VOLUME III – 1963

INDICE GENERALE VOLUME III – 1963

Trieste 1963

HERBERT   P.   WOODWARDUna teoria sulla formazione delle cavità per cattura dei corsi d’acqua

Questa teoria attribuisce la formazione di tutte le cavità al­l’improvviso riassestamento di un determinato sistema di drenaggio, sia per la cattura di un sistema a livello più alto da parte di un sistema a livello più basso, sia per quella di un drenaggio di superficie da parte di una circo­lazione sotterranea. La caratteristica distintiva di questa teoria è che essa associa il processo di formazione delle cavità con la storia dell’adiacente sistema di drenaggio di superficie e che considera una cavità come un feno­meno transitorio (non permanente) nello sviluppo dei corsi d’acqua: un fenomeno della stessa categoria di una cascata, un lago o una gola di un fiume. Questa teoria postula che le cavità si sviluppino in un singolo periodo (non per cicli), benché ci debba essere necessariamente un periodo anteriore alla formazione della caverna, nel quale la roccia madre ha acquistato una incipiente porosità strutturale lungo fessure e fratture. Il meccanimo che da inizio allo sviluppo di una cavità è il formarsi di un flusso rapido all’altezza del livello dell’acqua di fondo : una situazione che non si verifica normal­mente e può essere provocata solo da qualche avvenimento relativamente improvviso. Gli avvenimenti capaci di causarla potrebbero essere: un abbassamento del livello del mare; glaciazioni e scioglimento di ghiacci; cambiamenti climatici di maggior rilievo; accelerazoni o spostamenti di correnti di superficie; oppure lo sfondamento di qualche barriera imper­meabile o di qualche parete di trattenuta. Benché questi avvenimenti determinanti appaiano molto diversi gli uni dagli altri, tutti producono un importante cambiamento nelle caratteristiche del drenaggio di superficie, con conseguente riassestamento, ringiovani­mento, deviazione o cattura dei corsi d’acqua. Per questo motivo la teoria è chiamata «di cattura dei corsi d’acqua».

ANTONIO ALBERTI   –   DARIO STOLFAII carbonato di  calcio nelle grotte

Scopo del presente articolo è di illustrare brevemente un aspetto della mineralogia delle grotte: quello riguardante il carbonato di calcio. E’ noto che la maggior parte degli studi sui minerali delle grotte interessa le forme cristalline del carbonato di calcio: ciò è ovvio, quando si consideri la sua grande diffusione in natura, soprattutto come calcite, in ambienti anche molto diversi. D’altronde numerosi lavori sul carbonato di calcio esulano dagli interessi specifici della speleologia, per cui una breve puntualizzazione sa questo argomento non sembrerà fuor di luogo — tanto più che in Italia gli studi speleologici, anche descrittivi, in genere trascurano — per quel che ci consta — punti importanti quali ad esempio la distinzione sistema­tica fra calcite e aragonite, per non parlare di altri minerali meno comuni. Il riconoscimento di calcite e aragonite è d’altra parte facile: esso, come si vedrà più avanti, può fornire utili indicazioni sull’evoluzione di una carità. Più in generale, facciamo rilevare a questo proposito un fatto che, pur evidente e della massima importanza, forse non viene tenuto sempre pre­sente negli studi di speleogenesi (intendendo con questo termine l’intero processo evolutivo delle cavità) : il fatto cioè che i minerali che si formano nelle grotte sono condizionati da determinati fattori chimico-fisici ambien­tali. Il loro studio ci permette perciò di ottenere utili indicazioni sulle condizioni che ne controllano lo sviluppo, e seguendo questa traccia dovrebbe essere possibile ottenere dati significativi di cui avvalersi nello studio dell’evoluzione delle cavità.

FERRUCCIO   MOSETTII nuovi metodi di studio delle acque sotterranee

Fin dagli albori della civiltà l’idea di poter seguire l’ignoto percorso delle acque che si inabissano nei misteriosi meandri sotterranei deve aver attratto le popolazioni residenti nelle zone carsiche. L’impossibilità pratica di aver informazioni su ciò che avveniva dell’acqua sparita nel sottosuolo, non poteva non eccitare la fantasia degli uomini, creando leggende e super­stizioni.

SERGIO  ANDREOLÒTTI   –   FRANCESCO STRADIL’industria mesolitica della Cavernetta della Trincea in Val Rosandra

Si comunica il rinvenimento di un’industria litica di tradizione paleo­litico superiore nella Cavernetta della Trincea in Val Rosandra (Carso Triestino) e si descrive l’industria stessa che, in base alle caratteristiche tipologiche e alle condizioni di giacitura, si può assegnare al mesolitico car­sico nel senso definito da A. M. Radmilli.

SERGIO ANDREOLOTTl  –  FRANCESCO STRADI – Resti umani dell’Età del Bronzo rinvenuti nel cumulo detritico della Grotta Gigante

La Grotta Gigante nel Carso Triestino è sede di una stazione per la misurazione e registrazione delle maree terrestri sotto la direzione del Prof. Antonio Marussi ( 1 ) dell’ Istituto di Topografia e Geodesia dell’ Università di Trieste. Nell’agosto del 1964, durante i lavori di sbancamento di una parte del cono detritico esistente sul fondo della cavità per ampliare l’area che dovrà accogliere un nuovo gruppo di strumenti di registrazione, è stata messa a nudo una cospicua sezione (circa 11 m. di lunghezza per 3 m. di altezza massima) del cumulo detritico stesso.

PINO   GUIDIIl contributo della Commissione Grotte ,, Eugenio Boegan agli studi speleologici dal 1883 al  1963

Il presente volume, terzo di «Atti e Memorie» della Commissione Grotte «E. Boegan», si riferisce al 1963, anno in cui in tutta Italia si è ricordato solennemente il Centenario del Club Alpino Italiano di cui facciamo parte. Per noi la celebrazione ha avuto un significato se possibile ancora maggiore, poiché ricorreva anche l’ottantesimo anniversario della fondazione della Commissione, primo dei Gruppi Grotte Italiani costituito a norma di Statuto.

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