ASPETTI SPELEOBOTANICI della GROTTA DI VISOGLIANO – 97 VG – (GROTTA DEI CACCIATORI)
Pubblicato sul n. 26 di PROGRESSIONE – Anno 1992
ASPETTI SPELEOBOTANICI
sul carso triestino numerose sono le cavità che presentano particolari ed interessanti aspetti speleobotanici: basta ricordare, ad esempio, la Grotta Noe (90 VG), Il Pignaton di Gropada (273 VG), la Fovea Maledetta (822 VG), Perle Due (4203 VG), la Grotta del Frate (156 VG) e la Fovea del Masso (1204 VG).
Tra di esse è pure da inserire la Grotta di Visogliano, 97 VG, che, già spettacolare dal punto di vista rnorfologico, risulta alquanto pregevole da quello vegetazionale, ospitando una singolare ed abbondante varietà di specie di interesse speleobotanico. Fu oggetto di indagine negli anni ’30 da parte dell’entomologo G. M011er che, in un ampio lavoro relativo alla distribuzione dei coleotteri cavernicoli italiani, vi citò la presenza, tra gli altri, dell’Orotrechus Mùìlerianus Schatzm.
La Grotta di Visogliano, meglio nota come Grotta dei Cacciatori e, tempo addietro, come Pozzo del Cacciatore, Jagerschlund, Grotta Leghissa, localmente Jama v Figovcjh, si apre 1100 metri ad ENE di Visogliano, 900 metri esattamente a Sud di Malchina e pure 900 metri a NW di Silvia, in una zona alquanto boscosa, poco distante dall’evidente traccia del metanodotto.
Fu inizialmente rilevata dall’Associazione XXX Ottobre ed il rilievo venne revisionato da D. Marini e A. Casale della CGEB-SAG il 25 gennaio 1966. Le coordinate geografiche della cavità, riferite alla Tav. IGM 1:25000, F 40A, III NE, Duino, Ed. 1962, sono le seguenti: Lat. 450 46′ 35,30″ N, Long. 13° 39′ 36,4″ E Gr. (1° 12′ 28,0″ E M.M.); quota ingresso m 185; la profondità massima è di 45 metri e la lunghezza complessiva di 90 m.
Già affacciandosi dai singolari ponti naturali che, vicinissimi, dividono le due principali bocche circolari da quella di minor diametro, ci si può rendere conto, soprattutto nel periodo estivo, dell’abbondante e rigogliosa speleoflora. La boscaglia carsica che circonda piuttosto fittamente la cavità e che è costituita dalle prevalenti e tipiche sue essenze (Fraxinus ornus, Ostrya carpinifolia, Serbus terminalis, sporadica Quercus pubescens con qualche raro esemplare dei termofili Pistacia terebinthus e Viburnum lantana), scompare quasi improvvisamente, lasciando il posto ad una vegetazione completamente diversa, d’ambiente alquanto fresco e umido, in stretta dipendenza con il noto fenomeno dell’inversione termica. Tale vegetazione, che colonizza sia le pareti pressochè strapiombanti del vasto sprofondamento, sia la sottostante ripida e lunga china detritica, comprende numerose delle usuali specie che si sviluppano normalmente negli altri ampi pozzi carsici.

Scendendo nella cavità da SSE, a lato della bocca più’ orientale, si perviene alla Sommità della grande china detritica. Da qui, volgendo lo sguardo sulle pittoresche pareti circostanti, si possono agevolmente individuare, sia sulle cenge che nelle fessure, oltre all’abbondante Edera (Hedera helix) ed all’Erba Rugginina (Asplenium trichomanes), frequenti stazioni di Geranio Roberziano (Geranium Robertianum), di Lattuga dei boschi (Mycelis muralis), della graziosa M oehringia muscosa (Moehringia muscosa), della ruderale Parietaria(Parietana ramiflora) e dell’Asplenio Ruta di muro (Asplenium rutamuraria). Vi è pure presente, seppur in minor misura, il polipodio meridionale (Polipodium australe), felce che colonizza esclusivamente pareti rocciose di voragini e abissi dell’area carsica e che raggiunge nell’Abisso di Bonetti (765 VG), a NE di Jamiano ed alla quota di m 110, il limite settentrionale della sua distribuzione.
Sul relativamente ampio ripiano adiacente all’ingresso della breve galleria concrezionata (che in direzione NE scende lateralmente sino ad una modesta cavernetta), crescono rigogliosi il Pungitopo (Ruscus aculeatus) dalle splendide bacche rosso-scarlatte soprattutto nel periodo invernale-primaverile, la Lingua di cervo (Phyllitis scolopendrium) in quattro notevoli e vigorosi nuclei frondosi e l’Edera (Hede ra helix) che tappezza letteralmente il sito e che pende pure dal ripiano stesso con lunghi festoni aerei.
Se la visita viene effettuata nel periodo caldo (da giugno ad agosto) si può ben notare come la temperatura diminuisca sensibilmente ed assai rapidamente durante la discesa nella cavità. Ad esempio, il 26.6.1991, alle ore 15.30 legali, sul più largo dei ponti naturali si registrava una temperatura di 27.6 °C; all’apice della china (12 metri piu’ in basso) essa era già di 15.3 °C e, pochi minuti dopo sul fondo (a – 45 m), era scesa a soli 7.8 °C, con un’escursione quindi di 19.8 °C. Un altro evidente esempio, questo, che dimostra come le doline profonde, i baratri e le voragini carsiche costituiscono delle autentiche “trappole del freddo”: l’aria fredda della notte scende al fondo di esse e, essendo più pesante dell’aria calda, vi permane per molte settimane, o addirittura per qualche mese, finchè il soleggiamento tardo-primaverile ed estivo riuscirà a riscaldarla ed a farla salire.

(Dis. Barbara Polli)
Di questa particolare situazione topoclimatica ne risente enormemente la vegetazione che ne risulta così selezionata e specializzata.
Al suolo e sui massi della china detritica, ove la luminosità per buona parte della giornata è relativamente elevata, si possono notare, oltre ad alcuni nuclei frondosi di Phyllitis scolopendrium, numerose stazioni di Asplenium trichomanes, di Hedera helix, di Parietaria ramiflora, di Lamiastrum montanum, di Lamium orvala f. wettsteinii e perfino alcuni arbusti di Sambuco (Sambuca nigra). Il maggiore di questi, alto quasi tre metri, si trova in lusinghiere condizioni vegetative e compie, con evidente ritardo nel corso degli anni, il suo regolare ciclo di sviluppo.
Quale singolare curiosità, in un ampio anfratto posto alla base di esso, durante
una visita effettuata nel giugno del 1991, si mimetizzava un grosso esemplare di Rospo. Sotto la parete settentrionale ed allo sbocco del marcato e breve canale che immette nella cavità (rigoglioso di vegetazione tra cui spicca qualche inatteso Ficus carica), sui massi maggiormente illuminati durante la giornata cresce pure la termofila Campanula piramidale (Campanula pyramidalis).
Sulla terra umida e nelle anfrattuosità poco illuminate si possono individuare, oltre ad Hedera helix in forma ridotta ed al comune Asplenium trichomanes, delle compatte popolazioni di Conocephalus conicus, una Briofita appartenente alla famiglia delle Marchantiaceae tipica per le frequenti divisioni del tallo. Molto abbondante, come del resto in quasi tutte le voragini carsiche, risulta Thamnium alopecurum, il caratteristico Muschio che tappezza spesso intere pareti e massi e la cui forma varia con il mutare delle condizioni ambientali alle diverse profondità.
Interessante appare l’alta parete meridionale che strapiomba immediatamente a sinistra della maggiore delle bocche. Essa è costantemente assai umida, in quanto da alcune fessurazioni escono cospicue tracce d’acqua che favoriscono così’ l’insediamento di specie particolarmente amanti dei siti stillicidiosi. Qui infatti vi figurano piu’ abbondanti Phyllitis scolopendrium, Parietaria ramiflora, Hedera helix, Mycelis muralis, Asplenium trichomanes, accompagnate da una notevole varietà di Muschi dei generi Mnium, Neckera, Fissidens, Anomodon e di qualche caratteristica Epatica tra cui Plagiochila asplenioides f. cavernarum. Quest’ultima specie, assieme a Phyllitis scolopendrium forma la tipica associazione Phyllitido-Plagiochiletum cavernarum, presente in quasi tutte le ampie e profonde cavità carsiche.
Scendendo ulteriormente lungo la parte terminale della grotta ed insinuandosi quasi tra i poderosi blocchi sparsi caoticamen te sul suolo, si nota come la vegetazione sia ormai pressochè scomparsa e dò in dipendenza dell’ormai ridottissima lumino-sità e del severo microclima. Si possono ancora riconoscere rare stazioni di Thamnium alopecurum, sporadiche fronde sterili di Asplenium trichomanes ed alcune abbastanza evidenti stazioni di Conocephalus conicus.
Nell’angusto tratto finale, in prossimità di un marcato piccolo dislivello, le pareti ed i massi presentano delle chiazze e delle patine verdastre ed azzurre, dovute alla colonizzazione di Alghe (Cloroficeae e Cianoficeae). Il sito, estremamente umido, presenta una scarsissima luminosità (1/2000 di quella esterna) ed una temperatura molto bassa: condizioni queste tollerate soltanto dalle appena sopracitate forme di vita.
Elio Polli