RICOGNIZIONE IN CALABRIA
Pubblicato sul n. 1 di PROGRESSIONE – Anno 1978
L’idea di una ricerca speleologica più a sud della fortunata zona dell’Alburno era nata ancora nel 1970, ma poco prima della partenza imprevedibili difficoltà avevano mandato a monte la spedizione. Il progetto venne ripreso in esame alla fine del 1976 con una serie di lettere alle autorità comunali per ottenere notizie sia sulla consistenza dei fenomeni carsici che sulle condizioni di accessibilità delle località che erano più meritevoli di un esame. Le carte mostravano che il territorio aveva una orografia molto tormentata e che era suddiviso da profondi solchi in vari settori, per ognuno dei quali vi era una diversa base di partenza.
Il periodo a nostra disposizione (7 giorni) sarebbe stato quindi appena sufficiente ad un accertamento preliminare del reale interesse speleologico della zona, il cui perimetro misurava almeno 60 km, che nel tortuoso sviluppo delle strade calabre praticamente si raddoppiavano. L’intenzione era quindi di effettuare una rapida puntata in ogni settore dove le indicazioni avute e le caratteristiche ambientali facevano sperare nella presenza cl!: grette. Anche se il nostro scopo era essenzialmente ricognitivo, ritenemmo di portare un poco di materiale, più che altro per impressionare la gente del luogo.
Il programma vedeva come prima tappa il Comune di Mormanno e più oltre non eravamo andati con il piano di spostamenti, che contavamo di sviluppare sul posto secondo le reali prospettive. Tra i fattori che potevano condizionare la nostra attività era ovviamente il maltempo, la cui cattiveria fu però da noi ampiamente sottovalutata. Praticamente tutta la settimana fu interessata da persistenti avversità meteorologiche, che andarono dalle nebbie, ai piovaschi ed alla neve. La circostanza che le condizioni peggiori erano concentrate sulle zone più elevate ci spinse verso il margine Ovest della regione, dove a quote basse il tempo era sempre buono. La nostra base quindi si spostò sul mare a Scalea, località in cui avevamo anche l’appoggio di Giuseppe Cupido, archeologo dilettante e procuratore potenziale di persone che erano pratiche dei monti. Confidando nella fine del maltempo tornammo nuovamente nell’interno, ma le schiarite furono di breve durata e non consentirono che qualche piccola ricognizione a località non lontane dalla macchina. Questa ebbe anche un guasto che ci procurò un’ulteriore perdita di tempo.
Pur non avendo quindi disposto che di poche ore utili, l’esame dei luoghi e le molte informazioni avute da varie persone ci hanno consentito almeno di fare un quadro più concreto delle prospettive speleologiche e di porre le basi per altre campagne di ricerca. Le principali considerazioni sono queste: la zona non ha l’unitarietà strutturale dell’Alburno ed è geologicamente più complessa e meno favorevole per lo sviluppo di un carsismo profondo. Le grotte non sono numerose e sono separate da grandi distanze; esse si possono trovare solo con l’aiuto dei pochi pastori che ancora frequentano la montagna d’estate. Si tratta per lo più di pozzi di limitata profondità. Questo vale per le zone montuose interne. Ai margini dell’altopiano le pendici calcaree ospitano molte cavità a sviluppo sub orizzontale, che sono ben note alla gente dei vicini abitati. Ne abbiamo viste e visitate diverse; altre erano troppo distanti per il tempo a nostra disposizione e gli accompagnatori dovevano appena essere cercati.
Per una campagna più fruttuosa occorre quindi una permanenza più lungo con varie squadre autosufficienti composte da due persone attrezzate per esplorare e rilevare direttamente le cavità rinvenute. Non esistono probabilmente cavità di grande estensione; in compenso ci sono moltissime caverne, antri e risorgivette. Con la gente bisogna avere molta diplomazia e l’arte di tirare fuori le notizie una alla volta, senza fretta. Si potrebbe in tal modo dare un contributo non trascurabile alla conoscenza dei fenomeni carsici della Calabria, regione dove in questo campo è stato fatto finora molto poco. Indubbiamente i migliori risultati verrebbero da indagini preistoriche nelle tante caverne ancora intatte e le scoperte fatte fortuitamente dalla successiva spedizione confermano la nostra convinzione.
Dario Marini
CALABRIA 1978, PARTE SECONDA
Pubblicato sul n. 4 di PROGRESSIONE – Anno 1979
Dopo alcune ricognizioni preliminari (di cui è stata data notizia su Progressione 1 e 2) tendenti a localizzare una zona cui dedicare uno studio approfondito, la Commissione è tornata nuovamente — ed in forze — in Calabria nell’ottobre 1978. Nei nove giorni di permanenza (5-13 ottobre) sono state esplorate e rilevate sul Monte S. Marco, balza dolomitica ergentesi nei pressi di Cassano allo jonio ed interessata da fenomeni carsici e termali, una dozzina di cavità, — per lo più orizzontali — già in buona parte individuate nella prospezione primaverile. Fra i lavori di campagna di maggior spicco ci sono il rilevamento completo della Grotta di Sant’Angelo (lunghezza totale m 1005), quello del ramo principale della Grotta inferiore di Sant’Angelo (530 metri di sviluppo, con in mezzo una grande caverna da cui si dipartono numerose gallerie non ancora del tutto esplorate) ed il rilevamento della Grotta Inferiore e Superiore degli Scheletri (252 metri di sviluppo planimetrico, con un dislivello di 38).
Il completamento dell’esplorazione e delle operazioni di rilievo di alcune grotte (quali quella inferiore di Sant’Angelo) è stato rimandato ad ulteriore spedizione (da effettuarsi possibilmente nella prima metà del 1979) a causa delle complessità degli ambienti da rilevare e dello scarso tempo a disposizione.
Parallelamente a questi lavori un altro gruppo si dedicava all’assunzione di una completa documentazione fotografica, anche in vista di una possibile utilizzazione a fini turistici di parte degli ambienti sotterranei esplorati. Va segnalato il ritrovamento di alcuni vasi incastrati fra stalagmiti in uno dei rami della Grotta di Sant’Angelo meno accessibili e più lontani dall’ingresso, indizio sicuro che per motivi a noi ancora non noti — cerimonie religiose, offerte votive, chissà. . . — quei nostri avi avevano trovato il coraggio di inoltrarsi in quegli antri bui che più tardi per secoli verranno considerati regno del demonio.
I rapporti fra uomo preistorico e caverne, nella zona di Cassano allo Jonio, sono vieppiù complicati dalla scoperta, fatta in precedenza sul fondo di alcuni pozzi presenti nella grotta in località Pavolella — e da noi chiamata Grotta degli Scheletri —, di numerosi resti di esseri umani: le grotte, quindi, debbono essere servite forse da abitazione, forse quale luogo di culto e necropoli. L’approfondimento di queste ricerche spetta comunque ora agli specialisti della locale Sovraintendenza alle Antichità, da noi debitamente informate dei ritrovamenti effettuati.
Gli ultimi due giorni della spedizione sono stati dedicati all’illustrazione, alle scolaresche delle scuole cittadine e ad un attento pubblico, degli scopi delle nostre ricerche e dell’importanza della speleologia per una miglior conoscenza del territorio di Cassano allo Jonio. A tal scopo l’amministrazione comunale, prodiga con noi di aiuti e sul cui appoggio abbiamo sempre potuto contare, aveva messo a disposizione, per la conferenza ed il successivo dibattito, la sala del Consiglio Comunale. Essere riusciti a destare l’interesse sulla speleologia presso un gran numero di giovani cassanesi è per noi motivo di soddisfazione; è nostra intenzione — in linea con una tradizione sinora mai smentita — approfondire questi contatti sino a permettere il formarsi nel territorio di quella mentalità speleologica che costituisce il naturale substrato su cui nascono poi i Gruppi Grotte.
Un accenno ai partecipanti. A questa spedizione (la quarta in Calabria) hanno preso parte quindici uomini della Commissione (Bone, Delíse, Duda, Durnik, Finocchiaro Carlo e Furio, Gasparo, Guidi, Landi, Redivo, Savio, Serra Sergio, Tommasini, Tognolli, Vecchiet) con un’età che va dai 17 anni del più giovane ai 66 del più anziano e con un’età media — per chi ama le statistiche — di 39 anni.
Tutti hanno avuto modo di prestare la loro opera sentendosi inseriti in un unico anche se composito organismo; credo che questo superamento del distacco di generazione sia la miglior risposta che la Commissione può dare — come in effetti dà da decenni — a quanti parlano di crisi dell’associazionismo con il conseguente bisogno di ideare nuovi canoni di socializzazione o nuovi modi di concepire la speleologia.
Pino Guidi
Calabria ’78
E’ successo tutto all’improvviso. Arrivo in sede e mi si dice: «Domani andiamo in Calabria; avanzano due posti; vieni anche tu?» Così alle 9 di sera arrivo a casa, dò la bella notizia ai miei e preparo lo zaino.
Alle 6 del 5 ottobre io e Fufo partiamo da Trieste. All’ora di cena, dopo una lunga tirata in autostrada (13 ore ininterrotte), arriviamo a Cassano allo Ionio (che a prima vista appare deserta come una città fantasma) e ci troviamo con gli altri che sono partiti da Trieste e che arrivano da Perugia. Con il giorno dopo comincia il lavoro. Mentre gli altri si occupano di altre cavità e di altri lavori a Fufo, Serra, Bosco e a me viene affidato l’incarico di esplorare e rilevare i rami bassi della grotta superiore di S. Angelo, rami che si dipartono alla base del pozzetto di 10 m. La grotta si apre sul versante E del M. S. Marco ed è formata da un sistema di gallerie sovrapposte. In due giorni di lavoro esploriamo e rileviamo tutto un reticolo di gallerie, di stretti cunicoli sovrapposti con sezione a «pinoide», di salette con belle concrezioni. La scoperta di tali gallerie incuriosisce alcuni esponenti del consiglio comunale di Cassano, che la domenica mattina ci accompagnano nella esplorazione e possono ammirare così le bellezze delle loro grotte. Sono pure interessati ai notevoli rinvenimenti di materiale preistorico (ossa, cocci) che le nostre esplorazioni portano alla luce.
Nei giorni successivi Fufo, Serra, Spartaco (che intanto è arrivato in treno da Trieste) e io scopriamo e rileviamo sul versante opposto del M. S. Marco alcune grotte, non molto grandi ma abitate da folte colonie di pipistrelli; in una in particolare, il numero di essi è tale che il rumore provocato dal loro batter d’ali ci fa pensare in un primo momento che più avanti ci sia una cascata. Una di tali cavità poi riveste un interesse particolare: si tratta di una strettissima fessura verticale (unica cavità verticale della zona) dalla quale il giorno della scoperta usciva una fortissima corrente d’aria calda; da ciò la nostra supposizione che possa arrivare al livello delle acque termali che scaturiscono a Cassano. La cavità, con notevoli sforzi (rimettendoci una tuta e producendosi anche delle escoriazioni sul dorso tanto è stretta), è stata esplorata fino ad una quarantina di metri di profondità; lì la grotta continua, allargandosi, sia verticalmente sia con meandri orizzontali. Contiamo, in una prossima spedizione, di continuare l’esplorazione di tale interessantissima cavità.
Nei giorni successivi il nostro gruppetto, accompagnato da un indigeno, compie una ricognizione sugli altipiani calcarci sopra il paese di Civita e alle pendice del M. Poilino, senza trovare peraltro nulla di importante.
Interessante è stata l’esplorazione e il rilievo della Grotta in contrada Pavolella (da noi chiamata anche Grotta degli Scheletri). Tale cavità, scoperta e in parte già esplorata nella precedente spedizione, per il suo interesse paleontologico (sono stati trovati numerosi scheletri quasi intatti) è stata chiusa per ordine della soprintendenza alle antichità. Uno del nostro gruppo però ha scoperto sopra la G. d. S. una bassa galleria dalla quale uno stretto pozzo di circa 20 m ci permette di arrivare nella sottostante cavità. Ecco che così abbiamo potuto terminare l’esplorazione e stendere un rilievo. La parte inferiore della grotta è lunga un centinaio di metri, ha un andamento orizzontale ed è interessata da importanti fenomeni di crollo. Un pò dappertutto si rinvengono ossa umane.
Con l’esplorazione della G. d. S. per il nostro gruppetto la spedizione a Cassano allo Ionio termina. Il giorno 12 infatti, dopo la conferenza stampa e il pranzo con le Autorità, partiamo e ci portiamo nella zona di Scalea. Abbiamo intenzione di dare un’occhiata, nella zona di Orsomarso, un paesino dell’entroterra Tirrenico, alla grotta del Frassineto, che su alcune pubblicazioni risultava avere delle continuazioni inesplorate. Il giorno dopo in paese troviamo un gentile giovane che ci accompagna all’ingresso della cavità che però non presenta prosecuzioni. Ripartiamo così e dopo varie peripezie per la Calabria e per la Puglia, dopo un visita alle grotte di Castellana dove ci incontriamo con il simpatico Orofino che ci fa da guida sia a Castellana sia a Putignano, giungiamo domenica 15 sulle Alpi Apuane per assistere all’inaugurazione del bivacco speleologico Lusa – Lanzoni sorto a pochi metri dall’ingresso dell’abisso Fighierà per iniziativa del C.A.I. di Faenza.
Con questa ultima puntata termina la nostra spedizione e il giorno dopo siamo di ritorno a Trieste.
Molto è il lavoro che ancora ci attende a Cassano allo Ionio, in questa primavera prevediamo di ritornare e di proseguire le esplorazioni e i rilievi delle cavità del M. S. Marco che si è rivelato uno dei più interessante complessi carsici della Calabria.
Umberto Tognolli