Ritorno al K 27
Pubblicato sul n. 64 di PROGRESSIONE

Data la vicinanza alla funivia, la zona del Pic Majot è fin dagli anni ‘70 oggetto di un certo interesse dal punto di vista speleologico . A metà degli anni ’80 l’Adriatica individuò ed esplorò’ quelle che, a tutt’oggi, sono le cavità più interessanti: il K7 e il K27 ovvero abisso II del Pic Majot, che raggiunge la discreta profondità di -308 m. Da “gamel” partecipai nel ‘88 alle ultime esplorazioni al K27, rimanevano da vedere alcuni pozzi paralleli nella speranza di bypassare il fondo che chiudeva inesorabilmente in fessure ghiaiose. Le uscite non diedero i risultati sperati e la nostra attenzione si spostò in zone dell’altopiano più lontane ed esotiche, gravide di chissà quali entusiasmanti scoperte. Ben presto la bontà della scelta si palesò con la scoperta dell’abisso “Led Zeppelin”: la possibilità che il “Zeppelin” abbandonasse il nostro versante per sprofondare nei calcari della vicina Slovenia era accattivante, geologicamente la grotta poteva avere un potenziale inarrivabile rispetto alle cavità fino a quel momento conosciute sul lato italiano del massiccio.
Dopo una serie di buoni risultati le attività esplorative al “Zeppelin” subirono una battuta d’arresto, sia per consunzione dei primi esploratori, sia per un’inevitabile cambio generazionale.

(foto L. Marini)
La svolta avvenne a metà degli anni 2000 quando ripresero da parte della CGEB in collaborazione con gli speleologi ungheresi , le punte in profondità’ e nel 2010 venne raggiunta la ragguardevole profondità di -1030 m.
La sorpresa in profondità fu che le gallerie di -1000 m non puntavano sotto gli altopiani sloveni ma piegavano docili verso il fondovalle italiano a Sella Nevea, seguendo in profondità il “Livinal Lunc”, vallecola che incide obliquamente questa parte dell’altopiano del Canin.
Qui ritorna in gioco la zona del Pic Majot, non troppo distante per un tentativo di collegamento con gli ambienti più profondi del “Zeppelin”. A supportare l’ipotesi di una possibile interazione con sistemi più profondi è il fatto che praticamente tutte le cavità di un certo interesse della zona sono percorse nel periodo estivo da forti correnti di aria gelida in uscita e che non esistono ingressi alti nella zona prospiciente , costituita dal triangolo dei rilievi “Pic Majot –Sella Golovec-Punta Medon”, i quali potrebbero alimentare una circolazione di prossimità. La prima grotta presa in considerazione è stata la “Mago Merlino” (esplorata dal GTS nei primissimi anni ‘90), interessante per i massicci volumi d’aria espulsi in estate. Disostruito un cunicolo intasato da una frana, abbiamo sceso una serie di pozzi che conducono ad una faglia impostata in direzione sud-est. Riportata la pianta del rilievo su mappa, risulta evidente che questa frattura è la stessa che genera la forra finale dell’abisso “K27”. Giunti all’ennesima fessura intransitabile alla “Mago Merlino”, la strategia migliore fu quella di riarmare l’abisso K27 per cercare nella zona del meandro terminale, un’eventuale finestra o un bypass sfuggito ai primi esploratori.
Sembra che all’epoca delle prime esplorazioni le zone vicine al fondo non siano state viste con la dovuta attenzione, complici anche gli apparati illuminanti del tempo, inadeguati all’individuazione di finestre distanti dalla verticale di discesa. Il punto più interessante potrebbe essere la sommità della ultima serie di salti a -260 m, alla base dei quali la grotta muta direzione da sud-est in sud-ovest, per chiudere in breve su fessure e riempimenti. Recenti sviluppi (ancora da verificare nei dettagli) indicano che alcune gallerie remote del “Gortani –Col delle Erbe”, attualmente in esplorazione da parte degli speleologi ungheresi, stiano decisamente puntando verso la zona “Prevala-Pic Majot-Bareit”. Qui entriamo nella fanta-speleologia in cui si può anche ipotizzare un’unione tra il “Zeppelin” e il complesso del Col delle Erbe. In questo contesto il K27 ed alcune altre grotte soffianti della zona potrebbero diventare degli interessanti punti d’accesso per la ricerca dei collegamenti o magari essere esse stesse il “trait d’union” tra i due sistemi.

Alla fine degli anni ’90 ipotizzare una probabile congiunzione fra il Col delle Erbe e il Pala Celar-Zeppelin avrebbe suscitato nei presenti scene d’ilarità e scherno attribuendo la scelleratezza dell’eloquio ad una sorta di delirio, probabilmente provocato dall’assunzione di qualche distillato di pessima qualità.
I tempi mutano, le conoscenze aumentano e in una ottica moderna di un pan ipogeo in cui tutti i complessi di un massiccio carsico in un modo o nell’altro collidono, anche la zona del Pic Majot potrebbe assurgere ad un ruolo che fino ad adesso gli è stato precluso.
Lorenzo Marini