Pino Sfregola

PINO SFREGOLA (28-07-1935 – 04-06-2023)

Tratto dalla rivista Cronache Ipogee n.6 anno 2023 pag. 58-59

Un grande divulgatore naturalista del confine orientale

Il 4 giugno, si è spento all’età di 87 anni uno dei grandi naturalisti del confine orientale.

Assieme a Dante Cannarella ha composto una delle coppie di divulgatori storico-naturalisti più famose del Carso. Decine sono state le sue pubblicazioni dedicate a questo territorio.

È con profondo dolore, dunque, che apprendiamo della scomparsa di Pino Sfregola, il noto divulgatore naturalista, fotografo di Trieste e grande conoscitore del Carso. Nato il 28 luglio del 1935 a Trieste, Sfregola aveva lavorato per molti anni agli impianti elettrici degli autobus, la cosiddetta Act, allora Acegat. In seguito, per lui la fauna, la flora, i castellieri e le antiche tradizioni dell’altopiano alle spalle del capoluogo regionale non nascondevano alcun segreto. Conoscevo Pino da moltissimi anni da quando, negli anni ’80 mi aveva chiesto la colla-borazione per la stesura di alcuni articoli di divulgazione apparsi sulla rivista “Trieste oggi”. Era un periodo di grande amicizia e reciproca collaborazione per alcune iniziative comuni, poi come succede nella vita, i rapporti si sono allentati visti i diversi interessi e la lontananza tra Trieste e Gorizia, e per un periodo ci siamo persi di vista rimanendo sempre reciprocamente in contatto virtuale sui social. La sua passione per l’esplorazione delle grotte e la sua abilità nel catturare immagini mozzafiato delle meraviglie sotterranee lo hanno reso una figura di spicco nella comunità speleologica regionale. All’epoca si era dedicato a fare diverse mostre fotografiche dedicate alle nostre grotte. Pino Sfregola ha dedicato gran parte della sua vita alla scoperta e alla documentazione delle grotte e dell’ambiente naturale, della fauna e la geologia del Carso triestino.

Sfregola si era dedicato anima e corpo al suo amore per il Carso, diventando una guida insostituibile per le scolaresche. Sono numerose le scuole triestine che organizzano, ancor oggi, passeggiate di approfondimento sull’altipiano e Sfregola ha svolto il ruolo di istruttore in centinaia di queste uscite, per favorire l’apprendimento e la conoscenza del-la vegetazione carsica e non solo. Ma Sfregola era anche un assiduo curatore di testi e di libri fotografici, aventi per tema il Carso, venendo a contatto con le pubbliche amministrazioni e i gruppi che si occupano dell’altipiano e del territorio. Oltre alla sua passione per le grotte e l’ambiente carsico, Pino ha anche lavorato instancabilmente per condividere la sua conoscenza del mondo naturale con il pubblico. Ha organizzato numerose conferenze e incontri, scritto libri e articoli, e partecipato a programmi televisivi e radiofonici per parlare della bellezza e dell’importanza della natura e salvaguardia dell’ambiente. Pino Sfregola è stato più volte ospite della manifestazione di “Duino&book” il Festival del libro di Duino Aurisina con le sue innumerevoli presentazioni di volumi frutto della sua grande passione le grotte e il carso. La sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile nella comunità speleologica e fotografica della regione Friuli Venezia Giulia.

di Maurizio Tavagnutti

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E’ scomparso il grande divulgatore naturalista del confine orientale

Tra i molti che ci hanno lasciato, con mestizia ricordiamo a inizio giugno la scomparsa di Pino Sfregola. Un nome che, soprattutto a Trieste, nella speleologia e nelle scienze naturali era tra i più conosciuti e apprezzati. Attivo nella speleologia, che gli aprì le porte di quel Carso che sempre amò, fin dagli anni ’50 dello scorso secolo, come molti triestini inizia ad andare in grotta con gruppi speleologici minori. Con gli anni comincia per lui una passione che lo accompagnerà per tutta la vita: la fotografia. E proprio con la fotografia naturalistica che inizia a farsi un nome, all’interno del mondo della speleologia locale, trovando nel Gruppo speleologico San Giusto una casa che lo accoglierà e lo sosterrà in questo suo lavoro. Dai primi anni di esperienza – siamo ormai negli anni ’70 – sempre più affina la sua arte, cogliendo immagini, in grotta, che all’epoca erano avanti rispetto ad altre poiché oltre a documentare fissavano l’obiettivo su aspetti artistici. La fotografia però non bastava a soddisfare i suoi interessi, che nel frattempo erano divenuti molteplici. Risco-perta – se così si può dire – dall’appassionato di botanica Eliseo Osualdini, la cosiddetta “Particella sperimen-tale” del Bosco Bazzoni (presso il ciglione carsico a sud-est di Basovizza), per la sua unicità e varietà delle specie vegetali fu da questi, assieme a Sfregola, proposta dal “San Giusto” al Comune di Trieste e all’Azienda Forestale per un suo recupero funzionale. Era il 1978. Ottenuto il permesso l’anno dopo, si iniziarono i lavori di pulizia e recupero, e così pure al suo interno per la Grotta Nera, che nel dopoguerra era divenuta sito per il brillamento di residuati bellici. Lavorando fianco a fianco di Osualdini ecco che Sfregola non solo comprende ma inizia a formarsi una solida cultura naturalistica, soprattutto sugli aspetti floristico-vegetazionali del Carso. Dopo un paio di decenni la “Particella” diviene una realtà obiettivamente fruibile dai tanti gitanti, insegnanti con le rispettive scolaresche, che vogliono approfondire la loro conoscenza della Natura. Nel frattempo Osual-dini muore e il fraterno amico Pino raccoglie il testimone. Sempre grazie al “San Giusto” negli anni 2000 la Grotta Nera viene via via attrezzata per una sua musealizzazione che la porterà ad essere un percorso didattico per la ricostruzione della vita nella preistoria. Pino Sfregola non si ferma qui, fin dagli anni ’90, sempre più coniugando fotografia con aspetti naturalistici del Carso inizia a concepire un nuovo modo di divulgare, “disegnando” sentieri che attraversando l’altopiano passano per degli stop rappresentati da punti precisi onde informare, spiegare, illustrare, dal carsismo alla flo-ra, fino alla fauna. Ecco, così nascono i vari sentieri da lui denominati, “del capriolo” e così avanti, che poi sono stati percorsi da centinaia di persone che si affidavano alla sua esperienza e venivano ripagati dalla vasti-tà della sua conoscenza. Pur non essendo uno studioso egli fu uno straordinario divulgatore. Infatti da queste esperienze, dagli anni ’90 ai 2000 Pino Sfregola pubblicò una serie di guide naturalistiche concepite per il vasto pubblico e che andarono a ruba. Citerei, oltre quelle sul Bosco Bazzoni, quelle – sempre sul Carso – sulla fauna, flora, geologia, con il carsismo epigeo e quello epigeo, eccetera. Un nutrito numero di volumetti che hanno accompagnato appassio-nati, gitanti, scolaresche. In altre parole, chi a Trieste non ha sfogliato almeno una volta un volumetto di Pino Sfregola? Il quale, conosciutissimo, era sempre richiesto.

Vorrei poi dire che Pino Sfregola, anche se non possiamo saperlo con certezza, ha probabilmente fatto avvicinare alla speleologia, magari indirettamente, più ragazzi e ragazze di quanti, magari, corsi specifici cosiddetti “di avvicinamento” tenuti dai vari gruppi speleo siano riusciti a fare. E ciò, per me che sono uno speleologo, ha una valenza profonda. Il suo è stato un lavoro veramente senza sosta nella divulgazione della natura del Carso, e la speleologia ne è riconoscente.

Caro Pino, ti siamo grati e, sono convinto, la speleologia porterà in serbo il tuo ricordo.

di Rino Semeraro