future spedizioni, la Comunità potrebbe darci un certo aiuto. Alla sera ci viene offerta dalla sezione del CAI di Salerno una cena a Petina, cena che viene poi cortesemente pagata dal sindaco di Patina.

Mercoledi, 24 giugno.
Seconda “puntata” alla Grava dei Gatti. Squadra di punta: Lele, Maci, Magnesio, Ragno e Poppy. Squadra ‘foto”: Bumbo, Valentina e Silvia L; Barocchi, Bosco ed io decidiamo di esplorare una grotta, segnalataci dal maresciallo della Forestale, che si trova sul bordo della strada per Petina. Si cala Barocchi e scopre che la grotta finisce a meno tre metri. Poi andiamo a vedere dei buchi in una cava, ma il risultato è sempre lo stesso: niente.
Nel pomeriggio ci ritroviamo con il maresciallo che vuole portarci a vedere un “pozzo senza fondo”. Dopo ulteriori spiegazioni risulta che l’avevamo già trovato nella mattinata stessa. Scopriamo che la grotta è profonda 25 metri, si chiama Pozzo dei Conici e che era già stata rilevata dalla Commissione nel 1963. Quindi con Roberta, Barocchi ed il Maresciallo andiamo con la jeep a cercare l’Abisso II del Confine, per posizionarlo e fare delle video-riprese.
Alla sera ritorna dai “Gatti” la squadra “foto” e arriva pure Sabato da Baronissi. A notte fonda rientra la squadra di punta: hanno disarmato tutto, la Grava non continua da nessuna parte (… grande Pino…!).
Giovedi, 25 giugno.
Seguendo le indicazioni di Sabato Roberta, Bumbo, Barocchi, Bosco, Sabato ed io andiamo a cercare alcune grotte sul Monte della Nuda, sopra Castelcivita.
Dopo tre ore di salita il carsista Bosco trova due grotte nuove, mentre quelle indicateci da Sabato risultano introvabili. La prima, scesa da Bosco e dal sottoscritto, è un pozzo di 9 metri che chiude sul fondo. La chiameremo Grava del Lupo (sul fondo abbiamo trovato uno scheletro completo di lupo). La seconda, discesi due saltini, immette in una piccola caverna che chiude da tutte le parti; risulta profonda 13 metri e la chiameremo Grotta dei Massi.
Si fa tardi e così decidiamo di rientrare. In serata Sabato ci saluta e torna a Baronissi. E’ il compleanno di Valentina, e così facciamo un po’ di baldoria.
Venerdi, 26 giugno.
Roberta, Bumbo e Barocchi vanno sul Monte Civita a vedere una grossa caverna avvistata dalla strada il giorno prima. Dopo aver attraversato un fitto pendio boscoso, con l’ausilio della bussola sbucano esattamente di fronte alla caverna (complimenti Bumbol) il suo ingresso è largo m. 20 x 10, ed è lunga 22 metri; verrà chiamata Caverna I del Monte Civita. Un’altra caverna lì vicino risulta invece essere un semplice riparo sotto roccia. Saliti poi in cima al monte non trovano alcuna cavità e tornano quindi al campo.
Nella stessa mattinata Maci, Lele, Valentina, Silvia L., Silvia K. e Magnesio decidono di andare alla Grava del Serrone per fare una traversata in artificiale a -50, sulla sommità di un P. 50. A causa però di due vacche in decomposizione alla base del primo pozzo (P. 10) e dell’orribile tanfo dalle stesse emesso, la fuga è precipitosa (non prima però che il duro Maci tenti di scendere lo stesso, anche se con lo stomaco in mano).
Bosco, Ragno ed io entriamo finalmente nell’Inghiottitoio II della Pila. Scendiamo a -50 per vedere una finestra rimasta inesplorata. Dopo una risalita di 15 metri arriviamo in una saletta, poi un camino che però chiude. Disarmiamo il tutto e ritorniamo al campo.
Sabato, 27 giugno.
Si opta per un giro turistico alla Grava di Frà Gentile, grotta stupenda con meandri comodissimi e pozzi enormi. Dopo esserci persi per alcune ore nel cercarla, finalmente troviamo l’ingresso. Fatte alcune riprese video e alcune foto, arriviamo sul fondo dove con nostra sorpresa scopriamo che la base del P. 75 è letteralmente tappezzata da pisoliti e non più dal mare di fango che ci aveva “accolti” alla base del P. 37. Scattate le foto di rito si risale disarmando.
Nella serata vengono a trovarci degli speleo di Foggia (altro gruppo che lavora in Alburno) che poi invitiamo a cena. Ci intratteniamo con loro per il resto della serata in amene conversazioni “speleo” sulla zona.
Domenica, 28 giugno.
Piove, sbaracchiamo il campo in tutta velocità, carichiamo le macchine, salutiamo i foggiani e partiamo per Trieste. Alle 16 siamo tutti a casa. Tutti quanti assieme decidiamo di ritrovarci la sera stessa per una cena di festeggiamento per la fine del campo.
Conclusioni: sui Monti Alburni la C.G.E.B. ha lavorato molto sin dagli anni ’60, trovando tutte le grotte più fonde e lunghe, lasciando poco agli altri. Infatti dal 1977, data dell’ultima spedizione della Commissione, le grotte nuove sono appena una trentina. Considerando poi che i gruppi che adesso vi lavorano lo fanno sistematicamente, lasciando poco da cercare agli altri, e che la vegetazione è cresciuta smisuratamente, secondo il mio parere i Monti Alburni non ci offrono più grandi possibilità di esplorazione e ricerca.
Ringraziamenti particolari al Comune di Petina per averci permesso l’uso del Casone dell’Aresta e soprattutto al suo Sindaco, al Sovrintendente della Forestale per aver permesso al maresciallo (che ringraziamo particolarmente) l’uso del fuoristrada per le battute di zona, ai C.A.I. di Napoli, nella persona di Italo Giulivo, per la preziosa collaborazione.
Si ringraziano pure gli amici di Sabato Landi per il loro lavoro e quindi il nostro prezioso, lontano (ma sempre a noi vicino) amico e socio affezionato Sabato Landi.
Maurizio Glavina
ALBURNI, ULTIMO ATTO

Dopo molti anni che la C.G.E.B. non metteva piede sui Monti Alburni un giorno nella bacheca di avvisi della nostra sede spuntò una nota contenente le norme per la partecipazione alla spedizione “Alburno ’92’. Fui subito attratto dalla notizia e, dopo due “ciacole” con Lele decidemmo subito di aderire all’iniziativa.
Partenza alla grande, con squilli di trombe; non mancava proprio nessuno: il sottoscritto, Lele, Aldo, Glavu e Roberta, Jumbo, Barocchi, Ragno ed il mitico Bosco.
Dopo dieci ore di viaggio estenuante nel pomeriggio inoltrato arriviamo a Baronissi; contattiamo la persona che ci avrebbe appoggiato nella soluzione di qualsiasi problema: il suo nome è Sabato Landi (meglio conosciuto come Don Sabatino), vecchio socio della Commissione Grotte e grande compagno nelle avventure passate assieme ai nostri “vecchi”.
A casa di Sabato passiamo la sera parlando dei nostri progetti, distribuiti in una settimana frettolosa; in particolare – dietro i consigli del nostro caro Pino Guidi – del lavoro rimasto in sospeso nella famigerata Grava dei Gatti, rimasta per molti anni un punto interrogativo.
Obiettivo è il fondo, naturalmente, per riguardare meglio la condotta finale semi allagata che aveva fermato il passaggio.
Tempo a disposizione poco, visto che bisognava riarmarla tutta.
Dopo aver sistemato tutto il necessario per il campo al Casone dell’Aresta, di proprietà del Comune di Petina, cominciamo a preparare il materiale per la discesa del giorno dopo. Già sognavo la continuazione e l’entusiasmo dei nostri “vecchi” nel veder dei giovani della C.G.E.B. riuscire a portare a termine un lavoro allora purtroppo bloccato dalle piene e dallo stress delle scale.
P 27 d’accesso, Lele scende armando i primi pozzi della grotta mentre io, Bosco, Ragno ed Aldo lo seguiamo a vista d’occhio con il resto del materiale. Pozzi davvero stupendi. Meandro. Si fa un po’ di fatica nel trasporto dei sacchi a causa del limo terribile che ricopre le pareti. Mentre percorro questi posti meravigliosi volgo Io sguardo sbalordito su dei tronchi incastrati nelle anse del meandro, pensando a quello che potrebbe succedere e che non vorrei succedesse mai.
Dopo circa otto ore di discesa siamo al vecchio campo base; sulle pareti troviamo delle scritte ormai storiche, risalenti a trent’anni or sono: GHERBAZ, PIEMONTESE, GUIDI, SALVATORI, ed un po’ più in là una cordicella con legata una bottiglia di whisky, probabile ristoratore nelle fredde giornate al campo interno.
Si scende ancora. Mancano due pozzi al fondo, quando dobbiamo affrontare un problema che sembra incombere minaccioso; le corde non bastano!! E ci serviranno quelle che abbiamo lasciato al Casone dell’Aresta. Ci guardiamo perplessi sul da fare, quando Bosco con aria diplomatica esclama “Ndemo fora, e al resto al prossimo giro!” Detto, fatto.
Intanto al campo erano arrivati Poppy, le due Silvie e Valentina. Per noi un buon riposo era quello che ci voleva, tanto domani saremo di nuovo in grotta.
Il giorno dopo la formazione in campo cambia: esce Bosco, entra Poppy, e in un battibaleno siamo sui due pozzi da armare, seguiti a ruota da Jumbo e le ragazze, intenzionati a visitare solo una parte della grotta.
Tocca a me armare, e con trapano e spit raggiungo il fondo dell’ultimo pozzo, da dove grido “Libera”; svestitomi dell’armamentario mi dirigo con il fiato sospeso verso la mitica condotta, mentre gli altri scendono in velocità.
Eccola: mi chino ed osservo attentamente, guardo gli altri e faccio di no con la testa. Il fondo della Grava dei Gatti è praticamente un sifone fangoso, con visibilità zero. Delusione totale, ma purtroppo con le nostre mute non si può fare niente.
Inseriti i bloccanti una foto ricordo ci immortala davanti al sifone e con gli sguardi allegri (ma non troppo…) risaliamo disarmando, portando tutto fuori nelle prime ombre della sera accolti dalle prime gocce di pioggia. Forse i giovani sono più fortunati?
L’indomani raccontiamo tutto a Glavu, responsabile della “Spedizione”, concludendo con un rancio luculliano preparato dall’insuperabile Roberta.
Il tempo per il resto dei lavori è davvero agli sgoccioli; in varie battute di zona non siamo riusciti a far saltar fuori granchè, neanche con lunghi spostamenti.
Negli ultimi giorni si localizzano gli ingressi della Grava di Minano e di quella del Serrane.
In quest’ultima, dopo aver esaminato il rilievo al campo, si era deciso di tentare di attraversare un P. 50 al fine di raggiungere una grande finestra, ma sceso il primo pozzo mi trovo davanti ad uno spettacolo terribile: due mucche, in avanzato stato di decomposizione ed emananti un fetore allucinante, ostruivano il pertugio attraverso cui si doveva passare. Tagliata la corda che avanzava risalgo e rinunciamo. Anche questa Grava ci dice di no!!.
Escursione finale, tutti assieme, alla Grava di Fra’ Gentile, una grotta veramente affascinante. Poi la dovuta ritirata verso Trieste.
Nonostante la sfortuna che ci ha perseguitato questo giro sugli Alburni resterà per me – e penso anche per gli altri – un’esperienza davvero stupenda.
Unico dispiacere è stato di non aver avuto vicino a noi nella discesa alla Grava dei Gatti il nostro caro Glavu, purtroppo impegnato nelle battute esterne alla ricerca di zone nuove.
Alla prossima!
Mací (Massimiliano Palmieri)
Partecipanti:
Roberto Barocchi, Umberto Tognolli (Bombe,Furie Bagliani (Poppy), Massimiliano Palmieri (Maci), Gabriele Ritossa (Lele), Natale Bone (Bosco), Aldo Fede’ (Magnesio), Adriano Ragno, Valentina Guidi, Silvia Lugnan, Silvia Klingendrath, Roberta So/dà e Glavu (Maurizio Giavina),
ALBURNO ADDIO

Il 30 luglio 1960 il finestrino di una vecchia corriera in marcia nella piana del Sele inquadrava un’eccelsa muraglia calcarea emergente da precipitose pendici: era l’Alburno, studiato a Trieste sulle tavolette dell’IGM al punto di credere di esserci già stati. Quello che trovammo nel lungo girovagare dentro le pieghe del grande altopiano superò ogni aspettativa e la zona diventò meta privilegiata della nostra Commissione, che non la trascurò nemmeno dopo la scoperta del pianeta Canin.
Anch’io vi sono tornato varie volte e più delle grotte mi attirava l’atmosfera incantata delle antiche faggete che celavano nel folto torrioni come di città in rovina ed oasi solatìe allietate dal mormorio di inesauste fontane; pastori primitivi e carbonaie fumanti rafforzavano la somiglianza con la Ciceria, restando la sostanziale differenza di una assoluta verginità speleologica. Nella spedizione del 1969 Enrico Davanzo m’ingaggiò assieme a Sabatino Landi – nume benefico di queste contrade – per portare la sua radio sulla Punta Panormo, massima elevazione del massiccio dove restammo tutto il giorno a manovrare l’antenna Mentre scendevamo inebriati di sole e di isole lontane lungo il crinale roccioso che s’immergeva nella foresta Rico non sapeva che il suo cammino terreno era quasi alla fine, mentre io ignoravo che quella stessa slavina avrebbe chiuso un ciclo della mia vita.
La Commissione rifece ancora la strada dell’Alburno ma io non tornai, la gente era diversa e non vi poteva essere per me allegria nelle serate attorno al fuoco con l’ombra popolata di fantasmi. Ogni tanto però sentivo una specie di rammarico per essermene andato senza ringraziare la montagna che aveva svelato tanti segreti ad un ragazzo venuto dal Nord.
Nella stagione dei congedi sarebbe stato questo l’ultimo pellegrinaggio dopo quello del 1988 sul Col delle Erbe ed a spartire il peso della tristezza doveva essere un compagno di quel tempo che ne capisse il significato. Così il 30 maggio 1992 eravamo sulla vetta lasciata ventitrè anni prima, barbe grigie ed inespressi pensieri, poi Sabatino mi ha portato per le tortuose stradine della selva alla Grava del Fumo, dove incredibilmente tutto era come allora, persino le mucche scampananti parevano le stesse. Davanti al tetro portale che nel 1960 ci aveva esaltato ho provato un vago disagio ed incredulità di aver passato una settimana dentro a quell’antro ostile, segno indubbio che ero solo io ad essere cambiato, divenendo il prudente amministratore di un peculio ormai agli sgoccioli.
li viaggio all’Alburno mi ha dato molta serenità, un bene di cui ho bisogno e che difficilmente avrei trovato altrove, ma a rinfrancare lo spirito è venuta anche la fraterna accoglienza di Sabatino Landi, il cui attaccamento per la Commissione Grotte – da noi mal ricambiato – non risente dei 1.000 chilometri che ci separano. E per tanti amici perduti uno ritrovato.
Dario Marini