Dreaming Buse d’Ajar… Obiettivo raggiunto!
Pubblicato sul n. 64 di PROGRESSIONE
Dovendo raccontare questa storia, mi viene naturale paragonare la speleologia esplorativa ad una staffetta, in cui gli speleo si susseguono e osservando le grotte con occhi diversi riescono, alcune volte, a trovare i passaggi d’accesso ad ambienti fino a quel momento sconosciuti. I protagonisti sono tutti gli speleo di tre generazioni, che si sono susseguiti nelle esplorazioni in Canin e che hanno contribuito a realizzare questo risultato. Era il 1963 quando venne organizzata dalla CGEB la prima spedizione sull’altopiano del Canin, la zona scelta quella del Col delle Erbe, (che va da Sella Bilapec fino alla valle dei Camosci, grande frattura che la divide dal Foran del Mus), l’obiettivo scoprire nuovi abissi e raggiungere il record del -1000 m.
Ma il Canin italiano non è zona con potenzialità di abissi da record di profondità e ben presto rivelò che le grotte che si aprono a quota 1900 m slm , dopo un primo strato di circa 400/500 m in cui sono caratterizzate da pozzi verticali raggiungono una zona in cui l’acqua ha scavato un reticolo di gallerie e meandri. Nella seconda metà degli anni ’80 l’attenzione si spostò più in basso, nella zona di Casera Goriuda a quota 1404 m slm. Venne esplorato il Buse d’Ajar, una grotta a sviluppo prevalentemente orizzontale nella quale confluiscono vari abissi che si aprono nell’altopiano soprastante. Il primo collegamento fu quello con l’abisso Vianello, poi ne vennero scoperti altri e nel 2000 venne trovata la giunzione con il Complesso del col delle Erbe, attraverso l’abisso Venturi “A12”.
Nel frattempo negli anni ’90 venne riscoperta ed esplorata, in zona casera Goriuda una grotta, “Rotule Spezzate”, che da subito sembrò essere il potenziale anello di giunzione tra il complesso del Col delle Erbe e quello del Foran del mus, poiché ha la singolarità di non entrare all’interno del massiccio ma di svilupparsi su più livelli, parallelamente alla val Raccolana. Negli anni in tanti si sono dedicati alle esplorazioni che hanno incrementato lo sviluppo ed hanno trovato dei collegamenti con altre grotte e nuovi ingressi ma rimaneva sempre il sogno di unirla ad almeno uno dei due grandi complessi. Nell’estate 2016 io e Giannetti abbiamo riattrezzato Rotule Spezzate, con la compagnia una volta di Gianchi e un’altra della Pacia, per la via Zlata Picka. A fine settembre siamo saliti da soli per raggiungere il ramo Dreamin Buse D’Ajar poichè dai rilievi sembrava puntare a valle, verso il sifone terminale di Dobra Picka. Una volta raggiunto il ramo siamo rimasti colpiti dall’aria che proveniva dal a monte e abbiamo iniziato a percorrere le condotte che ad un certo punto si trasformano in un cunicolo a tratti fangoso e a tratti dal fondo di ghiaia; abbiamo superato due sifoni di ghiaia e siamo entrati in un tratto di galleria, poi nuovamente ci siamo trovati davanti ad un sifone di ghiaia. L’aria che mi arrivava sulla faccia era tanta , non ci ho pensato due volte e mi sono infilata dentro, mi sono girata, ho allargato il passaggio per far passare anche Gianni e abbiamo proseguito strisciando.
Finalmente la condotta si alza e ci siamo trovati davanti ad un trivio, non vedendo alcun segno di passaggio, abbiamo costruito un ometto e percorso la galleria di destra, dopo una cinquantina di metri ci siamo fermati davanti ad un sprofondamento in meandro, controllata una foto del rilievo ci siamo accorti che non c’era segnato alcun trivio, alcun meandro…, ci trovavamo in esplorazione! Ritornati al trivio abbiamo esplorato le altre condotte, in entrambi i casi, dopo aver percorso parecchi metri ci fermiamo alla partenza di un pozzo, siamo euforici per la scoperta e torniamo verso casa, con la voglia matta di ritornare la, per capire da quale punto in poi abbiamo iniziato l’esplorazione e per scendere quei pozzi. La settimana successiva Gianni era impegnato col soccorso e decido di andare assieme alla Pacia e a Linus in Dreamin Buse d’Ajar per fare il rilievo del ramo col distox. A fine giornata, sormontando il vecchio rilievo a quello nuovo, abbiamo capito che il punto in cui si erano fermati i primi esploratori era il terzo passaggio sifonante di ghiaia.
La curiosità di scendere quei pozzi e vedere come continua la grotta era tanta e siccome le previsioni per il fine settimana successivo erano pessime, io, Gianni ,la Pacia e Cavia prendiamo ferie e saliamo in settimana. Il 12 ottobre, dopo aver percorso tutto il nuovo ramo decidiamo di scendere per primo il pozzo che ci era sembrato più grande e più promettente. Gianni attrezza, inizia a scendere ed una volta arrivato sul fondo dopo circa 40 m grida: «Un cordino! Ho Trovato un Cordino! Siamo in Buse d’Ajar!» Mentre aspettiamo che ci dia il libera per scendere, la Pacia inizia a disegnare, sul fango, il rilievo del Buse d’Ajar e a ipotizzare il punto in cui siamo arrivati. Lei quella grotta la conosce a memoria; è stata lei a volerla aprire ed ad entrarci per prima trent’anni fa. Raggiunto Giannetti nel salone alla base del pozzo, lo sguardo cerca il cordino che è legato ad un chiodo da roccia, messo là, chissà da chi e chissà quando, per scendere in corda doppia un nuovo salto, di circa 20 m, impostato su un specchio di faglia. Dopo le foto di rito iniziamo ad uscire perché non abbiamo più corda.
Nei giorni seguenti, abbiamo consultato i rilievi e i vecchi libri delle relazioni per trovare qualche indizio sul punto della giunzione, sicuramente eravamo arrivati nei rami bassi del Buse d’Ajar, ma dove? Uno dei protagonisti di quelle esplorazioni era stato Sergio Serra che in Progressione 16, nell’articolo Il Sogno del Buon Grottista, aveva scritto di aver «sentito il lamento impercettibile» di un suo cordino abbandonato sopra il sifone terminale del Vianello otto anni prima, segno inequivocabile di giunzione. E se fosse stato lui a lasciare anche il cordino trovato da noi? Lo incontriamo, gli mostriamo le foto e gli raccontiamo del nuovo ramo, del pozzo e del salone con quel chiodo da roccia giallo e quel cordino. Gli chiediamo se è stato lui, “il seminatore di cordini“, a lasciarlo là.
Ma sono passati troppi anni e i ricordi sono confusi, ci dice di aver fatto diverse risalite nei rami bassi del Buse d’Ajar e di aver usato quel tipo di chiodo ma non sa dirci se è stato lui ad arrivare nel salone. Il 22 ottobre siamo risaliti in zona Casera Goriuda, e siamo scesi in Buse D’Ajar, perché nessuno di noi aveva voglia di ritornare a percorrere tutte le condotte di Rotule Spezzate, convinti di riuscire ad individuare il camino da risalire per arrivare in giunzione. Ma una volta riattrezzata la via che dal trivio scende ai rami bassi ci siamo resi conto che il rilievo trovato in catasto non corrispondeva alla realtà e che era quasi impossibile trovare la via giusta. Il 12 novembre saliamo nuovamente, questa volta per non sbagliare ci dividiamo in due squadre e ci armiamo di radioline. Io e Cavia entriamo da Rotule Spezzate mentre Gianni, Pacia, Tom e Battisti scenderanno dal Buse d’Ajar. L’appuntamento radio è previsto dopo circa dopo 4 ore, tempo previsto per ripercorrere tutte le condotte e arrivare nel salone col cordino. Una volta arrivati io e Cavia attrezziamo la partenza del pozzo da 20 m e ci prestiamo a scendere quando sentiamo prima un segnale radio e poi le loro voci. E’ fatta, il collegamento è ufficiale! Il Complesso del Col delle Erbe conta adesso 18 ingressi e uno sviluppo di circa 40 Km. A questo punto io e Cavia usciamo con gli altri per il Buse d’Ajar, ed anche la prima attraversata è fatta! Non ci resta che festeggiare in casera.
Nei mesi successivi siamo tornati nel ramo che collega Rotule Spezzate al Buse D’Ajar, abbiamo eseguito il rilievo ed esplorato nuovi rami che al momento attuale sono ancora in fase di esplorazione. Senza fare nomi per non dimenticare nessuno faccio i complimenti a tutti coloro che in questi anni hanno in ogni modo contribuito a realizzare questo risultato.
Cristina Michieli
Partecipanti: Cristina Michieli, Gianni Cergol, Marco Sticotti, Patrizia Squassino, Tom Kravanja, Gianmaria Valeri CGEB; Giancarlo Zanetti Gruppo Grotte Trevisiol (CAI VI)