Giorgio Pertoldi

 

GIORGIO PERTOLDI “Filippin” Trieste 30 maggio 1940 – Trieste 24 ottobre 2014

Testo pubblicato su Cronache ipogee, 2014

E’ sempre triste dover scrivere un necrologio, specie quando si tratta di un amico, ma l’incombenza  è ancora più inquietante nella consapevolezza che l’ultima ora si sta avvicinando anche per noi, ultimi superstiti della generazione del dopoguerra.

Giorgio aveva tre anni più di me e per questo aveva vissuto consapevolmente la fine della guerra e la conseguente occupazione alleata, in quell’intervallo di caos che ti faceva trovare ovunque armi e munizioni nascoste, nonché residuati militari di ogni genere. Nel contesto, ne aveva combinate di ogni genere, ma la fortuna lo aveva sempre assistito nel maneggio di munizioni inesplose ed era così arrivato incolume ai diciott’anni, età in cui conobbe l’esistenza della Commissione Grotte e la cominciò a frequentare. Era il 1958.
Si presentava sempre completamente vestito da marine USA, dagli anfibi al berretto, cinturone con borraccia e lo zainetto tattico completo di paletta e machete, per cui, secondo le buone tradizioni della CGEB, gli venne immediatamente appioppato il soprannome di “Filippìn “, soprannome che lo contraddistinse per tutta la vita e che, per similitudine, qualche tempo dopo valse a suo cugino (che vestiva uguale) il soprannome di “Malese”.
Non era un grottista (i termini “speleo” o “speleologo” da noi vennero usati molti anni dopo) nel vero senso della parola, ma era un ragazzo la cui compagnia portava sempre una nota di allegria. Ed era soprattutto un amico sincero, pur avendo per piccolo “difetto” la tendenza ad esagerare ogni versione delle vicende raccontate, al punto da farle apparire chiaramente incredibili.
Oltre all’attività di routine domenicale nelle ripetizioni delle principali grotte sul Carso, prese parte a svariate uscite in Friuli (Pradis, Cansiglio, Val D’Aip). Nel 1959-60 aderì alla “Tarocca”, una “ribellione” interna che per un breve tempo divise i membri della CGEB. In questo contesto prese parte ai lavori di disostruzione dell’Abisso della Cisterna di Gropada.
Finita la Tarocca, rientrò nei ranghi e ci seguì ancora per un paio d’anni, ed è in questo periodo che ad un corso di speleologia conobbe Laura, la ragazza che divenne sua moglie. Poi il servizio militare (negli Alpini), il lavoro alla SNIA, la famiglia, ce lo tennero lontani anche se alle cene sociali di solito non mancava quasi mai.
Ebbi occasione di rifrequentarlo negli anni 1967-68-69 quando mi fece assumere alla Alder, una piccola ma importante industria e dove eravamo spesso in turno assieme (e dove forse è stato tradito dall’amianto).
Nel frattempo, la sua passione per le armi lo aveva portato a collezionarne parecchie e di queste era particolarmente orgoglioso, per lui quei fucili erano come creature. Figlio di un Alpino, Alpino pure lui, è diventato Alpino anche il figlio Riccardo, ora Maresciallo alla Julia.
Ovviamente era iscritto alla Sezione ANA di Trieste, e fu tra i primi a confluire nella squadra di tiro a segno ed in questa veste l’ho avuto al mio fianco diverse volte.
Negli ultimi tempi prese a frequentare con assiduità la montagna dove, assieme al suo fedele compagno di cordata Enrico Pobega, nel giro di alcuni anni riuscì a collezionare una serie impressionante di cime (circa un centinaio!) dai 3000 ai 4000 metri.
Ed è proprio nel corso della sua ultima salita che il male gli ha impedito di arrivare in cima, costringendo i suoi compagni a riportarlo a valle. L’amianto si era risvegliato e nel giro di alcuni mesi il male incurabile se l’è portato via.
Ora riposa nella nuda terra del piccolo cimitero carsico di Sgonico.
Ciao, “Flip”, che quella terra ti sia lieve.
                                                                         Marietto Gherbaz
* * *
Con una mesta cerimonia, cui ormai cominciamo purtroppo ad abituarci, in un uggioso pomeriggio d’autunno abbiamo dato l’estremo saluto a Giorgio Pertoldi, grottista attivo fra la fine degli anni ’50 e buona parte del decennio successivo. Gli era stato affibbiato il soprannome di “Filippin” in quanto aveva adottato un abbigliamento escursionistico particolare che lo distingueva da quello dei grottisti comuni. Indossava, infatti, calzoni e camicie militari ex esercito U.S.A., abbinate al cinturone porta borraccia dello stesso esercito (a differenza di noi altri che portavamo calzoni alla zuava di velluto, giubbotti di provenienza diversa e camicie azzurre con il pipistrello).
Nato a Trieste il 30 maggio 1940 aveva iniziato la sua attività nel 1958 partecipando alla prima campagna sulle Alpi della Commissione (spedizione all’abisso Polidori, 579 Fr) e agli savi all’Ab. della Cisterna di Gropada, 369 VG. Segue quindi il lungo tirocinio allora previsto per i neofiti della Commissione Grotte Boegan, Commissione in cui viene accolto, assieme a Giuseppe Baldo, il 10 giugno 1960. Da quel momento è stato presente alle uscite della Commissione, sia sul Carso che nel Friuli. Oltre a prestare servizio, assieme a molti altri soci vecchi e giovani, alle varie Illuminazioni Popolari della Grotta Gigante che la Commissione organizzava una decina di volte all’anno, non mancava di dare la sua opera, compatibilmente con gli impegni, all’attività di scavo e di esplorazione della Commissione.
Fra le tante grotte visitate assieme ricordo che nel 1961 siamo scesi alla 185 VG, due anni dopo ha partecipato ai primi scavi interni della Grotta nuova di Prosecco, 4053 VG; nell’aprile 1964 lo troviamo alla Noè, 90 VG, escursione a cui ha portato (e fatta scendere) una ventenne che poi mi fece conoscere. Cosa di cui gli sono stato sempre grato perché qualche anno dopo questa giovane ragazza divenne mia sposa.
Giorgio non si limitava a fare escursionismo sotterraneo: anche se al Catasto risulta solo un rilievo con il suo nome, coadiuva spesso i rilevatori della Commissione (come ad esempio alla Gr. Soffiante di Rupinpiccolo, 1145 VG) tenendo pazientemente la cordella metrica. Negli anni ‘60 partecipa alle prime esplorazioni sul Canin collaborando, fra l’altro, alle operazioni di rilievo alla 611 Fr, mentre sul Carso (1967) è nel gruppo che inizia gli scavi alla futura Grotta Lazzaro Jerko.
Pressato dagli impegni della vita civile, nel 1968 esce dalla Commissione Grotte, ma il suo non sarà un addio, ma soltanto un arrivederci: anche se formalmente non più socio il suo cuore è rimasto sempre legato ai vecchi compagni ed alle grotte del Carso continuando saltuariamente a partecipare alle escursioni sotterranee. Infatti nel 1970 lo troviamo fra i partecipanti alla festa della Commissione sul fondo della grotta Ercole, 6 VG, dieci anni dopo è presente agli scavi nel futuro abisso Sigon, 824 VG. il 2001 lo vede alla Grotta di Boriano, 135 VG, a quella di Tarnovizza, 242 VG e alla Azzurra di Samatorza, 257 VG. L’anno seguente è con Luciano Filipas a scavare alla Doria e in fondo alla Grotta delle Geodi, 3875 e 21 VG. L’ultima presenza in grotta è del 2008. Il 4 ottobre di quell’anno partecipa alla festa alla Gr. Impossibile, 6300 VG.
                                                                                                          Pino Guidi