01 – ALFREDO BINI, MIRCO MENEGHEL, UGO SAURO – Proposta di legenda per una cartografia geomorfologica delle aree carsiche
L’opportunità di una legenda specifica per cartografare nel dettaglio gli elementi geomorfologici delle regioni carsiche è sottolineata dalla varietà delle carte geomorfologiche di aree carsificate finora apparse. Nei fatti, le legende generali delle carte geomorfologiche di dettaglio sono per alcuni aspetti incomplete e per altri non in grado di evidenziare certi peculiari caratteri delle aree carsiche. La legenda qui illustrata è probabilmente non esaustiva: è proposta come una legenda aperta, che può essere integrala e dalla quale ognuno può scegliere i simboli più adatti da utilizzare. La prima parte di legenda è dedicata alle morfologie carsiche, con colore atto ad evidenziare il ruolo della morfogenesi carsica nelle aree studiate. Le diverse caratteristiche litologiche, elemento importante agli effetti del controllo degli stili morfologici, possono essere cartografate con colori o simboli appositi. L’ultima sezione riguarda gli elementi del paesaggio legati all’opera dell’uomo, con simbologia atta ad evidenziare l’importanza dell’impatto sui territori carsici dell’attività antropica
02 – FERRUCCIO MOSETTI, PAOLA MUSETTI – Sulla carsificazione profonda del carso triestino
Si formula l’ipotesi che l’incarsimento del Carso Triestino sia assai più profondo di quanto finora noto. Vengono indicate alcune prove di tale fatto, legato soprattutto all’abbassamento del livello del mare sia in occasione delle glaciazioni del Quaternario che del più antico (miocenico) prosciugamento del Mediterraneo. L’incarsimento profondo comunque oggi risulta del tutto virtuale alle maggiori profondità perché le acque circolanti hanno depositato CaCO3 specie per effetto termico. In alcuni casi peraltro esso è ancora persistente sotto l’attuale livello del mare, oppure si riconoscono tracce lasciate dall’incarsimento profondo. Si valuta la possibilità di individuare l’entità dell’incarsimento attraverso misure geofisiche e la velocità mediante analisi chimiche delle acque e delle rocce. In base al contenuto attuale in ioni Ca e Mg nelle acque si danno dei giudizi in merito, rilevando che, probabilmente per particolari meccanismi di concentrazione della COg nell’aria tellurica e nell’aria delle cavità (ed anche per il gioco di variazioni termìche), l’incarsimento è più vivace in profondità che non in superficie. Infatti misure dirette dell’attacco chimico su campioni di calcare in superficie, che vengono considerate in alcuni paragoni, danno velocità di incarsimento minori di quelle calcolabili in base al contenuto salino delle acque di circolazione carsica. Si valuta che l’incarsimento, sviluppato sia come erosione della superficie che come “svuotamento” interno, corrisponda ad abbassamenti equivalenti dì 0.064 mm/anno considerando questi due processi; mentre l’erosione superficiale consta semplicemente di un abbassamento del suolo, l’azione interna di dissolvimento dei calcari fa diminuire la densità d’insieme e, specie se l’incarsimento è stato molto approfondito, può aver portato a squilibri di tipo isostatico. Infine, da tutte le misure eseguite sembrerebbe che le dolomie ed i calcari dolomitici non siano meno carsificabili dei semplici calcari, anche se può sembrare esista una minor attaccabilità dei calcari magnesiferi per il minor contenuto di Mg nelle acque sia di circolazione carsica che di dissoluzione di campioni di roccia.
03 – SILVIO POLLI – Proprietà fisiche della sorgente Sgurenca di S. DORLIGO DELLA VALLE (Trieste)
Della sorgente Sgurenca di S. Dorligo della Valle nella Provincia di Trieste si presentano i valori medi mensili ed annui delle temperature e delle portate. Tali valori sono messi in relazione con quelli corrispondenti delle temperature dell’aria e delle precipitazioni di una località vicina alla sorgente e di una sul sovrastante altopiano carsico dal quale deriva l’acqua della sorgente.
04 – FRANCO CUCCHI, FABIO FORTI – Misure di dissoluzione di rocce carbonatiche: le ricerche a Trieste
Si presentano i risultati delle ricerche attualmente in corso sulla dissoluzione delle rocce carbonatiche sul Carso di Trieste e nella Regione Friuli-Venezia Giulia. Le ricerche condotte nel passato e quelle attuali sono sempre eseguite cercando di avvicinarsi al massimo alle condizioni reali: perdita di peso per immersione in acqua piovana, perdita dì peso per esposizione prolungata in campagna agli agenti meteorici, abbassamento di superfici rocciose direttamente sul posto. Risulta un quadro abbastanza preciso dell’entità attuale e reale della dissoluzione per carsismo sul Carso triestino e nella Regione.
05 – ELIO POLLI – Particolari aspetti climatici e botanici del “Pozzo presso Villa Opicina” (156 Vg) nel Carso Triestino
Nella voragine presso Villa Opicina (156 VG) nel Carso di Trieste sono state rinvenute Polystichum aculeatum (L.) Roth., inedito nella zona, ed Actaea spicata L. rara nella stessa. Le due specie sono messe in relazione con il particolare ambiente climatico nel quale sono state rinvenute.
06 – GEORGE PONTA, EMILIAN GASPAR – New tracing experiences with inedta in thè vascau karstic plateau codru moma mountains (Romania)
In un’area la cui complessa morfologia riflette abbastanza bene le caratteristiche litologiche, con rilievi prevalentemente ubicati in corrispondenza di rioliti e di basalti ed un articolato tavolato in cui affiorano diverse formazioni calcaree, numerose ed interessanti sono le forme carsiche superficiali e quelle ipogee. Fra le prime predominano le valli cieche, fra le seconde gli inghiottitoi. Complesso è il reticolo idrogeologico sotterraneo, che drena acque alimentanti numerose sorgenti, alcune delle quali utilizzate a scopi di emungimento civile. I 1100 mm di precipitazione annuale media vengono in buona parte catturati in volumi rocciosi costituiti da formazioni carbonatico-dolomitiche diverse per litologia ed affioranti con carat
teristiche tettoniche variabili. Il regime idrico, e lo sviluppo del carsismo ipogeo, risultano decisa
mente legati alle condizioni litologiche, strutturali e stratigrafiche delle tre aree in cui si è diviso da
punto di vista geologico il tavolato di Vascau. Numerose prove con traccianti effettuate in tempi successivi (con sostanze coloranti ma anche con sostanze radioattive) hanno provato che le principali sorgenti sono alimentate da reticoli ipogei singolarmente articolati ma interdipendenti e comunicanti fra loro almeno verso le zone di risorgiva. Infatti le singole e numerose direzioni di deflusso sono convergenti in alcune sorgenti o gruppi di sorgenti. II regime idrico alle sorgenti indica inoltre come i reticoli ipogei siano ancora in fase giovanile, con fenomeni carsici prevalentemente verticali e relativa diffusione delle acque di base.