RIPETITA JUVANT ? A “SCALA DELLA CARSIFICABILITA’”
Pubblicato sul n. 24 di PROGRESSIONE – Anno 1990
Sulla base delle osservazioni di campagna, relative alle variazioni geolitologiche del Carso Triestino, F. FORTI (1972) proponeva una “scala della carsificabilità”, avente valore ed applicazione alle morlologie epigee. Risulta cosl che il cosiddetto “paesaggio carsico” è strettamente condizionato dalla variabilità degli elementi litologici, stratigrafici e deformativi di un complesso di rocce carbonatiche calcaree. Tale validità è stata accertata per gli affioramenti rocciosi del Carso Triestino, ma estensibile comunque in qualsiasi altra regione carbonatica di tipo carsico mediterraneo. Resta inteso che per le altre e diverse tipologie carsiche presenti in altri climi, i valori di detta “scala della carsificabilità”, dovranno essere opportunamente modificati. Si fa presente infine che i principi generali che regolano la formulazione di una “scala dei carsificabilità”, sono validi per qualsiasi situazione geologica e climatica.
Risulta così che in natura vi sono tipologie carsiche proprie di rocce carbonatiche calcaree molto poco carsificabili e tipologie sempre più complesse ed evolute, per arrivare a quelle proprie di rocce carsificabili in massimo grado. Tali sostanziali differenziazioni sono strettamente legate alla natura sedimentaria-litologico-petrografica, alle variazioni di potenza stratigrafica, alla frequenza dei sistemi di discontinuità della roccia legati a fattori deformativi (f essurazioni).
Da quanto sopra esposto risulta evidente che vi sono dei “MODELLI” derivati dal diverso “grado della dissoluzione carsica”.
Il MODELLO 1 è un basso grado di carsismo, dovuto ad una scarsa solubilità del mezzo roccioso, ad un alto grado di residuo insolubile, ad una stratificazione fitta ed a una fessurazione reticolare-comminuta. Ciò porta ovviamente al fenomeno della “dispersione del carsismo” e quindi ad uno scarso sviluppo di tutte le morfologie carsiche epigee.
Il MODELLO 2 è un medio grado di carsismo, dovuto ad una solubilità normale del mezzo roccioso, con un basso grado di residuo insolubile, stratificazione per lo più decimetrica ed una fessurazione a maglia decimetrica-pluridecimetrica. Ciò porta ad una media diffusione del carsismo e quindi ad un certo sviluppo delle morfologie carsiche epigee.
Il MODELLO 3 è un alto grado di carsismo, dovuto ad una buona solubilità della roccia, con uno scarso o nullo residuo insolubile, stratificazione potente, metrica o plurimetrica, fessurazione a maglia larga, generalmente a frequenza metrica. Conseguentemente ciò porta ad una “concentrazione del carsismo” e quindi ad un largo sviluppo di tutte le forme carsiche epigee.Gli aspetti “visivi” delle variazioni morfologiche in rapporto alle suddescritte modalità dissolutive, strutturali e stratigrafico-deformative, sono riassunte nella sottospecificata “scala della carsificabilità”.
CLASSE 1 – “Morfologia a Carso coperto”: scarsi o nulli gli affioramenti rocciosi, formazione di “grize” (campi di pietrisco) subdetritiche, scarsa presenza di doline, del tipo prevalente “a piatto” a bordi molto arrotondati. Morfologie queste generalmente presenti nei calcari molto impuri, lamellari-lastroidi. Questa Classe si accompagna perfettamente al MODELLO 1.
CLASSE 2 – “Morfologia a denti”: affioramenti di blocchetti e punte rocciose, elevati di alcuni decimetri sul piano di campagna, per lo più si presentano allineati secondo la direzione della stratificazione, se questa si presenta mediamente inclinata e sono separati gli uni dagli altri da zone più o meno ampie prive di affioramenti. Sono presenti inoltre massi mobilizzati, estesa formazione di “grize” subaeree, frequenti le doline “a piatto”, con i bordi più pronunciati da deboli affioramenti rocciosi. In genere per dar luogo a queste morfologie, la potenza media della stratificazione è decimetrica. Questa tipologia morfologica sta tra il MODELLO 1 ed il MODELLO 2.
CLASSE 3 – “Morfologia a strati”: affioramenti continui di testate di strato orientate sempre secondo la direzione; sporgenza media di 30-40 cm dalla superficie del piano di campagna. sugli affioramenti vi sono accenni a fenomeni dissolutivi (piccole forme di corrosione come solcature, scannellature, fori e vaschette); presenza di “grize” grossolane a piaghe. Più frequenti le doline con fianchi sempre più acclivi e depositi di ‘terra rossa” più o meno detritica; i bordi delle doline sono sempre poco elavati. Potenza media della stratificazione, da decimetrica a pluridecimetrica. Questo tipo morfologico rientra completamente nel MODELLO 2.
CLASSE 4 – “Morfologia a strati e blocchi”: caratterizzata dall’affioramento di testate di strato o da blocchi isolati abbastanza elevati, in media inferiori al metro, presente inoltre una continuità laterale dell’affioramento roccioso. Cominciano a delinearsi chiaramente delle strutture morfologiche in cui è molto bene espressa la dipendenza diretta delle caratteristiche strutturali della roccia, cioè i giunti di stratificazione ed i piani di fessurazione, nei quali risultano sempre più evidenti le “vie” di penetrazione delle acque carsiche. Più in particolare si parlerà di “morfologia a strati” nel caso di affioramenti di testate di strato più o meno elevate sulla superficie media topografica e di “morfologia a blocchi”, quando gli affioramenti rocciosi sono determinati prevalentemente dai sistemi di fessurazione che hanno favorito la suddivisione della compagine rocciosa in blocchi isolati. In pratica è stato osservato che questi due tipi morfologici sono sempre associati. Costante presenza di fenomeni di dissoluzione superficiale come solcature, scannellature, fori, vaschette, sempre meglio organizzati; frequenti o molto frequenti le doline “a imbuto”, a fondo piatto ed i bordi esterni assai accidentati. Potenza media della stratificazione da pluridecimetrica a metrica; tipologia morfologica rientrante tra il MODELLO 2 ed il MODELLO 3.
CLASSE 5 – “Morfologia a banchi e blocchi”: è l’espressione massima del carsismo, con potenti strati e banchi in affioramento, elevati anche di alcuni metri sul piano di campagna; continuità laterale degli affioramenti, sempre secondo la direzione della stratificazione. Vasta gamma delle “piccole forme di corrosione” bene organizzate; presenza areale molto estesa di bancate calcaree riccamente elaborate nelle forme dei cosiddetti “campi solcati”-Karrenfels; molto scarsa la formazione di “grize”; frequentissime le doline anche di medie e di grandi dimensioni, imbutiformi o con versanti molto acclivi, talora ripidi ed accidentati con vistosi bordi di grandi testate di banchi rocciosi.
Queste cinque CLASSI rappresentano tutti i tipi di morfologie carsiche epigee con frequenza ed intensità crescenti dei singoli fenomeni, da un “minimo” nella CLASSE 1 ad un “massimo” nella CLASSE 5.
Va osservato che a seconda dell’anda7 mento topografico di una determinata zona carsica ed a parità delle condizioni geologico-strutturali, l’effetto morfologico può essere più esaltato o più depresso rispetto alla CLASSE di appartenenza. In terreno di culminazione topografica (collinare), ad esempio, i fenomeni dissolutivi possono essere esaltati rispetto alla “normalità” della CLASSE, che presume un andamento sub pianeggiante. L’asporto dei materiali residui (suoli di copertura), per degradazione meteorica selettiva mettono a nudo porzioni maggiori del substrato roccioso, accentuando così le morfologie carsiche o meglio rendendole più palesi e più “visive”. Ovviamente Io stesso principio vale per il rapporto fra zona pianeggiante ed un’area topograficamente depressa, dove l’accumulo argilloso, terroso, detritico, tende a mascherare l’intensità del fenomeno carsico tipico della CLASSE.
E’ anche da osservare che i fenomeni carsici epigei attualmente visibili e rilevabili sono condizionati dagli atmosferici e non è possibile alcun riferimento a quanto è avvenuto sulle paleosuperfici immediatamente soprastanti, perchè cancellate via dalla progressiva dissoluzione operata dalle acque meteoriche chimicamente aggressive. Resta così inteso che la presente “scala della carsificabilità” ha pertanto un valore “attuale” o per lo meno penecontemporaneo.
Fabio Forti
