MAURIZIO GLAVINA – GLAVU 1959-2015
All’inizio di luglio il mondo della speleologia triestina, e non solo quello, hanno perso un loro illustre membro, stimato e noto ben oltre i confini regionali e nazionali. Appassionato e competente esploratore e scopritore di importanti cavità, generoso di sé come istruttore CGEB, come membro del CNSAS e come socio del Gruppo Vulkan di mountain bike, lascia un ricordo indelebile e una preziosa eredità.
Sono stati in molti, in moltissimi a salutarlo commossi e attoniti in una bella giornata di vento e di sole. A nome di tutti noi ancora una volta: grazie Glavu.
LA VITA
Maurizio Glavina nasce a Trieste il 9 giugno 1959, ultimo di quattro fratelli. Non conosce il padre, che muore pochi mesi prima della sua nascita. Abbandona precocemente gli studi per andare a lavorare. Dopo svariati impieghi, dal 1984 è magazziniere in una Cooperativa a servizio della Duke Grandi Marche, che chiude i battenti nel luglio 2012.
Durante il Corso sezionale di Speleologia della CGEB nel 1988 conosce Roberta, che diventa sua moglie nel settembre 1994. La sorella di Roberta, Caterina, si lega nel 2000 a Lucio Comello, caro amico e già da tempo compagno di molte avventure speleologiche con Maurizio. Resta legato alla famiglia di origine, in particolare alla sorella Luciana ed alla madre Maria, di salute inferma, di cui si occupa fino alla morte di lei nel settembre 2008; così anche è sempre presente nel 2012 quando accompagna con affetto nell’ultimo periodo di vita il fratello Nino. Nell’autunno del 2014 inizia a frequentare il Centro provinciale per l’istruzione per adulti presso la Scuola media Manzoni, per ottenere il diploma di licenza media, che consegue con ottima valutazione alla fine del maggio 2015; sostiene l’esame orale il giorno stesso in cui deve recarsi al pronto soccorso per un insistente malore.
Roberta lo sostiene con tanto amore, aiutata da familiari e da amici, nel decorso rapido della malattia che il 6 luglio 2015 lo fa addormentare per l’ultima volta.
Nel cuore di Roberta resterà sempre impresso il largo sorriso di Maurizio quando, durante la compilazione della cartella clinica, all’infermiera che gli chiede il titolo di studio: “Licenza media!” dice con gli occhi brillanti di felicità e soddisfazione.
LE ATTIVITÀ
A 13 anni entra nel mondo della speleologia, che diventa la sua passione per tutta la vita. Incontra, prima nel Gruppo Speleologico S. Luigi e poi nella Società Adriatica di Speleologia, alcuni dei suoi più grandi amici.
Nel 1983 diventa socio della Società Alpina delle Giulie e nel 1984 della Commissione Grotte Eugenio Boegan, dove è anche istrut-tore nei corsi di speleologia e per più mandati membro del consiglio direttivo.
Annota con metodo e precisione in grandi quaderni ogni uscita speleologica, dal 24 giugno 1974 al 20 novembre 2014. Le uscite censite sono 388. Oltre a dati tecnici, ai nomi dei partecipanti e alla relazione sull’uscita, riporta volta per volta nei primi anni anche due voci: danni al gruppo e danni alla grotta.
Dal 1979 al 2014 fa parte del Soccorso Speleologico.
Dal 2003 fa parte del gruppo Vulkan di mountain bike della SAG.
Una tale mole di attività, in regione (nel Carso triestino, in Canin, in Carnia), in tutta Italia, e all’estero, (in Spagna, Messico, Francia, Slovenia, Galles, Croazia, Albania), sarà sicuramente ricordata e analizzata in futuro; Glavu era particolarmente orgoglioso di leggere il suo nome in una pubblicazione di livello internazionale come l’Atlas des grandes cavités mondiales.
Adesso sembra bello rivederlo attraverso i ricordi di amici e familiari.
Roberta e Caterina Soldà
RICORDI
Date parole al vostro dolore:
il dolore che non parla
sussurra al cuore sovraccarico,
e gli ordina di spezzarsi.
William Shakespeare, Macbeth
UN PENSIERO PER GLAVU
Pensando ai bei ricordi degli anni passati cercherò di raccontare un po’ l’attività di Maurizio da quando l’ho conosciuto nel ’78 in Adriatica. Inizio della mia speleologia, sviluppo della sua dopo il periodo transitorio della “Nabresenza”, risposta spontanea “alla triestina” della “frontiera da immaginare” di gobettiana memoria. Anni di cambiamenti: piano piano le scalette cedettero alla tecnica su sola corda. In quegli anni in Adriatica si tirava abbastanza la cinghia in fatto di contributi e materiali per cui ci si accontentava di poco pur di far speleologia. In ogni caso lui era il promotore di tutte le attività e con scherzosa deferenza fu soprannominato “DDT Glavina” ovvero il direttore tecnico che aveva voce in capitolo su tutto. Noi gamei si obbediva volentieri perché con lui era tutto scanzonato e bastava fare con coscienza il proprio dovere e tutto filava liscio. L’andar in grotta era un piacere anche se i mezzi erano pochi, già dormire in casetta a Trebiciano era una pacchia per noi al sabato sera, come il dormire in tenda fuori da qualche grotta da scendere poi la domenica mattina. Vista la scarsità di soldi e mezzi il raggio d’azione era limitato e l’andare in Canin assumeva i connotati di una vera spedizione; difatti giunti a Chiusaforte non restava che camminare sperando in qualche passaggio al volo – sennò tutti a piedi fino al Gilberti ed oltre. Il primo campo organizzato in zona K7 fu alquanto spartano: un sacco di grotta pieno di scatolette da dividere in quattro per una settimana; unico stravizio una birra giù a Nevea il mercoledì sera, facendosi ovviamente tutto il percorso a piedi in giù e poi di nuovo in su. Ma con Maurizio e il suo modo di fare scanzonato e un po’ burbero, severo ma giusto, tutto sembrava più semplice e “avanti alla gnanca pel cul”.
Sono tante le storie da raccontare, come la gita al Corchia tutta in treno e autostop con una serie incredibile di contrattempi contro cui ci venne in aiuto una sorte benigna che ci permise di prender l’ultimo treno utile veramente all’ultimo minuto.
Maurizio era molto meticoloso e preciso sia nella gestione del magazzino come nella stesura dei rilievi, sempre col cichin in bocca e una birra a portata di mano, “attrezzi” che lo avrebbero accompagnato sempre negli anni, facendo parte integrante del suo personaggio.
Un personaggio, arrivata l’epoca motorizzata anche per noi, che vedevi piombare il sabato mattina a ore antelucane in piazza Oberdan, con la musica dei Blues Brothers a manetta, pronto a caricare sul suo vecchio Peugeot il resto della truppa.
Inossidabile era l’amicizia con il buon Lazzaro, altro pilastro dell’Adriatica di quegli anni.
Canin, tanto Canin d’estate e d’inverno ad imparar cosa fosse una piena o una bufera di neve, botte di freddo paurose e tanta fatica, ma lui sempre avanti a tutto il nostro gruppo infondendo sicurezza con il solito “Grinta gamei!”
Dura scuola di vita quel tipo di speleologia che sarebbe poi risultata molto utile negli anni a seguire, quando chi prima e chi dopo entrammo a far parte della CGEB. Un po’ ognuno per la sua strada in fatto di esplorazioni e lui scelse la sua area bella comoda: un cerchio perfetto attorno al Rifugio Gilberti che fece sorridere i malignasi.
I risultati, notevoli, non tardarono ad arrivare, concretizzandosi con la scoperta degli abissi Paolo Fonda, Sisma e Laricetto.
Per non parlar poi delle avventure in Messico nel ’86, altra spedizione zinco e piombo dove Glavu partecipò con il sottoscritto, Mario, Elio, Tullio, Mauro e Guido. Tanti aneddoti, ma il più tragicomico fu che Glavu scoprì di non riuscir a sopportare il gusto delle tortillas di mais (praticamente l’unico “pane” reperibile in Messico) per cui girava sempre con noncuranza per tutti i locali con un pacco di pan carré ( il “Pan Bimbo” per chi lo volesse assaggiare … ). Se ne combinarono davvero di tutti i colori, incontrando personaggi locali che sembravano usciti da un film di Quentin Tarantino.
II nostro congenito far da triestini patochi all’estero ce la fece sempre passar liscia e giù a rider e bere tequila anche con ceffi, questi, che sembravano usciti dai fumetti di Tex d’annata.
Manovre interminabili con il soccorso, armi e disarmi epici per fatica e quantità di sacchi, giri incredibili come l’invernale al Grelele dove lo accompagnò anche Roberta, l’amore della sua vita.
Tanto, tanto da raccontare: Maurizio era sempre un personaggio positivo, onesto e privo di peli sulla lingua, pronto ad aiutare ma pure ad incazzarsi con chi fazeva el mona per no pagar el dazio.
Passati tanti anni in grotta alcuni di noi cominciarono ad andar in bici entrando a far parte del Gruppo Vulkan, altra fucina d’idee e giri incredibili all’insegna della goliardia ciclistica più genuina.
Pedala e pedala si giunse a questo maggio quando mi rivelò quello che non mi sarei aspettato mai di sapere.
Tristezza immensa da diluire, pensare che chi prima e chi dopo saremo lassù a far incazzar San Piero, magari per aver insegnato ai cherubini il repertorio di canzoni speleo più scurrili. Avanti e mai molar! Ciao,
socio CGEB e Vulkan, amico e compagno di imprese sportive di tutta una vita
Fox – Paolo Pezzolato
MAURIZIO GLAVINA
E’ stato socio della Commissione dal 1985 al 2015
“No xe cosa dir.
Te me gà insegnado ti ad andar in grota con Lazzaro. Deso se lasù e vè la ridè , el vostro camin qua in tera xe finì. Co sarà, se troveremo de novo tuti e sarà de novo likof. Pianzer no servi (so che xe dificile) ma ricordar bisogna…”
Ricordare un’amico fa sempre piacere anche se la circostanza è triste,
molto triste. Glavu l’ho conosciuto in ”Adriatica” quando da “gamel” entrai nel
mondo della speleologia. Era sicuramente un personaggio sopra le righe come tutti i componenti della “Nabresenza”, misteriosa entità per noi allievi del corso, come poteva essere Atlantide o le giungle di salgariana memoria.
Sicuramente un personaggio particolare, severo ma giusto, da osservare con deferenza mentre ti insegnava ad arrotolare le scalette con l’immancabile sigaretta sulle labbra. Il magazzino era il feudo di tutta la banda e lui il sovrano, domenica dopo domenica, grotta dopo grotta l’amicizia si consolidò in un turbine di vicende, esplorazioni e scherzi tremendi bastanti per riempire un’enciclopedia .
La rivalità con la CGEB era una cosa endemica, quasi da barzelletta, ma queste erano le regole della speleologia triestina, tutti contro tutti a parte i likoff e il soccorso…e comunque poi ci si trovava in piazza Unità e le etichette societarie sparivano. Val la pena ricordare la generosità smisurata di Glavu in occasione della giunzione “NOGLAR-LA VAL”. Lui con Mighel e Jocia entrarono ad armare LA VAL mentre tutto il resto della banda, entrando dal NOGLAR, metteva giù una serie di doppie un po’ a scatola chiusa per raggiungere il fondo de LA VAL. Dopo una o due calate trovammo i chiodi delle risalite di Tullio e Orso Papponcio e così l’euforia salì, giunzione fatta e la soddisfazione “de gaverghela cazada a quei cagoni della Comision “. Ma il bello doveva appena iniziare…sul fondo scoprimmo che LA VAL era stata disarmata dai nostri amici non troppo pazienti e che cominciava a montare una piena epocale. Sergio Dambrosi, ”der president”, era fuori e grazie a una comunicazione radio alquanto fortunosa fu messo al corrente di ciò che stava succedendo. La tempesta montava, e i 2 più giovani fradici e stanchi videro un Glavu sprezzante che accesosi la solita sigaretta alla “Janez de Gobera”, senza pensarci due volte, prese il materiale e da solo rientrò a riarmare la grotta per farci uscire. Un’epica lotta con il tempo da vincere ad ogni costo, inseguito dalla piena per raggiungerci in tempo! Tutto andò per il meglio e gli ultimi passarono il passaggio sifonante praticamente in apnea! Senza il suo generoso aiuto le cose avrebbero preso tutta un’altra piega…
Oramai la domenica era finita, bevuta di rito e stravolti di fatica tutti a casa. Andavo ancora a scuola e arrivarci il lunedì fu duretta! Poi gli anni passarono e ci ritrovammo tutti in CGEB, tante storie, impossibile raccontarle tutte ma sicuramente due meritano ancora da ricordare ovvero di come, con spirito “de muloni de grota”, partimmo un venerdì pomeriggio da Trieste per andare a fare il Berger in Alta Savoia: viaggio a parte, 28 ore per armo, fondo e disarmo e rientro allucinante a Trieste per tornare a lavorare. Glavu ovviamente si distinte per la grinta e la resistenza titanica noncurante di un bagno imprevisto a -500. Assieme a lui lo scrivente, Tullietto Blokko , Stefanin e il gruppo Mokka (Vasco e Bobo Benedetti ).
Da ricordare anche Pasqua 1983, complesso Queto-Coventosa nei Paesi Baschi – Pirenei Spagnoli.
Eravamo Glavu, io, Lazzaro, Paponcio e la Pacia col vecchio 132 imprestato da Caio Falisca.
Gita epica con piena da disgelo, io e Lazzaro come naufraghi in mezzo a laghi ignoti arrivammo ad uscire fuori dalla risorgiva e chiedere alla Guardia Civil un canotto per tornar dentro a recuperare i altri tre.
Era la domenica de Pasqua e tutti i negozi chiusi, morale della fiaba esce fuori un casino internazionale con titoloni ufo sui giornali.
Tutto questo perché il capo del soccorso spagnolo aveva capito benissimo che era solo questione d’attesa e poi i laghi interni si fossero asciugati da soli, sapeva perfettamente che non sussisteva pericolo de vita, ma da buono stronzo opportunista voleva cavalcare la storia per farsi un po’ di pubblicità a gratis.
Insomma, mancò poco che a me e Lazzy ci arrestassero per impedirci di tornare dentro…filammo dentro lo stesso dribblando al buio i poliziotti spagnoli, giocandocela in complicità coi i ragazzi del soccorso spagnoli e andammo a prenderli…loro erano tranquilli, mancavano solo che cicche!
Tornammo tutti fuori…c’era la TV spagnola ad attenderci…bloccano Glavu e lo intervistano e lui, in perfetto dialetto triestino, risponde in diretta: “Deme na bira e un cichin altro no me servi !”
Solo per questo dovrebbe entrare nella leggenda!
Bei tempi. Poi arrivò l’era delle mountain bike ma qua si esce dal palcoscenico speleo.
E adesso avanti con serenità, anche se non sarà facile.
Ciao a tutti e un’ abbraccio forte a Roberta.
Fox ( Paolo Pezzolato )
CARO MAURIZIO, CARO GLAVU
Siamo in tanti qui per salutarti e ognuno di noi ha nel cuore tante cose di te che vorrebbe raccontare. Molti di noi ricordano la tua forza, il tuo coraggio e tua flemma “very british” in situazioni di pericolo, la tua assoluta affidabilità, la tua pazienza, la tua generosità, la tua bontà. La tua capacità e il tuo bisogno di stare con gli altri per fare cose belle e faticose: per portare soccorso, per esplorare con curiosità e competenza tecnica il cuore nascosto della terra, per pedalare con tenacia fino a raggiungere risultati speciali.
Per concludere gli esami di terza media con onore e con la febbre appena alla fine di questo maggio e andare subito dopo al pronto soccorso.
Così sei stato tu.
Eri anche attento a non mostrare le tue profonde ferite, a nascondere la tua fragilità che vedevamo ma a cui non lasciavi che facessimo una carezza, proprio come la tua tartaruga Uga che viene incontro festante ma ha la pelle e la corazza dure.
Il tuo dolore era una abisso troppo profondo da esplorare, una pedalata troppo lunga per il tuo cuore.
Tu di certo ci hai già perdonati se per questo, per non essere riusciti ad aiutarti come avremmo voluto, ci siamo arrabbiati con te.
Noi ti perdoniamo adesso per averci fatto arrabbiare.
Hai avuto cura di tua madre e di tuo fratello, hai amato tua sorella e la sua famiglia.
Hai amato tua moglie e la tua famiglia acquisita.
Sei stato in mille occasioni a festeggiare la vita con i tuoi amici compagni di avventure.
Per questo e molto altro noi ti ringraziamo.
Ciao fratello, amico, marito, cognato, papà di due gattine, di una tartaruga e di due cagnette.
Ci mancherai tanto.
Tu che sei arrivato lì prima di noi, ora sorridente e libero dal dolore, e forse con un altro cicchino tra le labbra, con pazienza ci guardi e ci aspetti.
“No xe furia.”
Stai bene, caro.
Di certo adesso stai bene.
Ogni bene e tante benedizioni.
Ciò che si pianta bene non viene estirpato.
Ciò che si abbraccia bene non viene sottratto.
Questo saluto a Maurizio (Glavu) è stato letto durante la cerimonia funebre il 9 luglio 2015. Lo ha scritto sua cognata Caterina
MORIRE È PRECEDERE
Prendo a prestito il titolo di un racconto di Toni Klingendrath per ricordare un amico. Non ho dovuto cercare la foto, è là come sempre davanti ai libri sugli scaffali, mi segue da anni tra spostamenti e traslochi.
Siamo in quattro Jure, Antonio Klun, Glavu ed io, sorridiamo prima di entrare in Skilan per una giornata di ricerca e lavoro. Glavu ed Antonio avanti per trovare prosecuzioni e passaggi, Jure ed io provvisti di trapano, klanfe e benzina per rendere più veloce e facile avanzare con il materiale nelle prossime esplorazioni. Sorridiamo tutti e quattro, sarà una bella giornata da passare in grotta.
Oggi vedo la foto, ma è diversa. Con l’immagine di Glavu giovane e sorridente tornano i ricordi di una bella stagione di vita, quando tanto se non tutto girava intorno alla grotta e all’amicizia. In quell’immagine c’è la dolcezza che difficilmente si vedeva quando con birra in una mano e sigaretta nell’altra, faceva battute pungenti guardandoti di traverso, come solo lui sapeva fare.
Una stoccata me la lanciò ai Cristalli, in un’uscita alla caccia dei sogni del “maestro del vento”, dove tra volute di fumo che inseguivamo con il naso per aria mi apostrofò “ma cossa te se ga messo tracciante per grotte?” facendomi vergognare della eccessiva dose di profumo che mi ero spruzzata quella mattina. Da quella volta ho cercato di evitare i profumi eccessivi, ma la frase è rimasta. Ogni qual volta incrocio scie profumate penso al tracciante per grotte e sorrido.
Ma sono stati più i gesti gentili che non le punzecchiature, o forse considerato che le battute erano sempre a causa di qualche mia leggerezza, preferisco non rispolverare vecchie speleopapere da grottista attempata. Quando con dieci centimetri di fango sotto gli stivali scivolavo nei passaggi si prendeva il mio sacco, ribadendo che non l’avrebbe portato fuori ma ritornandomelo ben dopo il passaggio, spesso fino alle risalite in corda dove tutto era più facile.
O quando in Grotta Impossibile mi indicava i passaggi meno atletici “pasa de soto che te son magra e te rivi” evitandomi goffaggini e lentezze. Non voglio fare un elenco, ma un’ultima immagine, quando chiesi di partecipare ad un’uscita di Glavu e Ragno, che a caccia di una nuova grotta da visitare, decisero di scendere la VG 1, permettendomi di condividere la gita.
Scesi nell’imbuto di una discarica che proseguiva in un pozzetto, con Glavu avanti ad armare, io dietro e Ragno a chiudere, con incontrollabile entusiasmo e poco discernimento, una volta sentita la corda leggera, mollo il frazionamento, scendo e arrivo sul casco di Glavu. Va avanti? Chiesi. Assurda ed inutile domanda vista la situazione. “dove te vol che vadi, gira i tresi e torna su” frase lapidaria ma efficace, seguita da“monta su de mi che te fa prima” evitandomi equilibrismi.
Ragno, sopra, rideva. Ancora adesso non so se tutta l’uscita non fosse stata una burla nei miei confronti.
Manuela Vassallo, socia CGEB e amica
SPELEO PER CASO
Sono in crisi di panico, appesa sull’orlo della cava di Zolla. Maurizio è vicino a me. Forse sta fumando. Una voce un po’ agitata mi arriva dall’alto: mi dice di respirare piano e a fondo.
Di lato lui respira – forse – nicotina e con pazienza mi fa arrivare brevi frasi intervallate da silenzi di pace. La pace arriva e riesco a calarmi con lui vicino. Semplicissimo. È domenica 22 ottobre 2000, il mio ultimo tentativo di riprendere ad andare in corda. Martedì muore papà e la mia vita prende altre vie. Tutto è cominciato nel 1988 con la laurea di Roberta. Argomento della tesi la vita riproduttiva dei bacoli de grota, come dicevamo tra di noi. Poi lei fa il corso speleo, conosce Maurizio, si piacciono, si pigliano per tutta la vita. Si sposano nel settembre 1994, io sono testimone della sposa, Adriano Ragno dello sposo.
Con Ragno ballo sfrenati valzer a qualche capodanno nella sede dell’Alpina; ho ballato pure un lento con Lazzi. Maurizio alle feste non amava ballare, ma il posto di disc jockey era sempre suo. È stata Roberta a convincermi, credo. Maurizio non insisteva mai. Nel febbraio 1993 partecipo al corso di speleologia. Non sapevo davvero come mi sarei potuta trovare là sotto. Mi regala lezioni private in cava a Zolla sulla paretina piccola. Maurizio vicino a me tranquillo e a suo agio nel suo elemento di istruttore. Scopro che è bello stare appesi, soprattutto scendere dondolando legata alla corda, saltellando con i piedi che si danno brevi spinte quando incontrano la roccia.
Poi finalmente sottoterra In un momento di pausa, con gli altri intorno che parlano, mi sento in perfetto contatto con me stessa, provo una serenità che fuori è così rara. Si sta in compagnia e si è perfettamente soli, ci si muove concentrati su ciò che si fa, ci si aiuta, ci si aspetta. Lì sotto, al chiuso e al buio illuminato da piccole calde luci, si è più aperti. Credo allora di capire almeno un motivo per cui vale la pena di faticare tanto, di sporcarsi, di rinunciare all’aria aperta e alla luce del sole: è la magia del contatto con lo spirito femminile della terra. E comincio anche a capirlo un po’ di più il mio cognato alto e forte, calmo e paziente, che si illumina a parlare di grotte – quando non può starci dentro. Uscendo da un buso, forse il primo che ho fatto, imito Maurizio e salgo col cicchino tra le labbra.
Il 9 giugno 2000 compro una bottiglia di Jack Daniel’s e mi presento al likof nel bunker a Borgo Grotta; si fa festa per i compleanni di alcuni Gemelli: Maurizio, Ragno, Antonio Klun e forse qualche altro. Così conosco Lucio Comello; ci piacciamo, ci pigliamo. Il figlio piccolo di Lucio, Stefano, mi sfida: “Scommetto che non hai coraggio di farlo.” E allora mi pare di doverlo fare. Con gli adolescenti è facile perdere la faccia.
È il 15 agosto 2000, calata in Grotta Gigante. Pronta con l’imbrago su quella specie di trampolino in alto guardo giù le luci nel buio vasto. Non sono per niente convinta di farcela. Arriva Maurizio e fischiettando fa le cose che si devono fare, oscilla appena davanti a me e io mi affido a lui con assoluta sicurezza. Mi calo guardandomi intorno con immenso piacere, agganciata alla sua longe in vita. Non lo avrei potuto fare con nessun altro. Da me, per tutti quelli che sottoterra si sono affidati a te e ce l’hanno fatta, grazie Maurizio, grazie Glavu.
Alla prossima,
Cati – Caterina Soldà, sua cognata
RITORNO ALL…IMPOSSIBILE!
Domenica 18 novembre 2012, in occasione di un giro (tranquillo) organizzato da Lucio Comello alla Grotta Impossibile, ho assaporato dopo tanto tempo quell’ “odore di grotta” che tanto mi piaceva negli anni passati, quando seguivo spesso Maurizio in qualche escursione, esplorativa per lui, in grotte più o meno. possibili per me, e ai Corsi sezionali di speleologia come istruttrice ausiliaria. Mi sono infilata in una sua tuta di color giallo canarino, un po’ oversize ovviamente, nell’imbrago opportunamente allargato… e poi giù, con Glavu che mi seguiva, sempre fido protettore.
La calata lungo le scale fisse dell’ingresso Arva 2 è stata una sorpresa: mi sono ritrovata indietro negli anni con addosso un’euforia che credevo perduta. Visto che siamo entrati per ultimi, ritrovarmi da sola con Glavu nel mondo sotterraneo mi ha “sparata” direttamente indietro agli anni ’90, quando ero ancora speleologicamente un po’ attiva, e ho sentito nuovamente quello stesso “imborezzamento” d’allora. Incredibile: essere di nuovo a contatto con le profondità della terra mi ha resa improvvisamente consapevole di quanto sia importante e di quanta energia si può ricevere stando con i piedi ben piantati al suolo.
L’assistenza tecnica di Glavu lungo le scale fisse mi ha riportata con i ricordi al “mio” Corso di speleologia del 1988 con la CGEB: “stà ‘tenta, tira via el moscheton…. meti su quel altro…speta, go fato za mi..e poi “meti un piedin qua e una manina là”… peccato che io non ce la facevo proprio essendo parecchio più bassa di lui: “maledeti i nani…” si diceva scherzando allora.
Il mio primo giro alla Grotta Impossibile lo aveva organizzato Glavu nell’ambito di una gita “non pedalante” con alcuni soci del Gruppo Vulkan di mountain bike dell’Alpina. Giornata davvero speciale per quelli che non erano mai stati in una grotta non turistica, e altrettanto particolare per chi, da “vecchio” speleologo, ha potuto visitare le immensità dell’Impossibile, entrando comunque comodamente dall’ingresso della galleria autostradale ancora in fase di costruzione. Glavu in quegli anni ha organizzato anche, tra le altre, una visita meravigliosa alla Grotta Gualtiero Savi, sempre con componenti “vulkanici”, e sempre con un grande successo.
CON IL GRUPPO VULKAN
Nei primi anni 2000 cominciammo anche noi ad andare in bici, come stavano facendo tanti amici degli ambienti speleologici e alpinistici. Alle prime armi e con due mountain bike solo di nome…non proprio di fatto…ci facevamo qualche giro sul Carso, finché non siamo stati invitati a far parte del neocostituito Gruppo Vulkan. Nel 2003 il Gruppo è entrato a far parte della Società Alpina delle Giulie e Glavu ed io, allora, siamo stati tra i soci fondatori. Lui poi è diventato un apprezzato membro del Consiglio direttivo ed era instancabile ed entusiasta nell’organizzazione logistica di manifestazioni quali la Lanaro Granfondo e la Grembanbike. Tra impegni logistici e pedalate più o meno impegnative con la sottoscritta, Glavu ha quindi cominciato a partecipare con enorme soddisfazione a cicloescursioni importanti come la Trieste-Praga e la Trieste-Zagabria, per non parlare della traversata adriatica Trieste-Isto a bordo dell’Ordegno, imbarcazione a pedali da competizione, realizzata presso l’Università di Trieste dal Waterbike Team. Nel 2012 ha vinto il I Word Record di percorrenza sulle 24 ore, con cambio equipaggio, svolto presso il Bacino S.Giusto davanti a piazza Unità, nel corso della manifestazione che celebrava il ventennale dell’Ordegno. Il 2° Word Record di percorrenza sulle 24 ore con cambio equipaggio lo ha vinto presso il lago Weissensee, in Austria, nel 2013. Nell’aprile scorso, presso stesso lago, Glavu si è prodigato sempre in modo eccezionale come logistico per la conquista di un nuovo record dell’Ordegno, Guinness dei Primati di percorrenza sulle 24 ore per la prima volta raggiunto da due equipaggi, uno maschile e uno femminile.
Ecco il ricordo di Stefano Venier, del Waterbike Team e del Gruppo Vulkan, riportato alla fine del filmato – proiettato questa estate – che immortala questo record: “Quest’ultimo grande successo del Trieste Waterbike Team e del Gruppo Vulkan è dedicato ad un caro ed insostituibile amico, compagno di mille avventure, che dopo quest’ultima impresa in ordine di tempo, cui ha dato il massimo come sempre, prematuramente ci ha lasciati. CIAO GLAVU.”
Arrivederci amore mio, ho il tuo sorriso nel cuore.
Roberta Soldà, socia CGEB e Vulkan, sua moglie
BRAVO MAU, MAI MOLAR
È la sera del 5 luglio 2015. Ieri sono stato a trovare Maurizio, ci torno dopodomani con mio cugino Mario. Ma domani mi devo alzare presto, ho un appuntamento di lavoro alle 8.30 a Lussinpiccolo. Metto la sveglia alle 4.44 per arrivare in orario.
All’ora di pranzo telefono a Cati: “Qua tutto bene, splendida giornata, ho fatto anche un tuffo.” Sento che non mi ascolta, non parla, e allora devo chiedere: “E Mau come sta?” Un silenzio troppo lungo. Prima che lei dica qualcosa capisco che se ne è andato. Poi le solite domande: “Come? Quando?…” mi escono per riempire il vuoto e le sento così inutili.
Dentro di me sapevo bene che era solo questione di tempo.
Mi metto in auto guidando senza vedere e con i ricordi ritorno al 2001 ai tempi della Supernova, il nostro capolavoro nonché la nostra avventura più coinvolgente, che ci ha legati – oltre all’essere cognati – con una profonda amicizia. Salto indietro all’estate del 2000 in Canin. Lì sono stato poco, ma con lui e Spartaco Savio partecipo alle prime esplorazioni e agli allargamenti nel Laricetto. Ricordo che una volta sono rimasto intossicato dai fumi del trapano a motore e, debolissimo e ansimante, son tornato fuori accompagnato amorevolmente da loro due che per fortuna erano anche membri del Soccorso Speleologico. Poi rivedo le tante grotte nel Carso triestino, esplorazioni e ripetizioni, tanti scavi accompagnati da maggior o minor fortuna: il Ramo Coloni in Grotta Gigante, l’Abisso Chaka Paka, la Galleria Guido nella Skilan, la Lazzaro Jerko, l’Impossibile e nel Carso sloveno le innumerevoli uscite culminate con le prime esplorazioni del Davorjevo Brezno.
Ricordo la fine del 2012 quando siamo in Sicilia a Sciacca a esplorare le Stufe di San Calogero e mi accorgo che non sta bene, è stanco, non ha più la grinta di sempre. Dividiamo la stanza e una notte mi sveglia dicendo: “Stago mal, portime in ospedal.” Corriamo a Sciacca. Al pronto soccorso gli fanno esami d’urgenza, è il cuore, ma lui minimizza e firma per uscire. Mi allarmo perché un infermiere mi prende in disparte e mi dice che è una cosa seria. Allora mi incazzo, ma lui mette in mezzo scuse disarmanti. Dopo neanche un mese alle 5 di mattina Roberta telefona : “Siamo a Cattinara. Maurizio ha avuto un infarto.” Per fortuna ne esce abbastanza bene, ma deve cominciare a riguardarsi.
Meno grotte, anche per problemi noiosi alla schiena. Nonostante tutto nel settembre 2014 è felice di venire con me e altri in Albania. Gli fregano subito gli scarponi e lui imperturbabile arriva a quota 2100 al campo base con un vecchio paio di scarpe da ginnastica. La primavera dopo nei sabati mattina andiamo a scavare nuovi buchi promettenti dalle parti di Gabrovizza. Sono le sue ultime uscite in grotta.
A fine maggio, quando sa della sua malattia, lo sento preoccupato ma deciso a combattere e mi dice:”Ma mi no molo.” Gli rispondo. “Bravo Mau, mai molar!” Dopo un breve ricovero riusciamo a festeggiare a casa mia il suo cinquantase-iesimo compleanno. Poi alla fine di giugno arriva l’ultimo ricovero.
Lunedì 6 luglio alle 4.44 mi piace pensare che ci siamo svegliati contemporaneamente, io per andare a lavorare e lui per andare nella Grande Luce.
Ciao Mau, mi manchi, ci manchi.
Lucio Comello, socio CGEB, amico e cognato