13 agosto 2022: concluse le operazioni in campo della “Fase 2” del TRACERKANIN Project. Si tratta di un progetto internazionale, tra enti e speleologi di Italia e Slovenia, mirato allo studio idrogeologico del massiccio carsico del Monte Canin/Kanin (2.561,5 m s.l.m.) nelle Alpi Giulie, attraverso una serie di multi-tracer test allo scopo di approfondire le conoscenze sulla circolazione sotterranea della vasta area carsica (120 kmq). Il progetto, sorto tra speleologi, comprende una partnership formata da Centro di ricerche carsiche “C. Seppenhofer” APS (Gorizia, Italy), Commissione Grotte “E. Boegan” SAG-CAI (Trieste, Italy), Karst Research Institute, ZRC SAZU (Postojna, Slovenia), Società Adriatica di Speleologia (Trieste, Italy), ZRJL Ljubljana Cave Exploration Society (Ljubljana, Slovenia), con il coordinamento del Laboratorio speleologico e di tecniche fluorimetriche APS (Farra d’Isonzo, Italia).
Questa “Fase 2” ha interessato il versante meridionale del massiccio sloveno, con iniezione di due traccianti rispettivamente nell’abisso Renejevo Brezno e nel Skalarjevo Brezno: due “oltre –1000” che, in profondità sono interessati da carsi d’acqua ipogei e sifoni permanenti. Tutta una serie di sorgenti e di corsi d’acqua, sia in Italia (valli Raccolana e Resia) sia in Slovenia (Conca di Bovec) sono stati attrezzati con sonde fluorimetriche, autocampionatori e sonde multiparametriche, oltre ad essere oggetto di un ciclo di una decina di campionamenti sul posto congiuntamente a misure fisico-chimiche.
Come nella fase precedente, un grosso impegno è stato speso nella fase di campagna, attraverso l’accurata predisposizione dei siti che dovevano accogliere le strumentazioni, l’armo dei due profondi abissi e le operazioni di iniezione, il controllo e monitoraggio in campo successivi.
Il multi-tracer test ha avuto successo: le prime analisi ci dicono che i traccianti hanno interessato le sorgenti Boka e Bocic ai piedi del Canin/Kanin meridionale, ben note nella letteratura idrogeologica e agli speleologi. Ma, quel che conta maggiormente saranno tutte le informazioni sulle concentrazioni dei traccianti nelle acque e sui tempi di restituzione a fornire un importante tassello per la conoscenza idrogeologica del massiccio che, sempre di più, si rivela essere caratterizzato da sotto-bacini sotterranei e interconnessi.
Anche questa volta – come per il test precedente – le condizioni ambientali per il multi-tracer test sono state ottimali: un periodo non interessato da precipitazioni, e perciò acque tracciate circolanti in un acquifero in regime non influenzato. Ciò, naturalmente, si è ripercosso sui tempi di restituzione che, dai primi esami, sono stati più lunghi del previsto.
Il successo dell’operazione mostra chiaramente che progetti complessi, in speleologia, possono essere affrontati e realizzati ormai solo da team fortemente motivati che si aggregano e forniscono gli specifici apporti in risorse umane, strumentali e economiche che sono necessari.
Riccardo Corazzi