ALLA RISCOPERTA DELLE ISCRIZIONI DELLA 12 VG – “BREVE” RESOCONTO

Fig. 1 – Giuseppe Paolina.

Progetto ambizioso quello di Igor, a suo confronto il mio appare indubbiamente più pacato e rilassato; così debitamente sprona­to da lui decido di riprendere in mano il mai concluso lavoro delle iscrizioni della grotta di Padriciano. Alcune foto e indicazioni fornite­ci da Spartaco Savio inducono ad una nuova sessione esplorativa 2020, condotta da Igor con l’aiuto di Alessio Busletta, Mauro Norbedo e Paolo Toffanin.

Quando per la prima volta nel 2015 rivol­si l’attenzione alle iscrizioni della 12 fu quasi più curiosità che un vero intento di redigerne un dettagliato registro, allora non avevo mi­nimamente immaginato il volume di questo patrimonio storico, né quanto interesse in me avrebbe sortito nel tempo a venire.

La Vecchia Signora, questa la veste in cui mi piace pensarla e il modo con cui sono solito salutarla all’ingresso e all’uscita: un segno di compassata educazione e rispetto per questa vecchia grotta un po’ malconcia, deturpata e spesso ingiustamente declas­sata a semplice campo d’addestramento, in cui però la storia della speleologia triestina ha segnato i propri passi per più di due se­coli.

A distanza di sei anni mi rendo conto di quanto effimere siano a volte le nostre con­vinzioni: quando sembra che tutto ci sia stato rivelato e ogni curiosità e conoscenza esaudite, t’accorgi che lo svelato non è pro­prio tutto. Nuove iscrizioni appaiono come per incanto, proprio là dietro l’angolo, in posti già visti, stravisti e anche ampiamente ricontrollati.

Fig. 2.

A tutt’oggi quanto rilevato è riferito so­lamente al tratto tra l’ingresso e la partenza dell’ultimo pozzo (il 45); di questo ciò che è stato possibile riconoscere e decifrare, as­somma a più di 350 unità.

Pensare di prenderle tutte in conside­razione è ovviamente impossibile, per cui questa volta concentrerò la mia ricerca sola­mente su una piccola parte di esse, che però rappresenta, per noi della CGEB, un piccolo sguardo sui nostri grottisti del passato.

Quelli che con poche conoscenze, tanto ardimento e sicuramente anche una buona dose d’incoscienza, hanno dato origine a questo storico sodalizio e anche a quelli dei loro naturali avversari, ma colleghi per con­divisa passione.

Fig. 3.

La Trieste di metà ottocento era una cit­tà in notevole espansione e trasformazione, una nuova classe stava prepotentemente emergendo e surclassando la vetusta no­biltà triestina, una classe medio borghese composta da commercianti, finanzieri, artie­ri, navigatori, letterati, insegnanti, costruttori, magistrati e amministratori pubblici.

Una classe abbiente che poteva permet­tersi alcuni lussi di tempo libero, integrati da un discreto benessere economico; una classe i cui rampolli costituivano la scolarità d’elite di licei e ginnasi triestini preparandosi a una vita da protagonisti, in una città in cui ben prosperavano e che al contempo contri­buivano a far ben prosperare.

Ginnasti, remieri (come allora erano de­finiti gli appassionati di canottaggio), escur­sionisti, alpinisti e non ultimi per importanza i grottisti. Tendo a usare il termine grottista in quanto quello più in uso al tempo, poiché la parola speleologia e il relativo praticante speleologo sono termini primigeniamente coniati all’uso da Alfred Martel, solamente verso l’ultimo decennio dell’800.

Classi di pensiero e di etnie diverse si contrapposero in questa attività, chi di estra­zione prevalentemente italiana, altri di fede austriacante.

Una concorrenza che rappresentò il mo­tore trainante dell’attività speleologica e fu certamente lo stimolo determinante nel pro­durre ricerche e esplorazioni, in una freneti­ca corsa parallela alla conoscenza del sotto­suolo carsico.

Diverse sono le sigle della Società degli Alpinisti Triestini (S.A.T.), della Società Alpi­na delle Giulie (S.A.G.) e della Società Alpi­na delle Giulie Commissione Grotte (S.A.G. C.G.).

Fra i protagonisti più importanti ci sono:

GIUSEPPE PAOLINA

Giuseppe Paolina (figura 1) del quale ci sono due iscrizioni, 8 dicembre 1883 (figura 2) e 25 aprile o agosto 1886 (figura 3). Poco conosciuto e sicuramente un po’ oscurato dal nome del figlio Guido che per un perio­do, fino alla sua prematura morte nel 1904, tenne la presidenza della Commissione Grotte della S.A.G. Giuseppe Paolina nel 1883 fu, non solamente uno dei primi soci della neonata S.A.T. e componente del suo Comitato Grotte, ma anche cassiere e mem­bro del primo consiglio direttivo. Conosciuto nell’ambiente sportivo triestino, fu elemento interno al nascente sistema sportivo scolastico cittadino e valente elemento di traino nella nascita di quei sodalizi atletici che por­tarono nel 1863 alla costituzione della So­cietà della Ginnastica e Nautica Triestina, di cui per molto tempo fu membro del direttivo.

Società di ispirazione irredentistica italiana, ma in cui convergeva la maggior parte della nuova borghesia triestina, fra cui anche nomi come Peter Pignoli e Peter August Pazze, dirigenti del comitato grotte della Sezione Litorale del Club Alpino Austro-Tedesco, pa­radossalmente avversari nel sottosuolo, ma associati nello sport.

ANTONIO VALLE

Fig. 4 – Antonio Valle.

Antonio Valle professore di zoologia 25 Aprile 1883 (figura 4 e 5), dirigente al Museo di Storia Naturale di Trieste; segretario du­rante la Presidenza di Muzio de Tommasini della Società Adriatica di Scienze Naturali (Tommasini e Valle dimissionari alla fine del 1921 furono nominati, in qualità dei propri ruoli, onorari); ricercatore e scopritore di nuo­ve specie nel mondo acquatico (Crost. pa-rass. dei pesci del mare Adr., bollettino della SASN); Responsabile del Museo della Pesca e fin dagli inizi socio del Comitato Grotte della S.A.T., con il quale è partecipe alle pri­me uscite esplorative nel 1884 dell’abisso di Trebiciano alla ricerca e campionatura di specie animali. Nonostante la contrapposi­zione nazionalistica che contraddistingue­va la Società degli Alpinisti Triestini con il D.O.A.V (Deutschland und Ósterreichische Alpen Verein – Sektion Kustenland), Antonio Valle risulta associato a quest’ultimo negli anni 1885-86-87. Il 25 luglio 1895, parteci­pa ad un’uscita esplorativa alla Kacna Jama (Abisso dei Serpenti) assieme a Josef Mari-nitsch, Friedrich Muller e il capitano Novak, dove ricerca e cataloga diverse specie di fauna acquatica e vegetale.

Fig. 5.

LUCIANO SAULI

Fig. 6.

Luciano Sauli (1894-1985) di Trieste (fi­gura 6), era un impiegato delle ferrovie. So­cio della Commissione Grotte nel secondo decennio del 900 (presente fino al 1915, non appare negli anni successivi). Scoperse nel 1965 sulla Vremsica un coleottero appartenente a un gruppo di specie caratterizzate da ali ridotte in entrambi i sessi; descritto nei dettagli da E. Wagner, il cui nome assieme a quello di Sauli venne associato alla scoper­ta, Dimorphocoris Sauli-Wagner.

 

VITTORIO BERTARELLI

Fig. 7 – Vittorio Bertarelli.
Fig. 8.

La biografia di Luigi Vittorio Bertarelli (figura 7) redatta da Pino Guidi e consulta-bile sul sito CGEB lascia ben poco spazio a nuove notizie, figura di spicco del Touring Club Italiano, appassionato speleologo vici­no all’ambiente dell’Alpina, fu sicuramente fondamentale per la pubblicazione del Due­mila Grotte redatto da Eugenio Boegan con la sua collaborazione. Nelle foto d’archivio che lo ritraggono si nota uno sguardo vispo pieno d’interesse, la firma che lascia alla grotta di Padriciano è costituita da una sem­plice grafia corsiva in fine ed elegante tratto di matita, poco più grande di 5 cm. (figura 8) che si trova in una piccola nicchia, volesse quasi passare educatamente inosservato a non voler disturbare l’ambiente circostante.

FELICE BOEGAN

Fig. 9 – Felice Boegan.

Felice Boegan (figura 9) e Ettore Alessan­drini due monogrammi vicini che si contrad­distinguono per l’esecuzione, dove le iniziali contigue di nome e cognome, una sul lato dell’altra, quasi si fondono in un tutt’uno. Entrambi appartenenti allo studentesco Club Alpino dei Sette, di cui Felice fu il presidente e il fratello Eugenio segretario, si ritrovano dopo il 1894 a militare nelle fila del comitato grotte della SAT. I due monogrammi si tro­vano vicini ad un’elegante grafia stilizzata rappresentante le tre lettere simbolo della Società degli Alpinisti Triestini (figura 10). La grande somiglianzà di esecuzione se raffron­tata con il simbolo del Club Alpino dei Sette a firma Felice Boegan, che si può osserva­re nel relativo giornale sociale “la Mosca”, sembrerebbe attribuire la paternità dell’e­secuzione a Felice Boegan (figura 11), così come il rilievo della grotta di Padriciano da lui eseguito nel 1892 è erroneamente attribu­ito al fratello Eugenio.

Fig. 11

Enzo (figura 12) 1952 e 1984 due date e un cappello stilizzato (figura 13). Fu Pino Guidi a farmi presente che questo era il simbolo di Enzo Capei, al secolo Vincenzo Obersnel, socio CGEB e di come era uso la­sciare traccia del suo passaggio nelle grotte che visitava.

VINCENZO OBERSNEL

Enzo (figura 12) 1952 e 1984 due date e un cappello stilizzato (figura 13). Fu Pino Guidi a farmi presente che questo era il simbolo di Enzo Capei, al secolo Vincenzo Obersnel, socio CGEB e di come era uso la­sciare traccia del suo passaggio nelle grotte che visitava.

Frequentavamo la sede del medesimo sodalizio, eppure non ci siamo mai incon­trati, questo un po’ mi rammarica perché Enzo Capei, anche se da tempo ci eravamo persi di vista, non mi era estraneo. Lo co­nobbi nel 1978, nel giro di una compagnia di vetusti appassionati fotografi escursio­nisti. Vetusti perché a me ventunenne così apparivano al tempo, dato che, chi più chi meno, avevano tutti suppergiù l’età di mio padre. A pensarci bene lo scrivente, al mo­mento, è più vecchio di loro.

Il perché del soprannome sarebbe evi­dente per chiunque lo avesse incontrato: girava sempre con il basco in testa e usava fumare con il bocchino. Aveva uno sguardo un po’ sornione, un sorriso appena abboz­zato e un parlare tranquillo e suadente. Non l’ho mai visto arrabbiarsi veramente, dare in escandescenze o alzare la voce a dismi­sura, proferiva le sue storie, le sue teorie e i suoi pensieri con pacatezza, sembrava quasi che nulla lo toccasse, l’intimorisse o scalfisse quella sua quasi innaturale imper­turbabilità.

Fig. 12 – Vincenzo Obersnel.
Fig. 13.

Era una persona di cultura e grandi cono­scenze, appassionato di Trieste, del Carso, della storia e del territorio, ma di tutto ciò non fece mai ostentazione; ricordo ancora le sue parole quando parlava della passione per le sue ricerche, consultava vecchie carte topografiche austriache – “Sule vede carte militari austiache se vedi tufo, le xe precise e cariche de detagli, se te sa come vardar te poi capir come che iera una volta el posto”. – Conserverò ancora con più piacere quelle fotocopie delle legende delle sue carte mili­tari austriache di cui abbisognavo per poter consultare i miei due miseri esemplari che ne erano sprovvisti.

A distanza di anni mi rendo conto che quei suggerimenti li sto seguendo anco­ra adesso, quando cerco qualche luogo o qualche nome su vecchie mappe e libri e sfogliando vecchi zibaldoni negli archivi. Come usano dire i francesi: chapeau, che mi sembra il modo più appropriato per salutare lui e chi come lui seppe vivere e insegnare educatamente con garbo.

Giuliano Ardetti