PLESIOCRIPTOSCOPIA TRA POLITICA E SCIENZA
Pubblicato sul n. 6 di PROGRESSIONE – Anno 1980
Qualunque impresa umana deve far i conti prima o poi con quella malfamata faccenda che è la politica ed a questa realtà dovette adattarsi fin dal suo inizio anche la speleologia, la quale aveva la stessa predilezione ad agire nell’ombra, sia pur con scopi ben diversi. Dapprima vi furono per noi tempi duri, poi nel ’18 il vento girò a Sud portandoci per poche lire la Riesengrotte, mentre in via Gallina planavano le effigi delle loro k. u. k. auguste maestà, compreso il mite patrono turistico Arciduca Lodovico Salvatore.
In seguito la politica tramenò ancora nelle cose delle grotte, talvolta con nostro vantaggio e durante la guerra in modo deleterio per il Catasto, sulle cui vicende vi sono tre versioni che adombravano una verità sicura. Venendo direttamente ai giorni attuali, vi è la storia del trattato che voleva sul Carso una zona industriale, progetto i cui costi folli bastavano da soli a renderlo irrealizzabile senza mobilitare le piazze. La creatura era dunque segnata sul nascere allorchè vennero avviati lo stesso gli studi di fattibilità del valore di un mezzo miliardo, cifra di questi tempi quasi modesta. Della ZFIC — rinnegata dagli stessi genitori — rimangono così le care indagini, costituite da una cartografia al 1000, sondaggi geoelettrici, rilievi geologici e da una ripresa aerea all’infrarosso.
Si può sperare che i risultati completi di questi lavori — altrimenti ormai inutili — saranno un giorno a disposizione e da un primo orientamento sembra che di maggior vantaggio sarà il 1000 quale correttivo alle incomplete indicazioni del 5000 tecnico, con il quale le incertezze sulle posizioni delle grotte non sono finite. La verifica degli altri dati richiederà molto tempo, ma una perplessità immediata riguarda le anomalie termiche, che nella intenzione dovevano rivelare la presenza di cavità a noi stessi ignote. Secondo la nostra pedestre ma smaliziata esperienza di «scafuniatori» (bellissimo termine siculo che indica persona che cerca qualcosa frugando minuziosamente con sapienza ed acume), i risultati della termografia possono avere una validità solo se i rilievi sono stati fatti nel momento più adatto, scelto in base alle indicazioni di uno studioso che conosca le grotte ed i fenomeni fisici ad esse connessi. L’unico a Trieste non è stato consultato, per cui le riprese aeree sono state fatte probabilmente in una situazione stagionale e meteorologica qualunque, ripetendo il peccato originale di un 5000 fotografato in pieno rigoglio vegetazionale.
Allo srotolarsi della mappa dove si sovrapponevano a somiglianza di ghiotto «giardinetto» aree ad alta resistività e sfiatatoi sconosciuti più di qualche occhio si allupò e in timidi cuoricini nacque la speranza che fosse finita l’era dei santoni della battuta, inquietanti figure tra stregone-geognosta-rabdomante sotto il cui strangolino il calcare si divarica contro ogni legge di natura. L’entusiasmo si è piuttosto raggrinzito dopo la visita precipitosa a qualcuna di queste zone, rimaste ermetiche più di prima. Quanto ai punti «caldi», solo l’occhio all’infrarosso ha potuto vederli, mentre noi gattonando pateticamente a cacciare le dita nelle minime sfese abbiamo percepito solo gli effluvi autunnali di ciclamini e santoreggia in fiore. Ripresa in mano la carta, si è visto con costernazione che i fluidi elettrici avevano trapassato direttamente cavernoni di poco sottocutanei e che risapute bocche soffianti avevano trattenuto il fiato al passaggio dell’aereo inquisitore. Ora non è detto che sia tutto da buttar via, nè vogliamo apparire ingrati verso chi ci offre supporti altrove impensati, ma è ben vero che nella prospezione speleologica la scienza ha tuttora margini di incertezza superiori a quelli del bastone del «Vecio», alla neve fondente, al muschio fuori posto, al sospiro da cogliere a fil di terra. Con questi sistemi rustici sono stati stanati migliaia di opercoli furtivi contro una sola scoperta strumentale e per qualche tempo sarà ancora così.
Restando in tema di pratiche ricognitive tradizionali nonchè romantiche, mi piace presentare qui una cartina preziosa risalente al 1851, che ha l’ulteriore pregio di essere stata ricopiata dalla mano di Eugenio Boegan dall’introvabile lavoro di Adolf Schmidl «Ober den unterrirdischen Lauf der Recca». Essa indica le 31 protocavità trovate dall’inventore della speleologia ingaggiato allo scopo dall’i.r. Ministero del Commercio di un paese ordinato, nonchè alcuni punti dove uscivano correnti d’aria con le piene timaviche.
Tra questi vi è anche il buco meraviglioso di Percedol sul quale ho scritto nel 1972 su «Mondo Sotterraneo», restando però evasivo sulla ubicazione precisa degli altri posti soffianti, forse perchè la loro individuazione era stata tanto laboriosa che ci piaceva restasse un segreto nostro, come per un certo tempo rimase la reale importanza della grotta di Percedol.
Ormai molti se ne sono andati e noi superstiti siamo in quell’età in cui l’orologio può fermarsi da un momento all’altro, per cui ecco un’altra carta con i luoghi fatidici, disposti in un allineamento significativo. Lo spazio non permette di raccontare cosa vi abbiamo fatto e come finì il sogno di trovare il fiume, al quale forse non crede più nemmeno l’amico «Jure» Nicon, caposcuola indiscusso degli evocatori di entità quasi invisibili.
E’ il caso di precisare in fine che le ricerche in questi luoghi ed altrove sono state fatte alle vecchia maniera, avendo come strumenti la bacchetta sbisigatoria e i soliti ordegni pesanti tipo cava. La scienza ci è venuta incontro con l’elaborata struttura molecolare degli stagnacchi, unico vantaggio perchè al nostro uso la canapa è sempre migliore. Nessun intervento politico ha influito minimamente sul nostro vaneggiante desiderio di vedere poco prima quell’acqua che viene fuori per conto suo più abbondante e sospetta. Queste cose strane che abbiamo fatto nel periodo critico della gioventù forse ci hanno distolto da imprese maggiormente pericolose e ne abbiamo acquisito una concezione filosofica della vita che ci consente di stare meglio di tanti altri in questo sporco mondo. Ma questo mi pare di averlo già scritto da qualche parte.
Dario Marini