Campagne in Iran

 

CAMPAGNE IN IRAN

Pubblicato su PROGRESSIONE 100 – Anno 1983
Può sembrar strano che la CGEB non abbia mai effettuato campagne di ricerca al di fuori del territorio italiano, pur avendo più di tanti altri le possibilità per farlo. Con le enormi risorse speleologiche della Venezia Giulia d’un tempo non ve n’era bisogno, mentre nel dopoguerra buona parte delle nostre disponibilità finanziarie sono state assorbite dalla Grotta Gigante, impegno che non è ancora esaurito.
Lo spunto per un’uscita sia pur di poco extraeuropea è venuto dalla conoscenza dell’Iran che i nostri Antonio Alberti e Tullio Tornasini avevano acquisito per motivi personali; il paese si presentava poco sfruttato sotto l’a­spetto speleologico, con aspetti geomorfologici inconsueti quanto quelli antropici.
Dopo una serie di contatti epistolari avve­nuti nel 1975 si arrivò alla stesura di un capitolato con il Department of the Enviroment, ente preposto alla gestione dei parchi e delle riserve naturali dell’Iran; nel documento – firmato a Teheran – era previsto un programma di mas­sima di esplorazioni ed indagini in tali aree, con l’assistenza logistica fornita dall’ente. La CGEB si impegnava da parte sua a consegnare alle autorità governative tutti i risultati e gli studi che sarebbero stati elaborati.
Durante il 1976 si attese a lungo il nulla osta per la ricognizione, giunto quando i potenziali partecipanti avevano assunto altri impegni; partirono così solo Elio Padovan e Paolo Mer­san, i quali in 32 giorni poterono constatare de visu la realtà speleologica dell’Iran, dove le scarse possibilità di grandi fenomeni erano compensate da altri validi motivi di interesse.
L’anno successivo Tullio Tommasini, Pino Guidi ed Angelo Zorn raggiungono nuovamente il paese del Pavone, dove esaminano numerose zone protette (Mohammed Reza Shah National Park, Jahan Nama Protected Area, Khosh Yeilagh Wildlife Refuge, Parvar Protected Area) eseguendo 26 rilievi di grotte e raccogliendo notizie su altri luoghi con cavità inesplorate; vengono anche individuate alcune stazioni con resti preistorici ed annotate leg­gende legate al sottosuolo, facenti parte di un patrimonio di tradizioni che si rivela di eccezio­nale importanza.
Erano così gettate le basi per una campa­gna esplorativa di più ampia portata da effettuare nel 1978, in vista della quale fu nostro ospite a Trieste il funzionario governativo dr. Mohammed Farjadi. Purtroppo imprevedibili eventi vennero a mutare la situazione politica dell’Iran, il quale da allora è precluso agli stra­nieri e da alcuni anni anche in stato di guerra. Speriamo che il materiale da noi consegnato sia stato conservato e venga il giorno in cui si potranno continuare le ricerche in un paese dove resta molto da lavorare per la speleologia.
                                                                                                           Angelo Zorn