Grotte e locande del Lazio

 

NEI DINTORNI DELLA CAPITALE GROTTE E LOCANDE DEL LAZIO

Pubblicato sul n. 24 di PROGRESSIONE – Anno 1990
Il lavoro si sa, è la fonte di sostentamento nella nostra vita (dal punto di vista economico), ed è così che all’inizio di aprile sono costretto a trasferirmi a Roma.
La mia permanenza nella capitale si pro­trarrà per tutta l’estate, ed il mio pensiero va al tempo libero ed a come impiegarlo; il quesito è di facile soluzione, in grotta natu­ralmente.
Di ciò, sono rinfrancato dal fatto che ho trovato un collega di lavoro anch’egli speleologo, al tempo Dure Giovanni alias Lattuga, del Gruppo Speleo Sassari, perciò assieme a lui, contatto i gruppi romani in modo da poter organizzare qualche “giro”.
Dopo contatti telefonici con Tullio Bernabei, una sera ci rechiamo nella sede degli speleologi romani e ci informiamo sulle possibilità di fare attività, queste risultano allettanti ma purtroppo richiedono l’intero week-end libero e noi momentaneamente non ci troviamo in questa condizione, così ci orientiamo su grotticelle “domenicali”.
La cavità visitata in loro compagnia, è stata la Grotta Val di Varri LA 228, situata nell’omonima valle a quota 825 m in località Portella nel comune di Pescorocchiano, il tutto a 60 km da Roma est.
L’ingresso si presenta con un enorme caverna, nella quale, dopo una cascata, defluisce un torrente che immediatamente scompare, per poi ritrovarlo nella parte ter­minale dove forma un sifone che impedisce la prosecuzione.
Per ovviare a ciò, è stato trovato un by-pass che si apre sulla destra dell’ingresso della caverna; si tratta di un piccolo passag­gio basso in zona fossile che porta in una cavernetta dalla quale parte un salto di 10 m circa, concrezionato, conducente in un cavernone. Si continua in discesa, cammi­nando su massi di crollo e dopo un po’ ritroviamo il torrente che da ora in poi ci accompagnerà fino al fondo. Si procede ora nell’acqua, ora attraversando il torrente, ora scendendo le cascatelle, fortunatamente nei giorni scorsi non c’erano state forti precipita­zioni, perciò la portata del torrente non era eccessiva e non poneva grossi problemi alla progressione.
Verso il fondo un laghetto arresta la mia marcia, sul quale sovrasta un arco di roccia, mi ci arrampico e volgo lo sguardo al buio che si perde in lontananza accompagnato dallo scrosciare dell’acqua.
Poi tutti a Pescorocchiano in una tipica locanda, a gustare bevande e cibi caserecci, come tradizione speleo vuole.

GROTTA VAL DI VARRI – 228 LA

Carta topografica: Tav. IGM 25000 – Pescorocchiano IV SE; coordinate: 0′ 41′ 11″ – 42° 11’23”; quota ingresso: 825 m; sviluppo: 2000 m; pozzo interno: 10 m
Come arrivarci: Prendere l’autostrada per l’Aquila dalla barriera Roma Est, percorrere 60 km ed uscire a Tagliacozzo, dirigere verso Leo freni e prima del paese immettersi su una strada bianca che conduce in prossimità della grotta.
Intenzionati ad ampliare le amicizie con gli speleo romani e complice un plico consegnatomi da Tubo Longo da recapitare, una sera si va a far visita al Gruppo Speleo CAI Roma.
Dopo le presentazioni di rito, facciamo quattro chiacchiere e da queste emerge la disponibilità dei ragazzi ad accompagnarci in grotta, e casi la mattina del 10 giugno,
Fabio e Sonia vengono a prenderci (sono arrivati con un’ora e mezzo di ritardo) con il loro camper tipo famiglia “Addams” e imme­diatamente ci dirigiamo alla stazione di ser­vizio Roma Sud dove ci attende (incazzato) Mauro e gli altri amici; qui si effettua una sosta “tecnica”.
Seconda tappa obbligatoria è la stazione forestale di Guarcino, per farci consegnare (non facilmente) le chiavi della sbarra che chiude l’accesso alla strada forestale che conduce alla grotta.
Arrivati in zona, salutiamo Mauro e gli altri, che continuano per una grotta li vicino, mentre noi procediamo per altra grotta

Grotta di Gem­ma Gresele LA FR 626/A.FR

Carta topografica: Tav. IGM 25000 151 il NE;coordinate: O’ 57′ 0″ – 41° 49’38”; quota ingresso: 1609 m; pozzi interni: 10 -50 – 6 -7
Come arrivarci: Prendere l’autostrada per Frosinone dalla barriera di Roma Sud, percorrere 50 km circa ed uscire a Anagni, da qui imboccare la S.S. 155r e dirigere prima per Fiuggi e poi per S. Giovanni, quindi continuare per Guercino sulla S.S. 411 e poco dopo, fuori dell’abitato, immetersi sulla S.S.411dir, seguendo le indicazioni per il Rifugio Frosinone, ad un certo punto si arriva su uno spiazzo dove è ubicato un osservatorio astro­nomico, a fianco del quale inizia la carrareccia. Procedere per la suddetta fino ad uno slargo, seguire la strada in salita, fare circa 200 metri e sulla sinistra a livello del piano stradale si apre l’ingresso.
L’ingresso della cavità risulta essere molto stretto e si riesce a passare solamente sen­za i “tresi” che servono subito dopo, in quan­to si sbuca su un pozzo di una decina di metri, perciò bisogna mettersi in spaccata e “vestirsi”.
Discesi, si arriva in una cavernetta da dove parte un pozzo di 50 m interessato da una leggera attività idrica, si continua con alcuni saltini, strettoie e meandri, il tutto guarnita da latte di monte e stillicidio fino ad arrivare alla fine.
Per noi termina casi la visita, ma si po­trebbe continuare in quanto comunica con un’altra cavità, infatti ci troviamo nel sistema Gresele-Vermicano che si ramifica sotto il Monte Vermicano.
Continuiamo le uscite domenicali con lo Speleo CAI Roma, questa volta la scelta è andata per:

INGHIOTTITOIO DI PIETRASECCA – 1A-AQ

Situato nel comune di Carsoli (prov. Aquila) a quota 806 m.
Carta Topografica: tav. IGM 25000 145 III NE Carsoli; coordinate: 0° 41′ 00″ – 42° 08′ 13,8″; quota ingresso: 806 m; sviluppo:1370 m; profondità: 51 m; pozzi interni: 2 – 8 – 3 – 5 – 2 – 8 – 9 – 12 – 12
Come arrivarci: Prendere l’autostrada per L’Aqui­la dalla barriera di Roma Est, uscire a Tagliacozzo, da qui verso Pietrasecca, poco prima di questo abitato prendere la strada sommariamente asfaltata sulla destra indicata da un cartello turi­stico giallo che, dopo una ripida discesa porta ad un bivio dal quale si segue a piedi un sentiero lungo il torrente che porta all’inghiottitoio in 15
La rete idrografica ramificata, si compo­ne di corsi d’acqua temporanei, che scorro­no paralleli al bacino naturale di Pietrasecca, questi confluiscono in un collettore con un breve tratto in trincea naturale che scarica le acque nella grotta.
L’ingresso si apre con un ampio portale a due archi, alto venti metri e sbarrato da un idrometro ora fuori uso.
Un’ampia galleria lunga 270 m, larga 20 m, alta 15 m, costituisce la prima parte della cavità, in essa il torrente forma una serie di laghi e piccole rapide, facilmente superabili.
In questo tratto si incontrano due diramazioni: la prima, a destra, a 80 m dall’ingresso, porta alla Sala dell’Osso da cui dipartono due cunicoli, quello di sinistra ter­mina dopo pochi metri, quello di destra pene­tra per una ventina di metri e termina con un sifone, la seconda, sempre a destra, porta nel Vecchio Ramo Fossile lungo 60 m, che si presenta molto ben concrezionato e con il fondo a vaschette, anch’esso termina con un sifone che, secondo il livello dell’acqua può essere percorso per una trentina di metri.
Questa prima parte, termina con una brusca svolta a destra (Gomito del Contatto) che porta d un saltino di 2 m, superabile con muta lungo il torrente, altrimenti con una teleferica sulla sinistra. La galleria subito dopo si restringe ed inizia il tratto detto il “canon”, lungo 80 m, nel quale si ha una successione di rapide, laghi e cascate, qual­che difficoltà si può avere nel periodo inver­nale, divenendo decisamente pericoloso in caso di piena.
Scendendo bisogna tenere sempre la sinistra e se l’acqua è alta, vari spit consen­tono di stendere un corrimano lungo tutto il canon. Per superare il lago Manuela, si sale per 6 m sulla sinistra fino ad un terrazzino da cui ci si cala per un P 8 e pendolando si può raggiungere l’altra sponda.
Segue una cascatella ed una marmitta che si supera con una tecnica analoga alla precedente scendendo un P 3 ma con mag­giori possibilità di bagno.
Subito dopo si incontra uno scivolo molto viscido di 5 m, ed una grande marmitta in corrispondenza della quale la grotta volta a destra, dal bordo di questa, si scende un P2 su un terrazzo, e da qui un P8 fino al Lagone, ai bordi del quale una cengia semisommersa permette una uscita quasi asciutta.
Questo lago occupa gran parte di un grande salone (70×30) e qui termina il canon con una cascata di 10 m.
Sulla destra della sala, una serie di vaschette porta ad un sifoncino che corri­sponde alla fine del Ramo dei Laghi del Ramo Fossile.
Proseguendo lungo il torrente, si incon­trano delle rapide tra massi scivolosi e, alla fine del salone, è evidente sulla destra una galleria in salita che porta ad alcuni ambienti secondari e al Ramo Fossile. Oltre il salone, la galleria prosegue per altri 80 m, fino ai laghi terminali, il sifone terminale non è l’ul­timo corna sembrerebbe ma il penultimo dei laghi, infatti in estate si può notare il refluire dell’acqua dall’ultimo verso il sifone.
Il Ramo Fossile inizia in cima alla galleria in salita alla cui sommità dopo un breve tratto concrezionato, si apre la Galleria dei Massi, lunga 130 me larga 20 m, ingombra di grandi massi instabili, residui del crollo della volta che appare levigata e priva di concrezioni. A metà, sulla destra, si apre la diramazione dei Laghi, un piccolo labirinto di gallerie semiattive, parallele alla grande Galleria dei Massi che, insieme alla diramazione delle Eccentriche, con cui comunica e forma un unico ambiente, costituiscono la parte attiva del Ramo Fossile.
La Galleria dei Massi termina in una zona molto ben concrezionata detta il Bivio, qui in inverno si incontra un ruscello risalendo il quale, dopo 60 m di galleria fangosa si giun­ge al Grande Salone Concrezionato che è l’ambiente più bello della cavità. A metà sala, in alto a destra, dopo una serie di vaschette e laghetti una cascatella alimenta il torrentello, poi in fondo una breve galleria chiude su una frana, stessa sorte per due diramazioni che partono una da destra e l’altra da sinistra. Se dal bivio si segue il ruscello, si entra nel Ramo delle Eccentriche nella cui saletta terminale due pozzi da 12 m paralleli portano ad una galleria semiallagata.
Alla fine di questo giro ci fermiamo a fare un merendino come prologo alla scorpaccia­ta “esterna” e ad alcune foto di rito.
All’uscita troviamo ancora un caloroso sole che ci scrolla da addosso l’umido e la stanchezza ed una sorpresa poco piacevo­le, qualcuno ha fatto visita alle auto sottraen­do il portafoglio di Maurizio; peccato questa unica nota dolente in una giornata cosl alle­gra conclusasi con la tradizionale visita in una locanda a ritemprarsi con del buon vino e cibi casalinghi.

GROTTA DI LUPPA – 32 A-AQ

Carta topografica: Tav. IGM 25000 145 III NE; coordinate: O° 12′ 0″ – 42° 07′ 12″; quota ingrasso: 892 m
Come arrivarci: Prendere l’autostrada per l’Aquila dalla barriera di Roma Est, uscire a Tagliacozzo, imboccare la S.S. 5 Quater e seguire le indicazio­ni dei segnali turistici gialli.
L’ultima cavità visitata prima del mio rien­tro a Trieste, è stata la Grotta di Luppa A AQ 32, sempre in compagnia dei ragazzi dello Speleo CAI Roma.
Solito trasferimento autostradale da Roma a Tagliacozzo, per poi seguire la se­gnaletica turistica che ti porta in prossimità della grotta.
Lasciata l’auto sulla strada statale, si procede a piedi per un sentiero fino all’in­gresso e qui abbiamo la sorpresa di trovare dei cani da guardia che ci vengono incontro con aspetto alquanto minaccioso.
Ripresisi dallo stupore iniziale, continuia­mo cautamente ad avanzare e subito dopo abbiamo la risposta ai nostri quesiti; consta­tiamo che l’ingresso a caverna della cavità è adibito a ricovero di animali, i quali hanno trasformato il letto del torrente in un immen­so letamaio. Si prospetta così tra i parteci­panti, una conclusione alquanto veloce (e felice) della nostra escursione, ma la mia voglia di grotta è forte, e così mi vedo costret­to a sacrificare i miei panini per quietare la voracità dei cani che immediatamente cam­biano umore, e mentre loro ne fanno incetta indossiamo velocemente l’attrezzatura. Ri­solto il problema iniziale ora se ne presenta un’altro, superare il mare di letame senza troppe conseguenze e a prima vista ciò non sembra facilmente realizzabile e sperare che la nostra presenza non faccia girare le palle a qualche torello.
Senza troppi danni ci troviamo all’interno e percorriamo un canale non molto stretto ma alto, subito si arma un pozzo, seguono altri tra saltini e percorsi a piedi fino a rag­giungere una spiaggetta dove gonfiamo il canotto.
Infatti, anche se siamo in periodo di sec­ca, e non c’è attività idrica, la grotta mantiene nel suo interno dei profondi e lunghi laghi che obbligano l’uso del prezioso natante.
Gli ambienti susseguitesi mostrano stu­pende e armoniose forme di concrezionamento, si procede fino sopra un P 30 che troviamo in parte già armato ma lo stato delle corde non ne consiglia l’uso.
Disceso, poggiamo i piedi su grossi mas­si di crollo e ci inoltriamo in un enorme canyon, si tenta di approsimarne le dimen­sioni ma i fasci di luce si perdono nel lontano buio.
Si continua così per un centinaio di metri sul letto del torrente, ma l’aver lasciato un componente del gruppo ad attenderci sul P 30 (non si sentiva bene), non ci dava tran­quillità e così ritorniamo sui nostri passi con­cludendo così questa nostra visita che mi ha lasciato la curiosità di sapere che cosa ci fosse più in là.
    Adriano Lamacchia