ASPETTI VEGETAZIONALI DELLA 4384 VG
Pubblicato sul n. 25 di PROGRESSIONE – Anno 1991
Molto evidenti e familiari risultano, all’inizio della stagione primaverile, le candide ed intense fioriture del Pero corvino (Amelanchier ovalis) nella Val Rosandra. In essa, soprattutto sul versante orografico sinistro, la specie appare relativamente ben diffusa; allieta pure la brulla landa del Monte Stena immediatamente a nord-est e si sviluppa, anche se sporadico, sul versante sud-orientale del Monte Cocusso. E’ inoltre occasionalmente presente in altri rari siti del Carso triestino, come ad esempio presso Basovizza ed alla Sella Marchesetti, fra il M. Calvo (454 m) ed il M. Belvedere (408 m). Più a nord-ovest il suo areale cessa alquanto bruscamente ed è nota, sin dai tempi del Marchesetti, soltanto la stazione ubicata sull’orlo meridionale (esposto a nord) della Conca di Orlek, in parte ora in territorio sloveno.
A latitudine leggermente inferiore, ma in posizione ancora più a occidente di tale località, è stata notata recentemente (14.4.1991) un’altra stazione di Amelanchier ovalis, alquanto vigorosa e sorprendente poiché situata sul margine settentrionale (esposto a sud) di una singolare cavità baratroide, il “Burrone a N.O. di Trebiciano (4384 VG)”.
Amelanchier ovalis Medicus (A. vulgaris, Aronia rotundifolia) è una Rosacea che, dal punto di vista biologico, rientra nelle Fanerofite cespugliose e che può variare, in altezza, da 1 a 2 metri. E’ specie differenziale dell’associazione nota come Annelanchiero-Ostrieto delle rupi e dei ghiaioni (AmelanchieroOstryetum Poldini 82) e nella quale si accompagna, normalmente, alla coriacea Sesleria sottile (Sesleria juncifolia), alla pioniera Dafne alpina (Daphne alpina), all’elegante Stregona gialla (Stachys recta/subcrenata) ed al pontico Carpino nero (Ostrya carpinifolia). L’ambiente tipico è quindi quello di una soleggiata steppa rupestre calcarea, quale si può ben osservare dai territori nord-adriatici sino alle Dinaridi, dal livello del mare ai 1200 m di altitudine.
La specie presenta la corteccia d’un evidente colore bruno-rossastro, ricoprentesi di uno strato grigiastro dopo il terzo anno. Le foglie, ovato-arrotondate e dentellate sul margine, sono verdi scure superiormente e densamente lanose nella pagina inferiore. I fiori, pur poco numerosi ma vistosamente bianco-nivei, sono raccolti in racemi terminali tomentosi e presentano il calice arrossato. Il frutto è ovoide ed a maturità di colore blù nero, carnoso e dolce.
L’areale di Amelanchier ovalis riguarda l’Europa Centro-meridionale, l’Asia Occidentale e l’Africa Settentrionale. In Italia l’entità è diffusa in tutto il territorio, è comune al nord ed al centro, più rara nel meridione e nelle isole.
Nel Friuli-Venezia Giulia la specie è pre sente in tutta la Regione montana, nel Goriziano (M. Sabotino) e, oltre l’attuale confine di stato, nell’Istria e nell’Alto Carso (Selva di Ternova) ove viene chiamata Smarna Hrusica.
Il Burrone a N.O. di Trebiciano, 4384 VO, è situato 150 m a SSW del margine di una vastissima donna (450×350 m, prof. 47 m), nota localmente come “Gladovica”. Fu rilevato da R. Ambroso il 13.1.1965 e revisionato quindi da D. e L. Marini il 25.12.1986. Le coordinate geografiche del caratteristico sprofondamento, riferite alla Tav. 1:25.000, 40 A II S.O. “Poggioreale del Carso”, Ed. 4- 1962, sono le seguenti:
Lat. 45° 41’11” N – Long. 13° 49′ 06,4″ E. Gr. (1° 21′ 58″ E M.M.) – Quota d’ingresso: 322 m. La profondità massima è di 14 mela lunghezza complessiva di 35 m.
Esso risulta suddiviso in due baratri da un marcato ponte naturale.
Si accede al fondo della cavità alquanto agevolmente da nord, scendendo lungo un’incassata e sconnessa scalinata, quasi totalmente mascherata dalla fitta vegetazione. Si perviene così all’apice di una china detritica coperta in buona parte da specie ruderali. Ci si rende qui conto come la cavità costituisca l’evidente relitto di una più ampia caverna, con la volta quasi dappertutto abbattutasi al suolo e come essa assuma di conseguenza le tipiche caratteristiche di una dolina di crollo.
Il sito ove si apre il baratro appartiene alla quinta zona climatica della Provincia, compresa all’incirca fra i 200 ed i 350 m di altitudine (Carso triestino medio): il clima è temperato, il carattere marittimo-mediterraneo tende al continentale-subalpino e la bora vi agisce violentemente.
Durante il periodo estivo il baratro risulta quasi completamente in ombra a causa della continua copertura fogliare arborea e soltanto nel periodo invernale esso appare nella sua vera morfologia: ed è allora che se ne può apprezzare il singolare e caratteristico aspetto. Emergono dalla china detritica, stagliandosi imponenti ed avvolte dall’Edera, cinque poderose Robinie (Robinia pseudacacia), la più notevole delle quali presenta, ad 1,50 re dal suolo, la ragguardevole circonferenza di 1,20 rn ed un’altezza complessiva di circa 25 m, distaccandosi quindi nettamente, come del resto le altre, dal baratro. Altre essenze arboree-arbustive presenti in esso sono l’Orniello (Fraxinus omus), il Carpino nero (Ostrya carpinifolia), il Nocciolo (Corylus avellana) ed il Sambuco (Sambucus nigra) che qui si sviluppa a suo proprio agio. Nello strato erbaceo abbondano l’Ortica mora (Lamiastrum montanum) con gli evidenti stoloni basali, l’Orvala (Lamium orvala), la Lattuga dei boschi (Mycelis muralis), la Moehringia muscosa (Moehringia muscosa), copiosamente abbarbicata sui più grossi massi muscosi ed emergente pure dalle fessure delle pareti strapiombanti, e le sinantropiche Ortica (Urtica dioica) e Vetriola comune (Parte-farla officinalis).
Nelle tre ampie nicchie ombrose e molto umide si sviluppano rigogliosamente numerosi ed estesi nastri della Felce rugginina (Asplenium trichomanes); l’Edera, per contro, tappezza letteralmente alcune pareti, specialmente quelle settentrionale e sudorientale.
Poiché il baratro si trova in una zonarelativamente aperta, a landa in via di incespugliamento, i raggi luminosi possono penetrare, sotto particolari condizioni, al fondo di esso per cui, oltre alle specie tipiche d’ambiente umido e fresco testé considerate, se ne possono individuare alcune a carattere termofilo, quali la superba Campanula piramidale
Sorprendente appare tuttavia, sul margine settentrionale del burrone, la stazione di Amelanchier ovalis, immersa nella vegetazione di schietto carattere illirico. Essa è situata proprio alla sinistra del punto in cui inizia la discesa nella cavità ed è costituita da una trentina circa di esemplari, tutti adiacenti e traenti origine quasi dallo stesso sito. Due di essi, distanti mezzo metro, si distinguono dai restanti per le dimensioni: presentano infatti, quasi alla base, una circonferenza di 9 em. L’altezza massima di tali esemplari si aggira sui 2,30 m e, all’inizio della prima- vera, fioriscono compatti in modo vistoso ed assai suggestivo: ed è allora che riesce piuttosto agevole notarne la presenza che, in altri momenti, potrebbe sfuggire ad una superficiale osservazione.
La stazione di Amelanchier ovalis è esposta esattamente a sud e quindi gode di una cospicua fase di soleggiamento durante l’arco stagionale, anche se gli esemplari che la costituiscono sono parzialmente mascherati dalle ampie chiome ondeggianti delle Robinie emergenti dal baratro.
A stretto contatto con Amelanchier crescono altre familiari specie quali il Biancospino (Crataegus monogyna), il Ciliegio canino (Prunus mahaleb), l’Orniello (Fraxinus omus), la Rosa canina (Rosa canina), la Frangola triestina (Frangula rupestris), il Rovo (Rubus so.), il Sommacco (Cotinus coggygria) e, immediatamente retrostanti, le tipiche specie della landa.
Nello strato erbaceo si evidenzia rigogliosa l’Edera (Hedera helix) la quale copre pure quasi completamente la parete sottostante, inframmezzata talora dalla Moehringia muscosa (Moehringia muscosa) e dall’Erba ruggine (Ceterach officinarum).
L’attività di Amelanchier ovalis decade con l’inizio dell’autunno, allorchè i frutti globosi si seccano e scompaiono mentre le foglie avvizziscono progressivamente ma non contemporaneamente.
La presenza del termofilo Amelanchier sul margine settentrionale della cavità potrebbe con buona probabilità essere in relazione con quella, molto più cospicua, esistente sul versante meridionale della Conca di Orlek. Infatti quest’ultima è situata esattamente 1250 m ad ENE della 4384 VG, direzione da cui fluisce la Bora, il freddo e secco vento continentale che potrebbe essere stato la causa dell’insediamento della specie sul margine della cavità.
Elio Polli