Erwin Pichl

 

ERWIN PICHL, 1949 – 28.12.2010

Il 2010 è stato un anno triste per la speleologia giuliana: iniziato in gennaio con la scomparsa di Flavio Vidonis, proseguito con altri lutti, è finito il 28 dicembre con la morte di Erwin Pichl. Entrato nella speleologia negli anni ’60, giovanissimo, nella Sezione Geospeleologica della Società Adriatica di Scienze – divenuta negli anni ‘80 Società Adriatica di Speleologia – non fu quello che si usa definire un consumatore di corde e carburo, ma uno che amava una speleologia semplice, serena, a misura d’uomo. Una speleologia fatta sì di esplorazioni di grotte, ma completata dall’assunzione di rilievi integrati dalle opportune descrizioni, una speleologia non fine a se stessa ma inserita in un quadro più grande di conoscenza e sapere. Visione che, dopo un approccio con lavori catastali, lo ha portato ad interessarsi dell’animale simbolo della speleologia nella nostra regione, il Proteus anguinus Laurenti, e che si è poi concretizzata in una ventina di pubblicazioni (di cui sei dedicate al proteo), e nella realizzazione dello Speleovivarium, struttura museale didattica che gli è valsa nel 1992 l’attribuzione, da parte del Comitato Difesa Fenomeni Carsici, del Premio san Benedetto, riconoscimento attribuito a chi ha ben meritato per la speleologia regionale.
Convinto assertore di una cultura rispettosa della natura – fu fra i promotori del Convegno sull’ecologia dei territori carsici svoltosi nell’isontino nel 1979 – ha dato tanto alla speleologia; avrebbe potuto dare molto di più se lo stato di salute, peggiorato negli ultimi anni, glielo avesse concesso.
                                                                                                      Pino Guidi

Pubblicato su Cronache ipogee  1/2011: 1-3 a firma di Rino Semeraro

Accingermi a scrivere in memoria di Erwin Pichl, ripensando al suo lunghissimo calvario nella malattia e allo stesso tempo all’importanza della sua opera nella speleologia ancor presto interrotta, mi cagiona una profonda sofferenza, dato il delicato sentimento d’amicizia che ci legava da oltre quarant’anni. Un amico, un uomo, uno speleologo la cui capacità mai fu messa in discussione, che promanava calore e solidarietà proprio dalla positività di quel suo modo, speciale, di affrontare le nostre cose. Una caratteristica che, sicuramente, e a detta di tutti, lo contraddistingueva.

Oggi, 28 dicembre 2010, giorno della sua morte, è un momento assai triste! Non resta che l’affettuoso cordoglio alla famiglia, ricordarlo con azioni future per conservarne la memoria, operare degnamente nella speleologia, che lui tanto amava, per cercare di colmare il vuoto che ha lasciato.

La passione per la speleologia di Erwin Pichl maturò all’interno di quello straordinario – credo irripetibile – focolaio di speleologia che fu la Sezione Geo-speleologica della Società Adriatica di Scienze (poi mutuatasi in Società Adriatica di Speleologia). Una Sezione abbastanza disarmata alla metà degli anni Sessanta, quella in cui Erwin Pichl mosse i suoi primi passi, rispetto al periodo precedente in cui essa crebbe saldamente guidata dal suo fondatore Walter Maucci, ma che non aveva però dimenticato la lezione impartitagli dal Maestro: traguardi da raggiungere e modi per farlo erano chiari nella “nuova generazione” dell’Adriatica”, cui appunto Erwin Pichl apparteneva. L’attività di Erwin Pichl s’inserì fin dall’inizio in quell’originaria scuola di pensiero, cioè speleologia intesa come scienza, giacché questo, e non altri, era stato il principio ispiratore della Sezione. Così fu per Erwin Pichl, quando per prima cosa si occupò del catasto delle grotte tenuto dalla Sezione, particolarmente occupandosi della revisione delle grotte dell’area di Basovizza, poi quando esplorò sistematicamente le cavità del Carso goriziano, anche alla ricerca del Proteo, quando partecipò alle esplorazioni e al rilevamento topografico e geomorfologico (diretto dal prof. Maucci) delle cavità carsiche nelle neo-costituite riserve naturali del Cansiglio e del bacino del Torrente Prescudin, entrambe nelle Prealpi Carniche, per conto della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Dalle sue prime ricerche sul Carso goriziano scaturì, già nel 1976, una pregevole e corposa monografia catastale, edita congiuntamente tra la Sezione Geo-speleologica della Società Adriatica di Scienze e il Gruppo Speleologico Monfalconese “G. Spangar”, che Pichl scrisse assieme ad Isabella Abbona (la quale diverrà sua moglie e amata compagna fino alla fine dei suoi giorni), ed agli allora altrettanto giovani Graziano Cancian, Icilio De Giovanni e Luciano Longo. Un’opera oggi quasi introvabile e forse dimenticata, ma nella quale Erwin Pichl ebbe un ruolo trainante, e che rappresentò, all’epoca, un documento fondamentale per affrontare le future indagini speleologiche in quella ancor poco conosciuta parte del Carso.

Fu in quel periodo, ricco di esplorazioni ma soprattutto d’indagini, che Erwin Pichl maturò precocemente nella formazione speleologica, facendo emergere quella potenzialità, che in lui si accompagnò all’acquisizione di una solida preparazione tecnico-scientifica, che gli consentì di lanciare degli ambiziosi progetti mirati e di inserirsi in una speleologia di elevata qualità che travalicava l’ambiente triestino. Presero così corpo, in particolare, le sue accurate ricerche biospeleologiche sulla distribuzione e sulla consistenza del Protens anguinus Laurenti (1768), nelle acque sotterranee della regione del Carso; si deve a lui l’avvio ai moderni studi di settore, in Italia, sull’habitat di quest’importantissimo anfibio cavernicolo, anzi ne fu contemporaneamente precursore e artefice. Ricerche che fecero da sfondo a quel metodo d’approccio che da lui sarà sempre adottato nei confronti delle problematiche scientifiche e tecniche che lo coinvolsero. Approccio che così si può sintetizzare: ampia collaborazione, anche internazionale, con i vari specialisti (in quel primo caso Dolce, Dramis, Durand, Paoletti e Sauli), sistematiche indagini, giusta considerazione sulla funzione dell’ipogeo artificiale quale sito alternativo alle cavità naturali a beneficio dei lunghi monitoraggi ambientali, rigorosa formazione scientifica di base, proiezione delle ricerche speleologiche quale strumento tecnico a servizio delle problematiche del territorio, deciso inserimento delle stesse nel corpo della società civile, pubblicazione periodica dei risultati conseguiti. La sistematicità della sua azione, nella speleologia, è risaputa. Specie nel campo della tutela del patrimonio carsico e nei problemi ambientali connessi all’uso del territorio. Non è un caso che Erwin Pichl fosse tra i fondatori della Naturstudio S.c.r.1., una delle prime in Italia a occuparsi professionalmente di scienze naturali, portando la sua esperienza di speleologo; fatto che mette in risalto la sua visione di come le tecniche connesse alla speleologia (intesa come scienza naturalistica) dovessero essere inserite nel comparto civile, anche quale attività produttiva di servizio, e non rimanere racchiuse solo nei cosiddetti santuari della scienza. Oltre che essere per qualche decennio (fin quando la salute gli consentì) uno degli artefici delle fortune del binomio Sezione Geo-speleologica della Società Adriatica di Scienze/Società Adriatica di Speleologia, fu anche tra i pilastri di quel “Comitato regionale per la difesa dei fenomeni carsici”, negli anni Settanta-Ottanta, sorto quando le necessità di porre argine alle distruzioni del patrimonio carsico violentemente si affacciarono all’uscio della speleologia triestina, mentre la società civile su questi temi era ancora refrattaria, tra l’indifferenza di funzionari pubblici insensibili al problema (ma contemporaneamente disarmati dalla carenza legislativa in materia) e, a volte, l’ostilità palese di chi aveva la responsabilità di realizzare gli interventi sul Carso. Anche in questo caso Erwin Pichl andò sempre al sodo, impegnandosi nella società civile mettendo a disposizione la sua capacità non solo tecnico-scientifica ma anche organizzativa. Fu tra quella sparuta pattuglia, per esempio, che ebbe l’idea, poi messa in pratica, di realizzare un primo convegno specifico sul tema (Ecologia dei tenitori carsici), che come si ricorderà si tenne a Sagrado d’Isonzo. Innumerevoli furono le sue azioni, anche personali, in quest’ambito, e rilevante e riconosciuta fu la sua competenza in materia. Competenza dimostrata attraverso gli articoli che scrisse, che trovarono la loro sede in convegni internazionali, come per esempio sulla pianificazione delle grandi opere in ambiente carsico, o sulle motivazioni scientifico-ambientali poste al rigetto di quel monumento all’ignoranza che fu il progetto politico per la creazione di una “Zona franca industriale sul Carso a cavallo del confine” a seguito del cosiddetto “Accordo di Osimo” firmato nel 1975 tra Italia e Jugoslavia. Progetto, poi, dopo anni di lotte politiche, abbandonato.

Sarebbe spossante ricordare per filo e per segno tutti i campi e tutte le iniziative cui Erwin Pichl, nella speleologia, partecipò da protagonista: oltre che alla citata biospeleologia, dalla bonifica alla rivitalizzazione dell’Abisso di Trebiciano, quale struttura attrezzata mediante una ferrata, pensata per la ricerca scientifica, alla speleologia in cavità artificiali, all’archeologia. Sono troppe, e altri lo potranno fare con maggior dovizia. Vorrei solo chiudere questo “racconto meraviglioso”, del suo impegno di speleologo, con l’opera sua più bella: lo “Speleovivarium”, che Erwin Pichl affrontò dalla seconda metà degli anni Ottanta e alla quale si dedicò totalmente dovendo così tralasciare, per l’impegno gravoso che gli richiese, gli altri filoni d’attività.

Preceduto da lunghi anni di lavori di allestimento, lo “Speleovivarium” della Società Adriatica di Speleologia fu aperto al pubblico nel gennaio del 1990, studiato come struttura museale didattico-scientifica all’interno dell’ex rifugio antiaereo di Via Guido Reni a Trieste. Furono inizialmente attrezzati ben 600 metri di sviluppo, con il centro visite e con il settore espositìvo in continua evoluzione. Dai nuclei iniziali della Biospeleologia e Speleobotanica, di forte impatto, si è passati alle esposizioni riguardanti Geologia, Mineralogia, Paleontologia, Geomorfologia, Storia della Speleologia, Speleologia Urbana e Iconografia Speleologica, in pratica l’intera trattazione e pertinenza della Speleologia. L’alta richiesta di visite, la frequentazione, l’irradiamento d’iniziative culturali e scientifiche parallele, l’ottenuto riconoscimento quale Museo minore, fanno dello “Speleovivarium” un polo specifico importante, per lo meno in Italia, per la ricchezza e validità dell’impianto, oltre che per la vitalità del progetto. Ebbene tutto ciò, in massima parte, è grazie alla lungimiranza, alla capacità, oltre che al lavoro intellettuale e materiale, di Erwin Pichl in quegli anni; direi di più, senza Erwin Pichl lo “Speleovivarium” oggi non ci sarebbe. Nel 1992, per la sua attività a favore dello “Speleovivarium”, la speleologia regionale gli conferì il Premio San Benedetto Abate patrono degli speleologi.

Nel ricordo, più intimistico, delle doti umane di Erwin c’è la non scontata, e per questo talora banale, disponibilità accompagnata dall’entusiasmo (qualità che ho visto in molti speleologi proprio perché figlie della passione per questa disciplina), soprattutto c’è – e ciò lo distinse da altri – l’incredibile serenità che mostrò nel donarsi ai grandi progetti, sempre però con equilibrio e avvedutezza. E lo fece pensando, e agendo, in termini di svariati anni, di decenni, comunque e sempre guardando agli obiettivi e ai risultati da raggiungere con senso pratico. Lo “Speleovivarium” n’è la prova: pochissimi sono stati gli speleologi triestini che hanno “osato” un tale impegno. Riuscendoci. Spesso ci si chiede “chi” sono i grandi speleologi triestini, quelli che hanno eccelso nella scienza o nell’esplorazione, ma oggigiorno, nella moderna e globale visione di questa disciplina, si dovrebbe anche dire nell’organizzazione della speleologia, nella sua diffusione. “Quali”, quelli che hanno veramente lasciato il segno, quelli che hanno avuto la capacità di identificarsi in grandi azioni realizzate, d’essere autori di scritti e di opere duraturi, o esplorazioni memorabili per l’acquisizione di rilevanti obiettivi tecnico-scientifici, quelli che hanno avuto la forza di travalicare i confini di una speleologia che per i più è soltanto domestica. Ciò, non per stillare graduatorie di merito o per mera statistica, quanto per ripercorrere e ponderare, con l’obiettività che occorre in questi casi, la storia della nostra Speleologia e trame degli spunti, anche morali, per aiutarci a procedere nel nostro cammino di speleologi. Io non ho dubbi che Erwin Pichl sia tra quegli speleologi: un esempio, nella sua specificità, non facilmente superabile. Un esempio che ci rasserena: il “ragazzo di sempre” – poiché questa è la bella immagine che rimarrà nei nostri cuori — che ebbe il coraggio di trasformare i “buoni propositi” in realtà, all’interno di una speleologia triestina dove non sì contano quelli che hanno cominciato, ma si contano invece sulle dita quelli che hanno finito l’opera e consegnata ai posteri. Certo, egli fu sorretto da una grande intelligenza e da una vasta cultura, perciò brillava nel pensiero e nell’esprimere le proprie idee, qualità che in lui rifulsero e che tutti noi, sempre, ampiamente gli riconoscemmo. E che lo favorì nei rapporti con la società civile, consentendogli, con più facilità di altri, di ottenere consenso, aiuti, appoggi, collaborazioni. Costruttore, nel senso più profondo della parola, Erwin Pichl, nella speleologia, ha trasformato sentieri in strade.

Addio, caro Erwin, buon compagno dei miei, nostri, anni migliori, quando l’esaltazione per la speleologia che era ili noi ci appagava nell’intensità d’ogni momento vissuto in grotta e per il loro studio, infondendoci un incrollabile ottimismo nel futuro, che – per te – mai avrei immaginato così doloroso. Mai mio, nostro, buon amico, avrei pensato di dover portare il fardello di scrivere queste righe nel tuo ricordo, anche su invito degli amici dell'”Adriatica”, così presto. Tu hai percorso la via tracciata dai nostri padri fondatori, quando speleologia era scopo e ragione, sacrifìcio e ricerca, oltre che essere avventura. Quell’avventura che già, di per sé, tanto ci appaga e gratifica, e alla quale perciò dobbiamo dare in cambio – come te, Erwin, ci hai sempre mostrato – un più concreto impegno verso conoscenza e scienza affinchè la nostra opera possa tangibilmente servire alla comunità e agli speleologi che verranno.

Bibliografìa fondamentale di Erwin Pichl in ordine cronologico

  • Pichl E.. 1970: Relazione sul carsismo e sulla morfologia superficiale delle zone IVe V del Catasto della Sezione Geo-speleologica e relativo elenco delle cavità in esse esistenti. Boll. Soc. Adriatica Se. 58, 49-64. Abbona !.. Cancian G., Di Giovanni I., Longo L. & Pichl E., 1976: Le grotte del Carso Goriziano. Pubbl. Sezione Geo-spel. Soc.
  • Adriatica Se. e Gruppo Spel. MonTnlconese “G. Spangar”, v. 1 e 2, 201 pp., Trieste. Pichl E., 1977: Puntualizzazione sulta reale distribuzione del Proteus anguinus Laurenti (1768) in territorio italiano. Atti 3° Conv. Reg. Spel. Friuli Venezia Giulia, Gorbia I977T 132-139, anche su Atti 1° Conv. ecologia dei territori carsici, Sagrado d’isonzo
  • 1979:201-205. Pichl E., 1978: Prima stazione di Proteus anguinus Laurenti (1768) nelle acque del Timavo sotterraneo (Carso Triestino). Boll. Soc. Adriatica Se, 61, 105-109. Dini A., Forti F., Pichl E. & Semeraro R.,
  • 1978: Prima proposta di intervento per la protezione e la salvaguardia dei fenomeni carsici ipogei nell’area della progettata zona franca industriale sul Carso. Atti 13° Congr. Naz. Spel., Perugia 1978, Preprints (non num.), 3 pp. Perco F., Pichl E. & Sauli G.,
  • 1979: Metodologie di intervento ambientale in territorio carsico. Atti 1° Conv. ecologia dei territori carsici, Sagrado d’isonzo 1979, 161-167. Dolce S., Dramis G.F. & Pichl E.,
  • 1979: Progetto per la creazione di un centro di educazione ambientale in località Castelvecchio di Sagrado (Gorizia). Atti 1° Conv. ecologia dei territori carsici, Sagrado d’isonzo 1979, 261-269. Goldstein M., Pcrco Fr., Pichl E. & Sauli G.,
  • 1980: Bilancio di impatio ambientale e pianificazione interpretativa in zona carsica. Simp. Int. Utilizzazione delle Aree Carsiche, Trieste 1980, 189-196. Durand J.M., Paoletti M.G., Pichl 1. & Pichl E.,
  • 1981: Rapporto sulla presenza del Proteus anguinus (Anphibia. Caudata) e della fauna associata, nelle acque sotterranee di Sagrado (Prov. di Gorizia, Italia). Considerazioni sulla protezione di questi animali relitti, attualmente in via di estinzione. Mém. Biospél. Moulis, 8, 63-67. Durand J.P., Paoletti M.G., Pichl E., Pichl 1..,
  • 1981 : II Proteus Anguinus Laurenti (I768) in Italia: cause d’estinzione ed importanza di giungere ad una sua salvaguardia. Speleologia, riv. Soc. Spel. Jt, 5, Milano, 36. Pichl E.,
  • 1982: Rinvenimenti di ceramica medioevale nella Grotta presso Sagrado (4112 VG) nel Carso Goriziano. Atti 5° Conv.Reg. Spel. Friuli-Venezia Giulia, Trieste 1981,263-269. Dolce S. & Pichl E.,
  • 1982: Le attuali conoscenze sulla diffusione del Proteus anguinus Laur,, 1768, in territorio italiano (Anphibia, Caudata, Proteidae). Atti Mus. Civ. St. Nat. Trieste, 72 (3), 245-254. Dolce S., Pichl E., & Benussi E.,
  • 1981: Fauna di particolare interesse nell’ambito dei fenomeni carsici: proposta per una normativa di tutela. Atlti 5° Conv. Spel. Friuli Venezia Giulia, Trieste 1981, 251-261. Goldstein M, Dambrosi S., Pichl E.,
  • 1982: La Grotta delle Torri di Silvia (n, 39VG/32) sul Carso Triestino: fruizione turistica ed interpretazione ambientale. “Le Grotte d’Italia”, 4-1981, 79-84. Badini G. & Pichl E.,
  • 1982: II piccolo drago delle grotte. “Airone”, 20, Ed. Gruppo G. Mondadori, Milano, 72-77. Guglia P., Pichl E.,
  • 1987: Studi e ricerche sullo stato attuale dei sotterranei del centro storico della città di Trieste. Atti 2° Conv. Naz. Speleologia Urbana, Napoli 1985, 85-92. Crevatin G. & Pichl E.,
  • 1992: Grotta delle Torri di Slivia. Progetto per una fruizione turistica. Boll. 1980-1992 Soc. Adriatica Spel. Trieste, 21-25. Pichl E.,
  • 1992: Speleovivarium. Boll. 1980-1992 Soc. Adriatica Spel. Trieste, 71.