ASPETTI BOTANICI DELLA DOLINA “SBOURLOVCA” E DELLA GROTTA DELLA FINESTRA (2435 VG)

Pubblicato sul n. 27 di PROGRESSIONE – Anno 1992
Seguendo la strada che da Villa Opicina porta a Zolla di Monrupino, dopo aver superato di 170 m. il cavalcavia sulla nuova superstrada, si piega a sinistra lungo l’evidente traccia del metanodotto. La si segue per 250 m. sino ad un notevole pilo dell’elettrodotto sulla destra; 150 m. a sudovest di questo, oltre la fitta pineta, si apre una singolare e vasta dolina baratroide, nota sin dai tempi passati col nome di “Sbourlovca” o anche “Zburlovca”.
Il sentiero segnavie del C.A.I. n. 21, attualmente poco frequentato soprattutto per la difficoltà d’individuarne l’inizio (presso l’Abisso Zulla, 3873 VG), sfiora il roccioso margine ovest della depressione affacciandosi per un brevissimo tratto spettacolare (il “Belvedere”, q. 302 m.) sul vuoto sottostante.
Il baratro, posto 500 metri a sud-ovest di Percedol, è largo 80 e profondo 30 metri. Presenta quasi ovunque ripidi scoscendimenti e strapiombanti pareti rocciose: solo sul versante nord vi è un buon varco erboso (a landa ridotta) in declivio dal quale si può scendere al fondo con una certa attenzione, seguendo una ben visibile traccia di sentiero che in qualche punto presenta dei gradini naturali in roccia.
Per la considerevole profondità, il baratro evidenzia un accentuato fenomeno d’inversione termica: la differenza di temperatura tra l’orlo e il fondo si aggira, nei mesi invernali allorchè è massima, mediamente sui 4°C (gradiente di 0,13°C/m), mentre durante l’anno è di 2,5°C. In particolari giornate di gennaio e di febbraio, con eccezionali situazioni climatiche, si possono tuttavia rilevare anche escursioni maggiori, prossime agli 8-10°C, con gradienti compresi fra lo 0,27°C/m e lo 0,33°C/m.
I valori medi di temperatura sopra indicati possono variare molto con le condizioni meteoriche del momento: in giornate di bora il rimescolamento dell’aria nel baratro sopprime ogni differenza termica ed anche di umidità fra l’orlo ed il fondo.
Quale conseguenza la vegetazione, se rapportata a quella della zona esterna circostante il baratro stesso, appare sensibilmente diversa. Alla comune Roverella (Quercus pubescens), all’Orniello (Fraxinus omus) ed al Carpino nero (Ostrya carpini-folla) talvolta anche di ragguardevoli dimensioni (un vigoroso esemplare misura ben 88 cm. di circonferenza a m. 1,50 dal suolo), via via che si scende subentrano specie vegetali tipiche di ambienti freschi ed umidi. Tra queste, maggiormente distribuite appaiono il Nocciolo (Corylus avellana), l’Ortica mora (Lamiastrum montanus), la Mercorella (Mercurialis ovata), la Cavolessa selvatica (Arabis turrita), la Bocca di lupo (Melittis melissophyllum), la Falsa ortica maggiore (Lamium orvala), l’Orobo primaticcio (Orobus vemus), l’anemoro aquilegino (lsopyrum thatictroides), l’Elleboro verde (Helleborus odorus v. istriacus), l’Erba cimicina (Geranium Robertianum), l’Edera (Hedera helix), la Lattuga dei boschi (Mycelis muralis), la Moheringia muscosa (Moheringia muscosa), la cosmopolita Erba rugginina (Asplenium trichomanes), la Ruta di muro (Asplenium Ruta-muraria), la Dentaria a nove foglie (Dellitaria enneaphyllos), il Ciclamino (Cyclamen purpurascens) e la sinantropica Vetriola comune (Parietaria officinalis).
Sulle balze, negli anfratti e sulle rocce del versante nord (esposto a sud) alquanto soleggiato, si sviluppano anche specie di ambiente termofilo, quali ad esempio l’Asparago spinoso (Asparagus acutifolius), il Salino nero (Peucedanum cervaria), la vistosa Campanula piramidale (Campanula pyramidalis), l’Erba ruggine (Ceterach officinarum) dalle fronde spesso molto sviluppate e l’endemica Fragola vellutina (Potentilla tommasiniana).
Alla base dell’orlo settentrionale, in gran parte mascherati dalla folta vegetazione dolinare, si possono individuare alcuni inusuali Bagolari (Celtis australis), ivi presenti da diverso tempo, considerata la misura media deUe circonferenze dei loro tronchi (cm. 60 a m. 1,50 dal suolo).
Il fondo dell’ampio baratro, in buona parte ben illuminato soprattutto durante le stagioni estiva ed autunnale, presenta una sorta di inghiottitoio aprentesi alla fine di una breve china detritica, alla quota di 272 metri. Nelle varie fessure esistenti tra il pietrame si insinua, specialmente durante la stagione invernale, l’aria fredda notturna che viene indi sospinta attraverso le strette pareti interne di una cavità, la Grotta II di Capodanno (5312 VG). L’aria penetrata, sufficientemente riscaldatasi, esce con veemenza dal piccolo ingresso posto 25 metri più in alto, alla quota di 297 m, per il singolare “Effetto Spacker”. (1) (1) Per chiarimenti sull’«Effetto Spacker» ed approfondimenti sulla circolazione dell’aria in alcune singolari cavità carsiche, si rimanda all’acuta comunicazione di D. Marini “Nostra sorella aria” pubblicata sul n. 12 di “Progressione” (1985).

A titolo indicativo, il giorno 4 luglio 1992 alle ore 10 legali, al “Belvedere” (302 m.) la temperatura era di 24,2°C, dinanzi ai Bagolari (283 m.) era di 18,7°C ed al fondo imbutiforme (272 m.) era soltanto di 8,2°C (escursione di 16°C). Da ciò è evidente come nella zona più bassa, immediatamente circostante il pietrame fessurato, si sia accentuata nel tempo una vegetazione amante dei luoghi freschi ed umidi, qui arricchitasi inoltre della presenza di una dozzina di lussureggianti fronde di Felce maschio (Dryopteris filix-mas) e di Muschi vari tra cui spicca per copiosità e vigoria il genere Mnium.
Una decina abbondante di metri sopra il fondo del baratro, sul lato ovest, alla base di una strapiombante parete, si apre la singolare Grotta della finestra (2435 VG), nota anche come “Caverna del Corvo”, “Sbourlovka” e, circa un secolo addietro sotto l’amministrazione austriaca, come “Hohle bei Bahnstation Opcina”.
Le coordinate geografiche della cavità, riferite alla tavoletta IGM 1:25000 “Poggio-reale del Carso” F° 40 II S.O., ed. 4-1962, sono le seguenti: Lat. 45°42’10” N; long. 1°20’43,5″ E m.M., quota 285 m. Fu rilevata da R. Battaglia nel 1927 e successivamente aggiornata da P. Guidi nel 1982.
La grotta, lunga complessivamente 27 metri, presenta un pittoresco ampio atrio dal quale si accede in breve ad una poco spaziosa caverna. Questa decorre parallela alla parete esterna per una quindicina di metri, poi si restringe e, mediante alcuni gradini naturali, si immette in un vano che comunica con l’esterno attraverso una suggestiva apertura subcircolare, la “Finestra”, da cui il nome attribuito alla cavità. Scarse appaiono in essa le concrezioni, mentre le pareti denotano in qualche zona evidenti segni di erosione. Negli angoli più bui si possono notare tuttora alcuni pipistrelli che hanno scelto la cavità quale appartato rifugio.
Nel terreno giallastro, generalmente secco e compatto, si possono individuare alcune testimonianze di antichi scavi; infatti, già a partire dalla fine del secolo scorso (1890) la cavità fu indagata da K. Moser che, pur non ottenendo da essa significativi esiti, le attribuì comunque un certo interesse preistorico. In tempi successivi vi scavarono sia R. Battaglia (1927), sia V. Calza (1959), ma anch’essi con risultati poco probanti: fu messo alla luce, a circa m. 2 di profondità, un deposito argilloso grigiastro frammisto ad un considerevole quantitativo di calcite pulverulenta con abbondante pietrisco caduto probabilmente dalla volta della cavità.

La vegetazione relativa alla Grotta della Finestra è costituita da un ridotto numero di specie, anche se queste, in alcuni siti, si presentano in notevole quantità. Tutta la parete che sovrasta la cavità è ricoperta da una continua e fitta ragnatela della sciafila Edera (Hedera helix) con grossi fusti lianosi volubili (circonferenza anche di cm. 20- 25). L’intensa copertura dell’Edera continua pure sulla parete laterale sinistra, mentre si manifesta in minor misura su quella destra.
L’atrio, alquanto luminoso ed asciutto, presenta in buona quantità la Lattuga dei boschi (Micelis muralis), l’Ortica mora (Lamiastrum montanum), l’Alliaria comune (Alliaria petiolata), il polimorfo Sparviere racemoso (Hieracium racemosum), l’Enula baccherina (mula conyza) e la Vetriola comune (Parietaria officinalis) alta in alcuni casi più di un metro.
Negli anfratti sufficientemente luminosi della cavità crescono l’Erba rugginina (Asplenium trichomanes), la Moheringia muscosa (Moheringia muscosa), la Ruta di muro (Asplenium Ruta-muraria), l’Erba dei calli (Sedum maximum) e l’Erba ruggine (Ceterach officinarum). E’ singolare il fatto che le fronde di quest’ultima felce risultino quasi sempre di dimensioni abnormi, superando anche i cm. 15 di lunghezza. Scarsi appaiono i Muschi e quasi del tutto assenti le Epatiche.
Alcuni metri dinanzi all’ingresso della cavità si sviluppano alcuni rigogliosi esemplari di Corniolo (Comus mas) e di Ciliegio canino (Prunus mahaleb) elegantemente protesi verso la maggior luminosità, mentre presso la “Finestra” è situato qualche notevole basso Ornello (Fraxinus omus).
Lungo la china alquanto soleggiata che porta all’inghiottitoio (già precedentemente considerato), specialmente durante la stagione tardo-estiva si possono immediatamente notare alcuni alti esemplari della splendida Campanula piramidale (Campanula pyramidalis) ed addirittura qualche cespuglio del fiammeggiante Scotano (Cotinus coggygria).
Tutto ciò sta ad indicare come la dolina-baratro “Sbourlovca” confermi un ricorrente duplice antitetico comportamento: quello di “trappola del freddo” nelle zone più basse quasi costantemente in ombra e quello di “oasi termofila” nei siti meno profondi e soleggiati.
Anche in tal caso risultano di conseguenza molto ben evidenziati i due fondamentali microclimi che mirabilmente si evolvono all’interno di questa e di altre singolari profonde depressioni carsiche.
Elio Polli