Campagna di scavi alla 87 VG

CAMPAGNA DI SCAVI ALLA 87 VG, ALIAS GROTTA PRESSO IL CASELLO FERROVIARIO DI FERNETTI (10A PUNTATA)

Sezione 87 VG. (dis. R. Prelli)

Pubblicato sul n. 63 di Progressione anno 2016

Giusto quel tanto per tediarvi un po’, amici lettori, non vi è mai venuto nella mente quanti fatti passati e recenti sono legati alla cifra 10 e ai suoi derivati numerici come decimo e decima? Voglio elencare qualche esempio ben sapendo che ne esisteranno senza dubbio molti altri. In letteratura: – “Dieci piccoli indiani” di Agata Christie (1890-1976), giallista di fama mondiale; “Il decimo fratello (Deseti brat)” di Josip Jurcic (1844-1881), autore del primo romanzo sloveno; nella storia: “Decima Legio” di Giulio Cesare (100 a.C. – 44 a.C.), sicuramente impiegata nella conquista della Gallia. Poi per vari motivi fu sciolta e quindi nuovamente formata confluì nella “Decima Gemina” e indi nella “Decima Regio” di Ottaviano Augusto (63 a.C. – 14 d.C.); “Decima Mas”, comandata dal principe J. Valerio Borghese (1906-1974), agguerrita forza armata della Repubblica di Salò. Combatté contro tutti quelli che le pestavano i piedi negli ultimi scorci dell’ultimo conflitto mondiale; il “10 giugno 1924” veniva assassinato il deputato socialista Giacomo Matteotti (1885-1924); il “10 giugno 1940” l’Italia è entrata in guerra contro le “plutocrazie occidentali”; il “10 luglio 1943” le truppe Alleate sono sbarcate sule coste siciliane, sul famoso bagnasciuga di mussoliniana memoria. Come potrei non menzionare i Dieci divini comandamenti e le mitiche dieci piaghe capitate tra capo e collo agli egiziani per convincere il faraone a lasciare liberi gli Ebrei di partire dal Paese, guidati dal biblico Mosè alla volta della “terra promessa dove scorreva il latte e il miele”? Fuori causa: il 10 maggio 1910 è nato mio padre. Mi ha avvicinato al mondo delle grotte, fin dalla mia prima infanzia. * * * Dopo averla tirata un po’ per le lunghe questa caterva di dieci, ora ve ne dirò il motivo. Noi, ormai vetusti componenti della vetusta “Squadra Scavi” della Commissione Grotte, abbiamo festeggiato (si fa per dire) il nostro decimo anniversario concernente i lavori svolti nella 87 V.G., con lo scopo di poter raggiungere il Timavo sotterraneo dopo aver superato un dislivello di 300 e passa metri. Per descrivere le opere eseguite in questa cavità non basterebbe un dizionario – le notizie sui lavori colà effettuati si possono attingere nei precedenti numeri di Progressione – perciò, non volendo continuare ad annoiare i lettori mi limiterò a rendere noti i fatti, diciamo odierni, più significativi. Dai 130 metri raggiunti a fine 2014 siamo passati nel 2015 ai 140 aprendo un incrocio di fratture, allargando una diaclasi decimetrica e scavando un cunicolo sboccante in un vano angusto sormontato da un camino. Era giunto il 2016 e con il cambio dell’anno c’è stato anche un cambio di morfologia: aperto sacramentando un’ulteriore stretto passaggio finalmente un pozzo vero, una decina di metri scarsi, ma bello ampio. Sul suo fondo una piccola piena del Timavo ci indicava la fessura da aprire, tre metri di cunicolo ed ecco un pozzo in cui lo stillicidio non permette di capire quanto sia fondo: sono quaranta metri, molto bagnati (il P. 40 è così diventato il “Pozzo Bagnato”), seguiti da un salto di cinque, uno di otto, un altro di quattro ed infine il P. 22. Evidentemente, come dice l’adagio “fare pena ai sassi”, il calcare col quale eravamo in guerra da nove anni si è impietosito di noi diventando meno “fetente”, più malleabile alla percossa rendendo in tale maniera i lavori di sbancamento abbastanza celeri, cosa che ci ha permesso di intercettare le prosecuzioni finalmente rappresentate da pozzi ampi, relativamente profondi e molto ben concrezionati, interessati da un notevole stillicidio. In base alle misurazioni fatte siamo pervenuti ad una profondità di m 232 sotto il livello di campagna. Non manca poi molto per potersi bagnare i piedi nel Timavo o chi per lui. Però, come ben si sa, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, ossia quel dislivello metrico ancora da superare.

Considerando il fatto che il Diavolo fa le pentole e non i coperchi, quel dislivello sembra foriero di altri lavori non proprio riposanti. Una curiosità da segnalare: le pareti degli ultimi pozzi scesi, e specialmente quelle del P. 22 terminale, sono ricoperte da una patina di fanghiglia, a grana molto fine, di colore grigio scuro, per la quale sono state espresse due versioni differenti, la prima, la più ovvia, dice che la patina è pervenuta dall’esterno convogliata dalle acque di infiltrazione. La seconda, molto più ghiotta, dice che la patina è un deposito abbandonato dalle acque sotterranee risalenti lungo le pareti dei pozzi durante le loro piene. La presenza in tale patina di fine sabbia quarzosa dovrebbe dar ragione alla seconda versione. Siamo ancora vincolati dalle ipotesi per cui l’ultima parola non è detta. Per la possibilità di scoprire altre prosecuzioni, sicuramente verticali, si dovrà analizzare accuratamente il fondo del P. 22, le sue pareti per individuare probabili finestre, e un pozzetto laterale sito qualche decametro più in alto nel quale vengono inghiottite le abbondanti acque di percolazione. Scrivendo queste righe per informare chi legge delle “eccelse profondità” nella 87 V.G. ottenute, farò sorgere un sorrisetto di scherno sulla bocca di molti speleologi avvezzi ad abissi incommensurabili. Sappiano però che conquistare un meno 100 sul Carso triestino è paragonabile a un meno 500 sull’acrocoro del Canin e zone similari. Ai lavori di scavo, alle esplorazioni e all’attrezzamento dei nuovi tratti con scale fisse hanno contribuito (qualcuno con costanza, qualcun altro meno) Aldo Fedel, Andrea Miglia, Bosco Natale Bone, Fabio Feresin, Federico Deponte, Furio Carini, Giuliano Carini, Glauco Savi, Lucio Comello, Luca Sergas, Paolo Toffanin, Pino Guidi, Riccardo Corazzi, Roberto Prelli, Savio Spartaco, Silvia Foschiatti. Concludendo: considerata la mia età e quella dei più vecchi componenti della “Squadra scavi”, vedo in noi tanti Mosè. Nonostante le fatiche spese in questo lungo lasso di tempo – 10 anni, oltre 500 giornate di lavoro – e la caparbia volontà dimostrata nella cavità di cui stiamo parlando, come Mosè, appunto, forse non vedremo la “terra promessa (per noi il Timavo) dove scorrono …

Bosco Natale Bone