2014 – Altipiano Hekurave

.. ALTIPIANO HEKURAVE 2014

“They dared to go where no one would try, they chose to fly where eagles dare.” Where Eagles Dare – Piece of Mind album-1983 – Iron Maiden
Maiden a tutto volume. Ma certo, cosa di meglio?
Mentre mi annoiavo a ricercare un titolo decente per un articolo che faceva a pugni per uscire, tra un programma demenziale politico che arrivava dal sottofondo e il rosario delle 18:30 a volume massimo dalla tv della vicina di casa di 92 anni, l’anima ha pensato alla ribellione, alla vendetta. Ed a proposito di vendetta, ho pensato al conticino aperto che ho in Albania, causa il tempo pessimo. 99,80%: la percentuale settimanale distribuita di pioggia e nubi oscure che hanno stazionato dal 31 agosto al 5 settembre a quota 2080 slm al campo: potremmo dire il contrario an­che, abbiamo visto la luce (non il sole..) per circa il 0,20% del tempo che eravamo lassù.
Per grandi linee generali, ecco i dati e l’esperienza.

DOVE, QUANDO E PERCHÈ

I vasti plateau carsici di quota 2100 slm (foto R. Corazzi)

Siamo partiti il venerdì pomeriggio 29 agosto 2014 da Trieste, con il solito furgone (anni che dico mai più, e ci ricasco, ma è l’ultima, altrimenti sputatemi in faccia..) camuffato da carro bestiame, visto i perso­naggi all’interno, e la puzza che emanavano appena partiti. Ripeto: appena partiti.
Anche da ridere, uno mi ha ripreso per­chè mi lamentavo del tanfo…volevo quasi scusarmi, ma proprio la merda e le ascelle sudate (altrui) non mi attraggono, colpa mia ovviamente che uso lavarmi, ogni tanto, e quindi non sono abituato ad annusare e compiacermi di sfiati marci.
Solita strada litoranea adriatica infinita e insidiosa, perchè qualcuno ha paura di cambiare la via conosciuta per la nuova: chi al ritorno passerà a Nord, via Kosovo-Serbia-Croazia, strada che propongo da anni, compierà 150 km in meno e si farà il tragitto tutto in autostrada, senza pugliotti malefici a taglieggiare con la pistola laser e senza fare centinaia di km a 50 km/h tra Croazia e Montenegro: via Nord insomma, si accorcia di 5 ore il tragitto. In Montenegro quindi, puntualmente veniamo fermati al mattino presto dalla sbirreria locale, metodo loro da ridere ma efficace: hanno una vec­chia pistola radar tarata sempre sulla stessa cifra (tipo 65 km/h su limite 50 km/h), che agitano a cazzo in entrambi i sensi di marcia della carreggiata, solo con vetture straniere. Ovviamente il laser non è attivo. Multa da pagare il giorno dopo in centrale, o “multa” da pagare subito, senza ricevuta, al clown in divisa: con 10 euro si va via senza altre noie. Il traghetto interno in Albania non va più, e quindi serpentine per Fushe-Arrez, da morire, infinite e ipnotiche: fa anche caldi­no tra l’altro. Arriviamo alla fine a Bajram Curri, dove ci dividiamo dal resto del carro-bestiame e dagli sloveni che sono in arrivo con altri mezzi. Io, Pipili, Glavudonte e Bibita veniamo scaricati presso un hotel nuovo di zecca dove ci aspetta Edi, il ragazzo alba­nese che ha organizzato la jeep per salire al lago Ponarit: scarichiamo e ricarichiamo tutti i materiali molto velocemente, e nel casino spariscono le pedule di Glavudonte, fottute da qualcuno, ce ne accorgeremo una volta arrivati al lago. Arrivati a 1380 slm montiamo le tende, saliremo il giorno dopo in quota, domenica 31 agosto. Bel tempo intanto
Sveglia presto per levare il mini-campo al lago e preparare i materiali per caricare i cavalli. Edi dà appuntamento alle 8 e non arriva, niente da fare neanche alle 9, alle 10 e alle 11: si affaccia stravolto (causa serata di bevanda) al lago verso mezzogiorno, partiamo quindi tardi, con due cavalli, uno portato da Alfred che ha 12 anni. Poco dopo l’inizio del tratto ripido di salita del sentie­ro, un cavallo caricato male sbanda sulla traccia insidiosa e vola giù con il basto: è la tragedia penso, cavallo e carico persi, i pastori ci presentano il conto…quanto costa un cavallo? Fortuna, una volta tanto: cade solo due metri e si ferma tra gli alberi, con molta precauzione lo liberiamo dai carichi, lo alziamo e riportiamo sul sentiero, tutto bene ma per oggi è fuori gioco. Alfred scende con il cavallo-volante e parte del carico ce lo prendiamo noi, il resto salirà il giorno dopo, il cibo soprattutto. Arriviamo su verso sera, piazziamo il campo su un colletto a 2080 slm presso dei ruderi di vecchie stane (malghe), passando oltre ove erano state piazzate le tende nel 2013, su una sella in pieno declivio tra la valle glaciale del lago Ponarit e la valle che butta giù verso Dragobi: nessuno lo scorso anno aveva letto i rudi­menti base del manuale degli scout, avevano scelto il posto migliore per beccarsi in pieno la potenza di eventuali maltempi (come accaduto). Sul colletto siamo più riparati, d’altra parte i malgari che avevano scelto quel posto non erano certo dei mone. Alla sera fuoco, montagna, solitudine e magia, rimesso in piedi un piccolo riparo crollato, coperto ed organizzato, eravamo pronti e scendere a patti con la natura, l’avventura e la vita libera. Solo quella sera però: ce lo scorderemo per il resto dei giorni.

L’ATTIVITÀ E LE GROTTE

In vista dell’altopiano carsico ad Est del Hekurave (foto M. Glavina)

Pochissima attività e relative grotte, pur essendo circondati da un carso alpino esteso e inesplorato. Già dalla prima notte la musica cambia, le tende sono sferzate da pioggia e vento, al mattino sono pochi i gradi sopra lo zero, siamo con la visuale ferma ai 20 metri d’orizzonte. Recuperiamo qualcosa dalla vec­chia miniera di bauxite, soprattutto tanta acqua potabile lasciata l’anno prima: quest’anno alla fine ne lasceremo anche di più. Arriva il secondo cavallo con Edi e riprendiamo pos­sesso di tutto il materiale. Vado a memoria, non abbiamo tenuto diario. Sistemiamo e rinforziamo il campo, materiali e cambusa. Scavicchiamo nella dolina che abbiamo sotto il colletto, roba da dementi senza speranza, tanto per far qualcosa in attesa che cessi il tempaccio.
Il giorno dopo portiamo i materiali in zona esplorativa, a circa un’ora dal campo, marchiamo qualcosa con il GPS, il tempo butta in rogna e dobbiamo telare, siamo in ogni caso in una zona ricca d’ingressi a quota 2200 slm. Due giorni fermi causa maltempo e nebbia, che è il problema maggiore per muoversi in quegli altopiani sconosciuti sen­za visuale, riferimenti e sentieri. Ad Est dal campo visitiamo quello che doveva essere un villaggio pastorale d’alta quota, pieno di resti di malghe e costruzioni più complesse, una grande dolina di crollo presenta un piccolo pozzo sceso solo per alcuni metri, in parte occluso da pietre probabilmente gettate den­tro per chiuderlo, che non cada il bestiame. Decidiamo di muoverci comunque, rivediamo il K1 sceso l’anno prima, un P.60 con il fondo nivale: chi è sceso non ha bonificato nulla e il posto scarica di brutto, gli armi dall’ingresso a -30 ci sono, da lì in poi non esistono (aspetto ancora di capirne il motivo…), il trapano è rimasto al campo, altre madonne!, ma scen­diamo lo stesso, c’è da armare al fondo, forse potrebbe anche andare…ne parleremo un’altra volta. Facciamo qualche foto. Usciamo sotto una scarica di acqua, dura poco per fortuna, mi guardo attorno e bofonchio, parlo solo: troppo vasto per noi, troppo esteso, e siamo incasinati tra l’altro.
Glavudonte è bloccato al campo senza scarpe, Bibita vive nelle sue nebbie (che non sono atmosferiche), Pipili ha tutto il vestiario bagnato dalla prima notte che ha lasciato lo zaino contro l’abside della tenda (fornita dalla CGEB, va bene oramai per andare in spiaggia a suonare la chitarra a farci all’amore, d’estate): farà tra l’altro dei gustosissimi tentativi di asciugatura rapida di calzini e maglie con la fiamma del fornello a gas, sotto la tenda-cucina. Rileviamo il P.60 e un altro “water” occluso da una frana, ci sarebbero da scendere 30 ingressi oltre i 2100 slm, solo citando quelli a vista. Dal colletto di q. 2080, buona notizia, si ha una ricezione splendida con i cellulari, parliamo con Trieste come da casa, mentre l’altra banda infilata nella valle di Qerec Mulaj non dà segni di presenza al telefono. Giovedì 4 settembre io e Bibita tentiamo l’assalto ad un bellissimo pozzo d’ingresso stimato fondo 50 m, Pipili ci accompagna e aspetta fuori, dopo 5 minuti attacca a piovere, fino e fisso, io filo giù ad armare quello che si rivelerà un P.42, Bibita scende e Pipili ritorna solo al campo. Sotto il pozzo d’ingresso scendo ancora un P.10 con ingresso stretto, attac­ca un meandro, tiriamo giù una lama per passare, il meandro si allarga e butta su di un P.15, atterro in una bella sala spaziosa, massi di frana infidi. Sembra chiudere. Ho detto: sembra. Mentre scende Bibita stacco la corda (experience…!), scivolo su un masso che mi fa da tavola da surf, scendo la china detritica, al termine spaccatura-faglia senza se e senza ma, e tira giù un bel P.50? Non sceso in ogni caso. Largo e comodo.
Puro carso alpino, stizza a non aver altro materiale. Risaliamo disarmando e rilevando, a me mi hanno insegnato così, portiamo fuori tutto, materiale e dati, scusate se non ho lascia­to tutto lì a marcire, come usano fare altri consoci. Usciamo e piove, non ci facciamo caso oramai, arriviamo al campo di sera al buio. Le notizie che arrivano da Trieste sulle previsioni meteo sono ancora pessime, al momento pensiamo ad uno scherzo…è tutto confermato invece. Decidiamo di scendere a valle con un giorno di anticipo, non ha più senso aspettare finestre di bel tempo che non arriveranno, chiamiamo i malgari che saliranno il giorno successivo con i cavalli alle 11 per sbaraccare. Sveglia alle 7, non si vede niente, nebbia oscura, pioggia a tratti, figurati se verranno con sto tempo. Alle 08:30, mentre noi siamo appena ad armamentare con gli equipaggiamenti, sbucano dal nulla della nebbia due fantasmi ciondolanti, sono Fatmir e il padre di Alfred, che passano l’e­state all’alpeggio del lago, con i cavalli. Sono saliti con il tempaccio, vestiti di stracci e con 3 ore di anticipo (questo vuol dire che sono partiti dal lago alle 5:30 del mattino).
Ci diamo una mossa e carichiamo tutto, parte del cibo viene stipato in un fusto stagno e lasciato nella miniera abbandonata, per il prossimo anno (?), altra parte viene data ai due pastori, i materiali sociali scendono con noi. Rotoliamo giù dalle alte terre tra distese di lamponi, avvolti in una plumbea sfera azzurrognola di vapor acqueo e ombre oscure d’alberi secolari. Al lago alle 12, dopo 15 minuti arriva la jeep con Edi e Fatjom (proprietario del mezzo, che non va per il sottile a guida, da tener buono per le eventuali prossime gite), carichiamo tutto e saltiamo dentro anche noi e scendiamo a Bajram Curri. Appena a quota 800 slm iniziamo a vedere contorni d’orizzonte che non siano limitati ai 100 metri. Andiamo nell’albergo più “in” del centro, scarica di nuovo tutto e portalo in camera, siamo ab­bastanza stravolti: è in corso un matrimonio albanese, noi ridiamo un po’ di loro e loro sicuramente non si dimenticheranno di noi. C’è da dire che le donne sono molto belle, aveva ragione Elio…
Alla sera ciondolamenti per Bajram Curri ad aspettare che arrivi il gruppo da “Shpella Zeze”, arrivano semi-ubriachi, c’è qualche scazzo, capita, in ogni caso non hanno combinato nulla neanche loro, gli sloveni addirittura hanno lasciato il campo dopo soli 3 giorni di presenza, causa maltempo.

Discesa del K-1 foto R. Corazzi

 

Esplorazione di una voragine sopra Markaj (foto E. Dreolin)

IL LUNGO RITORNO

Pozzi a quota 2350 inesplorati (foto R. Corazzi)

Riuniti il mattino di domenica 5 settembre, ci sono programmi diversi da seguire per il ritor­no in Italia. Io, Louis e Igor abbiamo l’aereo a Tirana il giorno dopo, gli altri tornano a Trieste in furgone, scegliendo finalmente la strada del Kosovo. Noi tre invece, lasciati a loro i nostri materiali, da Bajram Curri dobbiamo arrivare a Tirana, ove tra l’altro ci aspetta mr. Ndoc Mulaj alla sera.
La soluzione sembrano i furgoncini stracarichi di gente che fanno le spole nei vari paesi, unico mezzo di contatto tra i centri urbani e i paesini sperduti di montagna: tempo stimato per arrivare a Tirana non quantificabile, in quanto tirano su gente in qualsiasi punto uno tiri fuori un braccio e improvvisano le fermate di discesa con lo stesso metodo. Il furgoncino delle 11 ci fila via, ma è la salvezza, si presenta un “taxi-driver” improvvisato (ma neanche tanto) che capito il nostro problema si offre di risolverlo, non serve conoscere la lingua, lui sa di cosa abbiamo bisogno e noi sappiamo quanto vale ora il suo servizio. 50 € per tre persone per 240 km e quasi 4 ore di strada sono un affare per le nostre esigenze. “Taxi-driver” (in Audi nero con interni in pelle) vuole onorarci in quanto italiani, tira su un cd di mista italiana, Celentano, Ricchi&Poveri, Cocciante, Albano e Romina…a volume anche altino vi dirò… mi era già capitato in Russia, e capisco che è questo il “prodotto” culturale-sociale che noi esportiamo, bella vita, cantare, spaghetti, sole e ammore. Hai voglia che vedessero come è realmente qui la baracca italiota…meglio lasciarli pensare che sia tutto…”felicità!”.
A Tirana viene a prenderci Ndoc che ha prenotato l’albergo, un bel posto in centro. Nel pomeriggio giro a piedi a Tirana ove veniamo travolti da un nubifragio colossale, breve ma potentissimo…pensa a come avrebbe potuto essere a beccarselo lì sopra, sulle alpi delle aquile. Giriamo la città, è più che vivibile e go­dibile, i tipi si stanno svegliando. Alla sera invito a casa Ndoc per festa tradizionale, ci vengono a prendere loro alle 21. La casa di Ndoc è una bella e accogliente costruzione appena fuori dal centro di Tirana, ancora dentro la cinta urbana, veniamo accolti da tanti parenti ed amici, parlano quasi tutti italiano, e bene pure. L’accoglienza prevede anche brindisi a raffica di Raki, distillato dell’albero dell’uva (dovrebbe essere l’hovenia dulcis..) che ha già fatto morti nelle spedizioni passate. Tavola imbandita dunque, tutti presenti, anche la vecchia madre di Ndoc che – ora capisco il significato della riunione – in ambito tradizionale intona una vecchia preghiere albanese, è il giorno della natività della Beata Vergine Maria (penso al sergente maggiore Hartmann). In tavola – mi preoccupo – solo alcoolici, vino, birra e ca­raffe di raki, il cibo è portato dalle donne, in proporzioni da banchetto bizantino: verso fine serata siamo all’angolo, piegati, tra cibo e bibita accusiamo il colpo.
Ci portano all’albergo, io entro in camera e mi appoggio – un momento solo per levarmi le scarpe, mi dico – al letto: mi sveglierò la mattina dopo ancora vestito, con una scarpa addosso e l’altra no, sul letto intonso. Ancora un strappo di taxi e siamo all’aeroporto di Tirana, è il volo per Venezia. Botta di fiacca. Finalmente saliamo a bordo. Chi non ha mai provato le 20 ore di furgone di ritorno e le file interminabili ai confini di stato non può capire, dopo un’ora atterriamo, perfetti, sorpresi quasi. Ultimo “shot” a casa Pipili a bere qualcosa e recuperare gli zaini, sul nostro Carso: guardo fuori dal finestrino vedo una bancata di calcare, mi si para davanti quel plateau albanese di quota 2250 slm dove – farneticando – abbiamo pensato che potrebbe atterrare un elicottero: ma cosa vogliamo fare noi là?
                                                                                                Riccardo Corazzi

ALBANIA 2012-2014 – LE GROTTE RILEVATE

Ritengo utile pubblicare un piccolo sche­ma riassuntivo con i dati essenziali delle cavità individuate ed esplorate nel corso di 3 anni di ricerca nel settore E del massiccio dell’Hekurave, che sia fruibile da guida a future esplorazioni e per archivio di quanto svolto e finanziato dalla CGEB.
                                                                                                    Riccardo Corazzi

NOME POSIZIONE (WGS84) QUOTA SCOPERTA/EXPLO NOTE
Shpella Skelcin 42°21’52.59″N 20° 1’38.94″E 1365 slm 07/09/2012 Corazzi-Dreolin Pozzo fossile profondo 40m che si apre sui pianori N sopra Markaj, chiuso al fondo.
Shpella Azeem 42°21 ‘48.91 “N 20° 1’24.75″E 1488 slm 07/09/2012 Comello-Dreolin Pozzo-voragine profondo 35m che si apre sui pianori N sopra Markaj, chiuso al fondo.
Shpella Dragot 42°22’24.55″N 20° 1’9.34″E 1499 slm 02/09/2012 Corazzi-Comello-Dreolin Risorgiva fossile di breve sviluppo (35m), si apre alla base delle pareti sopra il lago Ponarit. Possibilità prosecuzione con breve disostruzione.
Meandro in parete 42°22’30.62″N 20° 0’40.00″E 1749 slm 05/09/2012 Corazzi-Comello-Dreolin Si apre in un canalone sopra il lago Ponarit. Difficile accesso. Breve caverna-meandro di +10m, chiuso. Lasciata corda su traverso in canalone accesso.
Buco parete sopra Ponarit 42°21’41.71″N 19°59’47.37″E 1770 slm 03/09/2012 Corazzi-Comello-Dreolin Foro in parete di facile accesso, necessita facile disostruzione. Forte corrente d’aria in uscita.
Cavernetta Sthylles 42°21’44.73″N 19°59’35.38″E 1910 slm 03/09/2012 Corazzi-Dreolin Caverna di origine tettonica a S del M.te Dhive, svil 8m prof- -5m. Chiusa.
Pozzi doppi pianoro base Hekurave 42°22’40.93″N 19°58’11.55″E 2228 slm 08/09/2012 Corazzi-Comello-Dreolin Pozzi paralleli verticali, non scesi.
Pozzo pianoro base Hekurave 42°22’33.60″N 19°58’0.60″E 2450 slm 08/09/2012 Corazzi-Comello-Dreolin Non sceso.
Pozzo sotto cima Hekurave 42°23’5.64″N 19°58’11.47″E 2460 slm 08/09/2012 Corazzi-Comello-Dreolin Non sceso.
Pozzo II sotto Cima Hekurave 42°23’5.86″N 19°58’14.51″E 2428 slm 08/09/2012 Corazzi-Comello-Dreolin Non sceso. Deposito nivale.
Voragine sotto Cima Hekurave 42°23’6.62″N 19°58’14.05″E 2418 slm 08/09/2012 Corazzi-Comello-Dreolin Non sceso, corrente d’aria in uscita.
Pozzo altipiano E da Hekurave 42°23’8.31″N 19°58’21.96″E 2371 slm 08/09/2012 Corazzi-Comello-Dreolin Non sceso.
Buco nei Karren 42°22’53.11″N 19°59’0.32″E 2211 slm 08/09/2012 Corazzi-Comello-Dreolin Non sceso.
Buco I pianoro 42°22’51.88″N 19°59’6.65″E 2199 slm 08/09/2012 Corazzi-Comello-Dreolin Non sceso.
Buco II pianoro 42°22’47.22″N 19°59’18.64″E 2160 slm 08/09/2012 Corazzi-Comello-Dreolin Non sceso.
Buco III pianoro 42°22’49.79″N 19°59’26.94″E 2159 slm 08/09/2012 Corazzi-Comello-Dreolin Non sceso.
Buco IV pianoro 42°22’48.85″N 19°59’33.18″E 2148 slm 08/09/2012 Corazzi-Comello- Dreolin Non sceso.
Buco V pianoro 42°22’51.52″N 19°59’36.41″E 2173 slm 08/09/2012 Corazzi-Comello- Dreolin Non sceso.
K-1 42°22’50.34″N 19°59’12.62″E 2205 slm 2013, Riavini 03/09/2014 Corazzi-Gabbino Pozzo verticale di 60m con possibile prosecuzione al fondo (tappo nivale), da rivedere.
K-2 42°22’57.41″N 19°59’31.16″E 2172 slm 04/09/2014 Corazzi Chiusa a -6 da neve e detriti.
K-3 42°22’55.25″N 19°59’34.20″E 2196 slm 04/09/2014 Corazzi Breve vano di dreno idrico, chiuso da ghiaie a -5m.
K-4 42°22’54.60″N 19°59’35.22″E 2181 slm 04/09/2014 Corazzi Riparo-caverna sottoparete, no prosecuzioni.
K-5 42°22’53.12″N 19°59’39.84″E 2201 slm 04/09/2014 Corazzi-Gabbino Cavità alpina in explo, a -75m si apre un pozzo non sceso stimato 50m
Pozzo Edijon 42°23’12.41″N 19°0’4.07″E 2007 slm 06/09/2012 Corazzi-2013 Balzarelli Pozzo di 25m di origine tettonica, chiuso.
Miniera bauxite 42°22’50.93″N 19°0’6.87″E 2158 slm 01/09/2014 Corazzi Galleria di assaggio miniera bauxite, principi di crollo all’ingresso. Utilizzato come deposito logistico CGEB.

DESCRIZIONE GROTTA K-1

Già scesa parzialmente nella spedizio­ne del 2013, è stata rivista nel corso del 2014. L’apertura del pozzo posto a quota 2205m s.l.m., di ampie dimensioni allun­gate 12x4m, è impostato su frattura E-O e fortemente modellato dall’azione crio­genica: ciò si traduce nell’avere dei bordi molto franosi nei primi 10-15m di discesa. Continuando la calata, le pareti a circa 25m di profondità diventano compatte, calcare grigio chiaro, e la verticale subisce un restringimento tubolare (4x2m) per un breve tratto, per poi subito espandersi in un vano di 20x5m. La discesa che sino a -45m avviene nel vuoto, tocca una china fortemente inclinata, compatta con minimi residui franosi, che conduce al fondo della cavità a -62. Nel vano finale, di 2x4m su discontinuità sempre E-O e sormontato da un ampio camino (un altro probabile ingresso occluso in superficie), il deposito nivale in scioglimento fa supporre ad un proseguimento in profondità della grotta: alcuni sassi lanciati cadono ancora per una decina di metri, che non sono stati discesi. Sicuramente da rivedere nelle prossime esplorazioni.
Riccardo Corazzi

DESCRIZIONE GROTTA K-2

Si apre a quota 2172 slm alla base di un grande catino carsico, subito accanto ad un vecchio sentiero ancora ben agibile che porta verso la cima del Maja e Hekurave. Trattasi di un vano di scarico delle enormi masse d’acqua che si creano allo scioglimento delle nevi nel bacino ove si apre: purtroppo assieme all’acqua, vengono trasportati anche detriti di vario taglio, forma e dimensioni che hanno chiuso ogni possibile prosecuzione a 6 m di profondità. È orientato su diaclasi O-E.
Riccardo Corazzi

Ingresso K2 (Foto L.Comello)

DESCRIZIONE GROTTA K-5

L’ingresso di questa interessante cavità,si apre subito a sinistra del sentiero tracciato che dal campo base conduce agli altopiani Est del monte Hekurave, al margine supe­riore della prima conca carsica, a quota 2194slm.
Un pittoresco ingresso a gradoni compatti, impostato su frattura NNE-SSW di dimensioni 7x2m, dà adito ad un bel pozzo di 42m, com­patto, con due grandi cenge poste a -10m ed a -35m dal bordo ingresso. La base del pozzo allungata (2x8m) nasconde una nicchia con una lama incastrata (che si apre subito alle spalle staccandosi dalla corda, in basso) ove si apre in calcare compatto il secondo salto della grotta, profondo 10m e di forma tubolare. Alla base ci si trova in una piccola sala 4x4m da dove parte un breve meandro: qui la grotta cambia direzione e s’imposta con orientamento N-S.

Il meandro è breve e stretto ma agevole (è stata abbattuta una lama in un passaggio) e sbocca su di un saltino di 2m, anche arrampicabile, che sfocia in un abbozzo di galleria con crolli, ove dopo una decina di metri di percorso, ci si affaccia su di una nuova verticale di 14m sempre impostata N-S. Tale pozzo si affaccia e conduce su di un’ampia sala che misura 10x6m, interessata al suolo da ampi crolli e lame: il margine Nord è rotto da una diaclasi (che ha probabilmente condizionato l’andamento morfologico di tutta la grotta dalla base del P.10) che si affaccia su di un’ampio pozzo (ca. 6x4m) stimato profondo non meno di 50m, non disceso. La cavità sino al punto raggiunto di -75m presenta marcate caratteristiche di abisso alpino, con discreta circolazione d’aria in uscita (mese di settembre).
Riccardo Corazzi

TRA VRANA E SPHELLA ZEZE

La gigantesca dolina di Kakverrit (foto L. Torelli)

A fine agosto 2014 si è svolta la consueta spedizione esplorativa in Nikaj-Merturi sulle alpi albanesi. In collaborazione con gli amici dei gruppi sloveni, siamo saliti al campo base di Qerec Mulaj. Una delle principali mete la grotta Sphella Zeze, ora al secondo posto tra le più lunghe dell’Albania. Purtroppo il cattivo tempo con copiose piogge continue per tutta la durata della spedizione, ha inva­lidato i nostri sforzi. Temendo il rialzamento del livello dell’acquifero profondo e dei sifoni, e per la nostra sicurezza, con decisione con­giunta agli sloveni si è deciso di rimandare le esplorazioni sull’innesto con gli arrivi in pozzo nella parte più remota della grotta a data da destinarsi. Questo non ha distratto a rifare il rilievo della parte fossile di Zeze (quota 936 m slm N 42° 21′ 58.3” – E 19° 55′ 38.9”), assieme una documentazione fotografica puntuale di tutto questo primo importante settore della risorgenza. Una ricognizione è stata fatta risalendo dalla parte di Vrana (quota 995 m slm N 44° 53′ 02.0” – E 15° 11′ 53.5”), che ci ha portato a scoprire un nuovo pozzo codificato con NL01 di circa 50 m di profondità in zona totalmente inesplorata (quota 1790 m slm N 42° 20′ 28,6 – E 19° 52′ 34.9”), ed una prosecuzione (camino con notevole quantità d’aria in caduta) nella spettacolare grotta / dolina di Kakverrit (quota 1570 m slm N 42° 20′ 44.0” – E 19° 51′ 54.4”) scoperta dalla CGEB negli anni ’90 e meta di interesse speleologico per la maestosità delle notevoli dimensioni dell’ingresso. Nella prospezione si è potuto anche constatare l’esistenza di una grossa risorgiva molto attiva in periodo piovoso posta sulla sinistra orografica del tor­rente Pajes, nei pressi della grotta Lumit; la risorgenza è ubicata a quota 928 slm (N 42° 21′ 38.4” – E 19° 52′ 55.4”): questa sorgente fa ben sperare sui potenziali esplorativi e per la conoscenza dell’idrografia sotterranea di questo versante della vallata sottostante al massiccio del Boshit.
A margine, durante il campo a Zeze, as­sieme agli speleologi sloveni abbiamo tenuto un mini speleo corso propedeutico rivolto a soci dell’associazione Alpe di Tirana. Infine, il sindaco del comune di Lekbibaj Gesram Meschi assieme a Ndoc Mulaj, presidente dell’associazione Alpe, ha consegnato dei di­plomi a tutti i partecipanti alle varie spedizioni fino a quelle più lontane del 1993; nel corso della semplice e commovente cerimonia, fatta al campo base, è stata concessa la cittadinanza onoraria a Louis Torelli.
Hanno partecipato Dario Riavini, Igor Ardetti (CGEB), Michele Benedet (SAG), e Rok Stopar (J. D. Dimnice) assieme a tutti gli amici albanesi e sloveni.
Louis Torelli

Galleria fotografica di Sphella Zeze (foto Igor Ardetti)