Corrado DE MONTE (Icaro) Trieste 22.8.1960 – Dolomiti agordine 13.8.2013
Corrado De Monte, da tutti conosciuto come Icaro (nomignolo affibbiatogli perché portava sempre un impermeabile bianco svolazzante) aveva iniziato ad arrampicare e ad andare in grotta giovanissimo assieme ad un gruppo di coetanei (fra cui Louis Torelli e Sergio Serra). Dopo le prime escursioni sotterranee sul Carso e le arrampicate sulle falesie attorno a Trieste aveva ampliato gli orizzonti esplorando grotte in tutt’Italia e quindi anche all’estero. Aveva iniziato la sua attività con i giovani della Commissione Grotte ma andava in grotta con chiunque gliene desse l’opportunità. Con il torinese Gobetti, conosciuto in grotta sul Marguareis, aveva finito per andare ad esplorare grotte in Messico.
Caso molto raro, era riuscito a coniugare il piacere dell’esplorazione, soprattutto alpinistica, con il lavoro, diventando dapprima Guida Alpina e quindi, dal 2004, anche Guida Speleologica e Vulcanologica.
Si era trasferito da anni in Val Badia, ma non mancava mai di passare a trovare gli amici quando tornava a Trieste. Un salto di una ventina di metri, causato da uno scivolone all’attacco di una delle vie della Torre Jolanda, ha posto la parola fine alla vita di un uomo semplice, buono, forte, sincero, amante della montagna e delle grotte. Uno spirito libero, benvoluto da quanti hanno avuto il piacere di conoscerlo.
La Redazione
Icaro
Il 28 luglio ho visto per l’ultima volta Icaro, ed è stata festa in giardino con i bambini e poi via assieme, ad accompagnarmi a presentare le grotte in lista per il raduno Internazionale dei fotografi di speleologia appena arrivati a Trieste da tutto il mondo.
Era un anno che non lo incontravo, facemmo tardi, senza bere, e come di consueto il tempo si fermò. Era la magia atemporale di vivere un’intima amicizia svincolata dalle cadenze e dagli impegni. Poteva passare un anno o due ma era sempre uguale, era come se fossero passati solo cinque minuti dal nostro ultimo incontro.
Ora quando posso raggiungo quella casa dove abitava, che era anche un nostro rifugio, mi siedo in una piccola cucina che è il più bel posto del mondo, mi stringo alle possenti spalle di Diego, alla tenera Tiziana, e finalmente alla piccola signora Stella, la mamma di Icaro, ora ho ancora una mamma.
Vi dipingerò un piccolo affresco di Lui e della sua famiglia dai miei ricordi di ragazzo e cercherò di scrivere nello stile che a Lui piaceva.
Sono gli anni ’70, la sua famiglia vive annidata in uno splendido posto in altezza, nel quartiere più a nord della città di Trieste. La non ci sono limiti all’uso d’idiomi, anche se fondamentalmente si parla l’italiano, lo sloveno e un po’ di tedesco. Poi, logicamente, il triestino, quello originale, quello vero, assunto come idioma di bordo sulle navi dell’impero austroungarico e che forse si parla ancora in qualche comunità triestina immigrata in Australia dopo il ‘54.
In questo posto – la casa di Icaro – c’è sempre tanta gente: gli affabili suoi genitori, tanti ragazze e ragazzi rumorosi, amici, parenti. La minuscola e bella cucina, esaltata dai buoni odori del cibo nostrano, balcanico e mediterraneo, stimola in qualsiasi ora del giorno i nostri appetiti; la mamma sempre disponibile a dare a quattro ometti con gli occhi abbagliati dal mondo quanto basta per saziarsi. Lei è stata, allora, la mamma di tutti noi.
Icaro ci raggiunge spesso, con quel suo impermeabile bianco ampio e svolazzante che usava anche sua sorella Tiziana; siamo nella prestigiosa e affascinante sede del CAI in piazza Unità, affacciata sul nord adriatico, una delle più belle piazze d’Italia. Le nostre facce sono di ragazzi dagli occhi lucidi, affamati di futuro. Nelle bettole di ogni porto non si parla di donne, si progettano esplorazioni in grotta e arrampicate. Il Carso, la Val Rosandra e più tardi la Costiera, con le sue falesie, sono le nostre mete. Ma già e in breve il nostro territorio ci è stretto. Icaro è uno dei primi di noi a uscire dai confini prestabiliti. Sarà ricordata quella sua prima esplorazione “all’estero”, al Gouffre Berger in Francia, assieme a una squadra mista di speleo italiani e francesi. Rimane bloccato per cinquanta di ore a meno mille metri di profondità sotto il pozzo dell’uragano, per una corda ritirata involontariamente e ricollocata dai primi soccorritori. L’allarme è stato dato dai compagni che non li vedevano uscire nei tempi stabiliti.
Qualche anno dopo il grande salto a occidente, attraverso quel misterioso e affascinante asse che unisce da oriente Trieste e Torino.
Nel ‘79 e poi nei primissimi anni ‘80 inizia una nuova fase. Siamo sul Marguareis a esplorare Piaggia Bella con Andrea Gobetti ed altri amici. Si mangia poco, ma che importa, assumiamo l’incarico, da Andrea, di addetti “Topografi Beppe e Poldo” e giù in grotta a lavorare per il parco della Val Pesio, tre speleologi di ventura: Cul di Canguro (io), Recia d’Asino (Andrea) e Naso di Porco (Icaro). Con questo connubio inizia un periodo fondamentale per noi, la speleologia si rivela una porta che una volta aperta non fa solo entrare in antri e mondi sconosciuti, ma è un “portale” ben più ampio dove s’intrecciano sentieri di montagna e moderni mezzi di trasporto, attrezzature dai colori vivaci e sfavillanti, visi ed espressioni nuove, gesta e risa a noi sconosciuti, ragazze bellissime, palazzi e case misteriose, città luminose o anche notturne e tristi, e tante storie vere vissute e narrate nelle lunghe sere che, fra Trieste e Torino, si contornano di personaggi straordinari e poi ancora tutto questo, in altre città, in altri luoghi. Il mondo e il nostro modo d’essere s’intrecciano con le storie e i libri da noi preferiti e che ci scambiamo febbrilmente, in continuazione.
Le loro copertine tornano rovinate nelle tasche degli zaini, o stracciate dai lunghi viaggi nei campi in quota e lungo qualche via di montagna. Conrad, Hesse, Castaneda, Kerouac, London, Guènon, Chatwin, sono solo alcuni degli autori da noi preferiti, che divoravamo assieme alla letteratura di montagna ed ai testi più specifici di indirizzo filosofico, ma la fame di sapere restava insaziabile.
A volte con Icaro e Andrea dopo una scoperta quale “un collegamento risolutore tra le gallerie Belladonna, e la Baby Besson in Piaggia Bella” vagabondavamo nudi per gli erbosi altipiani del Marguareis, a cercare piccole pozze fangose e calde da dove trarre un po’ di benessere per i nostri corpi. Accompagnavamo anche scolaresche sulla stessa montagna oppure all’isola d’Elba: con sempre in primo piano il rapporto con le persone e i ragazzi, si instaurava una “formula nuova” di scuola e di vita.
Icaro era lento e meticoloso, diverso da tutti noi, era attento e mirava al cuore, era senza pregiudizi, e poteva piangere liberamente per un dispiacere, il suo carattere era inossidabile, aperto, immediato, non giudicante, meno riflessivo e più spontaneo. Generoso più del dovuto e sempre disponibile, senza condizionamento di orari e impegni di qualsiasi natura.
Una volta in Marguareis, al Gouffre des Trois, presso la capanna Martel, quella dei francesi, andammo con Andrea in soccorso a una squadra di speleo sorpresi dalla piena, uno di loro era ancora agganciato a un chiodo, Andrea lo conosceva. Icaro in poche ore uscì dalla grotta e fece intervenire le squadre del soccorso, purtroppo per lo speleologo non si poté fare di più. Da allora è rinominato “Cavallo pazzo”, così come lo chiamavano durante gli scatti e gli allenamenti di atletica a Trieste, quelli imposti dopo le prove insoddisfacenti con il calcio.
Poi ancora le esplorazioni sugli altipiani del Canin. Ma per Icaro, fondamentalmente affascinato dalla montagna e dagli spazi liberi e soprattutto dagli “uomini liberi” si aprì un nuovo modo di vivere, ben descritto nei libri di Andrea Gobetti e da tutti i nostri amati autori. In questo Icaro è stato di tutti noi il più tenace, ha trasformato la sua passione per l’esplorazione e la libertà in un modo di vivere: la Versilia e le Alpi Apuane e poi le splendide spedizioni in Messico, nella Selva Lacandona in Chiapas assieme ad Andrea Gobetti e Valerio Sbordoni dell’Accademia dei Lincei.
Tra i viaggi e le spedizioni Icaro lavorò anche all’allestimento di palchi per i grandi cantanti, artisti di fama mondiale. Nel 1989, al termine del montaggio del palco galleggiante per il concerto dei Pink Floyd, allestito di fronte a Piazza San Marco a Venezia, David Gilmour gli strinse la mano e si complimentò per il lavoro svolto. All’Arena di Verona mi chiese una collaborazione per qualche giorno, c’era il concerto di Rod Stewart. Si lavorò tutta la notte sotto la pioggia, durante una sosta redarguì un collega che offese un gruppo di facchini stranieri disorientati e spauriti, lo fece con determinazione e coraggio, aprendo il suo grande cuore a difesa dei più deboli dove tutti gli altri rimasero zitti, chiusi nel loro sordo e meschino egoismo.
Ma già in quel periodo ci vedevamo meno, le sue visite e i passaggi per Trieste si fecero sempre più radi, i suoi interessi si orientarono decisi verso la montagna portandolo a intraprendere il mestiere di guida alpina, una strada tutta in salita e piena di ostacoli. Tante volte mi confidò le difficoltà e la fatica cui si sottopone per seguire questa strada, ed è certo che solo la sua tenacia e la sua proverbiale costanza lo portarono alla fine al coronamento del suo sogno. Un sogno che ben pochi riescono ancora oggi a materializzare: trasformare il proprio mondo interiore, l’approccio alla vita ed alla cose belle, le relazioni con gli altri, in una professione. E’ certo che Icaro trovò tutto questo nell’ambiente montano, tra le valli dell’Alta Badia, tra le sue genti, così come tra le popolazioni e le vallate Himalayane, o le pendici mediterranee di qualche vulcano o montagna o bosco appenninico. Svolgeva così la sua vita, stando nelle cose belle del mondo, immerso pienamente, fisicamente e consapevolmente nella vita, gli aspetti più crudeli lo facevano immensamente triste.
Neppure il terribile incidente in montagna subito nel 2000 riuscì a interrompere questa sua scelta.
* * *
In Alta Val Badia, qualche settimana dopo la sua scomparsa, una grande catena umana, mesta e colorata si unì a formare un Grande Cerchio, era il 22 agosto il giorno del suo compleanno.
Louis Torelli
UNA SERATA PER ICARO
La notizia arriva come un fulmine a ciel sereno. In una tranquilla giornata di sole di agosto, in un raro momento di relax intanto che la mia mente vaga a pensare al week end appena trascorso e ai progetti futuri, una telefonata inaspettata da Louis che in quel momento so in ferie in Istria con la famiglia mi fa raggelare il sangue. “Hai saputo di Icaro? Cerca di informarti se è vero?”.
Volo a casa, accendo il computer e, si, purtroppo è vero. Sul web già passano comunicati di ciò che è successo la mattina.
Icaro non c’è più!
I ricordi galoppano come impazziti, ritorno con i pensieri a 35 anni fa, quando, ragazzina quattordicenne piena di sogni, ho conosciuto quel simpatico ragazzotto con i capelli ricci ricci, libero come il vento e con un meraviglioso sorriso spontaneo sempre stampato sul viso. Le giornate trascorse in valle ad arrampicare e le serate tra amici ad ascoltare avventure che raccontava e che mi facevano galoppare la fantasia. E poi gli appuntamenti ai quali non veniva perché… aveva deciso di partire. Una volta in montagna, una volta in qualche parco naturale, una volta a casa di Andrea Gobetti o a fare il taxista in Madagascar. E poi ritornava qualche mese dopo, sempre con il suo sorriso stampato sul viso come se ci fossimo visti il giorno prima.
E in questo momento così assurdamente triste i suoi amici della Val Badia decidono di ricordarlo con una bella festa per il giorno del suo compleanno, il 22 agosto.
Per noi il viaggio è lungo. In tanti vorremmo andare ma in un periodo in cui le ferie sono già programmate e far rientrare i colleghi non è cosa facile.
Così a noi viene spontaneo decidere di organizzare una serata da trascorrere tutti assieme per ricordare Icaro. Viene scelta una data, il 14 settembre, gli amici del CNSAS ci lasciano disporre della loro sede.
II passaparola funziona. Sono più di 70 gli amici presenti. Se pensiamo che Icaro non viveva più a Trieste da almeno 25 anni si capisce quanto il suo carattere solare avesse segnato tutti.
Rivedo persone che non incontravo più da tanti anni; rughe e capelli bianchi su amici che i miei ricordi vedevano ancora ragazzi.
E si sta assieme, si ride, si scherza, si canta; spesso si vedono lacrime scendere anche sui visi dei più “duri”.
Anche suo fratello Diego e sua sorella Tiziana con la figlia Andrea sono dei nostri, qualche cugino, e due simpatici ragazzi della Val Badia che vogliono conoscere gli amici di Trieste.
Arrivano Giorgetto Baldracco con Laura da Torino, poi anche Lelo Pavanello e Rosanna da Bologna. A sera tarda vediamo arrivare anche Teti (Maurizio Fernetti) che ormai vive a Trento da tanti anni.
Dopo la mezzanotte facciamo il Gran Pampel. Tutti assieme attorno al pentolone fumante. Dopo l’attimo di silenzio seguito al brindisi qualcuno inizia a parlare e raccontare
un aneddoto in cui Icaro era stato il protagonista. Subito dopo un altro amico prende la parola. Passiamo così almeno un’ora in cui storie ritornano alla mente dalla voce di chi le aveva vissute assieme a Icaro: la volta che per scommessa aveva portato in fondo al Gortani una chitarra, quella volta che un amico si è portato su per il pozzo la corda da -1000 di profondità, il periodo in cui scaricava sacchi di farina con altri amici. Si tira mattina, rimaniamo in pochi a sistemare e pulire la sala. Ormai anche gli amici venuti da lontano sono pronti a partire. Giorgetto dice una frase: “Ogni volta che vengo a Trieste mi sembra un po’ di tornare a casa”. Fa piacere…
Icaro: non sarà facile credere che non ci sei più. Noi continueremo ad aspettare di vederti spuntare all’improvviso quando meno ce lo aspettiamo. Come è stato da 25 anni a questa parte.
Antonella Tizianel
Ulteriori notizie su Corrado De Monte si possono trovare in:
- Garofolo Pier Paolo, 2013: “Fra tutti noi Icaro è stato il più tenace”, Il Piccolo, Trieste, 14 ago. 2013
- m. u., 2013: “Icaro”, gli amici lo chiamavano così, Il Piccolo, Trieste 13 ago. 2013
- Torelli Louis, 2013: Icaro, con noi …per sempre…, Cronache Ipogee, agosto 2013: 3-4
- Unterweger Matteo, 2013: Precipita per 50 metri – muore alpinista triestino, Il Piccolo, Trieste 13 ago. 2013, pag. 16